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La leggenda del castello degli Emiri
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Apriti... Apriti!» In molti, nei secoli d'incantesimo del castello di
Misilmeri, avranno bofonchiato il ritornello che, incompleto e inutile
-la «porta»telematica resta impietosamente chiusa -oggi colora un
fortunato spot dell'era di Internet. Sussurrandolo,necessariamente, a
denti stretti. Il perche è presto detto: per addentrarsi nelle viscere
del maniero, nella sala del mistero che ancora ghermirebbe le immense
ricchezze dell'Emiro GiafarIl, occorrerebbe, secondo la leggenda
tramandata da un introvabile manoscritto arabo che alimenta ancora oggi
il passaparola della tradizione popolare, coraggio e, soprattutto, mano
ferma. Ecco le <<istruzioni» degli antichi cronisti: «Il sortilegio
dell'apertura dell'uscio sotterraneo premierà -spiega Rubina Messina,
che ha dedicato varie pubblicazioni al mito -"quell'uomo audace che,
partepdo dalla riva sinistra del fiume Eleutero, lungo la trazzera che
porta al castello, cavalcando un torello, con in mano una ciotola colma
di latte di capra, senza farne cadere una sola goccia, riuscisse a
raggiungere i bastioni. Qui una porta si spalancherà, al contatto del
latte sui cardini"»,mostrando al prode la fortuna dell'Emiro, custodita
da più di mille anni. Non si ha notizia di fortunati predatori: tentar
non nuoce, toro permettendo. «Malgrado le fonti siano incerte -prosegue
la Messina -sembra che il castello di Misilmeri abbia visto la luce
intorno al X secolo, sul colle che domina la piana, resa fertile dalle
acque del fiume Eleutero. Ai piedi delle sue mura, i capostipiti dei
Normanni di Sicilia, Ruggero I il Gran Conte e Roberto il Guiscardo,
sconfissero definitivamente gli Arabi, costringendo i più riottosi a,
risalire sulle galere ormeggiate nel porto di Palermo. Era il 1087. Nel
1487 ,i proprietari senesi Aiutamicristo neordinarono il restauro
all'architetto siracusano Matteo Carnalivari. Il castello appartenne,
inoltre, per circa un secolo, ai Chiaramonte. Lo "cristianizzarono",
con una sfarzosa cappella e la distruzione di ogni ricordo arabo, e lo
aprirono alle prime ricerche scientifiche. Ora è tristemente diruto
e abbandonato». Salvatore Ferro.