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Il
giudizio abbreviato
di Olga Capasso
magistrato della Direzione distrettuale antimafia di Palermo
Il Decreto legge 24.11.2000 in tema di giudizio abbreviato
e legge di conversione.
Problematiche sorte in sede di attuazione della normativa.
Entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione,
il D.L. 24.11.2000 intendeva risolvere la grave disparità
di trattamento che di fatto si era venuta a creare tra gli
imputati di reati punibili con lergastolo con la normativa
introdotta dallart. 4 ter della l. 7.4.2000. Lart.
4 ter della suddetta legge, infatti, permetteva agli imputati
che in astratto avrebbero potuto essere condannati allergastolo
nei procedimenti ancora in corso, di richiedere, alla prima
udienza successiva allentrata in vigore della legge,
il rito abbreviato e di vedere così la pena eventualmente
comminata in concreto ridotta a trentanni di reclusione.
La legge aveva fin da subito creato seri problemi di interpretazione,
rilevabili dalle prime sentenze successive alla sua entrata
in vigore. Invero, se alcune Corti dAssise avevano pronunciato
sentenze di condanna a trentanni di reclusione, altre
- ad esempio la II Corte dAssise di Palermo, sentenza
del 7.10.2000 c/ Marchese Antonino + 6 - avevano ritenuto,
applicando la continuazione in caso di più omicidi
o di un solo omicidio connesso a reati c.d. satelliti (normalmente
la detenzione illegale di armi o la distruzione del cadavere)
di erogare ugualmente la pena dellergastolo.
Il principale appunto che si poteva muovere al legislatore
era che, non avendo tenuto conto in questi casi (omicidio
continuato o concorso con altri reati minori) della autonoma
sanzione dellisolamento diurno prevista dallart.
72 C.P., tale sanzione veniva di fatto abolita pur rimanendo
nella previsione normativa e veniva meno al giudice la base
di partenza sulla quale apportare la riduzione di pena. Con
D.L. 24.11.2000, accolti i rilievi mossi da più parti,
il legislatore introduceva una norma interpretativa e pertanto
retroattiva. Più precisamente stabiliva che lart.
442 C.P.P. con il termine ergastolo intendeva riferirsi allergastolo
senza isolamento diurno, e che di conseguenza, in presenza
di più reati punibili con lergastolo o di un
reato punibile con lergastolo in concorso con reati
minori, anche con il rito abbreviato in caso di condanna la
pena rimaneva quella dellergastolo. Limputato
che si trovava in tale situazione, quindi, e che a seguito
dellentrata in vigore della l. 7.4.2000 aveva richiesto
il rito abbreviato per evitare il carcere a vita ed avere
irrogata una pena di soli trentanni - con tutti i benefici
connessi alla condanna a pena detentiva a termine - vedeva
di nuovo davanti a sè lo spettro dellergastolo,
con la sola esclusione dellisolamento diurno.
La scelta del rito abbreviato non era dunque più
così vantaggiosa, anche in considerazione dei ben più
numerosi svantaggi. Questo rito permette infatti alla Corte
giudicante di prendere visione (e di valutarle come prova)
di tutte le dichiarazioni rese in fase di indagini preliminari
dai testi, e, per quel che riguarda in particolare i processi
di mafia ed è di maggior peso, dai collaboratori di
giustizia. E di tutta evidenza che gli interrogatori
resi in tale fase, svolti in ambiente tranquillo senza la
preoccupazione di dimenticare qualcosa e soprattutto di sostenere
il controesame, verbalizzati al termine della registrazione
e con la possibilità, dandone atto a verbale, di aggiunte
e precisazioni, sono sempre più fluidi e precisi degli
esami dibattimentali, dove influiscono tanti fattori, dalla
presenza degli imputati alle domande trabocchetto dei difensori,
dalla paura di sbagliare alla tensione nervosa di chi sa che
in quel momento, davanti a tutti, si gioca la sua credibilità.
Ecco dunque che limputato, al quale è stato tolto
il miraggio di una condanna a termine, ci ripensa, a volte
consigliato dal suo legale, il più delle volte da solo,
e, soppesando i pro - che si riducono alleliminazione
dellisolamento diurno, fatto irrilevante per chi, come
tanti, è già sottoposto al regime del 41 bis
- e i contro, revoca la richiesta del rito abbreviato.
Ergastolo per ergastolo, tanto vale prorogare al massimo
i tempi del processo e sperare che qualche collaboratore si
rifiuti di rispondere, o si confonda, ed augurarsi che tra
un incidente e laltro scadano alla fine i termini massimi
di custodia cautelare. Così è stato nei più
importanti processi di mafia che si stanno celebrando a Palermo.
Tanto per fare un esempio, alla prima udienza successiva allentrata
in vigore della l.7.4.2000, nel procedimento Abbate Luigi
+ altri, su 152 imputati solo 50 avevano scelto di proseguire
con il rito ordinario. La I Corte dAssise - Presidente
DallAcqua - essendo quel processo in fase avanzatissima
di istruttoria dibattimentale alla data di entrata in vigore
della predetta legge - aveva adottato una soluzione intermedia,
tesa a non disperdere il lavoro svolto (è iniziato
infatti il quinto anno di dibattimento!) e a non gravare eccessivamente
una nuova Corte che, pur nellutilizzabilità di
tutti gli atti, si sarebbe trovata in seria difficoltà:
aveva stralciato la posizione di 35 imputati sui 50 che avevano
inteso proseguire con il rito ordinario e per i quali listruttoria
dibattimentale non si era ancora conclusa, mantenendo così
dinanzi alla Corte da lui presieduta due processi, uno con
i restanti 15 imputati che proseguivano con il rito ordinario,
e uno con gli altri 98 imputati che avevano scelto il rito
abbreviato(per chiarire i conteggi, 4 imputati sono morti
nel corso del processo). Sono pertanto previste due sentenze,
che saranno pronunciate lo stesso giorno, ma relative a due
processi celebrati con rito diverso.
Lentrata in vigore del D.L. 24.11.2000 che ha concesso
un termine di trenta giorni per la revoca della precedente
richiesta di rito abbreviato, attese le mutate condizioni,
ha determinato un ripensamento da parte di molti imputati
sulla scelta del rito fatta in precedenza, i quali hanno pertanto
esercitato tale diritto entro il nuovo termine spostato dal
D.L. al 24 dicembre 2000. In questo particolare processo ciò
si è verificato in 25 casi, che vanno così ad
aggiungersi agli altri 35 già stralciati in precedenza.
Come se ciò non avesse già sufficientemente
aggravato il lavoro delle Corti dAssise, che da una
che era sono diventate due per giudicare sugli stessi fatti,
la legge di conversione ha ulteriormente prorogato il periodo
concesso per la revoca della richiesta di diritto abbreviato
di altri 30 giorni dallentrata in vigore della stessa
legge di conversione, per cui entro il 21 febbraio 2001 è
prevedibile che altri imputati eserciteranno il diritto di
revoca. E ciò avverrà anche quando il processo
dinanzi alla seconda Corte dAssise - Presidente Montalbano
- con rito ordinario a carico di una sessantina di imputati
(i primi 35 più i successivi 25) avrà avuto
inizio, essendo la prima udienza fissata per il prossimo 5
febbraio 2001.
Questo ulteriore gruppo di imputati aggiunge problema
a problema. Infatti la loro destinazione può essere
duplice. La prima soluzione è quella di formare un
terzo troncone dello stesso processo dinanzi ad una terza
Corte dAssise - e ci troviamo dinanzi alla cronica carenza
di organico dei collegi giudicanti del distretto di Palermo
e limpossibilità per lo stesso Pubblico Ministero,
che da solo ha seguito il dibattimento per quattro anni e
tre mesi, di trovarsi contemporaneamente in tre aule diverse(e
allaltrettanto impossibile soluzione di trovare un altro
P.M. in grado di mettere le mani in un processo di queste
dimensioni). La seconda è quella di dare normalmente
inizio al processo fissato per il 5 febbraio, a rischio comunque,
nel momento in cui alla stessa Corte sarà affidato
anche il terzo troncone di imputati, di dover ripetere gli
atti già compiuti in loro assenza.
Duplicazione di attività, dunque. Duplicazione
di documenti, da fotocopiare a migliaia - si pensi alle voluminose
trascrizioni di centinaia di verbali di udienza. Rischio di
errore, per incolpevole non conoscenza di tutte le emergenze
processuali da parte della nuova Corte. Rischio di perdita
di alcuni dati dalla memoria dei collaboratori, che, portati
più volte a ripetere le stesse cose, come qualsiasi
essere umano possono incorrere in imprecisioni e contraddizioni
facili bersagli per la difesa. Rischio concreto di scarcerazioni
per decorrenza dei termini di custodia cautelare, già
scaduti per molti imputati, atteso che concomitanze di udienze,
disguidi nelle traduzioni, impedimenti, sempre possibili,
di giudici o avvocati sono allordine del giorno. Tutti
aggravi alla già onerata macchina della giustizia che
avrebbero potuto essere evitati se fin da subito si fosse
tenuto presente lerrore in cui si era caduti con lintroduzione
del rito abbreviato con pena ridotta a trentanni per
chi, come la maggior parte degli associati mafiosi, aveva
commesso più omicidi ben programmati e veniva così
parificato a qualsiasi altro cittadino che, magari dimpeto,
aveva commesso un solo omicidio.
A questo errore si è voluto porre rimedio, prima
con il D.L. 24.11.2000 e poi con la legge di conversione,
la quale però, prorogando ulteriormente - e a mio avviso
ingiustificatamente - il termine per lesercizio del
diritto di revoca, ha triplicato i processi e i problemi.
La normativa è transitoria e pertanto è da augurarsi
che tali gravissimi inconvenienti non si verifichino più
in futuro. Ma intanto chi continua a lavorare oggi in prima
linea li deve affrontare da solo, incompreso da Roma che pensa
di avere trovato la soluzione ottimale e decide dal centro
senza avere la minima cognizione delle problematiche che giorno
per giorno si devono affrontare in periferia per tentare di
arginare il fenomeno della criminalità organizzata
con gli strumenti spuntati che ci vengono offerti.
(Palermo, febbraio 2001)
Di Olga Capasso vedi anche l'intervento
sulla difesa dei collaboratori
di giustizia
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