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Philip Marlowe: "Tutta colpa di Bogart"
Intervista impossibile con Philip Marlowe, di Roberto Barbolini

La scritta sulla porta a vetri dell'ufficio appare scrostata. Non c'è neanche bisogno di bussare. Il battente è aperto. Non badate troppo al disordine che c'è in giro, alla polvere, alle ragnatele. Venite pure avanti. La bottiglia di bourbon è nel cassetto, accanto alla Smith & Wesson calibro 38. Me ne sto al fresco, in penombra, mentre fuori Los Angeles si scioglie sotto il sole d'agosto. Da circa un quarto d'ora sto facendo la posta a un grosso moscone iridato. Il suo ronzio è fastidioso come quello dei miei pensieri. Da tre mesi ho divorziato da Linda. Non sono più il signor Loring, il barboncino ammaestrato di una bella ragazza afflitta da un conto in banca da dieci milioni di dollari. Sono di nuovo io: Philip Marlowe, investigatore. Bella consolazione... L'abito buono è sempre quello, un completo azzurro polvere comperato tanti anni fa, per fare buona impressione su un cliente ricco, un certo generale Sternwood. Al solito: coi quattrini sono quasi a secco. Ma c'è un vantaggio: in questo periodo ho un sacco di tempo libero. Perciò ho accettato di rispondere a queste domande. Anche in vostra assenza. Alla solitudine sono abituato. Sarà una specie di intervista allo specchio.

Non sono un eroe.
Philip Marlowe: un duro, si dice. Ma lei che cosa pensa veramente di sé? Ritengo di essere un uomo normale. Non un criminale, o un tarato. E neppure un vigliacco. Cerco solo di fare il mio mestiere con un minimo di dignità e di etica non solo professionale. E difficilmente mi dò per vinto. Mi sembra che in tutto questo non ci sia proprio niente di eccezionale. Eppure tutti mi scambiano per un eroe da romanzo... Forse in questa mitizzazione anche il cinema ha le sue colpe... Già, quell'Humphrey Bogart, con il suo eterno impermeabile... Ho tappezzato il mio nuovo lussuoso attico di scapolo, una vera topaia, con i poster del Grande sonno diretto da Howard Hawks. Mi costa sempre meno che dare una mano di vernice alle pareti. E poi mi guardi: sono alto poco più di un metro e ottanta, peso novantatré chili: non ho proprio l'aria miticamente emaciata del vecchio Bogey... Be', in effetti come Marlowe lei è decisamente fuori parte.

Robert Mitchum e gli altri.
Da Dick Powell a Robert Montgomery, a Elliot Gould, i suoi sosia cinematografici non le somigliano per niente. Forse Robert Mitchum... Perché, già che ci siamo, non aggiunge anche Cary Grant? Era l'idea fissa di Chandler. Ma io: "Bevi di meno, Ray", gli dicevo, "altrimenti soffri di traveggole. Ti sembro un tipo da commedia brillante? Io m'aggiro nelle fogne della società, dove il delitto non è il pretesto per divagazioni intellettuali, ma viene commesso da gente concreta per ragioni concrete". Molto realistico, in apparenza.

I mulini a vento.
Eppure parecchi ritengono che dietro la dura scorza di Philip Marlowe si celi un donchisciotte immaturo spesso in vena di sentimentalismo e di autocommiserazione. Se vedere la corruzione e lo sporco dove ci sono vuol dire essere immaturo, allora lo sono. Potete darmi anche del fallito. Sono anche questo, come tutti quelli che non hanno denaro. Alla mia età, un uomo che senza avere un handicap fisico non guadagna abbastanza da potersi mantenere decentemente è sempre un fallito, anche sul piano morale. A lungo andare immagino che siamo tutti dei falliti o non ci sarebbe il mondo che c'è.

Le mie donne.
Non c'è proprio niente che la conforti nella giungla del vivere sociale? Le donne, per esempio. Qualcuno ha definito il suo interesse per loro "francamente carnale"... Mi sarebbe difficile smentirlo. Le ricordo tutte: Velma, Carmen, Vivian, Eileen, Betty... Così fascinose. Ma sempre inaffidabili. Pronte a ucciderti, o a sposarti, con lo stesso sangue freddo. In definitiva, non sono un eunuco, ma neppure un satiro. Ray, una volta, mi ha detto: "Saresti capace di sedurre una duchessa, ma non defloreresti mai una vergine". Gli ho chiesto come dovrei comportarmi nel caso mi capitasse una duchessa vergine. Vedo che non ha perso il suo senso dell'umorismo... Be', il vero duro non ha bisogno dei muscoli. Riesce a sistemare i malviventi con un paio di battute ben azzeccate. Eppure, dietro quella maschera cinica, mi sembra che lei soffra di solitudine. Soprattutto dopo il fallimento del matrimonio con Linda Loring. Dove sono finite quelle belle maliarde, dove quei gangster arroganti ma coraggiosi, oppure l'elusivo Terry Lennox del Lungo addio? Non ho più visto nessuno, tranne i poliziotti. Il sistema per dir loro addio non è stato ancora inventato.

Questa intervista impossibile realizzata da Roberto Barbolini, scrittore, giornalista curioso e saggista attento, è tratta dal volume GIALLO. Si ringrazia l'autore e Panorama per averne concesso l'uso. Adattamento al web a cura di Morpheus srl.

 


 

 

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