4. Donne e motori
Il «Tribüla» di Cuneo ne ha
fatta di strada. Malgrado la latitanza, Briatore ha finalmente conquistato,
tra Saint Thomas e New York, la vita che ha sempre inseguito: soldi,
affari e belle donne da esibire. Arie da playboy se le è
sempre date («A sei anni il mio primo bacio, a 14 la prima
donna vera, Marilena, credo di Saluzzo. Vera, in quel senso
lì»). Allora le sue fidanzate si chiamavano Anna
Zeta, Beba. Più tardi arrivano Cristina, Nina, Giovanna,
Emma. Infine Naomi. Ma è proprio durante la latitanza
che spicca il volo verso il successo: sparito dallItalia,
condannato e latitante, alle isole Vergini compie il gran salto.
Prima della tempesta, ai bei tempi della casa di piazza Tricolore,
aveva conosciuto Luciano Benetton. A presentarglielo era
stato Romano Luzi, maestro di tennis di Berlusconi e poi
suo fabbricante di fondi neri. Aveva poco o nulla in comune, Benetton
con Briatore: trovava di cattivo gusto la sua casa, il suo stile
di vita, la sua esibizione di donne e di ricchezza. Ma il «Tribüla»
è un grande seduttore, conquista uomini e donne, è
affascinante, sa farsi voler bene. In più, il rigoroso Benetton
era rimasto affascinato dalla diversità del suo interlocutore,
dal suo lato oscuro: «È un po teppista ma è
tanto simpatico», rispondeva Luciano agli amici che gli chiedevano
che cosa avesse mai in comune con quel tipo, dopo averlo messo in
guardia per le brutte storie che giravano sul suo conto. Fatto sta
che Briatore apre alle isole Vergini qualche negozio Benetton e
fa rapidamente carriera nel ristretto gruppo di manager dellazienda
di Ponzano Veneto. Come venditore è bravo. Riuscirebbe a
vendere anche il ghiaccio al Polo Nord, dice di lui chi lo conosce
bene. E aggiunge: venderebbe anche sua madre. Passa nel dimenticatoio
dunque anche unaltra storia che sfiora Briatore nei primi
anni Ottanta. Una vicenda complicata di azioni Generali, mica noccioline,
che passano di mano: un pacchetto di oltre 330 miliardi. Protagonisti:
Anthony Gabriel Tannouri, libanese, noto alle cronache (e
allinchiesta del giudice Carlo Palermo) come trafficante
darmi; Mazed Rashad Pharson, sceicco arabo e finanziere
internazionale; Florio Fiorini, padrone della finanziaria
Sasea, ex manager Eni, esperto di mercato petrolifero. Il pacchetto
di Generali passa di mano per sette anni, prima di tornare in Italia,
perché diventa la garanzia di opache transazioni internazionali:
di petrolio tra la Libia e lEni, di armi ed elicotteri da
guerra (gli americani Cobra) che dopo qualche triangolazione (con
il Venezuela, con il Sudafrica) finiscono a Gheddafi malgrado
lembargo. La vicenda, in verità, è rimasta oscura.
Certo è che per recuperare le azioni si è mosso anche
il presidente di Mediobanca Enrico Cuccia e che, nel suo
giro del mondo, il superpacchetto di Generali è passato anche
per una sconosciuta fiduciaria milanese, la Finclaus, sede in corso
Venezia, capitale sociale soltanto 20 milioni, fondata nel 1978
da Luigi Clausetti, ma per qualche tempo nelle mani di Flavio
Briatore.
(4.continua) |