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La documentazione di Arte Rupestre, presente in
alcune vallate cuneesi, in questi ultimi anni (in particolar modo dal 1975 al 1990) ha
permesso lo studio di una situazione storico - locale, che sino a qualche decennio fa era
del tutto impensabile. Parlare di Arte Rupestre prima di questo periodo, significava
riferirsi ai due maggiori centri presenti in Italia Nord Occidentale, cioè: la
Valcamonica e Monte Bego, seguiti in ordine di grandezza, dalle testimonianze presenti
nelle valli del pinerolese, in Valchiusella e, a metà degli anni ''70, dai ritrovamenti
in valle Po (Monte Bracco e Pian Mune, curati da Araldo Cavallera). Le valli Varaita,
Maira e Grana, tranne poche segnalazioni sembravano sotto questo aspetto, non
particolarmente vocate a questo tipo di espressione culturale, caratteristica dei periodi
pre-protostorici.
Agli inizi degli anni '80, le testimonianze rupestri di Verzuolo
(curate da Riccardo Baldi), aprivano anche per queste aree, nuove realtà locali
sintonizzabili tipologicamente con le vicine valli Po e del pinerolese. In valle Varaita
nei luoghi di: Brossasco, Melle, Valmala, S. B. di Gilba, Frassino, Casteldelfino, Isasca,
Venasca e Piasco, venivano scoperte e censite da Riccardo Baldi, centinaia di incisioni
rupestri: antropomorfi, pediformi, spirali, vaschette, coppelle e cruciformi. Pertanto
anche in queste valli si evidenziava la presenza di un ciclo artistico - rupestre
concomitante sia cronologicamente che tipologicamente ad altri luoghi maggiormente
conosciuti.
Il 10 agosto 1991, R. Baldi e A. Ponzo nel corso di una ricognizione
sul versante Sud del monte Roccere (valle Maira, Comune di Roccabruna), scoprivano uno dei
più importanti siti d' arte rupestre presenti in Italia; su un complesso roccioso
composto da decine di grossi massi in gneiss occhiadino, giacevano migliaia di coppelle
incise, esattamente 3249, un antropomorfo, altre figure non leggibili, spirali, vaschette,
ecc. La località esatta del ritrovamento, chiamata "Roccias Fenestre" e a quota
1770 slm. è raggiungibile percorrendo la carreggiabile che dal Santuario di Valmala
(valle Varaita) conduce al "Col d'la Ciabra", quindi seguendo il sentiero che
porta sulla cima di M. Roccere, si percorre ancora 250-300 metri in direzione Sud e si
giunge sul luogo delle incisioni. "Roccias Fenestre" è uno spettacolare
complesso litico composto da spettacolari torrioni e disposto a semicerchio sulla piana
sottostante. Il colpo d'occhio che si trae dalla sommità di queste "torri", è
un qualcosa di veramente impressionante e spettacoloso. Lo sguardo corre dalla pianura
d'innanzi a Dronero su per la valle, sin oltre il bacino idroelettrico di S. Damiano
Macra; salti strapiombanti anche di 70-80 metri tagliano verticalmente le rocce
immergendosi in boschi di conifere che, maculati da poche e sparse baite, racchiudono il
tutto in una scenografia veramente da mozzafiato. Al centro di questo anfiteatro naturale
è disposto un masso di notevoli dimensioni, quasi privo di coppelle, ma con un'incisione
atropomorfa che lascia stupefatti. L'antropomorfo è molto suggestivo: le gambe
divaricate, il braccio sinistro sollevato ad arco, il braccio destro collegato ad un
allineamento di coppelle tale da presumerne una schematizzazione di un'asta, una lancia o
di uno scudo; una coppella di diametro maggiore ne delinea il capo, l'incisione a piramide
tronca sopra di essa, sembra rappresentare un elmo o un addobbo; la gamba destra non
allineata, ma flessa, produce un voluto movimento, cercato e provocato dall'autore
dell'incisione, danza - preghiera - combattimento? Qualche metro più a Sud, sempre del
medesimo masso, un'altra figura, molto più grande della precedente, ma
"illeggibile", è racchiusa da una cornice rettangolare composta da 120
coppelle.
Le incisioni presenti su questi massi (in totale 13), fanno presumere
in modo abbastanza convincente, che il luogo fu nella nostra preistoria (lo studio a suo
tempo pubblicato dallo scopritore al Centro Studi di Arte Preistorica di Pinerolo,
indicava un periodo cronologico antecedente l'Età del Ferro, 2000-1000 a.C.) il centro,
il "santuario" di pratiche cultuali a noi sconosciute, ma frequentatissime dalle
genti alpine provenienti anche da una vasta area geografica. Le incisioni, in particolare
le coppelle sparse, presuppongono una loro esecuzione come tangibile atto cultuale, forse
propiziatorio che quegli uomini offrivano ad una divinità superiore. In questo luogo
sembra accentuarsi e di molto il concetto di magico - rituale con cui si identifica
l'esecuzione delle coppelle, il nesso che viene a crearsi tra coppelle e antropomorfo
ipotizza la presenza di un antico culto religioso, diffuso e praticato dalle tribù alpine
di un determinato periodo cronologico.
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