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Nuova pubblicazione/New issue:
"Psicoanalisi e luoghi della negazione"
a cura di A. Cusin e G. Leo (Editors)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, A. Cusin, N. Janigro, G. Leo,
B.E. Litowitz, S. Resnik, A. Sabatini Scalmati, G. Schneider, M. Šebek,
F. Sironi, L. Tarantini.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-4-2
Anno/Year: 2011
Pages: 400
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"Lebensruckblick"
by Lou Andreas Salomé
(book in German)
Author:Lou Andreas Salomé
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-97479-00-0
Anno/Year: 2011
Pages: 267
Prezzo/Price: € 19,00
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"Psicologia
dell'antisemitismo" di Imre Hermann
Author:Imre Hermann
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-3-5
Anno/Year: 2011
Pages: 158
Prezzo/Price: € 18,00
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"Id-entità mediterranee.
Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo
(editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A.
Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y.
Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M.
Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-2-8
Anno/Year: 2010
Pages: 520
Prezzo/Price: € 30,00
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"Vite soffiate. I vinti della
psicoanalisi" di Giuseppe Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-0-4
Anno/Year: 2008
Prezzo/Price: € 18,00
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"La Psicoanalisi e i suoi
confini" edited by Giuseppe Leo
Writings by: J.
Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D.
Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik
Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini
ISBN: 978-88-340155-7-5
Anno/Year: 2009
Pages: 224
Prezzo/Price: € 20,00
"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi
Confini"
Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.
Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas,
Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.
Publisher: Schena Editore
ISBN 88-8229-567-2
Price: € 15,00
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Alla
sua decima annata di esistenza, con questo fascicolo doppio “Medicina
& Storia” intende presentarsi con alcune novità.
Il
comitato direttivo, dopo alcuni avvicendamenti in una sostanziale continuità
con Bernardino Fantini come editor in chief, mi ha designata alla
guida della rivista. Vorrei dire, forse meglio, mi ha designata alla
sua cura,
in un periodo segnato da uno stato di salute non buono per la ricerca scientifica,
per la formazione e la professione degli studiosi nelle humanities
in
particolare, dovuto non solo alla scarsità dei finanziamenti in
Europa ma
anche ad un generale clima politico sfavorevole. Ogni difficoltà è
specifica, in
relazione al contesto e alla storia di un soggetto, come si sa. E specifiche
sono anche le vicende della nostra rivista e della sua direzione, intendendo
quest’ultima parola nella pluralità dei suoi significati:
orientamento e
indirizzo, dirigenza e guida, insieme di persone che conducono un’attività.
In questo senso, vari cambiamenti sono in corso da questo fascicolo
per quanto riguarda l’editore, l’organizzazione interna ed altro.
Tuttavia
è proprio la consapevolezza di una difficoltà generale che spinge anche
“Medicina & Storia” ad aumentare gli sforzi, e a cercare di
coltivare aspirazioni
ed obiettivi che, dato lo scenario non solo italiano, appaiono necessariamente
audaci.
È
dello scorso anno la denuncia dei direttori di molte riviste
internazionali del
settore – Journals
under threat: a joint response from history of
science, technology and medicine editors –,
apparsa anche in “Medical History”
che è a sua volta in trattativa con il Wellcome Trust
affinché continui a
finanziarla. Il pericolo da scongiurare, si concordava, è l’impoverimento
in
ogni senso: meno risorse, meno riviste scientifiche, meno diversità e
innovazione nella ricerca storica e delle discipline interconnesse. Ed
è un rischio
considerato maggiore per gli specialisti che pubblicano in riviste non
anglosassoni e che si ripercuote, potremmo aggiungere, soprattutto sui
giovani i quali hanno minori mezzi di accesso a supporti
istituzionali.
Le
conseguenze vanno a scapito della comunità scientifica tutta, quando non
si riesce a valersi delle proprie risorse, com’è evidente nel
drammatico fenomeno
italiano di brain drain dove
pochi ricercatori ritornano e da altri paesi
pochi ne arrivano.
“Medicina
& Storia” è una rivista internazionale, per la conformazione stessa
dei suoi comitati interni, dal direttivo allo scientifico, per la
scelta dei temi
di indagine, per la sua presenza nelle biblioteche, per l’appartenenza,
la
provenienza e la mobilità dei collaboratori che è riuscita ad
attrarre. E’ un
peer reviewed journal da
quando, a fine 2003, sono entrata a farne parte nel
ruolo, per un biennio, di segretaria scientifica. Tra tutte le riviste
storiche valutate
con criteri trasparenti dall’apposita commissione della Sissco (Società
italiana per lo studio della storia contemporanea) lo scorso anno, “Medicina
& Storia” si è classificata in fascia A. Lieta di questo
risultato, e
pronta a sottoporsi alla valutazione di altre società
scientifico-disciplinari pertinenti,
oltre che, naturalmente, della sua variegata readership,
ha dovuto
però far fronte alla notoria carenza di finanziamenti. Dal secondo semestre
2005 è uscita con un editore più economico. Dobbiamo scusarci con
i lettori e i collaboratori per gli inconvenienti conseguiti a quella
travagliata transizione.
Con
il presente fascicolo si passa finalmente all’edizione digitale e
cartacea con
la Firenze University Press. Casa editrice innovativa e giovane, nata
nel 2003, di un ateneo pubblico che riscuote un’alta valutazione
sulla ricerca,
la FUP garantisce l’applicazione di criteri di qualità scientifica
per le
sue pubblicazioni. Anche questo è un cambiamento significativo della direzione
su cui intendiamo proseguire.
Venuto
meno da tempo il supporto dell’Asl di Firenze tramite il suo Centro
di documentazione per la storia dell’assistenza e della sanità
fiorentina, che
ringraziamo, “Medicina & Storia” esce ora in associazione con
la Biom
(Società italiana di storia, filosofia e studi sociali della biologia
e della medicina),
avviata nel 2009 allo scopo di
“elevare e diffondere la cultura storica
e filosofica, e in particolare di promuovere le ricerche e gli
insegnamenti di
storia, filosofia e studi sociali della biologia e della medicina”.
Tanto
nella rivista quanto nella Biom, tra i cui soci alcuni collaborano direttamente
a “Medicina & Storia”, prevale la convinzione che la ricerca
storica si
avvantaggi di scambi interdisciplinari e richieda multiple
professionalità.
E
si crede anche che, come la didattica, non debba essere mortificata da
presunte esclusività e delimitazioni territoriali di titolarità
accademica, tanto
meno quando la ricerca storica riguarda gli ambiti della salute e del corpo,
delle specialità mediche e delle cure. Purtroppo persistono ancora, oltre
ogni ragionevole dibattito storiografico, pregiudizi che già svariati
decenni
fa erano stati lucidamente analizzati per emanciparsene. Già al primo
corso di storia della scienza o della medicina i nostri studenti
imparano, o
almeno dovrebbero, a riconoscere le ‘illusioni’ più comuni di cui
parlava
anche Mirko Grmek: l’idea di un incessante progresso lineare della scienza,
la sua mitizzazione, il presentismo, la razionalizzazione del vissuto della
scoperta. Sono luoghi comuni fallaci che distinguono la storia della medicina
concepita quale una by-product
della pedagogia medica e
scientifica, dalla
“storia storica” della medicina, come insisteva Jacques Roger.
D’altra
parte, l’apertura alle medical
humanities che alcune
Facoltà mediche
hanno proclamato per correggere gli eccessi dello specialismo, del biologismo
e delle biotecnologie può venire del tutto neutralizzata se gli insegnamenti
sono meramente opzionali e se, benevolmente, non si danno né
si chiedono gli alti standard di qualità che invece gli storici
perseguono nelle
loro ricerche. Il rischio è che in fondo nulla cambi: continua a
mancare il
confronto della ricerca scientifica attuale con la ricerca scientifica
sul
passato, che tanto contribuisce a meglio comprendere il mondo in cui siamo
e anche a prendervi parte, con progetti, decisioni e scelte.
Certamente
le ricerche storiche sono spesso orientate dalla sensibilità degli studiosi
verso problemi ed esigenze attuali (come nel caso della storia della psichiatria
manicomiale durante il movimento dell’antipsichiatria); d’altro canto
proprio le tendenze attuali richiedono di essere comprese nel contesto
storico
e nel cambiamento. C’è un grande dibattito su questo. Per dirla in
breve, l’immagine della storia come laboratorio di riflessione sul
presente non
può non richiamare ad una storia critica della medicina e della
sanità, in
prospettiva culturale e sociale, con l’impegno degli studiosi nel
presente.
Chi
fra noi ha avuto la soddisfazione di lavorare in centri di ricerca internazionali
dove studiosi di formazione diversa cooperavano a progetti tematici
comuni, mantiene la fiducia che questo confronto serva. “Medicina &
Storia” ambisce ad essere un’opportunità anche in questo senso,
proprio quando
in Italia si attuano riforme dell’università che procedono a tagli,
a politiche
di non ricambio, a compartimentazioni di competenze burocraticamente intese
a delimitarsi reciprocamente.
Le
condizioni concrete nelle quali quotidianamente ci troviamo a lavorare
sono
poco note nel dibattito pubblico, dove passa l’immagine della
ricerca di
laboratorio e non quella nelle biblioteche e negli archivi storici,
mentre per
le loro condizioni moltissimo avremmo da dire e da fare. Precarietà o
vera e propria mancanza di posizione influiscono sul lavoro e sulla
vita di
molte studiose e studiosi. Le disparità di genere continuano a pesare
anche
nel mondo accademico. Prestare attenzione a tutto questo significa anche
interrogarsi su nostri atteggiamenti consueti rispetto all’ambiente
e al
modo di lavorare, tra studiose e studiosi di vari paesi, di età
diverse, che hanno
percorsi e opportunità di carriera decisamente cambiate.
Tutto
questo riguarda anche le collaboratrici e i collaboratori di “Medicina
& Storia”, che condivide con alcune altre riviste la scelta gendersensitive
di
indicare per esteso i nomi, che non richiede una dichiarazione di
presunta appartenenza istituzionale ai molti giovani studiosi che ne
sono privi,
pur lavorando con scarso o nessun compenso in istituzioni di
insegnamento e
di ricerca. “Medicina & Storia” vuole invece valorizzare le
qualità di
ricerca, le risorse e, possibilmente, le aspirazioni.
A
chi vi collabora, inclusi gli anonimi referees,
e in particolare al nuovo gruppo
redazionale selezionato e molto motivato, vanno i miei più calorosi ringraziamenti.
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