storia e tecniche dell' Intarsio

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Grazie  

all'Istituto per il Restauro 

"Maria Teresa Caiazzo"

 

pubblico in queste pagine la

  "Storia e Tecniche dell'Intasio "

 

una tesi specialistica di 

 Biagio Ventura, 

studente dell' Istituto

Gli Argomenti

L' Intarsio

Tecniche di intarsio 

       

Essenze legnose usate nell’intarsio

 

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Storia e Tecniche dell'Intarsio

Intarsio sorrentino

 

 

Sommario della Sezione:

 

Principi di Restauro

Il Laboratorio

Schede  tecniche

Ricettario

Glossario

terza parte

 

Essenze legnose usate nell’intarsio 

Le essenze legnose prevalentemente usate per la realizzazione degli intarsi sono:

  • Abete: tenero, di colore bianco con venature rossastre e di struttura grossolana;

  • Acero: legno chiaro con specchiatura madreperlacea, di colore bianco tendente al rossiccio, rosato o bianco giallino; le radici presentano marezzature apprezzate per il loro effetto decorativo.

  • Ciliegio: compatto, rossiccio, facilmente attaccabile dai tarli e dall’umidità.

  • Rovere: molto duro ma facilmente lavorabile, si presenta bruno con larghe venature. L’andamento delle fibre più diritto e regolare presenta meno nodi.

  • Castagno: non molto duro ma di ottima resistenza, di colore bianco giallastro con venature più scure a specchiature che lo rendono simile a legno di rovere

  • Noce: di due tipi, noce nazionale e noce Tanganika. Il primo a colore bruno più o meno chiaro, in rapporto all’età della pianta, ha delle venature di colore più scuro ad andamento parallelo oppure ondulato. Entrambi poco resistenti agli xilofagi.

  • Mogano: legno duro di colorazione rossastra, tende a scurirsi con l’esposizione all’aria, ma resiste bene alle variazioni di temperatura ed umidità ed è inattaccabile dai tarli.

  • Palissandro: legno esotico di cui esistono due varietà. Quello indiano, di colore rosso violaceo, molto pregiato, usato per lavori di alta ebanisteria. Il palissandro Rio è di colore più scuro ed è immune dagli attacchi degli xilofagi.

  • Ebano:legno molto duro e compatto, di colore nero, a volte con striature marroni. Difficilmente attaccabile dagli xilofagi.

  

Come tinteggiare il legno

La tinteggiatura del legno si può eseguire in due modi, ad immersione e a pennello.

 

Tinteggiatura ad immersione 

Questo procedimento assicura grande uniformità di colore che viene applicato su interi fogli di impiallacciatura prima del taglio.

Immerso nel bagno di colore, il legno infatti assorbe completamente la tinta.

E’ necessario, però, procedere preventivamente ad alcuni controlli, verificando che:

il colore della tinta preparata sia proprio quello della tinta desiderata.

A tale scopo si procede con delle prove su pezzettini di legno, onde evitare di rovinare l’intero foglio;

·     il foglio sia della giusta misura, per evitare che, se troppo largo, si possa arrotolare, una volta bagnato.

Tinteggiatura a pennello 

E’ una tecnica che permette di mettere in opera il legno, incollandolo, levigandolo a dovere e ritoccandolo nelle varie fasi del restauro con il colore più adatto. Presenta però delle controindicazioni, perché il colore, spennellato sulla superficie, non viene assorbito in profondità e con il tempo invecchierà in modo diverso da quello tinto per immersione.

E’ importante sapere inoltre che non tutte le essenze legnose hanno eguale caratteristica di assorbimento (assorbenza) del colore con la stessa facilità. Quando l’assorbenza è scarsa, per non ripetere più volte l’operazione di tinteggiatura, si può aggiungere al colore qualche goccia di ammoniaca.

   Fissaggio dell’intarsio: le colle animali 

La realizzazione di questi minuziosi lavori d’intarsio, prevede l’utilizzo di colle

animali. Una volta realizzato il disegno prescelto, e assemblate tra di loro le numerose tessere di impiallacci di essenze legnose diverse, il tutto deve essere fissato su di un supporto rigido mediante sostanze ad alto potere adesivo; a tale scopo si usano appunto le colle animali. 

Sono costituite da sostanze di natura prevalentemente proteica (collagene) e da quantità minori di sostanze di natura organica ed inorganica. 

Vengono estratte da cascame di pellame animale (colle animali), da ossa di mammiferi (colla di ossa), o da parti di pesci (colla di pesce). La loro preparazione avviene lasciandole in acqua per circa ventiquattro ore, ottenendo così una soluzione acquosa colloidale reversibile, questo perché si tratta di sostanze proteiche e quindi idrofile, cioè affini con l’acqua e a contatto con essa, ogni singola parte di colla forma delle “micelle”, cioè dei rigonfiamenti delle proteine costituite da una parte interna idrofoba e una parte esterna idrofila che va a contatto con l’acqua. 

La soluzione colloidale così ottenuta va sciolta a bagnomaria senza però portarla mai ad ebollizione, onde evitare la rottura dei legami interni e la relativa perdita di potere adesivo. Questi tipi di colla assicurano un’ottima adesione ma allo stesso tempo presentano degli svantaggi, sono infatti responsabili di fenomeni alterativi che con l’invecchiamento portano ad una perdita di adesione. 

In particolare si pensa che si verifichino tre tipi diversi di processi alterativi, tutti attribuiti all’azione della acqua: 

Attenzioni nella realizzazione di un intarsio 

Volendo iniziare un lavoro di intarsio, è necessario preparare e scegliere tutti i materiali in modo da avere tutto pronto prima di cominciare. 

Per le impiallacciature da usare si deve tener presente. 

La venatura del legno che varierà a seconda del disegno da riportare; 

Lo spessore di impiallacciatura, che varierà a seconda del tipo di intarsio che si vuole ottenere; 

La scelta delle essenze, sia naturali che tinte, che sarà fondamentale per l’effetto finale. 

Per quanto riguarda il legno da usare, basterà studiare, prima di cominciare il lavoro, il gioco di venature che meglio si addice al tipo di disegno scelto, operazione che a volte risulta lunga e faticosa, ma di grande importanza.

Relativamente alle tinture delle essenze, bisognerà tenere conto dei vari aspetti che possono intralciare il lavoro. L’impiallacciatura, per esempio, deve essere trattata con la carta vetrata per risultare dello stesso livello del resto del legno; tale operazione deve essere necessariamente effettuata prima della tinteggiatura per evitare di rimuovere parte del colore. 

L’uso di cere e di vernici può alterare, in fase di pulitura, il colore dei legni tinteggiati, perché la lucidatura tende ad evidenziare le venature delle varie essenze. La stessa vernice spesso trasforma completamente la tinteggiatura artificiale scurendo il colore più del dovuto. Quindi prima di tinteggiare il legno, è necessario fare dei saggi. 

  

L’uso di materiali diversi dal legno 

L’intarsio con materiali diversi dal legno non è né difficile né tanto diverso dalla tarsia lignea: il procedimento è lo stesso di quello descritto per l’intarsio a foro e contro-foro a meno di qualche piccolo accorgimento da tener presente. 

Metalli: nell’intarsio si usano l’ottone, il rame, l’argento, lo stagno, ecc., che si possono trovare in commercio in fogli di vario spessore. 

Tartaruga: esistono varie specie di tartarughe e per ognuna cambiano i colori, lo spessore della corazza e, quindi, il pregio. 

La distinzione riguarda, però, anche il guscio di cui vengono utilizzate sia la parte superiore che quella inferiore più variopinta e pregiata. 

Poiché i fogli di tartaruga sono di piccola dimensione, spesso se ne devono saldare due ad una temperatura di 140°C circa, schiacciandoli, se necessario, per appiattirli. 

La tartaruga è un materiale che si cambia facilmente.

Madreperla: La si ricava dalle conchiglie e viene lavorata accuratamente da operai professionisti che la scelgono, la tagliano e la preparano per l’uso. 

Differente a seconda della specie da cui proviene, questo materiale si distingue anche per il colore ed i riflessi che lo rendono più o meno pregiato. 

Come il legno, può essere con delle anilina che permettono di colorarlo dopo averlo messo in opera. 

Osso: E’ un materiale duro, ma molto fragile, facilmente scambiato per avorio che anticamente veniva ricavato soprattutto da cavalli e montoni. 

E’ possibile sbiancarlo con acqua ossigenata o colorarlo seguendo lo stesso procedimento che si usa per il legno. Avorio: ricavato dalle zanne degli elefanti, ha un colore bianco giallastro che varia a seconda della zona da cui proviene. 

Se ne usano piccoli pezzi. Può essere tagliato a mano, ma è necessario lubrificare il seghetto con del sapone per facilitare il lavoro. 

Corno: i tipi più usati sono quelli di mucca e di bue, anche se spesso presentano delle irregolarità che obbligano a scartarne una parte rilevante durante la lavorazione. 

Presentano diverse colorazioni tra il bianco ed il giallastro. 

Addirittura nero è il corno di bufalo. 

Per l’intarsio si usano delle placche dello spessore di circa un millimetro tagliate secondo le necessita.

 


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 Ultimo Aggiornamento: 24/11/05.