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Dove Vanno le Nuvole
(2001)

Li avevano chiamati all’imbrunire, i messi della milizia di Olai, quando, al ritorno da Canal’e figu, dette le devozioni, si scaldavano ai tizzoni fumanti del camino. Padre Benedetto Loy e padre Giovanni Battista Varallo erano stanchi. Da molti giorni ormai, quasi quotidianamente, si recavano nelle selve comunali a cercarvi i deleàos, gli asociali, banditi solo per la giustizia. Li convincevano a costituirsi, gli insegnavano le suppliche, li confortavano. Abituati alla familiarità coi senza legge, intervenivano, richiesti dal governo o dalle famiglie, per recare l’ultimo sollievo ai condannati a morte. Anche quella sera li chiamarono, col cielo di pece e un  libeccio sfrenato perché i fratelli Angius avevano ancora solo una notte da vivere in questo mondo, una notte spasmodica, prima dell’alba.

Nella loro breve esistenza, si erano macchiati di ogni sorta di delitti, senza accettare legge alcuna. Ignoravano l’autorità degli uomini, di Dio, e dei vecchi saggi di Olai.

Francesco Ignazio Musu era autorevole, e con lui, tutta la corte degli ottuagenari, quando voleva, riusciva a farsi ascoltare, e rispettare, e temere anche dai più ostinati. Ma Nicola e Michele agivano come se appartenessero ad un’altra società: erano due introversi, nemici del genere umano, detestati persino da quegli individui dei quali, nei villaggi, quasi non si aveva più nozione: caprai, porcari, pastori che vivevano lontani, come le loro bestie. Nelle campagne  comunali, dai confini  spesso distanti dai villaggi, c’era una realtà sociale del tutto diversa da quella  dei paesi della contrada. Raramente si incontravano, nelle circostanze abituali, lo Stato e i sudditi, così come una parte di questi col resto del popolo, i contadini, le donne, che tutti i giorni ruotavano attorno ai borghi. Giorni, mesi, talvolta anni, i deleaos si tenevano lontani dalla famiglia, perché le foreste erano lontane. Gli altri continuavano nella vita solita, nei consueti lavori, sotto il sole benevolo o il tempo cattivo. Ma di Nicola e Michele non volevano sapere; e solo alcuni, amici e parenti molto stretti, avrebbero voluto intervenire per aiutarli. Sarebbe stata un’impresa ardua poiché tutti conoscevano le infamie dei due, e in cuor loro li avevano già condannati. Padre Loy non si scompose, alle parole dei messi. Pronunziò semplicemente una distaccata formula di assenso:” Happ’a lompere, cras a mengianu”, “Andrò, domattina”. S’intuiva l’uomo, non il servo di Dio, in quella frase sommessa, appena sibilata; l’uomo e il rancore, che solamente un uomo sa, per così lungo tempo, nutrire.Da tanti mesi infatti lo dominava un’idea ossessiva, crudele: l’amore per Cipriana, conosciuta nei giorni lontani del giugno ridente. C’era, nell’animo del gesuita qualcosa di torbido, un sentimento fatto di opposte emozioni. Si rendeva conto di amare la fanciulla, da uomo appassionato che ama una donna; e, riamato, superava tutti gli affanni, tutti i dubbi che con tenacia lo aggredivano. Ma, con la stessa insistenza, si rincorrevano, affollandosi nella sua mente, e imprimendogli un battito furioso al cuore, pensieri di pentimento, richieste di perdono,  timore di Dio. …

Cipriana proseguiva, confortata. Riferì che a ogni spinta quello emetteva versi senza senso,  gorgoglii bestiali; che a ogni assalto, era come se le portasse via la vita. Piangeva, urlava, implorava la morte. Si convinceva che presto sarebbe venuta. Poi, dopo l’ennesimo impeto e un grido strozzato, a cui fece eco la sua estrema implorazione, il tormento ebbe fine.
Ricordava che le si era accasciato addosso, con tutto il ribrezzo del suo corpo sudato, del suo cattivo odore.
Era venuta meno, sopraffatta dal disgusto e dallo spasimo…..
Nole si perdeva, fulgida e vaporosa, alle spalle di Cipriana, diretta a Bau ‘e salighe. 
Si lasciava dietro un uomo innamorato, un gesuita amante. Ed empio però, come e più di lei….  

Pubblicato dalla Editrice S’alvure, Oristano, nel novembre 2001


 

Testi:

Adelasia del Sinis
  Ad servandam Naturam
 Eremitanu
 Dove Vanno le Nuvole


 

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