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Storia e legende
Sullorigine del
paese non si hanno notizie certe, ma è probabile che il
centro abitato, pur a carattere di villaggio, esistesse
già nel periodo tardo romano: nelle fonti è citato come
oppidum, delle cui fortificazioni oggi non
resta traccia alcuna. Anche sul nome permangono dubbi.
Le fonti ufficiali danno Gonnos da gonos = altura e
fanadiga da Fauni ? fanaticum?
Se invece accettiamo lipotesi che il nome sia stato
dato dai monaci bizantini, la cui presenza nel territorio
è pienamente documentata a partire dal VI° secolo d.C.,
sorge spontaneo pensare che il nome Gonnosfanadiga derivi
interamente dal greco; per cui noi suggeriamo Gonnos dal
greco genos = origine e fanadiga da janei = appare + dica
= in due: paese che dallorigine appare
diviso in due , appunto dal Rio Piras.
STORIA DEL PAESE
La storia di Gonnosfanadiga risale all'VIII secolo
allorché viene attestata la presenza di due borghi, il
primo a monte, il secondo a valle, su un ripiano. Grazie
al progresso degli studi sul sardo, siamo ora in grado di
interpretare il significato dei due toponimi: Gonnos, che
risulta per tante altre località come Gonnesa,
Gonnoscodina, Gonnosnò, Gonnostramatza etc., ha il
significato di colle, rialzo, altura e deriva dal
vocabolo semitico Gon che vuol dire luogo elevato, bene
in vista, dominante anche rispetto ad altre località
poste più in basso, a valle.
Fanadiga molto probabilmente è legata al termine Fanum,
che vuol dire luogo sacro, recinto sacro, santuario e
tempio; deriva dal latino, la lingua che ha maggiormente
influito sul sardo. I primi nuclei abitativi nel
territorio gonnese risalgono tuttavia al Neolitico e alla
civiltà megalitica. Sulle balze di Monte Linas, nella
zona di Pardu Atzei, in localita Struvina de Maruotta, da
molto tempo è stato individuato un menhir che ha nove
incavi sulla facciata principale disposti diagonalmente.
Questa statua piazzata verticalmente risale all'età
neolitica, ossia alla remota preistoria della nostra
isola. Nella stessa area montana fu segnalato un
villaggio di capanne databile al Neolitico superiore,
della cultura di Ozieri, nella zona di Terrae
Seddàris.
Da tempo si conosce la presenza di otto nuraghi, di cui
due in Conca e Casteddu e gli altri in località
Cuccuru Gibas, Fromiga, Pala e Pardu, Nuraxi
e Santu Cosumu e infine Caddàrxus. Nelle vicinanze
di questultimo fu scoperta anche una bella Tomba di
Gigante. Altre due tombe megalitiche furono trovate nei
pressi di San Cosimo, una delle quali, conosciuta come Sa
grutta de Santu Giuanni, ha il corridoio molto allungato,
di circa 16 metri e mezzo, rettangolare, a sezione
tronco-ogivale, con terminazione molto arcuata. Sul lato
meridionale si allarga lesedra a massi ortostatici,
mentre la camera palesa allesterno un paramento con
alcuni filari di blocchi di granito. Da questo monumento
preistorico, che era senzaltro il sepolcro dei
membri della tribù, probabilmente i capi, sono stati
asportati molti ritrovamenti per essere depositati nel
museo: numerose ceramiche lisce e decorate (coppe, tazze
carenate, scodelle e calici), perle di collane di pasta
vitrea dai colori blu, verde, grigio e marron schegge di
ossidiana, frammenti di bronzo sottile e di un amo di
ferro, forse da usare per la pesca. Alcuni hanno avanzato
1ipotesi che gli elementi della collana sono
senzaltro fra i piu antichi oggetti
dimportazione micenea in Sardegna, risalenti forse
al XV secolo a.C. Sugli alti dorsali di Monte Linas
scarsi i rinvenimenti di materiali di civiltà fenicia,
mentre sono stati rinvenuti numerosi <pezzi> di
età romana. Ad esempio, nelle vicinanze della chiesa
campestre di Santa Severa sono state individuate alcune
tombe scavate nella roccia di granito, con un corredo di
ceramiche e di lucerne. Altri abitati rurali sono stati
1ocalizzati a Is Nongias, Pauli Cuagiàu, San Cosimo,
Zeppara, Nitza Truncu e su Siddu e Nuraxi e Serru.
Questultimo popolato rurale rimase in vita fino al
secolo XVI, quando fu abbandonato a causa delle
incursioni dei corsari barbareschi che lo saccheggiarono.
In epoca tardo-medioevale Gonnos e Fanadiga appartennero
a1 Giudicato di Arborea, compresi nella Curatoria di
Bonorzuli. Quando i Catalano-Aragonesi conquistarono
prima il Giudicato di Cagliari e poi quello di Arborea,
anche il territorio di Gonnosfanadiga e di Monte Linas fu
infeudato alla famiglia Carroz dei conti di Quirra che lo
sfruttarono per lungo tempo, quindi passò agli Osorio,
dopo un breve periodo nel feudo degli spagnoli Centelles.
I baroni imposti dalla Spagna esercitarono i loro diritti
e spremettero dalle povere popolazioni sottomesse
imposizioni, regalie, donativi e altri assurdi balzelli
anche su cose ridicole, estorcendo danaro e beni dal
lavoro dei poveri sudditi. Questi per circa cinque secoli
dovettero sopportare ogni forma di arbitrio e di
prepotenza, perfino la condanna al lavoro obbligatorio
con le cosiddette comandate e con la partecipazione
allintervento armato contro i pirati nordafricani
che ogni tanto approdavano in Sardegna per saccheggiare i
villaggi e razziare uomini e donne, bestiame e cose di
valore. Finalmente nellanno 1889, dopo una tragica
odissea di violenze e di martirio, il feudalesimo fu
abolito anche nellIsola ed i villaggi divennero
liberi comuni con la possibilità di riscattare i
terreni. Ma anche sotto il regno sabaudo e nel regno
dItalia queste popolazioni ebbero pochi aiuti e
quasi nessuna considerazione: lasciati in completo
abbandono, furono chiamati a combattere in tutte le
guerre e a sopportare sacrifici mai compensati.
RACCONTO DIANTHUS
ARROSTII
Chi percorre la strada che da
Gonnosfanadiga,costeggiando il Rio Piras porta al parco
Comunale di Perda e' Pibara,puo' intravedere da
lontano,seminascosta dalle nuvole,la " Genna e'
Impì "con la sua carattteristica forma a doppio
arco rovesciato.Il canallone di "Genna e'
Impì" è uno dei luoghi,con su "Canali
Mau",piu' interessanti ed "esclusivi"
dell'intero Massiccio del Monte Linas.Lasciata la strada
asfaltata all'altezza de "Su Campu de Piras,una
vecchia carrareccia,sulla destra,sale lungo il corso del
ruscello che quì prende il nome di "Riu
Zairi",fino ai piedi di quella maestosa ed
impressionante fortezza di granito che i Gonnesi chiamano
"Su Casteddu".Un antico sentiero,sulla
sinistra,porta l'escursionista fino alla "Genna e'
Impì"(m.1.035 s.l.m.)attraverso uno scenario che
per quanto deturpato dall'opera vandalica della
ruspa,conserva ancora il fascino della natura primitiva e
selvaggia.L'elicriso.il timo,il teucrio.la lavanda e le
varie mentucce fondono i loro profumi con l'antico
silenzio dei graniti ed il canto dei mille ruscelli che
alimentano il corso del "Riu
Zairi".L'"abbaiare"della poiana ricorda al
profanatore che è entrato nel suo santuario.Il sentiero
sale sempre piu' in alto,gli occhi balzano di roccia in
roccia cercando di carpirne i segreti,senza sosta,quasi
con affanno,si fermano finalmente su uno splendido
cespuglio di "Dianthus
arrostii"-Presl-garofanini.gravelleddus de monti,uno
dei tanti endemismi che questi luoghi hanno conservato
per millenni in tutta la loro immutata selvaggia
bellezza.Appartenenti alla famiglia delle Caryophyllaceae
i garofanini sono una stupenda tribu' di fiori
considerati da Linneo come specie del genere Dianthus.Nel
massiccio del Linas è presente sia Dianthus
arrostii-Presl- sia il Dianthus
silvestris-Wulfen-.Endemismo sardo-siculo il Dhianthus
arrostii-Presl- è presente da quota 600 m. fino a quota
1035 m.s.l.m. in canaloni rocciosi.Piu' sporadica la
presenza del Dianthus silvestris-Wulfen- in fenditure di
canaloni rocciosi alle alte quote.I fiori sono
profumatissimi.i petali bianchi o rossi.
Leggende Gonnesi
All'epoca dei nostri avi la trasmissione di luoghi e di
personaggi fantastici avveniva con l'aiuto
dell'immaginazione e per mezzo della parola, dal racconto
trasmesso dalle nonne o da altri. Oggi purtroppo i
genitori non usano più narrare leggende per intrattenere
i loro ragazzi, incapaci di ascoltare perché succubi
dalle immagini propinate dalla tv e dai giochi
elettronici. Per non perdere ciò che ai nostri nonni i
rispettivi genitori e nonni hanno narrato abbiamo pensato
di raccogliere le vecchie leggende appartenenti al nostro
paese e di far rivivere le stesse emozioni che hanno
accompagnato i nostri avi.
la fiaccolata notturna
la vipera d'orata
Il carro della morte
"Sa coga"
L'uomo invisibile
purificarsi dopo il parto
LA FIACCOLATA NOTTURNA
La fantasia popolare vuole che nelle notti di luna piena,
nei mesi estivi, per le strade di Gonnos si riunisse una
gran folla; tutti coperti da una manto bianco, nelle mani
stringevano ossa dalle quali fluiva una fioca luce come
se fossero le candele di una fiaccolata. Il gruppo freddo
e distante aveva sguardi cadaverici e moribondi, recitava
con voce cupa e spezzata quasi se il vento la portasse
via, omelie incomprensibili. Chi poté vedere tale
scenario giura di aver riconosciuto in quelle sagome i
volti di persone scomparse. <<
la vipera dorata
Alla morte dei genitori i diretti discendenti si
riunirono per dar inizio alla spartizione dei beni. Il
capofamiglia pochi minuti prima del trapasso svela
l'esistenza di un tesoro nelle terre da lui possedute e
si raccomanda rivolgendosi al primogenito di dividerne il
contenuto con i suoi fratelli, il pover'uomo rassicurato
dal figlio morì in pace. Nelle notti successive mentre
gli altri dormivano, Antonio (fratello maggiore) si reca
nel fondo e armato di pala comincia a scavare giorno dopo
giorno fino a ché dopo tanto lavoro alza la cassa al
cielo gridando alleluia; pensando bene di non farne
parola con gli altri che in preda alla disperazione visto
la carestia di quel periodo, ogni giorno si ritrovavano
alla ricerca del tesoro. Nel momento in cui Antonio preso
dall'entusiasmo si accinge ad aprire la cassa un'amara
sorpresa fu lì ad attenderlo, la cassa era vuota o
quasi, una vispa vipera dorata intrappolata all'interno
scivolò velocemente fuori e con una maledizione si
congedò dall'uomo condannando alla miseria i suoi eredi
fino alla settima generazione.........................
<<
iL carro dELLA MORTE
Quando la morte si affacciava alla porta del malcapitato,
di botto per le vie del paese si udiva un gran frastuono;
un carro con ruote cigolanti e catene trascinava pezzi di
ferro. Si racconta che il carro in questione fosse
guidato da anime in pena che con tanta ilarità
invitavano l'anima appena estinta a seguirli perché
quella era la sua festa, ed avrebbe ballato e cantato
insieme agli atri la venuta della sua ora . <<
"Sa coga"
Era antica credenza che alcune donne malvagie potessero
trasformarsi in streghe (chiamate anche cogas), assumendo
le sembianze di un moscone che, date le dimensioni, aveva
facile accesso in ogni luogo. Le streghe si nutrivano di
sangue umano, preferibilmente quello dei bambini. Oltre
che sotto 1aspetto di mosche, si presentavano anche
in quello di altri animali, soprattutto gatti randagi.
Questa trasformazione era preferita dalle suocere che
volevano sorvegliare le nuore quando i mariti erano
assenti. Proprio in sembianze di gatto, una suocera (cosi
si racconta a Gonnosfanadiga) si presento in casa della
nuora che in quel momento era intenta a cuocere
frittelle. A furia di miagolii riuscì a farsi dare una
frittella. Mentre apriva la bocca per addentarla, la
giovane donna si avvide che il gatto era privo di denti.
Ricordando che anche la suocera era sdentata, capì
1inganno e, afferrata la padella, verso
sullanimale 1olio ancora caldo. Il gatto
fuggi con miagolii di dolore e qualche tempo dopo circolo
la voce che una vecchia era morta per gravi ustioni
procurate da olio bollente.
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Luomo invisibile
Fra le tante antiche credenze vi e quella che spiega come
diventare invisibili. La leggenda racconta che
1osso, ma si ignora quale, di un gatto nero con tre
peli bianchi avesse la proprietà di rendere invisibile
la persona che lo teneva indosso. La leggenda spiega
anche la tragica fine di un uomo che aveva conquistato
1invisibilità. Gli fu fatale un prosciutto rubat0o
ad un anziano porcaro il quale, nel vedere il prosciutto
vagare nel vuoto, con un robusto bastone si diede a menar
botte da orbi. Losso del gatto, infatti, non dava
1invisibilità agli oggetti. Il nostro uomo prese,
dunque, tante botte che nel fuggire gli vennero a mancare
le forze ed un temporale lo fece finire nel fiume Rio
Piras dove annegò.
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Purificarsi dopo i1 parto
Si è creduto a lungo, fin dallantichità, che la
donna, dopo aver partorito, fosse in peccato fino a
quando non si effettuava sincresiamentu, una visita
purificatrice in chiesa. Se pero moriva durante il parto,
la sua anima si portava appresso il peccato e per
espiazione era costretta a tornare tutte le notti sulla
terra per lavare il lembo insanguinato della propria
camicia; secondo unaltra credenza, doveva invece
lavare i panni del suo bimbo. Loperazione avveniva
con 1antico sistema della battitura dei panni, con
la variante che queste anime infelici adoperavano per la
bisogna non un bastone ma un osso di morto.
Lespiazione doveva protrarsi per un certo periodo,
ma se qualcuno interrompeva 1anima mentre lavava,
tutto il lavoro già fatto veniva annullato e si doveva
ricominciare da capo. <<<
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