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  RITROVAMENTO E RICOSTRUZIONE DI UN PUBBLICO ILLUMINATO
di D. Timpano
RACCE AMNESTICHE
Viaggio in Messico

LINÀMI
Nostalgia, utopia, musica pop

IVACE INQUISIZIONE
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O EHIUOI
Ritrovamento e ricostruzione...
Inciviltà cattolica

 

Il pubblico, una volta che è entrato già in sala, ha tutto il diritto di divertirsi ma non di essere imboccato: l’attore, il regista, il drammaturgo non sono la sua mamma e non gli raccontano le favole.

C'è sottinteso un grosso equivoco: che la comunicazione teatrale debba essere chiara e diretta, comprensibile a tutti, quasi divulgativa, come La storia d'Italia a fumetti di Biagi o il Gesù di Nazareth di Zeffirelli, come i romanzi condensati del Reader's digest. Il punto di riferimento del teatrante, tanto nella fase di composizione che in quella dell’allestimento non può essere il più umile ma perlomeno il medio, non è accettabile né rispettabile ed anzi è decisamente offensiva una civiltà teatrale il cui spettatore implicito sia lo scemo del villaggio.

:: Teatro di Dioniso sul declivio meridionale dell'Acropoli di AteneLo spettacolo vero, quello nuovo ogni sera, quello che potrebbe significare qualcosa, è il pubblico, rispetto al quale quanto avviene sulla scena è al meglio un elaborato e geniale contrappunto. Dovrebbe esserlo ma non lo è: quel pubblico che per la natura collettiva stessa del teatro dovrebbe avere un potere immenso sull'attore, non lo esercita più; la platea è diventata il parcheggio degli spiriti mosci, dei cervelli disattenti , degli applausi cortesi e distratti o, per eccesso contrario, il mattatoio di addetti ai lavori sempre più disincantati, algidi, nocivi; un pubblico insomma col più grande dei ruoli ed il più piccolo talento.
Un teatro popolare non è una soluzione ma non lo è neanche un Kammerspiel da chiudersi in una élite di pochi illuminati; bisogna fare ciò che è necessario: illuminare in qualche o in tutti i modi lo spettatore, chiuso al buio incatenato alla seggiola, stimolare positivamente le sue capacità di concentrazione, resucitarlo e rimettergli in mano le redini dello spettacolo. Basta ammiccamenti, basta carità, premure e strizzatine d’occhio ad un pubblico morto, resuscitarlo, solo questo importa ed il resto è un po’ come le ariette sdolcinate del melodramma per il compositore: una scorciatoia per essere amati dai sordi, dai distratti, dagli imbecilli.
Non dovranno esistere più sordi, né distratti, né imbecilli.

In Che cosa sono le nuvole? di Pasolini, di fronte ad una rappresentazione di Otello, il pubblico partecipa attivamente all'azione; dapprima solo emotivamente, poi disapprovando ad alta voce e alla fine sale direttamente sul palco, salva Desdemona, lincia Otello e Iago: sembra un esperimento di Moreno sul Teatro di conflitto e sullo psicodramma! Senza esagerazioni dico che è questo il mio modello di pubblico, il pubblico modello: un pubblico vivente che interagisca vitalmente con uno spettacolo vivente.

Attualmente, se si escludono fenomeni di fanatismo adolescenziale tipo TakeThat o Pokémon, il maggiore esempio di una simile interazione sfortunatamente è un cattivo esempio che, però, forse ci offre il solo pubblico non individuale e non critico, partecipe ancora di una comunanza collettiva. Quello dello stadio: il tifoso. Testo modello è la partita di pallone. Tutto il resto è piano bar. Sottofondo.

Daniele Timpano

 


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