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Psicoanalisi applicata alla Medicina, Pedagogia, Sociologia, Letteratura ed Arte

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 E' MORTO ANDRE' GREEN 

 

 

 

 

La notizia della morte di André Green è stata data il 24 gennaio 2012  dalla Societa' Psicoanalitica di Parigi, di cui e' stato presidente dal 1986 al 1989, che lo ha ricordato come ''uno dei maggiori pensatori della psicoanalisi contemporanea''.

Nato nel marzo 1927, da padre di origine portoghese e madre di origine spagnola, Green visse fino ai 19 anni in Egitto in un ambiente  cosmopolita di cultura  ebraica.  Arrivato  a Parigi nel 1946, si laurea in Medicina nel  1952. Analizzato da Bouvet, Mallet e poi Parat, divenne "Chef de Clinique" all'Ospedale Sainte-Anne nel 1958, negli anni '70  direttore dell'"Institut de Psychanalyse", negli anni 1988 e 1988 è stato presidente della Società Psicoanalitica di Parigi e vicepresidente dell'I.P.A..


Vogliamo ricordarlo con questo testo  praticamente inedito che è la registrazione di una lectio magistralis  presentata ad un congresso a Roma nel 1989. 


 



 


 


Il NARCISISMO  ED IL LAVORO DEL NEGATIVO

 

di ANDRE' GREEN


 

            

 

 

  

 

Rivista "Frenis Zero" - ISSN: 2037-1853

Edizioni "Frenis Zero"

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 Nuova pubblicazione/New issue:

"The Voyage Out" by Virginia Woolf

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-97479-01-7

Anno/Year: 2011 

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Prezzo/Price: € 25,00

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"Vite soffiate. I vinti della psicoanalisi" di Giuseppe Leo 

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Preface: Alberto Angelini

ISBN: 978-88-903710-5-9

Anno/Year: 2011 (2nd Edition)

Prezzo/Price: € 18,00

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"Psicoanalisi e luoghi della negazione" a cura di A. Cusin e G. Leo (Editors)

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian,  A. Cusin, N. Janigro, G. Leo, B.E. Litowitz, S. Resnik, A. Sabatini Scalmati, G. Schneider, M.  Šebek, F. Sironi, L. Tarantini.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-903710-4-2

Anno/Year: 2011

Pages: 400

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"Lebensruckblick"

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Author:Lou Andreas Salomé

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero 

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Anno/Year: 2011

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Prezzo/Price: € 19,00

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"Psicologia   dell'antisemitismo" di Imre Hermann

Author:Imre Hermann

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero 

ISBN: 978-88-903710-3-5

Anno/Year: 2011

Pages: 158

Prezzo/Price: € 18,00

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"Id-entità mediterranee. Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo (editor)

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A. Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y. Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M. Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-903710-2-8

Anno/Year: 2010

Pages: 520

Prezzo/Price: € 30,00

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"La Psicoanalisi e i suoi confini" edited by Giuseppe Leo

Writings by: J. Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik

Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini

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"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi Confini" 

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 Trent'anni dopo la scoperta della psicoanalisi, Freud scrive l'articolo che io considero il più importante della sua produzione, cioè quello su La negazione. All'inizio della sua impresa aveva scritto: Progetto per una psicologia scientifica, ma si era presto reso conto che si trattava di un'opera che in un certo senso, pur contenendo aspetti geniali, non era adeguata a quanto lui desiderava realizzare. Effettivamente manca, nel Progetto per una psicologia scientifica, qualche cosa che è essenziale per la psicoanalisi, cioè l'idea della rimozione. Con la rimozione fa la sua comparsa in psicoanalisi il lavoro del negativo. Il creatore di questo concetto è Hegel, ma bisogna prendere atto del fatto che in psicoanalisi esso assume una portata che è completamente diversa e che va ben oltre l'importanza che Hegel gli aveva attribuito. Infatti introdotto attraverso l'idea straordinaria di rimozione, è soprattutto con il già ricordato articolo su La negazione che si impone nel suo senso compiuto il concetto del lavoro del negativo. Non voglio fare troppe citazioni, ma è tuttavia indispensabile che citi almeno questa frase tratta dall'articolo sulla negazione e che dice: <<Il contenuto rimosso di una rappresentazione di un pensiero può dunque avere accesso alla coscienza a condizione di lasciarsi negare>>. Si vede come il problema del riconoscimento  del rimosso passi attraverso la negazione.

Il lavoro su La negazione mostra inoltre l'uso che Freud si apprestava a fare di alcuni concetti classici della filosofia come quelli di <<giudizio d'esistenza>> e di <<giudizio d'attribuzione>>.

In psicoanalisi prima di decidere se qualcosa esista o non esista si pone il giudizio che dice se <<quel qualcosa>> è buono o no. Ciò comporta niente meno che l'inversione della posizione classica della filosofia. Per quello che concerne ciò che viene da me, posso prendere atto di due meccanismi: sia un'espulsione al di fuori, sia una rimozione all'interno. Per quello che invece può venire dall'oggetto posso prendere atto di altri due meccanismi: aggredire l'oggetto, oppure negarne l'esistenza. Ci troviamo così ad affrontare il problema del Narcisismo in quanto il risultato di tutto questo può essere o un'idealizzazione (negatrice sia della pulsione dell'Io che delle pulsioni dell'oggetto) o una persecuzione (che può venire dall'oggetto ma che può anche venire da me stesso: io posso essere carnefice di me stesso dunque in una posizione che prima  di Freud non esisteva).

Farò ancora un'importante citazione da Freud:<<Il pensiero possiede la capacità di presentare alla mente una seconda volta, attraverso  la riproduzione nella rappresentazione,  qualcosa  che è stato percepito in passato, senza  che sia necessaria la presenza all'esterno del  qualcosa  in questione>>.

Vedete che siamo nel cuore di ciò che non esiste, cioè che è solo  nella mente. Si tratta di un'apertura sulla teoria della rappresentazione, potendo quest'ultima rinviare sia a ciò che esiste ma non è presente, sia a ciò che non esiste  affatto perché io l'ho completamente inventato. E' in questo momento che riscontriamo due posizioni in rapporto all'oggetto, e cioè: a) la rappresentazione come possibilità di ritrovare un oggetto perduto; b) la rappresentazione come creazione di un oggetto. E' esattamente su questo punto che la questione del <<Giudizio di esistenza>> è fondamentale. A partire  dal suo articolo sulla negazione Freud dice:<<l'affermazione è un sostituto dell'unione>>. Freud dunque la collega all'eros. All'inverso, <<la negazione è un sostituto dell'espulsione>>, che rinvia alle pulsioni di distruzione. Questa affermazione va compresa nel senso che Freud rinvia qui a ciò che nel suo linguaggio chiama le pulsioni più primitive e che indica come pulsioni orali.

Ma ciò che è importante è che qui, parlando della negazione, Freud situa il negativismo degli schizofrenici. Ci troviamo di fronte ad un problema epistemologico importante. Infatti Freud ci dice che nell'inconscio non c'è il  <<No>>, ma poi,  parlandone come di qualche cosa che appartiene all'Es, Freud ci parla dell'espulsione come di una forma della vita stessa. La questione epistemologica a mio parere è tutta in questa contraddizione, per la quale Freud da una parte dice che non c'è <<No>> nell'inconscio e dall'altra afferma che l'espulsione sarebbe una forma della negazione. Si potrebbe risolvere tale contraddizione invocando una differenza tra l'Es e l'Inconscio. L'Es  è formato da moti pulsionali senza rappresentazioni, il puro movimento. Ma ciò che mi interessa, e che cercherò di sviluppare ora, è l'affermazione di Freud secondo la quale il riconoscimento dell'Inconscio accade in una forma negativa. Quando dò un'interpretazione ad un paziente e lui risponde:<<ah  beh,  a questo non avevo proprio pensato!>> potete essere sicuri  che questa è l'interpretazione giusta. Questo <<Non ci  avevo pensato>> apre qualcosa, è il <<No>> del negativismo dello schizofrenico. Nella nostra pratica nella quale trattiamo pochi schizofrenici, trattiamo spesso con i pazienti che chiamiamo Borderline o Narcisistici e che passano la vita a dire <<No>>: dicono no al piacere, dicono no alla vita, dicono no all'oggetto, dicono no all'interpretazione, e quindi ovviamente si pone la questione di come mai vengano in analisi e perché siano i più fedeli. Questa è in essenza <<la relazione terapeutica negativa>>, e non la si può adeguatamente affrontare senza affrontare il problema del narcisismo. Si può in un certo senso affermare che tutta la storia della psicoanalisi è presa tra due false formulazioni, la prima è la proposizione di Freud circa la nevrosi come negativo della perversione. In altri termini è come se Freud ci dicesse:<<vedete, la soluzione è molto semplice: trovate la perversione dietro la nevrosi, interpretate la perversione, e non ci sarà più la nevrosi>>.

Questa è la prima formulazione, quella del trionfalismo freudiano, la seconda è meno piacevole, è la <<reazione terapeutica negativa>>. Cioè interpretata la perversione dietro la nevrosi, interpretato il masochismo dietro la nevrosi, interpretata la psicosi che sta dietro la nevrosi, comunque la malattia resta, più forte dell'intervento dell'analista. Per tentare di uscire da questa aporia, si è sviluppato un modello che rimette in questione la posizione classica a proposito delle nevrosi di transfert e delle nevrosi narcisistiche, delle quali si supponeva che non potessero sviluppare il transfert. C'è qualcosa di sorprendente nel fatto che Freud non si occupi abbastanza del problema del narcisismo, dopo aver formulato la sua teoria delle pulsioni. Vista la difficoltà, mi è sembrato che potesse essere giusto postulare l'esistenza di due narcisismi: il narcisismo descritto da Freud, che io chiamerei Narcisismo Positivo, ed un secondo narcisismo non descritto da Freud, che chiamerei Narcisismo Negativo. 

Il Narcisismo Positivo aspira alla costituzione dell'unità, cioè dell'<<Uno>>. Mentre il Narcisismo Negativo aspira allo <<Zero>>. Se pensate al mito di Narciso, accade esattamente così. Attirato dall'immagine dell'uno, che egli stesso è, Narciso è contemporaneamente assorbito verso lo <<Zero>>. Queste non sono nozioni speculative bensì corrispondono ad una nuova clinica, che non si trova nell'opera di Freud ma che è creduta corrente al giorno d'oggi.

E' quello che si potrebbe chiamare la clinica del <<Vuoto>>.

Ci sono dei pazienti che pur essendo scelti, si lamentano di sentirsi vuoti: sono quelli che hanno una tendenza ad allontanarsi dal piacere e dalle gioie.

La caratteristica del Narcisismo Negativo è il disinvestimento. Lo slegamento che è presente nella distruttività, non si manifesta soltanto attraverso la distruzione di una struttura, ma attraverso il disinvestimento e la rottura del legame d'oggetto, attraverso il ripiegamento narcisistico. Il ripiegamento narcisistico non è lo stesso di quello che può accadere a ciascuno di voi quando dite <<lasciatemi in pace>>. Il ripiegamento narcisistico rifiuta anche se stesso, perciò io cerco di proporre  che l'azione specifica di Eros può essere concepita come una funzione oggettualizzante e che una funzione specifica delle pulsioni di distruzione, potrebbe essere concepita come una funzione deoggettualizzante e proprio in questo senso, come funzione deoggettualizzante, esse costituiscono il lavoro distruttivo del negativo. Nel borderline le strutture narcisistiche appaiono essere prive dell'angoscia di castrazione e di penetrazione. Sono piuttosto sul limitare di una crisi d'angoscia il cui complemento è l'angoscia di intrusione. Così il lavoro della mente è il duplice lavoro di fissazione del limite di me e di tolleranza dell'oggetto.

Un paziente diceva: <<Io non posso dire "Io" o "Io sono", non posso dire altro che "Io non sono">>. Ma io stesso l'avevo ben pensato, vedete che questo paziente è una specie di <<veggente>>. Questo stesso paziente mi precisava che parlando lanciava delle bombe avvelenate. La problematica centrale è tra <<Io>>, <<Io sono>>, e <<Io non sono>>. Essa ci rimette di fronte al problema clinico dei pazienti che dicono: <<ah, non ci avevo pensato!>>. Questo vuol dire che abbiamo ragione circa quei pazienti che dicono delle cose evidentemente molto banali, ma che noi recepiamo come fossero delle bombe. Quando dò un'interpretazione e il paziente dice: <<non so>>, <<non capisco>>, <<ho dimenticato tutto>>, a questo punto si può ricominciare per sempre e all'infinito. In realtà per il paziente c'è qualcosa che non desidera di scoprire e non capirà. Passando ad un altro dei miei pazienti qualche volta quando interpretavo diceva: <<non capisco niente, mi tappo le orecchie>>. Sebbene, dovete credermi, non sia nel mio stile dare delle interpretazioni che aggrediscono. La cosa più interessante è che questo paziente era venuto da me dopo aver fatto un'analisi silenziosa di 9 anni (analista silenzioso). L'inizio dell'analisi di questo paziente era stato condizionato dal fatto che a Parigi in quel momento si proiettava il film Ran che è un adattamento del Re Lear. Il rapporto è quello tra padre e figlio. Tutta la situazione dell'analisi è sintetizzata nelle ultime scene del film in cui il padre ritrova il figlio, che era stato a lungo in conflitto con lui e a cui in ultimo salva la vita, e gli dice: <<Noi abbiamo tanto da dirci>>. In quel momento c'è una freccia che parte e uccide il figlio. Questo è stato l'inizio dell'analisi del paziente. L'inconscio non sopprime il lavoro psichico, il lavoro del negativo è quindi inscritto nelle proposizioni di Freud che dicono <<ciò che è dispiacere per un certo sistema è piacere per un altro sistema>>, <<ciò che è dispiacere ad un certo livello è piacere ad un altro livello>>. Quando il dispiacere diventa piacere l'analisi diventa molto difficile.

Vorrei portare come ulteriore esempio clinico un accenno ad una paziente che è proprio un esempio di questa forma di disinvestimento e deoggettualizzazione. Il negativo è allo stesso tempo ciò che può verificarsi sul limite, sul bordo del possibile, e quindi può fare esistere in qualche modo l'impossibile: nelle fantasie potrei anche credere di essere pazzo o di essere il Papa (d'altra parte non è tanto lontano da qui!). Ma il negativo è anche la prima posizione di ciò che può distruggere il possibile. E così questa paziente mi aveva spiegato che era diventata una regola di vita per lei non sperare mai niente di buono per se stessa, perché questo era l'unico modo per non essere mai delusa; di non possedere mai nulla, perché in questo modo nessuno avrebbe potuto portarle via nulla. La logica che è sottesa a questa posizione è distruttiva. Mi scuso di lanciare delle affermazioni di questo tipo, ma tutto il senso della vita sta in questo punto, se voi accettate di giocare voi accettate la possibilità di perdere, di soffrire, ma se voi giocate al gioco del <<chi perde vince>>, a questo punto voi non potete perdere, perché più voi perdete più voi guadagnate e se voi guadagnate qualche cosa è facilissimo riperderlo. A questo punto la questione del negativo diventa un bastione per il narcisismo, che non si può mai riconquistare. Non esiste un tipo di amore narcisistico opposto all'amore oggettuale, ma il problema di un soggetto del genere è vivere nel niente, nel minimo vitale. Bisogna fare molta attenzione perché questa è una delle forme più gravi di seduzione per l'analista: <<povero piccolo, ti salverò, nessuno ti ha mai capito, ti capirò io, sei vissuto senza amore, te lo dò io>>. In fondo, se proprio si vuole adottare una strategia di questo tipo, non mi sembra poi tanto sbagliato. Bisogna però fare i conti con il fatto che si dovrà pagare molto di più di quello che si era forse disposti a pagare. Una delle cose fondamentali, in questa situazione, è che l'analista possa suscitare il sentimento che il suo pensiero non è distrutto dal pensiero dell'analizzato e che può continuare a negativizzarlo nel senso positivo. La concezione dell'analisi è che l'analisi trova il negativo alla base del suo essere e che la teoria analitica si basa su una positività in eccesso, per cui noi possiamo sopravvivere e coesistere solo negativizzando, cioè attraverso meccanismi di difesa, cioè rendendo la vita pulsionale compatibile con le esigenze della vita culturale. Tutto questo riguarda il concetto del negativo. Un minuto fa ho accennato alla possibilità di prendermi per il Papa.

L'altro giorno ero andato a S. Pietro per vedere la Pietà, e nel fondo ho visto il trono di S. Pietro. è un trono che è la rappresentazione del negativo: S. Pietro è vicino, più in basso, e di fatto non si tratta, sul trono di S. Pietro, di rappresentare S. Pietro. Questro trono è là, sta al suo posto come luogo della successione di tutti i Papi della cristianità, ed anche come una possibilità per tutti i Papi che non sono ancora nati. Si tratta in questa rappresentazione di creare la forma vuota nella quale può venire a collocarsi il Papa nel senso astratto della parola. E ci ritroviamo a questo punto esattamente davanti alla questione del rapporto tra la rappresentazione e la parola.

 

 

 

 

 

 

 


 


 

 


 

 

 

 

 
 
 
 
   

 

 

 

 

   

 

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
 

 

   
   
 

 

   
   
   
 

 

   
   
   
   
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

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