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     Psicoanalisi e luoghi della riabilitazione

Numero 18, anno IX, giugno 2012

 

 

"Tra il legno e la vita. La storia di Pinocchio

   di Vincenza Pellicani

 

 

 

 


Questo testo è stato presentato al convegno "Id-entità mediterranee. Psicoanalisi e luoghi della riabilitazione"(Lecce, 12 maggio 2012), organizzato  dalla rivista Frenis Zero. L'autrice è psichiatra e psicoterapeuta di formazione psicoanalitica presso il Dipartimento di Salute Mentale dell'ASL di Brindisi.

 

            

 

   

 

Rivista "Frenis Zero" - ISSN: 2037-1853

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AA.VV., "Lo spazio  velato. Femminile e discorso psicoanalitico"                             a cura di G. Leo e L. Montani (Editors)

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Collana: Confini della psicoanalisi

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Writings by: A. Cusin, J. Kristeva, A. Loncan, S. Marino, B. Massimilla, L. Montani, A. Nunziante Cesaro, S. Parrello, M. Sommantico, G. Stanziano, L. Tarantini, A. Zurolo.

 

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"Psicoanalisi e luoghi della negazione" a cura di A. Cusin e G. Leo (Editors)

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Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

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Anno/Year: 2011

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"Id-entità mediterranee. Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo (editor)

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A. Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y. Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M. Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

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L’esperienza del riabilitare racchiude in sé il fascino di una giostra di emozioni e fantasie opposte. Dall’ enfasi dell’ impegno ricostruttivo quasi a ricucire trame dolorosamente lacerate al frustrante sentimento di insuccesso nello sperimentare “frammenti di vita” senza più alcun ordine talvolta persi nello spazio e nel tempo e non più recuperabili. La trappola è che incapaci di riconoscere un valido percorso di ricostruzione si proiettino parti proprie sul paziente soffocando la di lui già compromessa identità per crearne una irreale che, sovrapposta ai resti della precedente la spazza via inesorabilmente.

Senza storia il paziente viene riabilitato sì ma ad un prezzo troppo alto: quello di essere alienato.

Così hanno inizio le avventure/disavventure di Pinocchio,  chiara metafora di disabilità..con un  indimenticabile avvio:….”C’era una volta un pezzo di legno da catasta…..” Il pezzo di legno in effetti fa rammentare l’inerzia e la passività di alcuni pazienti psichiatrici e il corrispettivo vissuto evocato dell’arte del modellare.

Ed è quello che fa il povero Geppetto quando mosso da una mera illusione di paternità commette il tragico errore di non accorgersi che quel pezzo di legno ha una sua già ben chiara identità, dei ricordi, una storia…Da subito l’impatto con la realtà costituirà il preludio di una tragedia:  Pinocchio delude ogni aspettativa umana del padre e al contempo perde la libertà di essere burattino mentre Geppetto decide di sacrificare tutto per lui diventando la vittima di sé stesso quando si accorge di aver concepito un progetto irrealistico che celava in sè una egoistica utilizzazione del figlio.

Nella metafora di Mangiafuoco ancora una volta Pinocchio è reso oggetto di proiezioni ambivalenti: egli è mosso da un uso utilitaristico e manipolatorio dei suoi burattini che utilizza come legna da ardere perché sulla base di una superficiale valutazione li considera senza prospettive future  ma poi resta coinvolto dall’affetto compassionevole per Pinocchio e per “riconciliarsi con la sua coscienza” lo libera offrendogli una ricchezza materiale (cinque zecchini d’oro) che sarà per lui fonte di molti guai: investire la disabilità di un valore in denaro significa uccidere la possibilità di crescita (Pinocchio è infatti impiccato ad un albero da due furfanti, il gatto e la volpe, che lo derubano). 

Accanto al vissuto del pezzo di legno da modellare c’è però anche l’ aspetto suggestivo del burattino che soggioga, esprime i suoi desideri segreti e i pensieri nascosti come se fosse una funzione della coscienza di Geppetto quella che il non uso ha reso di legno e che è desiderosa di esperienze che lo tormentano mentre è soffocata dalle istanze morali del Grillo parlante.

Ed è a questo punto che diventa legittimo soffermarsi su quella che forse è la contraddizione iniziale: la sofferenza della trasformazione si trova nella disubbidienza del figlio senza cui non ci sarebbe storia o nella  incapacità del padre (o dei padri, o di chi essi rappresentano) di dare un senso al viaggio. Utilizzando una chiave di lettura Junghiana si potrebbe pensare che il desiderio di lavorare il legno in Geppetto  è indotto dall’inconscio affinché egli rifletta sul suo processo di trasformazione. Il legno è simbolo di trasformazione, è  l’albero della vita ; è il simbolo di mercurio, la divinità portatrice del volere divino, ed è anche il legno della croce…In questo viaggio difficile Pinocchio porta con sé il padre la cui trasformazione coincide con il lavoro di educazione del figlio. La trasformazione dell’eroe altro non è che la rappresentazione simbolica del processo di individuazione della vera personalità  realizzabile solo con l’unione delle parti. Il lavoro di Geppetto sarà infatti completato dall’intercessione della Fata che altro non è che l’ Anima junghiana (la componente inconscia femminile della personalità dell’uomo). Jung scriveva che “…quando la mentalità logica dell’uomo non riesce ad individuare i fatti che restano occultati a livello inconscio è l’anima che lo aiuta a precisarli e a riconoscerli. L’anima sintonizza la mente dell’uomo con i più vitali valori interiori, aprendo così la strada verso la conoscenza delle profondità più recondite dell’inconscio…”

Il concetto di unione delle parti e di parallela trasformazione del riabilitante come condizione imprescindibile al processo di trasformazione e umanizzazione del riabilitando diventa a questo punto traducibile nell’atto riabilitativo psichiatrico. Per troppo tempo (e anche per il timore di deficitare di scientificità) l’attenzione è stata quasi esclusivamente rivolta a spiegare l’impatto del funzionamento biochimico sul comportamento anomalo perdendo di vista il concetto fondamentale che i processi fisiologici e psicologici sono collegati in maniera inestricabile e che l’intero individuo è la risultante di interazioni col suo ambiente. L’evidenza ha invece più volte suggerito l’eventualità che sia il processo di recupero a influire sui meccanismi fisiologici di malattie mentali gravi.

Il pensiero riduzionista che analizza la persona vagliandone i suoi aspetti parziali ha anche avallato stereotipi basati su assunti e interpretazioni scorrette della disabilità mentale che hanno avuto larga diffusione (il disabile mentale è un disadattato,è pericoloso, è una tragedia, è irrecuperabile) e che consolidano la prassi di identificare le possibili fonti di disturbo e di devianza, circoscriverle affinché siano facilmente rintracciabili e tenerle a debita distanza perchè non arrechino danno al resto della comunità. E’ quello che accade a Pinocchio-burattino  che pur mostrando la buona intenzione di ubbidire a Geppetto, Fata, e Grillo Parlante va a scuola ma non viene accolto con grande gioia e approvazione sia dal maestro che dai compagni e per questo ridotto in fondo alla classe.  Tutto ciò che esula dall’ordine precostituito della società e percepito come diverso è esperito come minaccioso quindi oggetto di ostilità e tentativi di rimozione.

Nel luogo dove viene relegato Pinocchio incontra Lucignolo che Jung chiamerebbe la “coscienza dell’ombra” e che nel soddisfacimento immediato di bisogni effimeri fa percorrere la strada inversa che lo trasforma in un asino anziché in un bambino.. Così come l’ abuso della residenzialità, sovente facile soluzione alternativa alla difficoltà di una reale presa in carico, spesso nasconde la trappola della istituzionalizzazione attraverso una omologazione dei progetti terapeutici, limitatezza della privacy, isolamento dalla comunità di appartenenza e  standardizzazione dei tempi e degli spazi all’interno dei quali si sviluppano tutte le attività   quotidiane. Per contro non riconoscere la disabilità e annullarla per costruire il “ragazzino perbene” più o meno integrato è una conclusione della storia che pure non convince; il rischio è di cancellare l’individuo…Qualche anno fa Antonio Guidi, allora Sottosegretario alla Sanità diceva :”Non sono i disabili che devono normalizzarsi alla società ma è la società che deve normalizzarsi alle differenze”.

Per ridurre gli stereotipi sociali occorre così entrare in contatto diretto con gli altri e impegnarsi in una dialettica più articolata e approfondita. Nella prospettiva di realizzare una “cultura della disabilità” lo sforzo deve essere compiuto sia dall’alto, ossia a livello della comunità scientifica che dal basso, ovvero da coloro che sono direttamente coinvolti e vicini ai disabili: famiglia, scuola, lavoro, comunità… E’ nello studio tra l’interazione del disabile e il proprio contesto di appartenenza la chiave di comprensione del disagio psichico  e il punto di forza della riabilitazione psichiatrica. Quando attraverso la pratica riabilitativa verranno introdotti nel nostro modo di teorizzare e di sperimentare concetti a volte in passato ritenuti provocatori di empowerment, guarigione, recupero, autodeterminazione, la riabilitazione psichiatrica, lungi dal perdere scientificità, diventerà per assurdo più scientifica proprio perché più specifica nelle sue tecniche e più rigorosamente basata su dati sperimentali. . In altri termini bisognerebbe invertire l’attuale tendenza a regredire alla forma mentis riduzionistica e deterministica  creando un linguaggio nuovo ed una nuova metodologia che analizzino  come gli elementi del processo di guarigione possano influenzare il funzionamento biochimico

Pinocchio è la metafora di un lavoro duro che viene stimolato e reso più facile dai sogni tenendo bene a mente che i sogni privi di azione sono ingannevoli e l’azione priva di sogni è erratica quanto insensata.

L’auspicio è che alla fine della nostra storia i disabili psichiatrici anziché un fardello possano rappresentare un punto di forza anche come fornitori di servizi per la salute mentale, fenomeno questo che va visto come una espansione e una evoluzione naturale del ruolo di utenti. La ricerca terminerà nel ventre della balena in uno straordinario momento di inversione delle parti dove sarà il figlio ad occuparsi del padre.

A questo punto ( Collodi non ce ne voglia) proviamo a riformulare l’avvio della nostra storia:

 

C’era una volta un pezzo di legno….da catasta?..No, era un legno sacro, un legno d’ulivo!

 

 

  

 


 


 

 

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Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

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