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AA.VV., "Scrittura e
memoria", a cura di Rosetta Bolletti (Editor).
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Cordoglio e pregiudizio
Anno/Year: 2012
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, A. Arslan, R. Bolletti, P. De
Silvestris, M. Morello, A. Sabatini Scalmati
ISBN:
978-88-903710-7-3
Pages: 136
Price/Prezzo:
€ 23,00
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AA.VV., "Lo
spazio velato. Femminile e discorso
psicoanalitico"
a cura di G. Leo e L. Montani (Editors)
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della psicoanalisi
Anno/Year: 2012
Writings by: A.
Cusin, J. Kristeva, A. Loncan, S. Marino, B.
Massimilla, L. Montani, A. Nunziante Cesaro, S.
Parrello, M. Sommantico, G. Stanziano, L.
Tarantini, A. Zurolo.
ISBN:
978-88-903710-6-6
Pages: 382
Price/Prezzo:
€ 21,00
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"The Voyage Out" by Virginia
Woolf
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-97479-01-7
Anno/Year: 2011
Pages: 672
Prezzo/Price: € 25,00
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"Vite soffiate. I vinti della
psicoanalisi" di Giuseppe Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Preface: Alberto Angelini
ISBN: 978-88-903710-5-9
Anno/Year: 2011 (2nd Edition)
Prezzo/Price: € 18,00
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"Psicoanalisi e luoghi della negazione"
a cura di A. Cusin e G. Leo (Editors)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, A. Cusin, N. Janigro, G. Leo,
B.E. Litowitz, S. Resnik, A. Sabatini Scalmati, G. Schneider, M. Šebek,
F. Sironi, L. Tarantini.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-4-2
Anno/Year: 2011
Pages: 400
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"Lebensruckblick"
by Lou Andreas Salomé
(book in German)
Author:Lou Andreas Salomé
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-97479-00-0
Anno/Year: 2011
Pages: 267
Prezzo/Price: € 19,00
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"Psicologia
dell'antisemitismo" di Imre Hermann
Author:Imre Hermann
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-3-5
Anno/Year: 2011
Pages: 158
Prezzo/Price: € 18,00
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"Id-entità mediterranee.
Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo
(editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A.
Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y.
Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M.
Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-2-8
Anno/Year: 2010
Pages: 520
Prezzo/Price: € 30,00
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"La Psicoanalisi e i suoi
confini" edited by Giuseppe Leo
Writings by: J.
Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D.
Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik
Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini
ISBN: 978-88-340155-7-5
Anno/Year: 2009
Pages: 224
Prezzo/Price: € 20,00
"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi
Confini"
Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.
Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas,
Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.
Publisher: Schena Editore
ISBN 88-8229-567-2
Price: € 15,00
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La
comunità terapeutica rappresenta una modalità organizzativa
peculiare; al suo interno ogni elemento è considerato parte della
cura e, pertanto, vi è una attenzione e cura per ogni momento,
processo, contesto. Spesso questo tipo di strutture vengono definite istituzioni;
il termine in questi casi sta ad indicare “L’insieme,
organicamente collegato, di persone competenti che si occupano della
cura dei malati mentali in una struttura funzionalmente determinata”
(Racamier, 1972, pag. 215). coloro che si prendono cura dei pazienti,
insieme ai medici, vengono invece definiti “personale curante”.
L’equipe terapeutica e il suo funzionamento sono il fulcro del
modello terapeutico delle comunità fondate sull’approccio
psicodinamico.
Si
vuole qui raccontare ciò che è possibile osservare visitando una
delle prime comunità terapeutiche, sorta in Europa negli anni ’60
grazie al lavoro di Racamier. È possibile delinearne il percorso
storico attraverso le parole del suo stesso fondatore che, in un
articolo apparso sul numero 1 (1997) di Psychiatrie Française, parla
del momento di origine di una istituzione come “marchio di
origine”, attribuendo a questo momento un valore fondante che ne
segnerà l’esistenza.
Ancora
oggi "La Velotte", avviata e gestita da Paul Claude
Racamier, rappresenta un modello pionieristico di riferimento per le
Comunità Terapeutiche. Racamier afferma “non basta innovare, è
indispensabile alimentare una vita e che tutti, nel loro ruolo, vi
partecipino”.
LA
VELOTTE è un centro psicoterapeutico fondato nel 1967, fra le prime
strutture intermedie in Francia, il primo con determinate
caratteristiche, delle sue origini portava il segno dell’innovazione
e del cambiamento. Si rivolge a pazienti con disturbi psicotici fra i
18 e i 30 anni che intendono avviare un percorso di cura. Il centro è
aperto solo durante il giorno, rappresenta uno spazio sicuro,
accogliente e ben organizzato. L’ospedale di giorno inizialmente, in
Francia, non aveva un riconoscimento legislativo, l’iniziativa è
stata dunque sostenuta dalle famiglie degli ospiti, riuniti in una
associazione, successivamente (nel 1983-84) fu possibile
convenzionarsi con l’Ente Assicurativo Statale; le famiglie e i
curanti hanno avuto e hanno un ruolo importante sia nel lavoro
terapeutico che nella vita di questo organismo. Il desiderio dei
genitori era che i loro figli, giovani adulti, potessero curarsi
vivendo vicino all’ambiente sociale; il rapporto con tale ambiente
sarebbe stato mediato dall’équipe curante. L’idea cardine che
guida il percorso di cura è che sia possibile comprendere gli
psicotici grazie alla lettura delle loro azioni (più che del
linguaggio), a partire dalle conoscenze psicoanalitiche, in uno
scambio continuo fra teoria e pratica.
L’Hopital
de jour “La Velotte” ha preso nome dal quartiere di Besançon in
cui ha sede, si tratta di una zona residenziale piuttosto piacevole in
mezzo ad un quartiere fatto di villette immerse nel verde a circa 2 Km
dal centro cittadino. È possibile raggiungerla con autobus.
All’ingresso vi sono due targhe non molto vistose che indicano il
nome e le caratteristiche dell’abitazione che altrimenti sarebbe
confusa con le altre. Il cancello che da accesso al giardino è
aperto.
Entrando
all’interno, nel clima che vi si respira, si avverte molto forte la
presenza carismatica del fondatore che aleggia in ogni angolo: in
molti discorsi viene sempre citato, c’è una bacheca con i suoi
libri, alcune foto. Si ha la sensazione che la CT abbia una missione,
quella di continuare a rappresentare il pensiero e l’opera del suo
fondatore.
Al
momento della visita, l’équipe è costituita da una pluralità di
figure professionali: 2 medici dirigenti; 5 soignant (operatori,
aiutanti) di cui tre psicologi e due infermieri; un animatore fisso
(ceramiche e attività sportive e culturali); un arte terapeuta; un
animatore musicale; una segretaria; un cuoco; una donna per le pulizie
del centro e una per la casa degli ospiti (La Maison Des Champs).
Inizialmente il lavoro si svolgeva in una abitazione di piccole
dimensioni, dove i pazienti restavano anche la notte e durante il
giorno si svolgevano attività di cura e terapia. In seguito, per
rispondere all’obiettivo della Comunità di svolgere un ruolo di
mediazione tra il paziente e l’altro, la struttura fisica prevede
una doppia collocazione, infatti vi è l’ospedale di giorno, aperto
tutti i giorni dell’anno dalle 10 alle 20 e, a poca distanza, si
trova la residenza notturna, La Maison Des Champs, per gli stessi
ospiti. Questa soluzione di cura sembra particolarmente originale
rispetto alle soluzioni abitative pensate nelle CT in Italia, lasciare
soli i pazienti durante la notte è considerato da noi probabilmente
pericoloso, quasi impensabile. Le diverse figure che ruotano attorno
alla struttura garantiscono la realizzazione di varie attività che si
svolgono in giorni stabiliti della settimana: attività riabilitative,
ludico-ricreative, psicoterapia individuale che si svolge
all’esterno della struttura, attività di socializzazione,
interventi sulle famiglie, attività di lavoro protetto e produttivo
che si svolgono all’esterno, psicoterapia di gruppo all’esterno.
Nel corso della settimana sono previste: uno spazio chiamato musica e
ritmo; ceramica; footing; piscina; attività libere; uscite
autogestite. Vi sono inoltre momenti di gruppo; incontri con i singoli
ospiti a richiesta (vengono svolti alla presenza di due operatori);
appuntamenti telefonici con i familiari; incontri periodici, ma non
frequenti, con i familiari.
Ogni
giorno sono presenti 2-3 operatori; i responsabili ci sono per 3 volte
a settimana, una mattina e due giorni interi, in più è garantito un
appuntamento telefonico.
Garantire
la presenza è una delle funzioni principali della cura istituzionale,
la presenza è qui intesa come una qualità dell’esserci che si
caratterizza per la sua dimensione psico-affettiva, non sempre
scontata o evidente. Secondo Racamier, i sintomi degli psicotici
tendono a ricordarci la loro presenza, tali comportamenti, allo stesso
tempo, richiedono la presenza dei curanti. L’istituzione da la
possibilità di percepire una presenza costante, permanentemente
disponibile, diffusa e allo stesso tempo personalizzata, costituisce
un fondo permanente e stabile. Per garantire ai pazienti una presenza
discreta, disponibile, ma non intrusiva, vengono tenute delle riunioni
comunitarie dove si sa che tutti saranno presenti, in tal modo i
pazienti non hanno bisogno di mostrare particolari sintomi per avere
garantita questa opportunità.
Tutti
gli operatori sono coinvolti nei momenti dedicati alla formazione. Vi
sono riunioni settimanali di équipe e riunioni con gli ospiti.
La
scelta dell’ospedale diurno matura per dare maggiore responsabilità
ai pazienti, così come ai loro familiari e agli operatori. Tale
soluzione abitativa richiede una responsabilità condivisa, durante la
notte è come se i pazienti fossero affidati l’uno all’altro ed è
sempre possibile chiedere aiuto in qualunque momento ve ne sia il
bisogno, ciò non implica delegare completamente tutti i compiti, vuol
dire invece pensare di poter essere flessibili rispetto ai momenti e
alle situazioni. Affinché i pazienti possano sperimentare un senso di
sicurezza all’interno degli spazi di autonomia, è necessario
prevedere ciò che può accadere, dunque avere delle precauzioni
fornendo una cornice che si struttura attraverso delle regole, dei
limiti di cui il paziente ha fortemente bisogno; una organizzazione
eccessivamente rigida non è in grado di contenere nulla, ma allo
stesso tempo l’eccessiva duttilità non può fare di meglio. La
comunità fornisce una cornice sufficientemente chiara, esplicita e
coerente per consentire ai pazienti di apprendere velocemente le sue
regole e modalità di funzionamento; ogni norma è fondata su
motivazioni realistiche ed è resa esplicita, ha la funzione di
rappresentare dei limiti e degli ostacoli che tengano conto delle
necessità reali. Le norme stabiliscono a frequenza e la durata delle
riunioni, la presenza alle riunioni, le modalità del lavoro di
gruppo.
Durante
le ore diurne gli ospiti non possono tornare nelle loro abitazioni, vi
torneranno solo nelle ore notturne (tranne alcune eccezioni per
programmi individualizzati). Gli ospiti godono di un’ampia libertà
di movimento, non sono trattenuti se vogliono andare via, c’è un
clima di collaborazione che induce un forte autocontrollo (e
controllo).
Vi
sono periodici ritorni a casa concordati con l’équipe. La
permanenza media di un ospite è di circa 4-6 anni.
Si
svolgono riunioni plenarie cui partecipano pazienti e operatori e
riunioni di équipe cui partecipano tutti gli operatori in servizio.
In tal modo si fornisce ai pazienti il riconoscimento della presenza
in loro di energie sane accanto agli aspetti patologici della psicosi,
ma ascoltando la esplosività che le è insita. Le attività di
formazione del personale sono rivolte a tutti gli operatori. È
richiesta agli operatori, la capacità di investire nell’alleanza
terapeutica molto più di quanto non siano in grado di fare i pazienti
psicotici; per questo motivo la formazione dei curanti diventa
cruciale in queste strutture.
Al
momento della visita sono presenti 12 pazienti, sia uomini che donne,
la maggior parte di loro ha una età compresa fra i 18 e i 30 anni, 4
di loro hanno più di 30 anni. La metà dei pazienti soffre di
schizofrenia e altri disturbi psicotici, il 15% di disturbi
dell’umore, il 35% di disturbi di personalità. I pazienti
provengono sia dalla regione in cui è situata la Comunità che da
altre regioni, i committenti sono gli uffici sanitari territoriali,
regionali e nazionali e i privati. L’équipe è stabile e dunque non
c’è un turn-over elevato.
Nella
struttura è previsto un termine di permanenza. Attualmente per
l’ammissione i genitori sono invitati a incontrare i curanti, è
richiesta una visita preliminare al centro in cui conoscere il clima e
l’ambiente del luogo, prima dell’inserimento di un nuovo ospite è
necessario stipulare un contratto che veda coinvolti il paziente, i
genitori e i curanti. L’ammissione è il frutto di una scelta di
collaborazione condivisa, il paziente si impegna a cooperare al
proprio trattamento, accettare i principi e i metodi della comunità
terapeutica.
I
criteri di scelta dei pazienti sono sia la tipologia del disturbo, che
l’età e la tipologia di attività e servizi offerti dalla CT, ma il
principale criterio di selezione è la motivazione dell’ospite. Il
momento dell’ammissione è trattato con molta cura, tutti i pazienti
vengono selezionati, è necessario che l’ingresso in Comunità sia
il frutto di una scelta condivisa che assicura un contratto di
collaborazione per tutta la durata della permanenza. L’ammissione
implica un percorso di accettazione che vede coinvolta prima di tutto
l’èquipe terapeutica, l’insieme del gruppo curante, in secondo
luogo tutto il gruppo dell’istituzione, compresi gli altri pazienti.
Il processo di ammissione costituisce un momento in cui
l’istituzione manifesta la flessibilità e adattabilità del suo
funzionamento, la sua capacità di aprirsi per accogliere, la sua
vitalità e capacità di rivitalizzarsi nell’incontro con l’altro.
Mantenere vivo l’interesse per i pazienti è un aspetto fondamentale
del lavoro in comunità, soprattutto quando si ha a che fare con
pazienti psicotici che inducono nel personale vissuti pervasivi di
noia, vuoto, mancanza di senso.
È
interessante a questo proposito notare che Racamier parla di una
co-creazione e co-produzione, egli crede infatti che, nei casi più
favorevoli, la cura avvenga attraverso una coproduzione feconda tra i
pazienti e i curanti e “Ciò che noi facciamo appartiene quindi sia
ai pazienti che a noi, senza che sia esclusivamente o loro o nostro”
(AA.VV., 1998, pag.99). Il suo pensiero sembra assumere una visione
postmoderna dell’approccio clinico (Mecacci L., 1999) in cui il
processo di cura avviene all’interno di dinamiche intersoggettive
(Storolow, Atwood & Brandchaft, 1987) dove la terapia è creatività.
Nel caso delle CT le dinamiche intersoggettive riguardano
l’istituzione nel suo complesso, come egli afferma, “fino a un
certo punto la capacità dell’istituzione è relativa a quella dei
pazienti […] allo stesso modo in cui, fino a un certo punto, la
capacità dei pazienti è relativa a quella dell’istituzione”
(Racamier P.C., Taccani S., 2010).
Certamente
la chiusura dell’ospedale psichiatrico e l’apertura di strutture
alternative non è sufficiente per risolverne le disfunzionalità ed
evitare percorsi di cronicizzazione, non è sufficiente far nascere,
bisogna poi far vivere. Questo vuol dire prendersi cura delle
istituzioni in modo che esse non diventino dei contenitori vuoti di
significati, ma è necessario che lo stesso contenitore divenga in sé
un generatore di significati. Infatti è necessario che tutte le
azioni che si realizzano in una comunità siano mediate da processi di
pensiero e di significazione. Racamier (pag. 90 op. cit.) dice “Che
fare – quindi – perché vivano? Innanzitutto ci vuole metodo e
invenzione”, bisogna mantenere costantemente vivo il confronto fra
teoria e prassi, “avere in mente e cercare di mettere in opera idee
e azioni che convoglino sia l’ordine psichico che l’ordine
pragmatico” (pag.99 op. cit.).
Al
momento della visita è stato chiesto alla responsabile di descrivere
con una immagine la sua Comunità, lei riporta l’immagine di una
canoa-kayak che naviga su un torrente costantemente soggetta a una
condizione di precarietà e turbolenza, bisogna dunque riuscire a
governare una situazione costantemente cangiante “occorre saper
navigare come sulle rapide di un torrente, barcamenandosi tra i
flutti”.
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