NOTE BIOGRAFICHE(1)
La Famiglia - Il Paese
Michele Solimene nacque a Sant'Andrea di Conza il 10 febbraio 1795,
dall'avvocato Antonio e dalla gentildonna Felicia Ianniciello, entrambi di origine
santandreana e di famiglie che, nell'ambito paesano, godevano di prestigio sociale ed
economico.
Al tempo della nascita di Michele, primogenito di dieci figli, la famiglia Solimene, un
ramo della omonima casata di Avellino e dintorni, era bene situata nel tessuto di vita del
piccolo paese dell'entroterra del Regno, posto ad egual distanza da Potenza, da Salerno e
da Avellino.
I Solimene in Sant'Andrea di Conza possedevano, nel centro e dirimpetto alla chiesa
parrocchiale del paese, la casa-palazzo, e, sparsi nell'abitato, altri immobili urbani,
per comodità di famiglia o dati in affitto. Circa duecento moggia di terra, con comode e
vistose case coloniche ed una cospicua industria armentizia, fruttavano una entrata da
permettere di vivere di rendita e da nobili.
[....]
Michele nasceva, dunque, in una famiglia ricca e di prestigio, che a Sant'Andrea aveva
posto le radici da un paio di secoli, e che si era ormai piazzata bene, anche in virtù
della professione di legali, che la caratterizzava per tradizione familiare e che egli
dovrà esaltare al massimo, come risulta dalla sua vita di eccellente avvocato e dalle
molte opere giuridiche pubblicate.
Anche il paese natìo - Sant'Andrea di Conza - nel quale il Nostro veniva al mondo aveva
un suo "privilegio": era la Sede degli Arcivescovi della Diocesi di Conza,
composta da una ventina e più di paesi, sparsi nell'Alta Valle dell'Ofanto e nell'Alta
Valle del Sele, che, col Seminario per seminaristi e
convittori, calamitava gli interessi culturali e vocazionali al sacerdozio dei figli delle
famiglie facoltose della regione "silaro-ofantina", per essere in quei tempi il
Seminario l'unica struttura per gli studi teologici finalizzati alla missione sacerdotale
o per gli studi preuniversitari.
Unica testimonianza indiretta di ricordo del paese natìo Michele Solimene l'ha lasciata
nei versi, .... , nei quali egli storicizzava eventi e personaggi del passato storico e
della sua epoca, nella speranza che l'Arcidiocesi di Conza - e per essa Sant'Andrea che ne
ospitava la sede ed il Seminario - continuasse ad essere faro di civiltà, di scienza e di
fede cristiana, come meritoriamente lo era stato fin dal tramonto del "tempo degli
dèi falsi e bugiardi".
E' da evidenziare, infine, che Michele Solimene nasceva in anni turbinosi a livello
"nazionale" ed internazionale - la Rivoluzione partenopea del 1799 a Napoli e la
Rivoluzione Francese in pieno corso - ed a livello locale. Sant'Andrea, che fin dall'anno
1161 era stato tenuto in feudo dalla Mensa Arcivescovile di Conza, nell'ann0 1791 passava
al regio demanio. Gli arcivescovi-feudatari finivano così di essere i baroni-padroni dei
Santandreani.
L'eversione della feudalità, che nel Regno di Napoli si realizzerà con l'avvento dei
Napoleonidi (1806-1815), a Sant'Andrea si compiva una quindicina di anni prima, e
certamente non per miracolo gratuito, come ingenuamente è stato ritenuto e scritto.
Lo spirito di liberazione dalle angherie feudali dei Santandreani, con la
"rinunzia" del feudo da parte dell'Arcivescovo conzano Ignazio Andrea Sambiase
nell'anno citato, aveva ragione e sanzione politica-amministrativa. Dalla sala del
Tribunale ecclesiastico e dai cartigli degli stemmi arcivescovili cadeva, con quell'atto,
l'imperiosa scritta: "Ecce duo gladii" (Ecco due spade): il bastone
pastorale e la spada vera e propria incrociati ed indicanti la commistione delle
giurisdizioni spirituale e temporale.
Nel crogiuolo di tutti questi elementi, familiari, ambientali e storici nasceva e cresceva
Michele Solimene. Erano tutti fatti che il "piccolo Michele", per virtù nativa
e per condizione sociale, non poteva non registrare e non rimanerne "segnato".
Altre circostanze ancora varranno a farci individuare i germi di quella che fu la sua
personalità di uomo, di cittadino, di professionista e di partecipe appassionato agli
avvenimenti del secolo.
Dall'Infanzia alla Laurea
Aveva quattro anni "Don Michelino" quando, in casa, sentì
parlare di lazzaroni e di giacobini, che a Napoli, e per il Regno, si facevano la lotta,
com'egli si misurava, per giuoco, con i suoi coetanei, sulla piazzetta del paese (oggi
targata "Largo Solimene").
Quel bambino, che fin dalla prima infanzia dovette essere di mente sveglia, durante le
feste natalizie dell'anno 1798-99 venne a conoscere quel che accadeva a Napoli e che
interessava direttamente la sua famiglia.
"Quello poi che è accaduto al basso Napoli non è da potersi credere, né
descrivere. Basti dire che si è veduta una guerra viva nel centro della città. Il popolo
che si era armato crebbe in furore allo avvicinamento delle due colonne francesi ....
Saliva (il popolo) - scrive il De Nicola - per le case commettendo ricatti,
minacciando e commettendo incendi, a quelle case ove diceva esservi de "Giacobini,
così dal popolo chiamati i partigiani de' francesi. La casa di Solimene alla salita degli
Studi, fu data in preda alle fiamme, e la notte fu saccheggiato il monastero di San
Gaudioso ...".
Il diarista data l'accaduto di cui innanzi al 22 dicembre 1798. Alla "salita
degli Studi" (tra piazza S. Domenico Maggiore e via dei Tribunali) aveva la
casa-studio l'avvocato Solimene, padre di Michele.
Nel mese di marzo del 1799 il "piccolo Michele" dovette vivere tutte le
apprensioni della sua famiglia per lo scampato pericolo di assassinio dello zio Domenico
Solimene, sposato a Ruvo (Potenza) con una nobile Cudone, e riparato a Pescopagano, vicino
Sant'Andrea, per sfuggire alle rappresaglie della banda del ruvese ladro e brigante Donato
Antonio Caputo.
"A dì 27 maggio (1799), giorno di lunedì, morì il celebre medico D. Giuseppe
Antonio Vallario, nella sua vigna a Sancinito (ad un Km da Sant'Andrea), ucciso da due
pastori, uno chiamato Pasquale Mauriello (Vuozzo per soprannome), e l'altro Michele
Gaudiosi. Uccisero pure nello stesso giorno Michelangelo Bellino muratore. La morte del
Vallario dispiacque a tutti perché ottimo medico".
Molta rabbia in anticipo sull'età, dovettero i fatti narrati suscitare nell'animo
innocente di chi sarà poi, adulto, nemico dichiarato di ogni forma anarchica di riscatto
civile e politico, e di ogni chiusura preconcetta al diritto di tutti alla libertà
emancipatrice.
[....]
Stabilitisi i Francesi sul trono di Napoli (1806), il padre di Michele, per eccesso di
fiducia nella politica eversiva della feudalità, deviò arbitrariamente il corso delle
acque irrigue con diritti baronal-arcivescovili, per irrigare i propri fondi e per
venderle a terzi. La curia Conzana lo fece desistere dalla baldanza anticlericale, allora
di moda, facendolo condannare ai danni ed al ripristino delle opere conduttrici dell'acque
manomesse.
Non furono certamente ignote al nostro "giacobino in erba" le
"prodezze" sanfediste del compaesano Pasquale Mauriello detto
"Vuozzo", che, nei primi anni del "decennio francese", scorrazzò con
la sua banda dall'Irpinia alla Lucania e nelle Calabrie, riuscendo talvolta a dare scacco
alle truppe impegnare nella repressione del brigantaggio, e rendendo tristemente noti il
suo nome e le contrade della sua terra d'origine [....]
Completati gli studi inferiori , in famiglia e nel locale Seminario, Michele Solimene
raggiunse Napoli per potersi addottorare in legge.
Se si considera la preparazione raggiunta e dimostrata fin dai primi concorsi, di cui egli
stesso c'informa, a Napoli dovette avere buoni maestri a livello universitario, e forse
anche a livello privato, dal momento che la famiglia aveva tutte le risorse per pagare.
Di quello che Michele Solimene fu e fece, da quando ebbe la fronte cinta dall'"amato
alloro" alla morte, egli stesso, con alcuni suoi scritti(2), [....] , ci dà ampie notizie e spiegazioni [....]
Fu socio e corrispondente della Società Economica di Principato Ultra e necessariamente,
perciò, in contatto coi migliori uomini che ne formavano il sodalizio
culturale-scientifico.
Se fu mandato come commissario governativo a Casamicciola, nell'isola d'Ischia, significa
che era tenuto in alta considerazione nel Ministero a Napoli, anche se solo per sfruttarne
le sue capacità di uomo di legge e di onesto e saggio amministratore.
Pure se con scarsi risultati - viveva a Napoli, lontano dal collegio di volta in volta
assegnatogli - fu candidato al parlamento napoletano, nel 1848, e, dopo il Plebiscito, al
primo parlamento generale del Regno d'Italia, con le elezioni che si svolsero il 27
gennaio 1861.
[....]
Michele Solimene morì a Napoli il 4 maggio 1864. Sulla sua tomba si poteva scrivere:
"SEPPE L'ONESTO PREPORRE A L'UTILE
E AD ALTA FRONTE VIA DEI COLPEVOLI
I DONI RESPINSE ED INVITTO
L'ARMI OPPOSE AD OSTANTI CATERVE"(3) |