Al
sorgere del Sole, in una tiepida giornata di aprile, un’isola si sveglia
prima del solito, pronta a vivere uno degli eventi più caratteristici
della propria tradizione: la
processione del Venerdì
Santo. Bisogna dire
che c’è chi non ha proprio chiuso occhio, anzi ha trascorso la nottata
in una fervente attività: si tratta della moltitudine di ragazzi
impegnati nell’allestimento dei cosiddetti “misteri”:
rappresentazioni della vita, passione e
morte di Gesù Cristo che, il
giorno dopo, sfileranno durante la processione. Nella notte tra Giovedì e
Venerdì, camminando per le strade dell’isola, ci si può imbattere in
improvvisati pittori, falegnami, “ingegneri” intenti a fare del
“loro” mistero l’opera più bella. Il momento più emozionante lo si
vive, sicuramente, all’alba del Venerdì quando è possibile vedere i
misteri dirigersi verso la
Terra
Murata da cui partiranno.
Allo
stridente e tipico suono della trombetta ha inizio la processione. I
misteri vengono portati
“a braccia” dai loro stessi costruttori, vestiti di
bianco e azzurro; hanno gli aspetti più svariati: ce ne sono di piccoli, enormi
tanto da incontrare difficoltà durante il cammino a causa delle loro
dimensioni; e già perché, in quest’occasione, si è disposti anche a
tollerare sforzi sovrumani. Il pubblico, critico e attento, osserva,
commenta, giudica; i turisti, sempre numerosi, fotografano, fanno domande,
interessatissimi ad uno degli eventi pasquali sicuramente più
caratteristici al quale abbiano mai assistito. Se la processione è
accompagnata da un brusio continuo durante il suo svolgersi, il silenzio
cala al passaggio del “Cristo morto”, un’opera scultorea decisamente
notevole, in grado di far tacere tutti: credenti, osservatori, e curiosi;
la marcia funebre accompagna il momento e ne enfatizza il contenuto.
Segue
un gruppo di angioletti, ovvero bambini piccolissimi, portati in braccio e
vestiti per l’occasione con abiti neri e
dorati; tra questi c’è
chi piange, chi dorme, chi si guarda intorno con aria incredula,
suscitando tenerezza e un curioso istinto materno nelle signore. Il
tutto si consuma nella Piazza Marina
Grande, dove è possibile
osservare i misteri da vicino. Non si può far certo a meno di scattare le
ultime foto ricordo e di notare i visi stanchi e assonnati dei
partecipanti, pronti a tornare a casa
e ad immergersi in un lungo sonno.
Di
anno in anno si ripropone così la famosa processione del Venerdì Santo,
fenomeno religioso, turistico, e oggetto di studio di esimi antropologi.
Il tutto è, ovviamente, accompagnato da polemiche, quelle magari, di
accanite femministe che rivendicano la partecipazione delle donne alla
processione o quelle rivolte a qualche mistero un po’ “troppo
particolare”, ma anche questo ormai fa parte della tradizione. Una
tradizione antichissima, ma parte inscindibile
della cultura procidana, importante evento di aggregazione e
rappresentazione, ancora molto sentita, di una storia ormai vecchia di
2000 anni.
Articolo
di Gabriella Scotto di Fasano tratto da ALI CUDI numero 3 del Marzo 2000.
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