Il piano sommitale comprende
il piano subalpino e il piano alpino, comprende la fascia che va dai 1800 mt
ai 2400 mt. di altitudine. Esso è caratterizzato da un clima molto più rigido
di quello montano, da precipitazioni di maggiore entità e da un lungo
permanere della coltre nevosa. Ciò causa un sensibile accorciamento del
periodo favorevole allo sviluppo vegetativo delle piante, che oltre i 2000
m. può ridursi ai soli mesi estivi centrali.
Questi fattori climatici creano
un insormontabile ostacolo alla diffusione di specie arboree come il faggio
e l’abete bianco, che si arrestano perciò a quote comprese tra il 1750 e i
1850 m., le quali rappresentano, nel territorio marchigiano il limite
ecologico del bosco. Attualmente, tali quote sono però raggiunte dalla
faggeta solo in un numero limitatissimo di località, infatti la necessità
dell’uomo di ampliare gli spazi usufruibili per le proprie attività
pastorali ha modificato sensibilmente le originarie caratteristiche
naturali, abbassando il limite forestale talvolta di alcune centinaia di
metri. Inoltre in condizioni naturali la faggeta avrebbe dovuto sfumare
gradualmente, oltre il suo limite ecologico, in formazioni arbustive che
rappresentavano la vegetazione primaria del piano subalpino e che oggi, per
i motivi sopra accennati, sono scomparsi ovunque. Nei Sibillini di questa
vegetazione subalpina sono rimasti solo alcuni cespugli isolati di ginepro
nano (Juniperus nana ) e più raramente di uva orsina (Arctostaphylos uva-
ursi); pero corvino (Amelonchier ovalis), ramno alpino (Rhamnus alpinus) e cotognastro (Catoneaster integirrima) osservabili solamente in alcune
località come a Piè Galluccio o sulle pendici dello Scoglio dei Miracoli
posto all’imbocco della valle del Lago di Pilato. In passato, accanto a
queste specie, era sicuramente presente anche il pino mugo (Pinus mugo),
una conifera dal portamento arbustivo, attualmente diffusa lungo l’arco
alpino. Oltre il limite degli arbusti contorti e delle brughiere si
estendono infine le praterie naturali di alta quota, originatesi solo per
cause naturali senza cioè alcuno intervento diretto o indiretto da parte
dell’uomo. Sui Sibillini la formazione più diffusa è rappresentata da un
pascolo sviluppato sui versanti consolidati ma con un suolo poco profondo,
che nelle zone a morfologia più aspra origina degli inconfondibili festoni
creati dalle zolle erbose che si dispongono parallelamente alle curve di
livello dei pendii. Le specie che maggiormente caratterizzano queste
praterie sono una graminacea (Sesleria tenuifolia) ed una ciperaea (Carex
Kitoibeliana), che formano cuscinetti erbosi di media altezza (20-30 cm.),
intorno ai quali crescono numerose entità floristiche di grande interesse
geo-botanico e, come spesso accade per la flora d’alta quota, di elevato
valore estetico; tra di esse si possono ricordare la genziana appenninica (Gentiana dinarica ), l’androsace dell’Appennino (Androsace villosa), l’antillide
di montagna (Anthillis montana ), l’edraianto (Edraianthus graminifolius),
una specie endemica dell’Appennino centro-meridionale e la stella alpina
dell’Appennino (Leontopodium nivale), rara e preziosa composita
originatasi per differenzazione della stella alpina (Leontopodium alpinum )
probabilmente durante le ultime glaciazioni del Quaternario. Un altro tipo
di prateria molto diffuso è quello caratterizzato dalla Festuca appenninica
(Festuca dimorpha), nota con il nome di “pettenaccio”, graminacea
cespitosa di grandi dimensioni (può superare il metro di altezza) che
ricopre in modo discontinuo i ghiaioni e i macereti poco consolidati a cui,
fissando il substrato calcareo e limitando la caduta di detriti tende a far
assumere un aspetto a gradoni. Accanto alla festuca appenninica ci sono
altre specie considerate colonizzatrici come l’eracleo dell’Orsini (Heracleum orsini), l’isatide dell’Allioni (Isatis allioni), la
radichiella dei ghiaioni (Crepis pigmaea), la linaria alpina (Linaria
alpina) e la dripide comune (Drypis spinosa), diffusa anche nei brecciai
posti a quote minori e riconoscibili per i grandi pulvini spinescenti che in
state si ricoprono di piccoli fiori bianchi. Le zone poco ripide con suolo
molto profondo e umido permettono, invece, l’insediamento di una prateria
compatta e ricca di specie, che rappresenta la formazione più evoluta dal
punto di vista dinamico del piano alpino. Si tratta di una formazione
erbacea caratterizzata in primo luogo dalla festuca a cresta lunga (Festuca
violacea) e secondariamente dal trifoglio Thal (Trifolium Thalii), dalla
luzula d’Italia (Luzula italica) è dalla piantaggine montana (Plantago
axtrata). Altri interessanti aspetti floristici-vegetazionali sono offerti
dalle vallecole, disseminate tra le praterie sommitali, dove la neve permane
molto a lungo ed il suolo, assai ricco di humus, resta sempre umido. Queste
vallecole generalmente di dimensioni molto ridotte e riconoscibili per il
colore brillante del tappeto erboso che ben risalta su quello bianco-grigio
dei ghiaioni circostanti, possono essere paragonate a dei piccoli giardini
botanici di flora alpina dove tra muschi, licheni, alchemille, soldanelle e
genziane vivono gli alberi considerati tra i più piccoli del mondo, ovvero i
salici nani (Salix erbacea e Salix retusa). Le anfrattuosità delle pareti
rocciose offrono invece asilo ad alcune specie in grado di resistere alle
avverse condizioni ambientali a cui questi particolari ambienti d’ alta
quota sono soggetti. Queste specie sono solitamente considerate dei “relitti
glaciali”, in quanto hanno raggiunto l’Appennino centrale durante i periodi
glaciali Quaternari, al termine dei quali si sono rifugiate nelle stazioni
dove le condizioni climatiche rimanevano simili a quelle delle ere più
fredde. Normalmente esse appartengono al gruppo detto “artico-alpino”,
all’insieme di specie cioè, diffuse nelle regioni artiche e nelle più alte
montagne della fascia temperata. Tra le più belle e rare possono essere
ricordate il camedrio alpino (Dryas octopelata) e la silene a cuscinetto
(Silene aculis). Un altro gruppo di specie importanti e particolarmente
numeroso negli ambienti culminali dei Sibillini è dato dalle entità
endemiche, specie che normalmente rappresentano uno degli oggetti
naturalisticamente più importanti della flora di qualsiasi territorio. Fanno
parte di questo gruppo i genepì dell’Appennino (Arthemine petrosa s.sp
eriantha) la sassifraga d’Italia (Saxifraga italica) e specie diffuse su
alcuni brecciai come il papavero giallo dell’Appennino (Papaver degenii) e
la già citata arenaria di Bertoloni (Arenaria bertolonii).
I biotopi naturali del piano
sommitale sono:
-
Pascolo
d’alta quota (pascolo primario)
-
Prateria
sommitale
-
Ghiaione e
pendio detritico
-
Roccette, pareti e creste rocciose
-
Pantano o
palude d’alta quota
-
Lago
glaciale d’alta quota