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storia del mobile d'Antiquariato |
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Grazie alla "Associazione Culturale Senzatempo" mi è possibile pubblicare una organica "Storia del Mobile d'Antiquariato" del Prof. Paolo Cesari
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L'Evo
Gotico
Nel Medioevo, la semplicità e la frugalità che caratterizzarono la vita e la precarietà per le lotte e le insidie di ogni genere non favorirono la produzione di arredi domestici tali da essere conservati con particolare riguardo, condizione indispensabile perché potessero essere sottratti agli inevitabili danni dell’uso quotidiano e degli agenti che aggrediscono il legno - umidità, muffe e tarli - per giungere sino a noi.
A peggiorare questa già grave situazione non deve essere
stato
estraneo il giudizio del Vasari che, nel Cinquecento, ebbe a definire la
produzione medioevale come il frutto di un gusto barbaro, giungendo a
etichettarlo con il termine “gotico”, sinonimo dispregiativo che si
è perpetrato sino ai giorni nostri a designare quella mobilia
realizzata tra il XII e Il XV secolo. Ben
poco, di questi tempi ormai remoti è giunto ai nostri giorni. Gli
esemplari documenti di
arredi medioevali ci sono noti in massima parte grazie alle
testimonianze visive reperibili nei pur numerosi codici miniati
originariamente custoditi nelle biblioteche abbaziali o grazie ad
affreschi coevi, sovente lacunosi.
Intorno
alla metà del XII secolo, fenomeni congiunti di stabilizzazione
socio-economica portarono al rifiorire delle attività commerciali e
edilizie, contribuendo alla formazione di poli cittadini di portata
significativa. Fu per l’Europa il primo risveglio, da un letargo che
perdurava fin dal crollo dell’Impero Romano, nel lontano 476 d.C. E’ in particolare nell’Ile-de-France che germogliano i semi di quel vasto movimento artistico e culturale che oggi denominiamo come Evo Gotico. In parte origina dallo strapotere che l’architettura assunse in relazione alla pittura, alla scultura o alle arti decorative, anche se è bene tenere presente che nel medioevo non si ravvisa alcuna distinzione tra architettura e arti applicate: sono entrambe artes mechanicae (solo nel Cinquecento si opera la distinzione tra arti maggiori e arti minori).
Ebbene, l’introduzione di elementi quali l’arco a sesto acuto, volte a crociera innervate su potenti costoloni, contrafforti e archi rampanti o soffitti a vela, edificati nell’ossequio di una diversa logica statica e estetica, decretò una nuova formulazione visiva che nei fatti diede forza motrice al concetto primario di verticalizzazione formale, ponendo le basi per una “moderna” chiave di lettura della rappresentazione dell’Arte.
Dal
primo esempio del coro di Saint-Denis (1140-44) e fino alle
cattedrali di Reims, di Chartres e di Notre-Dame a Parigi, fu
certo la Francia che si rese protagonista di questo primo “gotico di
stile severo”, che non tardò a
trovare larga
diffusione in
Germania per
poi lambire
la nostra penisola,
che
Mi si consenta
un’ulteriore precisazione relativamente all’introduzione dell’arco
a sesto acuto: non è pienamente accertato se tale innovazione germinò
in ragione di secolari rapporti con l’oriente islamico o più
verosimilmente fu recepito dopo la conquista normanna dell’Italia
meridionale e della Sicilia nell’XI secolo.
Le arti decorative, e con esse il mobile, seguirono passo passo lo sviluppo dell’architettura, assumendo come note caratteristiche timbri di leggerezza e di decorativismo verticalizzante, sviluppando una certa qual eleganza formale che in breve portò la mobilia a meglio definirne e differenziarne la funzione specifica di oggetti d’uso. In un primo tempo l’arte lignaria fu predominio dei laboratori dei conventi o dei cantieri delle grandi cattedrali, fenomeno che originò la consuetudine per le maestranze specializzate in carpenteria - quali i magister lignaminis e le loro botteghe - di itinerare con spostamenti geografici anche significativi, con la conseguenza in questa prima fase, di originare uno stile omogeneo, una sorta di koiné figurativa. In seguito - tra il Duecento e il Trecento - l’affermarsi di nuove classi sociali quali l’aristocrazia e una ricca borghesia cittadina, incrementarono la richiesta di arti applicate, e finirono per agevolare l’insorgere di nuove cellule operative, pienamente regolamentate nei vari ordinamenti delle corporazioni artigiane.
E’ in questo secondo momento formativo che si
deve ricercare nell’arredo l’origine di un linguaggio figurativo
differenziato: tra città e città si rileva una netta distinzione
formale e costruttiva, che,
almeno per quanto pertiene l’Italia, diviene coerente e individuabile
solo verso la fine del XIV secolo.
La nascita delle corporazioni in un tempo a noi così lontano ci consente di verificare come nella sostanza il mobile in assoluto più diffuso fosse il cassone. Illuminante in tal senso apprendere che nel 1254
Etienne Boileau, prevosto di Parigi, nel riorganizzare il sistema delle
corporazioni cittadine, scisse in diverse categorie i falegnami dai
costruttori di cassoni. E’ fenomeno peraltro spiegabile se si pensa
che in quest’epoca, almeno per quanto riguarda l’arredo laico, si
badi in primo luogo alla praticità e alla trasportabilità di un bene,
nel caso specifico il cassone è d’impiego polivalente: funge da
sedile, da tavolo, da contenitore di vestiario, di masserizie o beni
preziosi, da letto e perfino da bara. Pari esigenze funzionali
limitarono l’adozione di tavoli, composti da semplici assi che alla
bisogna poggiavano su cavalletti poi velocemente asportabili.
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Tra il XII e il XIII secolo sono i soli contesti chiesastici ad avere i propri arredi integralmente lignei e in buona parte strutturati nelle tipologie perpetuate fino ai giorni nostri: nelle basiliche e nelle cattedrali si potevano ammirare pulpiti e cattedre sovente di dimensioni monumentali, con cori a grandi emicicli di postergali appaiati, al cui centro campeggia il caratteristico badalone munito di colombaia a leggio, ne mancano panche, sedili, segette e grandi credenze porta paramenti.
Le biblioteche sono
affollate di tabulae scriptorialis, di armadi preposti alla custodia
delle pergamene o di codici miniati, e
Se come si è detto il contributo che l’architettura determinò nell’evoluzione strutturale del mobile Gotico Severo risulta evidente, nondimeno l’arte orafa ebbe parte incisiva nel processo che lentamente trasformò lo Stile Severo in Gotico Internazionale Fiorito.
Tra il XIII e il XIV secolo, l’arte metallurgica conobbe straordinaria fortuna, imputabile alla committenza ecclesiastica che in quei secoli lontani rivolse singolare attenzione nell’ostentare entro adeguati contenitori insigni reliquie.
Il reliquiario acquisì nel tempo sempre maggior ricchezza: plasmato in oro o argento, ornato da smalti cloisonné o champlevé, impreziosito da niello o ageminato alla damaschina, rifinito a sbalzo e a traforo, a cesello o a bulino. Arche, pissidi, ostensori, calici e quant’altro in breve vide le proprie superfici ornarsi di svolazzanti pinnacoli, finestrelle archiacute, figure a tutto tondo, con una magnificenza senza pari.
Nel contempo, anche gli edifici decorarono timpani, pinnacoli e trabeazioni con scultorei ornati a valenza floreale o zoomorfa. Analogo processo fu in breve assimilato dai maestri d’ascia, che ben presto si differenziarono anche nella specialità dell’intaglio, in un primo tempo a bassorilievo minuto e raffinatissimo, sempre ispirato a stilemi ad archetti a sesto acuto, a singola monofora, a bifora e finanche a trifora, e ancora pinnacoli, cuspidi, ogive, clipei (mutuati dai rosoni delle facciate delle cattedrali), losanghe, nodi di Salomone, girali spiraliformi o intrecci a graticcio, un repertorio figurativo vivacizzato da ornati desinenti in forma di svolazzi fiammeggianti di foglie d’acanto stilizzate, disposte talvolta a perimetrare blasoni araldici.
Questa rivoluzione ornamentale avviene agli albori del secolo XIII, determinando la fine della fase detta di Gotico Severo, ove la mobilia era ancora per lo più di tipo foggiato e priva di elementi ornamentali, per dar così luogo alla forma gotica detta di Stile Internazionale o Fiorito, la cui fortuna è dovuta in gran parte a mode veneziane, città ove fu possibile maturare un più stretto rapporto con la civiltà orientale, incline a rappresentare forme a stilizzazione floreale di singolare ricchezza. Solo sul fare del Quattrocento, si assiste all’introduzione anche nell’arredo lignario di elementi plastico-scultorei a tutto tondo, benché in Italia di norma si preferì la coabitazione tra ornato a intaglio e pittura.
In
puro stile gotico fiorito è il celebre coro realizzato da maestro
Giovanni da Baisio nel 1384 nella chiesa di San Domenico a Ferrara, su
commissione di Tommasina Guarmonti, moglie di Azzo d’Este. E’ questo
nell’Italia settentrionale il più antico e meglio conservato apparato
ligneo pergiunto ai nostri giorni.
Tra la fine del XIV e la prima metà del XV secolo trovò diffusione (e fu un fenomeno specificatamente italiano) la tecnica dell’intarsio mediante utilizzo di tessere lignee disposte a effetto geometrico. Sebbene questa tipologia ornamentale sia nota come “tarsia alla certosina”, deve con ogni probabilità la sua origine ad artigiani moreschi attivi in Spagna, poi costretti a emigrare in Italia e più probabilmente in terra lombarda.
Dapprima trovò impiego nell’arredo
ecclesiastico, per poi diffondersi anche alla committenza profana,
presso la quale fu di gran moda fino alla fine del XV secolo.
L’arte
La mobilia gotica è caratterizzata da una struttura massiccia, con parti lignee tagliate a forte spessore (solo agli inizi del Trecento ad Augusta fu introdotta la sega ad acqua, un’innovazione che permise l’esecuzione di mobilia di più leggere proporzioni in virtù delle mutate possibilità di tagli di circa 4-5cm.) con superfici a vista sgrossate a stondino e rese lisce dall’uso del vetro o della pietra pomice.
I legni utilizzati per l’ossatura e lo scafo furono generalmente il noce, la quercia, il castagno, allora reperibili in grande quantità, tagliati in luna calante e stagionati a lungo, espedienti che certo limitarono l’insorgere di tarlo attivo.
Le diverse parti lignee vengono assemblate lungo le pilastrate da incastri a coda di rondine di consistente dimensione, o trattenute da chiodature a bironcino ligneo transconico o più raramente con utilizzo di chiodature ferree (a testa quadra irregolare).
Mensole e ripiani interni sono fissati a scassi rifilati entro le superfici interne dei fianchi, con frequenza si osservano schiene che presentano le assi appaiate l’un l’altra grazie a innesti a maschio e femmina opportunamente predisposti, e ancora si è visto come più tipologie d’arredo venissero costruite con montanti verticali interni agli angoli che, nel loro prolungarsi verso il basso, fuoriuscivano formando i piedi, conferendo così al mobile una maggior difesa dall’umidità.
La colla nel mobile gotico non trova significativa applicazione se non per casuali applicazioni in cuoio o tela dipinta su parti lisce.
Il mobile infine è lucidato con olio di lino e cera.
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Ultimo Aggiornamento: 10/07/02.