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Giallo alla radio, la magia del suono.
Rumori sinistri, porte che sbattono, fruscii emozionanti e
voci cupe, profonde, come solo la radio le sa trasmettere,
questi sono gli ingredienti della formula vincente del giallo
radiofonico, una formula che da più di settant'anni affascina
migliaia di ascoltatori. E' una storia fatta di grandi collaborazioni
artistiche, di grandi autori, di capaci sceneggiatori ma è
anche una storia che racconta un certo modo di vivere la "messinscena",
di raccontare un certo tipo di storie, di esaltarle e farle
brillare come nemmeno gli effetti speciali di un film moderno
sarebbe in grado fare.
Venerdì
17.
La storia del giallo alla radio inizia nel lontano 1927 quando
viene trasmesso il poliziesco Venerdì 17, scritto da Gigi
Michelotti e tratto da un avvincente racconto di Mario Vugliano.
Non è difficile da questo momento in poi trovare titoli di
gialli o di piccole serie poliziesche nei "palinsesti" radiofonici
riportati dal "Radiorario" prima e dal "Radiocorriere" poi.
Passano per le antenne di tutta Italia pagine memorabili di
Gaboriau, Agatha Christie, Luigi Chiarelli e Alessandro De
Stefani.
Gli
anni '40.
Ma la vera epoca d'oro del giallo alla radio è quella del
secondo dopoguerra, momento particolare della nostra storia
dove la radio, come sappiamo, ha svolto un ruolo di prim'ordine
nell'educazione civile degli italiani. Ezio D'Errico, Gastone
Tanzi, Giuseppe Ciabattini, questi sono i nomi di "grido"
del rinato giallo sonoro che, unitamente a sceneggiature sempre
più elaborate e a nuove tecnologie, raggiunge alti livelli
qualitativi. Gli sceneggiati, il primo a puntate (Il cappello
del prete di Emilio De Marchi) arriva nel 1948, non si registrano
più ma vengono messi in onda in diretta con rumori e musiche
montate a parte. Siamo sul terminare degli anni Quaranta e
Edgar Allan Poe, con i suoi raffinati
racconti, diventa l'autore di punta, il più "gettonato" diremmo
oggi. Inserito nel seguitissimo programma Il Teatro dell'Usignolo
il racconto La botte dell'amontillato riscuote un grande successo,
destinato a ripetersi con la celebre serie dei Racconti dell'incubo,
trasmessa nel 1953 e interpretata da Ubaldo Lay, il tenente
Sheridan della televisione.
Paul
Temple segna un'era.
Dai primi anni Cinquanta ad oggi è tutto un susseguirsi di
grandi successi italiani e stranieri, recitati da attori di
caratura quali Aroldo Tieri, Mario Feliciani e Alberto Lupo.
Una serie su tutte riscuote particolare successo, parliamo
di quella scritta dall'inglese Francis Durbridge che vede
come protagonista il poliziotto Paul Temple. Alcuni titoli
diretti dall'esperto regista Umberto Benedetto in questo periodo:
Chiamata personale per il signor Brent di Agatha
Christie, Il delitto e la colpa di Paolo Levi, Allarme
al deposito di Renzo Rosso. Gli anni passano e vengono trasmesse
pagine memorabili scritte da autori di punta e recitate dai
migliori attori disponibili sulla piazza cinematografica e
teatrale. Nascono così lavori come Con i più distinti saluti
di Ermanno Maccario, Missione compiuta di Gennaro Pistilli,
Lezione inglese di Fabio Mauri, Napoleone a pranzo o a cena
di Claudio Novelli, La torre delle streghe di Velia Magno,
La ragazza di Tarquinia di Marcello Sartarelli.
Il
giallo nella radio di oggi.
Arriviamo così alla seconda metà degli anni Settanta e le
tecniche di trasmissione e registrazione si fanno sempre più
sofisticate permettendo effetti sonori decisamente superiori
e quindi ricchi di maggiori suggestioni. Sono gli anni della
stereofonia e una porta che sbatte è davvero in grado di far
sobbalzare sulla poltrona gli avvinti ascoltatori. Già nel
1968 il giallo radiofonico Nostra casa disumana di Giorgio
Bandini stupì gli ascoltatori proprio per la ricchezza della
colonna sonora. Quello che segue è storia della radio moderna,
scritta da autori quali Giorgio Bandini, Giorgio Pressburger
e Franco Ruffini, autore quest'ultimo di sceneggiati di successo
quali Variando, Cosa sente il dottor Andrea Marchi e Tema
d'Orfeo. Oggi il giallo alla radio continua ad essere un genere
abbastanza seguito anche se le moderne tecnologie digitali
hanno stravolto quella che era l'atmosfera "inglese" dei vecchi
sceneggiati… forse è un bene, forse è un male. Chi vivrà ascolterà.
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