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 "LAICITA' E RICERCA PER LA PSICOANALISI"  

 

 

  di Vittorio Lingiardi

 

 

Questo articolo è uscito sul domenicale de "Il Sole 24 Ore" del 4 marzo 2012, all'interno del quale è anche contenuto l'articolo di Gilberto Corbellini "Senza prove non è terapia". Il 12 febbraio 2012 era uscito su "Il Sole 24 ore" l'articolo di Corbellini che aveva aperto la discussione ( www.ilsole24ore.com/domenica ). Ancora prima l'Istituto di Ortofonologia di Roma aveva redatto un documento in cui chiedeva di riaprire una discussione sulle linee guida dell'Istituto Superiore di Sanità relativamente all'autismo, presentate il 26 gennaio. L'Istituto di Ortofonologia avviava una petizione il cui testo è qui sotto in questa pagina. Sul sito www.fantasiautismo.org è stata indetta una raccolta di firme da parte di alcune associazioni di famigliari di bambini autistici a difesa delle linee guida dell'Istituto Superiore di Sanità.

 


 



 


 


 


 

            

 

   

 

Rivista "Frenis Zero" - ISSN: 2037-1853

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 Nuova pubblicazione/New issue:

"The Voyage Out" by Virginia Woolf

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-97479-01-7

Anno/Year: 2011 

Pages: 672

Prezzo/Price: € 25,00

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"Vite soffiate. I vinti della psicoanalisi" di Giuseppe Leo 

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Preface: Alberto Angelini

ISBN: 978-88-903710-5-9

Anno/Year: 2011 (2nd Edition)

Prezzo/Price: € 18,00

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"Psicoanalisi e luoghi della negazione" a cura di A. Cusin e G. Leo (Editors)

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian,  A. Cusin, N. Janigro, G. Leo, B.E. Litowitz, S. Resnik, A. Sabatini Scalmati, G. Schneider, M.  Šebek, F. Sironi, L. Tarantini.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-903710-4-2

Anno/Year: 2011

Pages: 400

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"Lebensruckblick"

by Lou Andreas Salomé

(book in German)

Author:Lou Andreas Salomé

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero 

ISBN: 978-88-97479-00-0

Anno/Year: 2011

Pages: 267

Prezzo/Price: € 19,00

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"Psicologia   dell'antisemitismo" di Imre Hermann

Author:Imre Hermann

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero 

ISBN: 978-88-903710-3-5

Anno/Year: 2011

Pages: 158

Prezzo/Price: € 18,00

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"Id-entità mediterranee. Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo (editor)

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A. Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y. Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M. Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-903710-2-8

Anno/Year: 2010

Pages: 520

Prezzo/Price: € 30,00

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OTHER BOOKS

"La Psicoanalisi e i suoi confini" edited by Giuseppe Leo

Writings by: J. Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik

Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini

ISBN: 978-88-340155-7-5

Anno/Year: 2009

Pages: 224

Prezzo/Price: € 20,00

 

"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi Confini" 

Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.

Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas, Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.

Publisher: Schena Editore

ISBN 88-8229-567-2

Price: € 15,00

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È vero che, verso la metà del secolo scorso, i primi ad accorgersi dei bambini autistici sono stati gli psicoanalisti. Ma sono d’accordo con Gilberto Corbellini quando, sollevando un certo putiferio, scrive che gli psicoanalisti che oggi si ostinano a definire l’autismo infantile «una psicosi causata da un’eccessiva freddezza della madre nei confronti del bambino», magari evocando «madri frigorifero» e «fortezze vuote», non sono d’aiuto né ai bambini autistici né alle loro famiglie. E si pongono al di fuori di una comunità scientifica che, pur senza trovare risposte definitive, si è messa a studiare non solo l’attaccamento e le teorie della mente, ma anche le componenti biologiche e genetiche del disturbo. Ed è un peccato che, in una polemica che ancora una volta vede la psicoanalisi sotto tiro, nessuno abbia citato Autismo. L’umanità nascosta (Einaudi, 2006), il bel libro di Barale, Ballerini, Gallese e Ucelli di Nemi, che usufruendo con prudenza delle recenti conoscenze derivate dall’applicazione delle neuroscienze e della psicologia scientifica offre «un’attenta valutazione dei contributi psichiatrici, psicoanalitici e psicoterapeutici, sottolineando la fragilità assoluta della teoria psicogenetica». E sono d’accordo con Corbellini anche quando afferma che un medico dovrebbe «essere in grado di dimostrare empiricamente che le sue cure funzionano». Mi dispiace solo che per esprimere queste posizioni, dai più condivisibili, abbia ecceduto in espressioni svalutative tipo «insidiosa setta» o «zombie intellettuali». Nella guerra delle parole e dei modelli, si può capire che di fronte a certi lacanismi, una mente anglosassone, e per giunta non costruttivista, si senta messa a dura prova.
Ma la mia personalità doppia, di ricercatore empirico e di clinico dinamico, che tanto benefico lavoro quotidiano di integrazione mi richiede (bridging the gap, come si suol dire), si è trovata ad annuire anche leggendo il manifesto degli analisti del profondo, firmato, in ordine non alfabetico, da Bolognini, Argentieri, Di Ciaccia e Zoja, e apparso il 22 febbraio su la Repubblica. Chiunque faccia il clinico (psichiatra o psicologo, dinamico o cognitivista che sia) sa infatti che «restringere lo studio della mente umana alle sole discipline psichiatriche e neuropsicologiche sarebbe riduttivo e arbitrario». E i filosofi ci insegnano che complessità e non linearità sono concetti che ricorrono nei tentativi di caratterizzare il pensiero scientifico. Ma proprio per questo non condivido la definizione di psicoanalisi come «scienza a statuto speciale». Semmai direi “disciplina a statuto speciale”, che se vuole restare nell’alveo delle scienze deve però accettare le regole condivise dalla comunità delle mental health professions, prima tra tutte la verificabilità empirica dei suoi risultati. Non può altrimenti rientrare nel campo delle psicoterapie, quelle discipline cliniche che, in una cornice scientifica, si propongono di accrescere la conoscenza di sé, della propria storia, delle proprie relazioni con gli altri, e di ridurre la pervasività dei sintomi e il peso della sofferenza mentale. Hanno ragione i colleghi psicoanalisti quando affermano che «il recupero di una vivibile soggettività individuale è reso possibile da una relazione complessa e continuativa tra due persone, da un “lavorare insieme” su angosce, bisogni, dolori, desideri non riconosciuti». Non credo però che l’unico modo di “lavorare insieme” sia quello psicoanalitico, e sono rimasto colpito dal fatto che, nel loro manifesto, i colleghi abbiano trascurato la parola “ricerca”. Se, come dicono, «oggi la psicoanalisi non è alla vigilia della sua scomparsa», è anche perché ha saputo uscire dal suo «(non troppo) splendido isolamento» (come dice Fonagy), attraverso la ricerca empirica e il dialogo interdisciplinare; e perché almeno i suoi esponenti migliori hanno saputo ritrattare alcune perniciose assurdità per decenni pronunciate su temi quali le sessualità o, ancora, l’autismo. Certo la ricerca empirica non può “spiegare” o “misurare” tutto ciò che riguarda il complesso meccanismo della cura, ma è innegabile che ha iniziato a dare risultati interessanti. Andrebbe incrementata, anche perché aiuta a sviluppare idee nuove e a confutare tesi sbagliate, a capire come funziona il processo terapeutico, a promuovere nuovi tipi di trattamento. In pratica, a salvare la psicoanalisi sia dall’autoreferenzialità sia da molte critiche dei suoi detrattori.
Non credo che il rapporto tra psicoanalisi e ricerca (che in molti casi si traduce nella domanda sull’efficacia della psicoanalisi) possa essere affrontato in modo ideologico (psicoanalisi sì/psicoanalisi no) e con frettolose certificazioni di morte. A mio avviso, anche a livello sociale e culturale, l’approccio corretto dovrebbe essere: di quale modello teorico e clinico di psicoanalisi stiamo parlando? Che le talking therapies funzionino, e che le terapie a orientamento dinamico, almeno per alcune tipologie di pazienti, funzionino come e meglio di altre psicoterapie, è ormai accertato – si vedano, per esempio: I risultati della psicoanalisi, a cura di Leuzinger-Bohleber e Target (il Mulino, 2002); La ricerca in psicoterapia, a cura di Dazzi, Lingiardi, Colli (Cortina, 2006); Psicoterapie, a cura di Gabbard (Cortina, 2010); Psychodynamic Psychotherapy Research: Evidence-Based Practice and Practice-Based Evidence di Ablon, Levy, Kaechele (Humana Press, 2012).

La domanda è dunque: What works for whom, how and when, compresa la variante troppo spesso dimenticata: What does not work for whom,how and when. Più che di difese d’ufficio, la psicoanalisi ha bisogno di laicità e di ricerca, quantitativa e qualitativa. Solo in questo modo potremo capire i fattori curativi (specifici e aspecifici) della psicoanalisi, e soprattutto quando ha senso proporla a un paziente e quando non solo non ha senso, ma è anche iatrogeno.

 

 

 

 

 


 

Petizione dell'Istituto di Ortofonologia

 
 
 
 
   

 

 

 

AUTISMO. LINEE GUIDA, PETIZIONE PER RIAPRIRE TAVOLO

PER ADERIRE BASTA INVIARE UNA EMAIL.

Il 26 gennaio sono state presentate a Roma dall’Istituto Superiore di Sanità le linee guida per l’autismo che

raccomandano alle Regioni, come unico strumento terapeutico, l’adozione della tecnica neocomportamentale

ABA (Applaied Behaviour Analysis) derivata dal metodo Lovaas.

Nella metodologia utilizzata dal panel sono stati presi in considerazione unicamente gli studi appartenenti

all’ambito neo-comportamentale a favore del metodo ABA, soprattutto in Scozia e negli Stati Uniti,

escludendo tutta la bibliografia riguardante approcci diversi sia delle stesse nazioni che di altre. Sono state,

quindi, escluse tutte le esperienze cliniche italiane ed estere che si rivolgono all’individuo nella sua

complessità e che utilizzano metodologie diverse per validare i propri studi. Da ciò deriva, ovviamente, il

fatto che in ambito clinico si imporrà l’attuazione di una sola linea di trattamento senza possibilità di scelta

né da parte del paziente, né dell’operatore.

Tale posizione unilaterale, totalmente carente sia sul piano scientifico che su quello clinico, non appare

adeguata ad affrontare un problema complesso come quello rappresentato dall’autismo e non tiene conto

della pluralità che anima lo scenario culturale.

Appare irrispettoso, oltre che scorretto, escludere dal dibattito tutti gli approcci diversi da quello neo

comportamentale, definendo scientifico il solo metodo preso in esame perché utilizza strumenti di tipo

quantitativo e parcellizzato che consentono più facili catalogazioni.

Senza entrare nel merito delle carenze riscontrabili nella metodologia utilizzata e apprezzando comunque

l’intento di fare un po’ di luce su una situazione clinica tanto discussa, è doveroso riaprire il dibattito per

includere i recenti risultati della ricerca nell’ambito della psicologia dell’età evolutiva che pongono

l’affettività alla base dello sviluppo cognitivo e per consentire a tutte le autorevoli voci scientifiche italiane

di esprimere la propria posizione teorica e clinica in materia di autismo.

E’ inoltre fondamentale affrontare e non eludere il problema della diagnosi per poter accertare la reale

presenza del disturbo, le sue diverse manifestazioni e la gravità della sintomatologia all’interno della

disomogenea categoria dei disturbi dello spettro autistico. Ciò al fine di identificare l’intervento più

proficuo in base alle potenzialità del singolo bambino e non agli strumenti dell’operatore e per definire

realmente l’efficacia della terapia, tenuto conto che modalità diagnostiche non omogenee non consentono

conclusioni scientifiche adeguate.

Se non si apre un dibattito che favorisca un confronto tra i vari approcci teorico-clinici, si assisterà

all’esercizio di un monopolio che minerà alla base la libertà dell’operatore di scegliere la cura in base al

proprio orientamento e alla gravità del disturbo, e quella del paziente di condividere il progetto

terapeutico.

In riferimento a tutto ciò, viste le dichiarazioni rilasciate da molti esponenti del mondo scientifico e in

considerazione di tutti gli anni che la nostra formazione, sia pur nella sua diversità, ha richiesto, abbiamo

deciso di non far passare inosservato tale avvenimento e di chiedere lo stesso rispetto per tutte le altre

linee di pensiero che tanto hanno contribuito all’evoluzione di costrutti teorici e al raggiungimento di

risultati clinici.

Tale unità di intenti, che sappia andare oltre la singola specificità per garantire un approccio completo

all’individuo, si rende necessaria in questo momento storico non solo per l’autismo ma anche per tante

diverse patologie che si troverebbero ad essere affrontate con la stessa unica tecnica validata con la

medesima modalità.

Per avviare il procedimento di riapertura delle linee guida si richiedono, dunque, i consensi di tutti coloro

che, pur nella specificità della propria formazione, riconoscono la centralità degli affetti, delle emozioni e

della relazione nello sviluppo e nella strutturazione di una patologia tanto complessa.

Per aderire alla petizione compila il form sul sito www.ortofonologia.it oppure invia un’email all’indirizzo

ufficiostampa@ortofonologia.org

 

   

 

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
 

 

   
   
 

 

   
   
   
 

 

   
   
   
   
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

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