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MANIFESTO DEL MARE

 

Nel quadro dell’elaborazione di una serie di proposte sul tema del superamento delle emergenze ambientali che affliggono la Regione Campania, gli ambientalisti DS, sulla base del dibattito sviluppato a livello nazionale dal gruppo “Mare” dell’Autonomia Tematica Ambiente e Territorio, propongono il seguente documento di indirizzi sulle politiche locali riguardanti il mare e la fascia costiera.

Le condizioni dell’uso della risorsa mare nella Campania sono prevalentemente comprese, da lungo tempo, tra sfruttamento economico eccessivo, abbandono, intrico di competenze istituzionali, degrado ambientale.

Il risultato di tale situazione è da una parte il progressivo depauperamento della risorsa territoriale, interessata da numerose e intense alterazioni; dall’altra la debolezza complessiva dell’indotto che in una regione così ricca di coste dovrebbe svilupparsi intorno alle economie del mare. La situazione è inoltre aggravata dall’esistenza di livelli diversi e complessi di articolazione delle problematiche, a partire dalle questioni di rilievo internazionale e comunitario, fino a quelle di stretta rilevanza locale.

I problemi della salvaguardia del Mediterraneo riguardano l’incremento demografico esplosivo sul suo versante africano, come il traffico delle petroliere e le normative che regolano lo scarico a mare; riguardano le acque internazionali e quelle territoriali, ove è prevalente l’azione regolatrice di norme di livello internazionale e nazionale.

Ma riguardano in maniera certamente più intensa quella sottile fascia che per poche centinaia di metri si allontana, da una parte e dall’altra, dalla riva: la fascia litoranea, ove insistono gli ecosistemi più ricchi e delicati e ove nello stesso tempo gravano le più forti e distruttive alterazioni antropiche.

E’ qui che si riconoscono i segni più intensi dell’abbandono, o dell’uso di rapina, o del degrado territoriale e sociale.

E’ qui soprattutto che si ravvisa la necessità di una tutela territoriale intesa essenzialmente come uso razionale della risorsa costiera, piuttosto che come rivendicazione di un mantenimento dello status quo che qui rischia di tradursi in conservazione di uno stato di degrado ormai endemico. Una tutela che si traduca nella riproduzione di equilibri dinamici tra aspetti ecosistemici ed aspetti economici, all’interno di una filosofia del rapporto tra pubblico e privato che non si esaurisce nel vincolo e nel divieto, ma che si estende soprattutto al fare, al produrre, al trarre reddito, all’interno di un rapporto propositivo, di un patto che veda gli operatori privati come soggetti attivi di un processo di trasformazione sostenibile controllato e orientato dal pubblico.

L’operatore che trae reddito dalla risorsa mare (con la pesca, la balneazione, il turismo, la gestione degli approdi e quant’altro) deve nello stesso tempo contribuire alla sua qualificazione, piuttosto che accentuarne l’impoverimento.

Nel momento in cui pesca o utilizza l’arenile o gestisce l’approdo, rende un servizio ambientale alla collettività se garantisce il mantenimento o il recupero della qualità di quel pezzo di risorsa territoriale di cui è affidatario, che altrimenti resterebbe condannato all’abbandono.

Se ciò avviene, l’Amministrazione pubblica non ha motivo di porsi come arcigna controparte, come troppo spesso accade, come elemento di freno dell’iniziativa, ma deve essere piuttosto soggetto moltiplicatore delle opportunità di sviluppo derivanti dall’uso della risorsa.

Se ciò non avviene l’operatore non ha diritto di cittadinanza. Un uso di rapina del territorio costiero, che si fondi sulla miope finalità di trarre reddito a costo del degrado e del depauperamento, non è oggi più tollerabile.

Stiamo pagando salato decenni di rapina del mare e del territorio costiero:

a)      Con case ormai a rischio di essere ingoiate dal mare;

b)      Con la qualità delle acque ormai seriamente compromessa da un pluridecennale inquinamento;

c)      Con una costa in larghi tratti fortemente squalificata e ormai impresentabile sul mercato turistico;

d)      Con una dotazione di attrezzature e servizi per il turismo spesso assolutamente inadeguata;

e)      Con un patrimonio ittico ormai per alcune specie fortemente compromesso.

Tutto ciò conferma l’idea, propria dell’elaborazione degli ambientalisti DS, che il miglioramento della qualità ambientale costituisce, soprattutto per il Mezzogiorno, un’importante occasione di crescita economica, formativa ed occupazionale, in modo particolar per i giovani.

Il mare è certamente un elemento vitale che da antica risorsa si può trasformare in nuova opportunità di sviluppo per tutto il territorio Regionale; dalla sua salvaguardia e dalla sua valorizzazione dipendono una serie d’attività culturali, formative, di nuova economia, che possono avere sviluppo solo in un territorio costiero protetto e bonificato.

Da qui la forte necessità di una politica di governo della risorsa costiera, che attraverso la promozione delle attività economiche compatibili e la tutela dei valori ecosistemici determini le condizioni per il riequilibrio tra zone costiere e mare: un piano integrato di tutela e sviluppo dei 502 Km di litorale campano e delle acque marine che lo bagnano.

Occorre quindi un quadro d’intervento che tenga conto delle necessità ambientali marine e costiere, ma anche delle attività antropiche, del loro impatto sull’ambiente marino, della possibilità di uno sviluppo sostenibile. L’interrelazione di questi fattori deve essere analizzata in modo sistemico evitando rigidità ideologiche.

Un impegno strategico, dunque, è quello su cui dovrà misurarsi il governo di centro sinistra della Regione, per la cui affermazione gli ambientalisti Democratici di Sinistra sono fortemente impegnati in questa campagna elettorale.

Le priorità principali individuate dagli ambientalisti DS sono di seguito sintetizzate.

 

1.      TUTELA DELLA QUALITA’ DELLE ACQUE

a.         E’ prioritaria la piena attuazione della legge sul ciclo integrato delle acque; gli Enti di Ambito devono essere potenziati e devono approntare i piani di ambito previsti dalla legge; all’interno dei piani di ambito devono essere definiti programmi organici di disinquinamento dei corpi idrici superficiali e sotterranei, sulla base di un monitoraggio sistematico della qualità delle acque marine e dei corsi d’acqua interni e delle fonti d’inquinamento marino indotte da attività civili ed industriali a terra, come da attività legate ai traffici ed ai trasporti marittimi; deve infine essere attuato il servizio idrico integrato, che è condizione fondamentale di efficacia, efficienza ed economicità dei servizi idrici.

b.         E’ indispensabile che intorno a un grande programma di risanamento della costa si creino tutte le possibili sinergie tra Comuni, Province, Autorità di Ambito, organi regionali e dello Stato; che si abbia il massimo coinvolgimento delle associazioni ambientaliste e di volontariato.

c.         Occorre impegnare il governo nazionale ad intervenire presso gli organismi sopranazionali affinché sia definita una precisa normativa, che interessi tutto il bacino Mediterraneo, in materia di sversamenti di idrocarburi da parte del naviglio mercantile dovuti alla pratica del lavaggio delle cisterne delle petroliere e delle superpetroliere. Se si tiene conto che questo bacino non è un oceano, si comprende come tutto ciò che avviene al suo interno interessa non solo l’ecosistema marino e costiero di un solo Stato, ma tutte le popolazioni costiere e tutti gli Stati che vi si affacciano. Partendo dalla stima di un milione di tonnellate di idrocarburi che vengono sversati annualmente a mare, si comprende la drammaticità e la portata di questi eventi a livello mondiale. Certamente il bacino mediterraneo, attraversato da un traffico marittimo elevato ed in particolar modo di quello legato al trasporto del petrolio, fa emergere, in tutta la sua drammaticità, il rischio di un sempre maggiore inquinamento marino legato alle pratiche di lavaggio di cisterne, ma anche al fatto che le petroliere sono nella maggior parte fatiscenti, dotate di scarsa tecnologia e sempre più votate ad incidenti tipo Haven.

 

2. L’ABUSIVISMO COSTIERO

Uno degli impegni maggiori del prossimo governo regionale è quello di porre rimedio alla devastazione urbanistica di larghi tratti del litorale campano che negli ultimi decenni  sono stati trasformati da luoghi di straordinario valore paesaggistico, storico e archeologico in appendici urbane degradate e mal valorizzate. Da qui la necessità di una forte iniziativa politica, da cui discenda un programma di recupero, che veda come atto fondante il ripristino della legalità sull’intera fascia costiera e che abbia come conseguenza il recupero ed il ripristino della qualità paesaggistica e vegetazionale del litorale. Il tutto all’interno di un piano di riassetto urbanistico e territoriale regionale. Dare vita, dunque, ad un vero e proprio welfare territoriale che tenga conto delle esigenze del territorio e della ricaduta sul contesto socio economico dei luoghi, del loro utilizzo in termini positivi e della sua salvaguardia ambientale.

 

3. L’EROSIONE DEI LITORALI

Definizione di un piano di recupero del litorale contro l’erosione costiera, che preveda interventi di recupero dell’equilibrio costiero mediante ripascimento morbido dei litorali con apporti di sabbia ed inerti marini, fondati su preventive indagini sullo stato geomorfologico delle coste e sulle dinamiche meteomarine;

 

4. LA PESCA

Definizione di un piano globale di intervento regionale, strategico e pluriennale a favore del settore della pesca, destinato a ridurre l’impatto ambientale e i rischi di depauperamento del patrimonio ittico. Gli interventi devono mirare a:

a.                   ridurre la sofferenza di alcuni stock e non mettere a rischio l’esistenza di specie soggette ad intenso sforzo di pesca;

b.                  consentire la diretta partecipazione della marineria campana, mediante delega, a gestione diretta di aree marine adibite alla tutela di particolari stock o aree marine protette;

c.                   incentivare le imprese di pesca ad una riconversione verso la maricoltura e l’acquacoltura;

d.                  incentivare le attività di pescaturismo ed ittioturismo al fine di ridurre lo sforzo di pesca e permettere, mediante integrazione del reddito dei pescatori, periodi di maggior fermo biologico;

e.                   istituire zone di interdizione alle attività della pesca per creare aree di tutela biologica e di nursery, prevedendo la messa a mare di barriere artificiali sottomarine che avrebbero anche la funzione di prevenire lo strascico;

f.                    definire un piano regionale di lotta alla pesca abusiva;

g.                   promuovere iniziative di formazione e di riqualificazione professionale mirate a riconvertire il settore della pesca in un settore integrato maricoltura, acquacoltura, stabulazione;

h.                   definire le strategie di marketing dei prodotti della pesca e della maricoltura attraverso la certificazione di qualità del prodotto (DOC e DOGC regionale);

i.                     procedere alla definizione di un piano regionale in materia di raccolta permanente di rifiuti a mare da parte delle imprese di pesca, con incentivi fiscali.

 

5. IL TURISMO COSTIERO

In materia di sviluppo sostenibile del turismo è necessario pianificare interventi tesi a ridurre l’impatto ambientale marino dovuto al sovraffollamento estivo delle località marine del territorio regionale a partire dallo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e dal trattamento delle acque reflue.

E’ necessario però che gli operatori turistici, ed in particolar modo quelli dell’industria della balneazione, diventino protagonisti della salvaguardia dei litorali e del valore paesaggistico della costa. Per questo si propone la costituzione un’Associazione Regionale degli Operatori del Settore che colleghi in rete gli aderenti, al fine di monitorare in tempo reale, settimanalmente, lo stato dei luoghi, del litorale e del mare di loro competenza. Se lo sviluppo è possibile solo in un ecosistema tutelato e che si rapporti ad un territorio costiero protetto e bonificato, ciò risulta particolarmente vero per attività come la balneazione, che basano la propria ragion d’essere nella qualità del servizio che si accompagna alla fruizione  del rapporto con gli elementi naturali.

Lo stato di salute del mare e degli arenili si ripercuote direttamente sulla salute degli individui, quindi è improponibile pensare allo sviluppo di qualsiasi tipo d’attività riguardante la balneazione, senza garantire l’esistenza e contemporaneamente la qualità del “prodotto” stesso.

Circa l’85% delle attività balneari sulla costa campana, insistono su aree demaniali la cui competenza è stata acquisita direttamente dalla Regione Campania nel 1998.

Tale acquisizione dovrà consentire, attraverso una legge quadro sull’utilizzo di detti beni demaniali ad uso turistico-ricreativo, la garanzia di una politica unitaria che regolamenti e salvaguardi il nostro patrimonio costiero, che ne esalti le peculiarità ed al tempo stesso lo tuteli da eventuali politiche contraddittorie operate dai singoli enti locali.

I Comuni, attraverso meccanismi di delega, potranno attuare un puntuale controllo del territorio. Nell’ottica di un’amministrazione meno diffidente e farraginosa, potranno istituire sportelli unici che riassumono in termini chiari ed esaustivi le competenze dei molteplici enti che s’occupano del patrimonio costiero.

Le attività balneari vanno recuperate e sostenute attraverso scelte forti che consentano di operare uscendo definitivamente dallo stato di precarietà nel quale versano e d’incentivare il recupero attraverso politiche chiare che consentano la pianificazione.

Questo potrà avvenire solo attraverso possibilità sino ad oggi negate:

a)      chiare regole che consentano la riqualificazione delle strutture per la balneazione, tenendo presente che le coste campane hanno più a che fare con il patrimonio dell’architettura mediterranea che con le coste romagnole, e che non sempre il binomio amovibilità/qualità è compatibile o è garanzia di in contaminazione dei litorali;

b)      innovazione del rapporto tra concessionario ed Ente concessore attraverso una continua collaborazione nella operazione di manutenzione degli arenili. I concessionari devono garantire la manutenzione degli arenili di propria competenza, ma devono altresì essere sostenuti dall’Ente per quanto riguarda:

1.      raccolta differenziata;

2.      trasporto in discariche autorizzate dei materiali inerti di diversa natura e dimensione          durante la stagione invernale;

c)      assicurazione di un controllo sul territorio attraverso una vigilanza estiva ed invernale che non abbandoni a se stesse le attività, anche al fine di prevenire stati di degrado sia ambientale sia sociale;

d)      instaurazione di rapporti di facile comunicazione tra concessionari ed Enti riguardo al monitoraggio dello stato ambientale (arco temporale 12 mesi);

e)      recupero delle stagioni invernali attraverso l’uso delle strutture balneari quali contenitori anche per pubbliche iniziative mirate a diffondere le tradizioni dei territori legati al mare.

La prossima costruzione, a Salerno, dello scalo turistico per navi da crociera sarà, sicuramente, un elemento  importante, di afflusso turistico, che si dovrà integrare con la rete di trasporto locale verso le località turistiche regionali. Le Vie del Mare diventeranno ancora più protagoniste di questa nuova stagione, alleviando l’insostenibile trasporto su gomma nei periodi estivi, conseguenza di esodi turistici sempre più intensi. Occorre che il piano integrato regionale e provinciale dei trasporti di linea marittimi amplifichi le potenzialità delle “Vie del Mare”, indirizzando linee specifiche verso le località turistiche  costiere.

 

6. AREE PROTETTE MARINE

E’ necessaria la definizione di un piano relativo alla costituzione di Aree Marine Protette in Campania, in zone di particolare interesse paesistico, dove alle attenzioni per la particolare biodiversità esistente si colleghi la ricerca scientifica mediante stazioni sperimentali di biologia marina che svolgano anche la funzione di capocentro di monitoraggio ambientale marino permanente. Occorre che si renda possibile, in altre realtà territoriali della Campania, l’esperienza importante e di grande livello scientifico dell’Acquario Marino di Napoli, trasferendo sul territorio terminali operativi che integrino e rendano contemporaneamente espansiva questa importante realtà di ricerca del Mezzogiorno.  Che si vada oltre l’esperienza positiva dell’A.M.P. di Punta Campanella. Che si sviluppi un progetto concreto nel Cilento, vista anche l’esistenza del Parco Nazionale, su Punta Licosa e sul tratto costiero che va da Capo Palinuro a Punta degli Infreschi. L’istituzione di A.M.P. nella nostra regione e nella provincia di Salerno non deve prescindere da un coinvolgimento diretto delle comunità locali e delle realtà economiche presenti sul territorio interessato, al fine di garantire la tutela dell’occupazione e la valorizzazione delle attività legate alla pesca in un quadro di sostenibilità ambientale.

 

7. FORMAZIONE PER IL MARE

Occorre definire un piano integrato tra istruzione scolastica, formazione professionale e percorsi universitari dedicati al mare ed alle attività antropiche, con una particolare attenzione ad una formazione culturale ambientalista scientifica. Non è un caso che Salerno ospiti l’Istituto Professionale per le Attività Marinare “Giovanni XXIII”, Istituto Polo a livello nazionale, che con la nuova figura di “Operatore del mare” ha iniziato un percorso di formazione che prevede un diverso rapporto tra lavoratore e mare, con un particolare orientamento verso le attività di acquacoltura e maricoltura. Da tali esperienze si conferma la necessità di definire un piano strategico integrato regionale, un percorso di innovazione formativa che possa permettere di definire nuove linee di sviluppo economico legate in particolar modo a nuovi saperi e nuove attività legate al mare ed alla sua tutela ambientale. A questo debbono contribuire non solo tutte le strutture operanti sul territorio regionale, in campo formativo, dalle scuole pubbliche all’università, ma anche i soggetti imprenditoriali che operano sul mare e tutti gli enti no profit che operano nel campo della formazione professionale, tra i quali l’EuroCDA è un esempio importante e qualificante.

 

8. PORTUALITA’ COMMERCIALE

Va integrata in un discorso globale di tutela del mare anche la portualità commerciale regionale. I porti di Napoli e Salerno sono realtà economiche troppo importanti per essere tenuti fuori da ogni ragionamento di tutela ambientale. Pertanto occorre che questi soggetti si facciano promotori di una “Carta Regionale della Tutela del Mare” diventando  protagonisti Insieme agli stessi armatori campani, per le loro competenze e per la loro autorevolezza nei confronti del traffico commerciale marittimo internazionale. Ma la carta regionale deve vedere protagonisti anche i porti turistici, indipendentemente dalle dimensioni, i diportisti ed i cantieri navali della regione. In particolare vanno incentivati questi ultimi a recuperare la tradizione dei Mastri d’Ascia e la cantieristica in legno marino, che è stata un vanto secolare della produzione campana, attivando un consorzio per la formazione professionale specifica.

 

9. SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA – CONCENTRAZIONE DELLE COMPETENZE

E’ auspicata la formazione, nella nuova Giunta Regionale, di un Assessorato al Mare che abbia la funzione di definire le politiche e le strategie per la tutela del mare e dei litorali, ma anche la funzione di coordinamento per lo sviluppo e la valorizzazione delle attività economiche sostenibili legate ad esso e per la relativa formazione. Proponiamo, all’uopo, la costituzione di un Osservatorio Regionale per le attività del mare, che svolga la funzione di soggetto analizzatore e propositore di strategie economiche e formative regionali legate al mare.

(gruppo mare)

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