LA FRATTA

La conclusione che possiamo trarre da questi argomenti è che in Toscana la relativa flessibilità del lavoro della famiglia mezzadrile permise la sopravvivenza del sistema della fattoria in una prima fase che rappresentò la risposta dal basso alle esigenze economico-sociali del sistema stesso. Mentre la risposta della proprietà che venne in una fase successiva con l’obiettivo dello sviluppo intensivo dell’economia e della produzione dell’azienda e questo coincise, come già accennato, all’intervento diretto dei proprietari prima e dei loro intermediari poi, nella direzione economica e colturale della fattoria, con l’introduzione della coltivazione di piante industriali (tabacco, barbabietola, frutta, gelso, canapa) e con la meccanizzazione di alcune fasi del lavoro (mietitura, trebbiatura, aratura…). Così in Toscana, in breve tempo, grandi fattorie raggruppano sempre più frequentemente i mezzi di produzione necessari alla conduzione di decine di poderi. Interessanti sono i dati del primo Censimento mondiale dell’Agricoltura effettuato tra il 1930/31, riportati in un importante studio di Paolo Albertario, dai quali si rileva che le fattorie censite in Toscana sono state 4.121 e coprono il 40.9% dell’intera superficie agraria forestale del compartimento. La distribuzione geografica e ambientale delle fattorie non è omogenea: nella Provincia di Siena esse rappresentano il 66,6% della superficie agraria forestale del territorio, nella Provincia di Pisa il 60.2% e nella Provincia di Firenze il 53.1% (P. Albertario, 1939, vol. III, p. 106 ). La studiosa Elsa Luttazzi Gregori commenta così i dati riportati nello studio dell’Albertario: «Le osservazioni sin qui fatte sono tuttavia sufficienti a confermare in primo luogo, l’importanza della fattoria nell’economia toscana ed in secondo luogo, a mostrare il disegno della classe dirigente di promuovere lo sviluppo dell’agricoltura tramite la riorganizzazione della fattoria concepita come azienda unitaria» (E. Luttazzi Gregori, 1979, vol. II, p. 83).
Anche la Fattoria della Fratta faceva parte di una gestione aziendale come quella indicata dalla Luttazzi Gregori, ne abbiamo ancora la testimonianza in un libretto a stampa datato 1914 che contiene il testo di un Regolamento predisposto dalla famiglia Budini-Gattai nel quale sono state raccolte le varie norme alle quali tutte le fattorie che facevano capo alla direzione delle proprietà agrarie della famiglia, dovevano attenersi.
Dunque in Toscana il sistema della fattoria con unica direzione tecnica, con le macchine per la lavorazione dei campi e dei raccolti che passano da un podere all’altro; insieme, e spesso nei locali della fattorie, sono lavorati i primi prodotti delle colture e dell’allevamento (uva - olive - latte - bachi da seta). Con ciò la piccola economia poderale aggiunge ai suoi specifici vantaggi quelli propri della grande azienda. La superficie dell’azienda può essere per intero appoderata, salvo lo spazio sul quale sorgono i fabbricati di Fattoria (abitazione del conduttore, agente o fattore e del personale di direzione e di amministrazione, uffici, magazzini, granai, tinaia, cantina, oleificio, molino, officina per le riparazioni, impianti per la trasformazione dei prodotti grezzi quali tabacco o canapa o seta, per la tintura).
La fattoria della Fratta costituisce un esempio molto particolare da questo punto di vista, soprattutto per la rilevanza anche del valore architettonico che hanno i locali ed annessi destinati ai servizi, che contornano la grande e bella villa padronale (si confronti il saggio di Felicia Rotundo in questa pubblicazione pp. 33-39) e sono quasi il necessario completamento all’essenzialità, semplicità, e nel contempo, austerità del suo stile. Adiacente al portone di ingresso principale alla villa, sempre affacciato sul cortile, troviamo ancora oggi a svolgere la sua originaria funzione quella che il Giulj nella sua Statistica agraria della Valdichiana, ha definito come la stanza principale della fattoria: «... lo scriptojo, ove l’agente conserva i libri per registrarvi le raccolte, le compre e le vendite del bestiame, come pure lo spaccio delle grasce e tutte le altre partite, che devono tenersi in buon punto in una buona amministrazione» (G. Giulj, 1828, tomo II, p. 62). Oggi, ad un passo dal duemila, alla Fratta lo “Scrittojo” conserva ancora la targhetta all’esterno che riporta questa dicitura ed all’interno ha ancora i bei mobili di legno massiccio, le sedie dagli alti schienali, mentre su un tavolo trovano posto un computer ed un fax che testimoniano con discrezione che il tempo è passato, ma il fascino della storia vissuta in questo piccolo spazio è ancora palpabile e vivo.
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