...continuano a parlare di formazione
permanente, continua, corsi di aggiornamento e di riqualificazione. "Il
nuovo mercato del lavoro, la società globalizzata necessità di continua innovazione e
flessibilità". Va bene ma chi paga?
Tra un
corso flessibile e un impiego temporaneo, durante un soggiorno all'estero e uno stage
(leggi staag) COME campiamo? CHI paga le bollette, il mutuo, l'affitto o lo
scotch per la bocca della mamma?
Inoltre: vogliamo continuare con la strategia
(questa sì) "dirigista e statalista" della formazione
Regionale/Nazionale/Comunitaria.
C'è qualche funzionario, politico o burocrate (un premio a chi li distingue) decide da un
ufficio (para)ministeriale quali sono i corsi e le materie da studiare.
Ma che mercato è?
Dateci i soldi ("buoni scuola?) e decidiamo
noi come, cosa e quando studiare. I mangiasoldi a tradimento
dei corsi finanziati dal fondo europeo si andranno a far benedire e io finalmente
imparerò l'austroungarico...
Segue stralcio di un intervento di Bifo su la ml -
redditolavoro (in giro)
In Italia la questione del reddito è tutt'uno con la questione
della formazione. Un movimento per il reddito (se esistesse) dovrebbe battersi per
l'autogestione dei fondi europei per la formazione. I docenti, i laureati, gli esperti, i
tecnici, gli artisti, i programmatori, i webdesigners, tutti coloro che possiedono un
sapere, dovrebbero chiedere di poter gestire direttamente i fondi per l'innovazione e la
formazione. Sapete quanti sono? Nei prossimi cinque anni l'Europa investe in Italia 55mila
miliardi (ripeto: 55.000.000.000.000) Tutte le mafie italiane si preparano alla
spartizione della torta. I partiti, i sindacati, le Leghe, le chiese, gli enti di
formazione (IFOA, Sinnea, Efeso, e chi più ne ha più ne metta) si predispongono a
spartirsi questo denaro, per finanziare la loro burocrazia. Sapete come si spartiscono i
fondi di uncorso di formazione? L'Europa stanzia una somma (poniamo 300 milioni). L'Ente
burocratico ne incamera fra la metà e il 60% per il suo lavoro di lobby, e il resto va a
pagare il lavoro e le macchine. Il lavoro della ricerca della sperimentazione dell'arte
della comunicazione, dell'insegnamento viene espropriato di metà delle risorse che gli
sono necessarie perché la burocrazia se le pappa. got the picture?
Reddito di cittadinanza e autorganizzazione del lavoro cognitivo
sono la stessa cosa. O meglio, potrebbero diventarlo se ci fosse la capacità di
coordinare un lavoro di conoscenza, di comunicazione, di autoformazione diffusa, e di
pressione politica per finanziare il processo. Non vi è forse qui un terreno di interesse
comune tra capitale innovativo e lavoro cognitivo in formazione? Non sarebbe forse il caso
di documentarsi sulla formazione, e di avviare un processo di organizzazione dei cognitari
per strappare agli enti burocratici e alle lobbies il dominio sui fondi per l'innovazione?
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Perchè
chi non ne ha (mai avuto) bisogno non lo vuole?
Perchè faremmo meno concorsi?
...e altre domande senzarisposte.
Manifesti
per il RdC
L'Annuario
illustrato delle attività svolte senza compenso
Diario precario.
Racconta la storia della tua vita (o lavoro).
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