Ad Servandam Naturam (2000) |
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In tutta la regione del Barigadu, dai confini occidentali col lago Omodeo e fino al prossimo Mandrolisai a oriente, aveva acquistato larga fama una insolita figura di eremita, conosciuta da tutti, nelle campagne e nei villaggi, dai vecchi come dai bambini, dai contadini e dall’altro popolo. Aveva un nomignolo strano, inusitato, e, a seconda di chi lo pronunziava, risibile, per un uomo dalla candida e liscia chioma. Era Pilurzu il suo nome che in sardo vale arruffato. Ma al battesimo gli venne dato Antonio Crobu, per quanto nessuno lo conoscesse, sotto quelle vesti anagrafiche. Antonio non l’aveva chiamato neppure la madre mai, perché, dai giochi infantili, per un errore di pronuncia o un accavallamento di sillabe, quella peregrina accozzaglia di fonemi era diventata sua per la vita. Ora Pilurzu, avendo attraversato una esistenza minata dai patimenti, ed essendo rimasto solo, senza i suoi affetti, tenendosi lontano dalla gente, si era ridotto a vivere in un casolare appartato, un romitaggio alle spalle del paese nativo, su una collina aerea dominante la dolce valle sottoposta, fra boschi di roverelle e di castagni. Un giorno, alla ricorrenza della nascita sua, presi con sé un quaderno ed una penna, si gettò nella luce abbagliante del mattino, nell’insolita mitezza dell’aria, verso i boschi nord-orientali. Con mano tremula vergò, fra le rocce di S’Isteddu, sulla carta ingiallita dagli anni, una sua ottava di commiato, rivolta agli uomini, all’uomo: il suo testamento spirituale nel leggiadro stile dei poeti antichi :
Racconto tratto da Balentias, di Eliano Cau e Tonino Cau, Editrice S’alvure, Oristano ottobre 2000 Testi:
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