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Adolfo Scotto di Luzio, Gli editori sono figliuoli di famiglia; fascismo e circolazione del libro negli anni trenta

1.I nuovi canali di circolazione del libro: Stato e partito. Gli esempi di Bemporad e Mondadori. Gli editori si rivolsero alle istituzioni e alle organizzazioni di massa del fascismo innanzitutto per le occasioni che queste offrirono di collocare parte della loro produzione. Dai loro archivi, là dove è possibile accedervi, emergono indicazioni precise in questo senso.

Una sorta di mappa dello Stato committente tracciava Giuseppe Giovanazzi, regio ispettore preposto alle scuole elementari di Genova che ne scriveva a Bemporad l'8 febbraio 1934. Oggetto della missiva il cattivo andamento delle vendite dell'Almanacco della scuola elementare anno XII di cui il Giovanazzi aveva curato l'edizione precedente16. «Bisognerebbe seguire la diffusione - scriveva Giovanazzi - con lettere individuali ai fiduciari provinciali [dell'Associazione fascista della scuola], ai direttori delle grandi città, ai podestà dei luoghi maggiori, ai presidenti degli Enti. Lei sa che io scrissi oltre duecento sollecitatorie di questo genere. Inoltre è necessario, se non lo si è già fatto, sollecitare il Ministero dell'E.N. a ripetere la circolare dello scorso anno ai Provveditori, nonché l'ordinazione di 300 copie (+ 1.000)». In questa dislocazione dello spazio politico e istituzionale un elemento centrale era costituito dal partito e in particolare da Arturo Marpicati. A lui consigliava di rivolgersi Giovanazzi nella citata lettera. Il partito aveva precisi interessi nell'operazione editoriale, «una forte percentuale per le opere assistenziali» sulle vendite, ricordava Bemporad che chiedeva al suo autore e consigliere commerciale «il piacere di scrivere Lei riservatamente e privatamente al Prof. Marpicati dicendogli di far sollecitare con lettere a sua firma a tutti i fiduciari che ancora non hanno risposto e specialmente i grandi centri e in modo specialissimo Firenze che, come al solito, dorme la grossa, malgrado i passi personali fatti presso il Prof. Benedetto e il Comm. Gasperoni»17.

L'apparato del regime fascista rappresenta, nella sua complessa ramificazione provinciale, un fattore di moltiplicazione delle occasioni di commercializzazione. La collocazione dell'autore in uno degli snodi di questo sistema costituisce l'oggetto di un rapporto di scambio attentamente ricercato e costruito dall'editore. Nelle lettere che Giovanazzi e Bemporad si scambiarono tra il febbraio del '34 e la fine dell'anno successivo, questioni relative al rapporto con l'autore e aspetti piú generali dell'attività della casa editrice appaiono strettamente intrecciati. Il 19 novembre 1934 era Bemporad a scrivere. Dopo aver chiesto la restituzione della copia debitamente firmata del contratto per la seconda edizione del libro di ispirazione patriottica e risorgimentale Per l'Italia e per la mamma, l'editore ritornava sulla questione delicata dell'Almanacco della scuola:

La vendita dell'Almanacco della Scuola Elementare per l'anno XII è andata molto male perché il nuovo Fiduciario dell'A.F.S. non se ne è affatto occupato. Noi saremmo ben felici se Ella si adoperasse per farci vendere qualche centinaio di copie del volume di cui abbiamo ancora un cospicuo Stock. Come Ella saprà l'Associazione Fascista della Scuola ha quest'anno abolito tutti gli Almanacchi18.

Il coinvolgimento dell'autore negli affari della casa non si limitava a questa pubblicazione. Il 7 febbraio del 1935 Giovanazzi scriveva a Bemporad:

Egregio e caro Commendatore,
ho ricevuto la sua cortese lettera. «Insorgere» sarà tenuto presente come ben merita nei prossimi acquisti dei libri per le premiazioni scolastiche da me proposte e già approvate dall'on. Podestà di Genova. Ne sarà parlato [sic] anche nelle domeniche per fanciulli, che l'Istituto Fascista ligure sta organizzando su mia proposta. La prima sarà tenuta domenica prossima. Gliene mando il programma, perché ella veda di che si tratta, e che non abbiamo dimenticata la sua produzione libraria... anzi!
Colgo l'occasione per ricordarLe che il 31 gennaio 1935 e.f. XIII è passato e... La prego quindi di volermi inviare la prima rata del compenso pattuito per il mio romanzo Per l'Italia e per la mamma.
Ne ho proprio bisogno!19

La posizione burocratica conferiva a Giovanazzi un ruolo di primo piano nell'organizzazione della diffusione delle proprie opere. Questa anzi poteva essere usata come elemento determinante nella valutazione dell'editore di pubblicare o meno un nuovo volume. Ecco come presentava, nell'agosto del 1935, il suo nuovo libro a Bemporad:

Il nuovo lavoro si intitola La grotta dell'orso. La vicenda, assai avventurosa e drammatica, si svolge a Trento e nelle Alpi tridentine durante la primavera del 1848. Al libro che avrà, press'a poco, la mole di Per l'Italia e per la mamma, è assicurato dallo stesso argomento un largo esito; poiché la sola Venezia Tridentina, dove le bibliotechine sono assai numerose e bene organizzate, ne assorbirà gran quantità di copie, come avvenne per il precedente volume20.

Come abbiamo visto, i buoni uffici dell'autore non si limitavano all'autopromozione ma interessavano la piú generale attività dell'editore. In una lettera del 25 settembre 1935, Giovanazzi informava l'editore dei suoi colloqui con Pietro Nurra, direttore della biblioteca universitaria di Genova, il quale «a nome anche del Grand Uff. Mancini» chiedeva «quale sconto farebbe la Casa per acquisti superiori alle cento copie» dell'ormai noto volume Per l'Italia e per la mamma. Nella stessa lettera, Giovanazzi passava all'editore una notizia riservata. «Informo, riservatamente, che l'Associaz. Bibliotecari, organizzerà, a primavera, una Mostra del libro del fanciullo»21. L'informazione si faceva piú precisa nella successiva lettera del 18 novembre. La mostra si sarebbe svolta nel periodo tra aprile e giugno dell'anno successivo, «per ora - avvertiva - la notizia è ancora riservata, ma fra breve saranno resi noti i particolari dell'importante manifestazione alla quale saranno uniti anche un concorso per editori e un convegno nazionale di letteratura infantile»22.

L'impegno personale profuso da un autore per agevolare la collocazione di un'opera all'interno dell'apparato culturale del regime, diventava sistematica organizzazione della distribuzione nel caso di Mondadori. Per l'editore milanese, che aveva costruito un rapporto di forte integrazione con il regime, mettendo a frutto le sue esigenze culturali e di comunicazione di massa, il partito diventava un formidabile canale di diffusione. Si trattava naturalmente di iniziative editoriali fortemente impegnate sul piano della propaganda e che, come si è ricordato, nel sistema di gradazioni che scandivano la prossimità dell'industria del libro all'area della comunicazione di Stato, marcavano un forte coinvolgimento dell'editore milanese. Non mancavano certo ostacoli e resistenze, cosí come il rapporto privilegiato con il regime acuiva le gelosie e i malumori degli altri editori23.

Tuttavia la costruzione attraverso il partito di un canale alternativo di diffusione, almeno per determinate pubblicazioni, fu lenta e i suoi risultati non tutti positivi. È il caso ad esempio della collana «Panorami di vita fascista»24. Concepita nel 1932 e posta sotto gli auspici del segretario del partito al fine di illustrare la dottrina e la pratica del regime nei vari ambiti della sua realizzazione, la collana era stata gravata, fin dai primi anni, da lentezze e ritardi di edizione. Il 23 febbraio del 1935, Mondadori scriveva da Milano ad Achille Starace per lamentare il comportamento degli autori i quali, «nonostante i ripetuti richiami indirizzati dal prof. Marpicati» e gli obblighi contrattuali, non avevano inviato «alcun nuovo manoscritto». Di fronte a questa situazione, l'editore si dichiarava pronto a rivedere i programmi di edizione, ridimensionando sensibilmente il piano dell'opera, «disposto a ridurre i volumi [...] dai 30 preventivati a 25 e anche di meno», ma avvertiva al tempo stesso dei rischi di credibilità cui si andava incontro. «Ciò che non è possibile fare senza venir meno agli impegni presi col pubblico - ammoniva - è di lasciare a metà la pubblicazione o comunque farla languire cosí come sta accadendo attualmente, non per colpa nostra». Non tutta la responsabilità di questa situazione doveva però essere degli autori della collana, se quattro anni piú tardi Guido Mancini scriveva a Mondadori per comunicargli l'insoddisfazione del segretario del partito Starace e la disposizione di questi di ritirare dal commercio il suo volume sulla Gil25. Insieme alla lettera ufficiale, Mancini ne inviava lo stesso giorno

una riservata dalla quale apprendiamo le ragioni del malcontento di Starace.

Caro Arnoldo,
l'aver trattenuto le bozze piú dell'ordinario ha invecchiato il volume prima della sua pubblicazione. Il Segretario del Partito si è dispiaciuto e irritato della cosa ed ha voluto che ti scrivessi che nessuna copia del volumetto con la sua firma deve andare in giro nell'edizione attuale.

Tutte queste difficoltà avevano finito per influire sulla diffusione dell'intera collezione. Vi accennava lo stesso Mancini in una lettera a Mondadori del 23 maggio, alcuni mesi prima dunque dell'incidente del volume sulla Gil, quando scriveva:

Ci sono dei volumi come quello di Lojacono, i quali sono già invecchiati prima di uscire. Occorre quindi dare un ritmo piú rapido perché sia definitivamente chiuso il periodo di attesa e si possa senz'altro offrire a traverso la varietà della Collana stessa occasione di larghi acquisti.

In questo senso, la preoccupazione maggiore di Mondadori era ottenere la mobilitazione del partito per collocare l'intera opera. Ne aveva ripetutamente scritto a Mancini. Il 30 maggio, l'editore milanese gli confidava la speranza di ultimare la collana in autunno, in modo «da predisporre un nuovo lancio per il 28 ottobre», sollecitando l'intervento del partito per una «effettiva universale divulgazione della collezione»26. L'apprensione dell'editore era giustificata e l'insistenza con la quale aveva ripetutamente chiesto l'intervento di Starace con una segnalazione sul foglio d'ordini del partito denunciava, indirettamente, un atteggiamento piuttosto sordo da parte di quest'ultimo, probabilmente imputabile all'irritazione del segretario per i modi e i tempi di attuazione dell'opera. Ne abbiamo una testimonianza in un appunto che Mondadori inviò «all'attenzione di S.E. il Segretario del Partito».

La segnalazione della collezione fatta nel foglio di disposizioni n. 1256 - scriveva - non ha sortito i risultati che ci si era ripromessi. Nonostante la segnalazione e l'opera svolta dalla Casa Editrice direttamente presso gli enti interessati, a seguito della segnalazione stessa, la diffusione dei Panorami non ha subito apprezzabili aumenti. Si è convinti che l'unico mezzo per rendere veramente ampia la conoscenza della collezione, visti gli alti scopi divulgativi che la collezione si ripromette appare il rendere obbligatorio il possesso di almeno un esemplare da parte di ogni Fascio. Preme avvertire che dalla proposta esula ogni finalità di lucro; il prezzo ridotto dei volumi, tenuto tale dall'editore per rendere accessibile a chiunque la collezione non dà possibilità di benché minimo margine. Disposti anche ad accordare uno sconto da devolversi a favore della G.I.L.27.

Fatte salve le difficoltà incontrate nell'edizione e nella distribuzione, la collana «Panorami di vita fascista» era gravata da rigidi limiti strutturali che ne fissavano i confini al di qua dello spazio della comunicazione di massa vera e propria. La tiratura media dei volumi era stata infatti di cinque mila copie, poca cosa se si pensa che un piccolo editore napoletano, Alfredo Guida, alla stessa epoca stampava in media tra le duemila e le tremila copie per ciascuna opera pubblicata. L'epoca delle grandi tirature, per quanto riguarda i libri del fascismo, sarebbe giunta con la guerra d'Etiopia che anche in questo caso costituisce, nella storia delle comunicazioni di massa e dell'impiego dei media, un passaggio fortemente periodizzante28. L'edizione dei volumi che narravano le gesta dell'aggressione all'ultimo Stato africano indipendente venne pianificata per sfruttare a pieno l'ondata di entusiasmo e di mobilitazione dell'opinione pubblica in seguito alla proclamazione dell'impero. Il volume che apriva la serie dei libri africani, La guerra d'Etiopia di Pietro Badoglio, venne stampato inizialmente in ventimila copie, cui si aggiunsero le ristampe, diecimila copie nel novembre del '36, altre ventimila tra dicembre e gennaio, ancora diecimila fra febbraio ed aprile seguite dalle ventimila dell'edizione popolare di maggio per festeggiare il primo anniversario dell'impero29. Era una vera e propria marcia trionfale che ripeteva quella su Addis Abeba di un anno prima e che faceva scrivere ad un Mondadori entusiasta:

Dell'edizione attuale noi non riusciamo a rifornire i librai, giacché le successive ristampe (di 10.000 copie ciascuna) si liquefanno come neve al sole30.

Un successo tanto immediato quanto effimero, legato come era alla mobilitazione dell'opinione pubblica per la campagna d'Africa. Già tre anni piú tardi, Mondadori considerava chiuso il ciclo, rifiutando le nuove proposte autorevolmente segnalategli dal ministro dell'Educazione nazionale.

[...] il ciclo delle opere da noi pubblicate sull'impresa d'Africa - scriveva a Bottai il 23 novembre del 1939 - è ormai chiuso. Lo completano due volumi del Generale Graziani, di cui il primo, Fronte Sud, è già apparso ed il secondo, Venti mesi d'Impero, è in corso di pubblicazione. Vorrei non aggiungere nuove opere a quelle comprese nella collezione perché sono certo che il pubblico non mi seguirebbe31.

Ancora una volta, l'operazione mondadoriana non era stata realizzata senza contrasti. Proprio l'acquisizione dei volumi di Rodolfo Graziani aveva fatto emergere le maggiori difficoltà. Ne scriveva lo stesso Mondadori in una lettera ad Osvaldo Sebastiani, segretario particolare del duce, il 7 settembre 1936:

Gentile Avvocato,
Mi sono recato a Roma, giovedí, per firmare con S.E. Starace il contratto di edizione per il suo libro su Gondar e in luogo di essere ricevuto da S.E. che pur a mezzo del Prof. Mancini aveva spontaneamente prescelto la mia Casa, debbo apprendere che, per Superiori disposizioni il libro dovrà essere edito dall'Istituto Nazionale Fascista di Cultura. Al tempo stesso apprendo che un altro Autore della Casa, S.E. Graziani, dal quale sto ansiosamente attendendo, per annunciarlo, il manoscritto del nuovo libro sulla guerra d'Africa, è stato invitato a cedere il libro allo stesso Istituto, creando a me un nuovo gravissimo disagio editoriale32.

La presenza dell'Istituto fascista di cultura rimanda allo scontro che scuote il mondo editoriale nella seconda metà degli anni Trenta e che mette in gioco complessi processi di ristrutturazione aziendale. Non solo l'area milanese, con la ricollocazione di Mondadori all'interno della casa editrice, dopo la morte di Borletti, ma anche quella toscana, con le vicende intrecciate di Bemporad e Sansoni, compare al centro di queste trasformazioni. In questo secondo caso è la figura di Giovanni Gentile a svolgere un ruolo di primo piano33. Il suo tentativo di costituire, nel corso degli anni Trenta, un polo editoriale in stretta connessione con il fascismo, tale da sostenere il già traballante edificio del suo sistema ideologico, sempre piú sottoposto al fuoco di fila della controffensiva cattolica, si scontrava con l'ipotesi mondadoriana decisamente orientata verso un modello industriale e saldamente fondata sulla funzione del consumo. Nella questione dei libri africani, lo scontro e la concorrenza affioravano con una chiara indicazione delle loro implicazioni politiche.

Cerco di convincere me stesso - continuava Mondadori nella già citata lettera a Sebastiani - delle ragioni che possono aver reso opportuna l'Alta designazione e mi reco all'Istituto per ricordare ai Dirigenti il desiderio già altra volta espressomi dal Prof. Marpicati che fosse la mia Casa a pubblicare i libri sull'Africa curati dall'Istituto ma apprendo da S.E. Gentile che sono già stati presi impegni in questo senso con un'altra Casa Editrice e che lo stesso Prof. Marpicati mi accenna essere la «Sansoni» di Firenze.
Sono profondamente amareggiato e per la prima volta perplesso: amareggiato perché vedo compromessa la compiutezza di un complesso programma editoriale che, con il libro di S.E. Badoglio alla testa, sarà fra breve presentato con mezzi inusitati e grandiosi all'attenzione dei lettori italiani e stranieri: perplesso, perché di fronte al fatto degli accordi conclusi dall'Istituto Nazionale Fascista di Cultura con un'altra Casa Editrice, quasi mi sorge il dubbio che sia sopravvenuta una qualche controindicazione per il nome della mia Casa, malgrado questa non abbia atteso la certa vittoria per portare il suo vastissimo contributo editoriale alla formazione di una coscienza Imperiale e Coloniale, affrontando con le sole sue forze il non sempre agevole compito34.

La pressione esercitata su Mussolini attraverso Sebastiani non mancava di dare i suoi frutti. Non solo Mondadori riusciva ad ottenere tanto i manoscritti di Graziani che quello di Starace, ma il libro di quest'ultimo La marcia su Gondar raggiungeva la considerevole cifra delle centomila copie stampate entro il luglio del 193735. Dell'opera furono fatte tre edizioni, una limitata in 1.199 esemplari, rilegata in mezza pelle, al prezzo di cinquanta lire, un'edizione normale, in brossura, a venti lire ed infine un'edizione fuori commercio, simile alla precedente, riservata esclusivamente alle organizzazioni, alle società e agli enti36. La mobilitazione del partito per questa edizione fuori commercio fu veramente totalitaria, come non lo era stata per la sfortunata collana dei «Panorami». L'apparato venne coinvolto a tutti i livelli37. Mondadori stesso manteneva le fila dell'organizzazione. Per ogni provincia agiva un rappresentante della Casa, munito di una lettera di presentazione per il federale locale che era cosí invitato ad «appoggiare e confortare» l'agente con «suggerimenti e consigli per la maggiore diffusione dell'opera» presso «Enti ed Organizzazioni del Regime». Periodicamente, l'editore redigeva un bilancio delle vendite, provincia per provincia, sollecitando le federazioni inadempienti o il cui impegno era giudicato inadeguato al rilievo dell'opera e alla necessità della sua diffusione «in maniera totalitaria»38.

Tabella 1. Diffusione de La marcia su Gondar. Contingenti assorbiti dalle varie province al 13 febbraio 193739
Agrigento300 Forlí30 Ragusa100
Alessandria100 Frosinone100 Ravenna90
Ancona75 Genova1.400 R.Calabria500
Aosta200 Gorizia/ R.Emilia100
Aquila1.000 Grosseto100 Rieti1.000
Arezzo/ Imperia500 Roma1.000
A. Piceno9 Lecce500 Rovigo50
Asti1.000 Littoria/ Salerno1.000
Avellino/ Livorno/ Sassari/
Bari800 Lucca200 Savona500
Belluno100 Macerata68 Siena400
Benevento7 Mantova600 Siracusa500
Bergamo798 Massa70 Sondrio200
Bologna/ Matera31 Spezia300
Bolzano29 Messina1.000 Taranto150
Brescia500 Milano10.000 Teramo50
Brindisi150 Modena1.018 Terni100
Cagliari5 Napoli200 Torino1.121
Caltanissetta300 Novara1.825 Trapani300
Campobasso2 Nuoro100 Trento400
Catania1.000 Padova120 Treviso100
Catanzaro500 Palermo970 Trieste1.000
Chieti400 Parma30 Udine173
Como100 Pavia1.000 Varese485
Cosenza500 Perugia200 Venezia121
Cremona110 Pesaro10 Vercelli500
Cuneo100 Pescara200 Verona3.770
Enna300 Piacenza34 Vicenza500
Ferrara373 Pisa30 Viterbo
Firenze250 Pistoia100 Zara50
Fiume1.000 Pola/ Gondar200
Foggia500 Potenza/ Harrar200
Rodi5



A questo scopo, Mondadori non aveva mancato di far notare la risposta inadeguata di alcune province all'appello per la diffusione dell'opera40 e di esercitare pressioni sulle gerarchie locali del partito. Il 14 gennaio 1937, ad esempio, l'editore scriveva al gr. uff. Tom Antongini perché rinfrescasse «la memoria ai Gerarchi bolognesi sollecitandoli di persona». Il caso di questa federazione giustificava la premura di Mondadori. Dopo che il suo segretario si era impegnato all'acquisto di duemila copie dell'opera, convocando gli industriali dell'area per organizzarne la diffusione capillare tra le maestranze, il Fascio bolognese non aveva mai fatto l'ordinativo (cfr. tabella 1) nonostante le continue sollecitazioni da parte dell'editore che personalmente aveva scritto al federale Mario Lolli. L'intervento di Antongini non era valso a molto. La sollecitazione, come risulta dalla tabella 2 aveva sí spinto la federazione bolognese ad acquistare copie del volume, ma in un quantitativo che non solo era molto al di sotto del precedente impegno, ma che lasciava affatto insoddisfatto l'editore milanese41. Anche se non alterava il quadro di una mobilitazione pressoché totale del partito, il caso della federazione bolognese non era isolato. Analogo era, ad esempio, quello della federazione di Avellino. Il federale dell'Irpinia, aveva scritto a Mondadori, nel dicembre del '36, assicurando «che [sarebbe stato] fatto tutto quanto è doveroso per la maggiore diffusione del volume La Marcia su Gondar di S.E. Achille Starace», ma ancora nel maggio dell'anno successivo Avellino risultava tra le province che non avevano fatto ordinativi (cfr. tabella 2)42. L'editore teneva, periodicamente aggiornato, l'elenco delle federazioni inadempienti o il cui contributo giudicava inadeguato. Ad esse inviava sollecitazioni di cui riportiamo un esempio. Si tratta della lettera scritta al federale di Teramo il 21 maggio 1937:

Egregio Camerata,
Nel raccogliere le fila dell'opera svolta per diffondere ovunque, attraverso Associazioni ed Enti, il mirabile volume del luogotenente Generale STARACE, La Marcia su Gondar, mi è pervenuto sott'occhio lo specchio che si riferisce ai contingenti assorbiti dalle singole provincie.
Poiché vedo che a differenza della grande maggioranza delle altre provincie, Teramo vi figura con sole 50 copie, mi permetto segnalarLe questa circostanza in attesa di conoscere i Suoi intendimenti in proposito.
Esula da questa mia segnalazione ogni benché minima pressione: è solo il desiderio di vedere partecipi alla diffusione di un'opera di tanto rilievo, in maniera totalitaria, le Organizzazioni Fasciste che mi induce a farLe presente la necessità di conoscere presto - prima che sia definitivamente esaurito il contingente ancora esistente di copie - le sue decisioni43.

La diffusione dell'opera attraverso rappresentanti locali aveva determinato anche tentativi di speculazione. Ce ne dà notizia Guido Mancini che riportava a Mondadori il «giusto risentimento» di Starace. L'episodio si era verificato ad Imperia. Il federale locale aveva riferito al segretario del partito «di un tale che andava in giro sollecitando sottoscrizioni per l'acquisto del volume perché in tal modo poteva guadagnare due lire a copia». La notizia non sorprendeva l'editore milanese. «Non posso escludere - scriveva il 31 dicembre del 1936 - che persone non certamente incaricate dalla mia Casa, ma di propria iniziativa o dipendenti da Enti, Associazioni e simili, possano essersi occupate del collocamento di un'opera di ampia risonanza come quella del Segretario del Partito»44.

Tabella 2. Elenco delle province inadempienti o i cui ordinativi erano giudicati inadeguati45
09/3/37Bologna \
14/5/37Arezzo \
15/5/37Gorizia \
15/5/37Viterbo \
15/5/37Sassari \
15/5/37Potenza \
15/5/37Livorno \
15/5/37Avellino \
15/5/37Littoria \
17/5/37Ancona 75
18/5/37A.Piceno 89
18/5/37Bologna 80
18/5/37Bolzano 44
18/5/37Benevento 29
19/5/37Forlí 73
19/5/37Cagliari  5
19/5/37Macerata 68
19/5/37M. Carrara 70
20/5/37Parma 30
20/5/37Pesaro 10
20/5/37Piacenza 34
20/5/37Pisa 30
21/5/37Zara 50
21/5/37Ravenna 90
21/5/37Teramo 50

Il rilievo del volume staraciano costituiva anche il limite di questo uso del partito da parte di Mondadori. In pochissimi altri casi, come ad esempio quelli dell'edizione dell'opera dannunziana o dell'uscita del Primo e del Secondo libro del fascista, l'editore avrebbe potuto disporre cosí largamente di questa efficace rete di diffusione46. Tuttavia, seppur in forme meno eclatanti di queste, i canali costituiti dall'apparato burocratico del fascismo e delle sue organizzazioni di massa, le biblioteche dell'Opera nazionale dopolavoro, come quelle della Gioventú italiana del littorio, rappresentarono delle occasioni di smercio fortemente ricercate dagli editori. La teorizzazione, anzi, della costituzione, attraverso le biblioteche pubbliche, di un mercato protetto aveva rappresentato un punto centrale dell'elaborazione del gruppo dirigente della federazione degli editori alla fine degli anni Venti47.

Uno dei circuiti piú importanti di circolazione del libro fu sicuramente l'Ente nazionale per le biblioteche popolari e scolastiche. Costituito nel 1932 e posto sotto la direzione di Guido Mancini, il nuovo organismo godeva di particolari condizioni economiche per l'acquisto di libri per conto delle biblioteche dipendenti. L'articolo primo, infatti, dell'accordo economico collettivo per la disciplina del commercio librario, reso effettivo dal decreto del capo del governo del 14 giugno 1935, mentre aboliva lo sconto sui prezzi dei libri venduti al pubblico, faceva salva «la facoltà di accordare una riduzione del 10% agli enti assistenziali, agli istituti e collegi, alle biblioteche». Lo stesso articolo stabiliva anche che gli sconti librari, quelli superiori cioè al 10%, erano accordati «unicamente agli editori, ai librai, ai rivenditori di libri, e all'Ente Nazionale per le Biblioteche Popolari e scolastiche»48. Questo fece dell'Ente un vero e proprio organismo di mediazione tra gli editori e le biblioteche aderenti a tutto vantaggio dei primi49. La condizione finanziaria della maggior parte delle biblioteche popolari, tuttavia, consentiva a volte solo l'iscrizione all'Ente, dieci lire in cambio delle quali si riceveva un pacco dono di libri, appositamente scelti dall'Ente stesso50. Delle 3.270 biblioteche popolari censite nel rilevamento del 1929, solo 934 avevano piú di 500 volumi. Tutte le altre si trovavano al di sotto di questo limite. Per queste ultime, la stessa definizione di biblioteca risultava inappropriata, riferendosi molte volte a raccolte di 50 volumi comprese nello spazio angusto di un armadio51. Questa situazione non solo esaltava la generosità della pubblica amministrazione, a cui nei fatti erano legate le nuove accessioni librarie di tante bibliotechine, ma faceva dello Stato l'unico vero interlocutore dell'industria editoriale52. Insomma si veniva a determinare una sorta di dimensione virtuale della circolazione del libro dove l'apparato statale fungeva da segno di una rete di biblioteche che non c'era, chiamata a sua volta a fare le veci del lettore.

Gli acquisti librari per le biblioteche dipendenti avevano sempre costituito una delle voci di bilancio delle varie direzioni generali del ministero dell'Educazione nazionale. A partire dalla seconda metà degli anni Trenta, con la nomina di Bottai a ministro, assursero ad una nuova dimensione, affatto inedita e che si spiegava nel contesto dei nuovi rapporti in cui si vennero a trovare editori e regime in quegli anni. Strumento di questa nuova politica fu la Commissione consultiva per l'acquisto di pubblicazioni da inviare in dono alle biblioteche dipendenti.


Adolfo Scotto di Luzio, Gli editori son figliuoli di famiglia; fascismo e circolazione del libro negli anni trenta


16 Il prospetto delle vendite si trova in una lettera dell'editore al Giovanazzi del primo marzo da cui traiamo i dati seguenti: copie stampate 8.000, vendute tra le 3.000 e le 3.500. «Successo dunque molto modesto, o meglio insuccesso - affermava l'editore -. Io non sto a dirLe come tal cosa mi preoccupi perché anche se vendo le 8.000 copie, io non guadagnerò niente perché le spese di collaborazione come Lei sa, sono notevoli e la composizione costosa; io ho un guadagno al di sopra delle 10.000 copie ed infatti l'anno scorso e due anni fa se ne venderono circa 13.000 copie» (Archivio storico Giunti, Fondo Bemporad, Giuseppe Giovanazzi, raccoglitore n. 63).

17 Ibidem, lettera del 1° marzo 1934. Giovanazzi rispondeva l'8 marzo, giudicando non opportuno un suo intervento, invitando comunque l'editore ad «informare della cosa l'on. Segretario amministrativo del Partito, facendogli presente le conseguenze pratiche della diminuita vendita». La risposta di Bemporad giungeva il 12: «L'avverto che prevedendo il suo suggerimento ho già scritto all'on. Marinelli facendogli presenti le conseguenze pratiche della diminuita vendita, come mia preventiva giustificazione. Naturalmente in questa lettera che egli certo mostrerà al Prof. A. non ho potuto attribuire a quest'ultimo la responsabilità dell'insuccesso. Ho anche scritto al Prof. A. pregandolo almeno di telefonare al Gabinetto del Ministro dell'Educazione Nazionale per farmi avere la consueta commissione delle 300 copie dell'Almanacco, visto che la mia lettera inviata direttamente al Ministro tre settimane fa non ha avuto alcun riscontro».

18 Ibidem; il 7 novembre su un biglietto dell'autore, in cui Giovanazzi si dichiarava d'accordo con le condizioni contrattuali fissate per il volume Per l'Italia e per la mamma, l'editore aveva annotato: «Dirgli che dell'Almanacco dell'Anno XII ce ne sono molte copie, perché il nuovo fiduciario non se ne è occupato. Sarei ben felice se egli me ne facesse vendere qualche centinaio di copie. Come sa ora gli almanacchi li hanno aboliti». La questione aveva occupato il carteggio tra l'editore ed il suo autore per tutto l'anno. Il 27 maggio cosí Giovanazzi aveva scritto a Bemporad: «Per l'Almanacco ho scritto anche di recente, a Roma, ma non ho avuta nessuna risposta. Spero che le vendite recenti riescano ad esaurire l'edizione. In ogni modo, Ella può certamente contare sull'ordinazione per le biblioteche di confine che, a quanto credo, non è ancora fatta. Anche per questo ho scritto». La preoccupazione dell'editore per questo insuccesso era notevole. Il 30 maggio era giunta la risposta dell'editore: «Per quanto riguarda l'Almanacco della Scuola Elementare, purtroppo le mie eloquenti lettere in proposito dirette al Prof. Antonelli e al Prof. Marpicati sono rimaste regolarmente senza risposta. In magazzino ne sono rimaste circa 1.800 copie delle 8.000 che furono stampate. Il Ministero dell'Educazione Nazionale ne acquistò 300 copie computate già nel conto suddetto. Speriamo che venga la commissione delle biblioteche di confine che alleggerisca questo grave peso. Non appena potrò andare a Roma mi procurerò un colloquio con l'On. Marinelli, non solo per mettere in chiaro, come ho già tante volte scritto, che io non ho alcuna responsabilità in questo insuccesso, e neanche Lei, ma anche per mettere delle basi piú solide per l'eventuale pubblicazione dell'Almanacco della Scuola dell'Anno XIII».

19 Ibidem.

20 Ibidem; il contributo dell'autore alla diffusione era stato determinante anche per il precedente Per l'Italia e per la mamma. Ecco cosa scriveva a Bemporad Giovanazzi il 28 febbraio 1934: «Sono lieto di informarLa che [...] la commissione ministeriale ha incluso il volume nelle biblioteche di confine. Il prof. Alessandrini mi ha assicurato che farà per il libro una propaganda convinta e Ella sa quale autorità abbia l'Alessandrini presso gli istituti educativi tenuti da religiosi».

21 Ibidem.

22 Ibidem.

23 Decleva nel suo volume su Mondadori, riporta il brano di una telefonata intercettata tra Vallardi e Marrubini, probabilmente dell'aprile del '37: «Non capisco chi lo protegge a Roma! È uno fuori legge il quale ha sempre fatto i suoi porci comodi, infischiandosi delle organizzazioni e delle leggi sindacali. Agisce continuamente in contrasto con quelle che sono le direttive del centro e, malgrado ciò, è anche appoggiato nelle sue macchinazioni. Bisognerebbe denunciarlo alla Confederazione» (cfr. Decleva, Mondadori, cit., p. 220). Per questo ed altri documenti relativi ai rapporti di Mondadori con la Federazione degli editori e con il regime è da vedere Archivio centrale dello Stato (d'ora in poi ACS), Segreteria particolare del duce, carteggio ordinario, b. 1177, fasc. 509.568. Per quanto riguarda le presunte infrazioni alle direttive sindacali cui si fa riferimento nella telefonata è possibile che Vallardi e Marrubini si riferissero al contrasto con l'editore fiorentino Bemporad relativo alla distribuzione e vendita del libro di Stato e che risale al periodo compreso tra la fine del '36 ed i primi del '37. Il 12 gennaio di quell'anno, il segretario di Mondadori, Franchi, scriveva all'editore di un colloquio con Marrubini riferito al «reclamo» di Bemporad per un deposito di libri di Stato che Mondadori aveva istituito a Lecce, fuori dunque della sua area di competenza: «Con lettera in data 28 novembre la Casa Editrice Bemporad presentava reclamo alla Federazione Editori citando espressamente l'infrazione agli accordi da parte della Casa Editrice Mondadori ed assicurando che la Ditta De Filippi di Lecce era in possesso di tutta la documentazione atta a comprovare l'infrazione stessa. In data 1° dicembre la Federazione Editori interpellava in merito la Federazione Commercianti della Carta e Affini la quale rispondeva in data 10 con la lettera che Ella certamente ha potuto avere in visione a Roma. In tale lettera è contenuto un accenno ad una possibile infrazione della Bemporad che a mente della documentazione presentata dalla Bemporad stessa alla Federazione Editori non sussiste poiché detta società è stata regolarmente autorizzata a creare un deposito in Lecce. Con lettere successive la Bemporad ha prodotto in originale i documenti comprovanti l'infranzione della Cartolibraria e precisamente una lettera di questa ove venivano ceduti libri di Stato con lo sconto del 20,50% franco ed una lettera d'altro acquirente che dichiarava di acquistare dalla Mondadori franco di porto a differenza di quanto da lui era offerto dalla Ditta De Filippi. La Federazione Editori pertanto chiede di conoscere se la nostra Casa ha effettivamente istituito a Lecce un deposito per la vendita del Libro di Stato in contrasto con gli accordi vigenti e in caso negativo come è possibile che la Cartolibraria possa concedere sconti del 20,50% franco a chi acquista da lei Libri di Stato se essa stessa non ha ottenuto dalla Mondadori diverse e migliori condizioni, il che costituirebbe infrazioni alle condizioni di vendita. Esibendomi i documenti l'Avv. Marrubini non ha mancato di esternarmi il suo desiderio vivo di conciliare nel migliore dei modi le cose nell'interesse della Mondadori pur pregando di voler dare gli elementi per una esauriente risposta alla Bemporad» (Archivio della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori [d'ora in poi AFM], Fondo Arnoldo, b. 42, «Fed. Naz. Fasc. degli industriali editori»).

24 Coordinatore della collana era Guido Mancini. Secondo il contratto del 24 settembre 1937, al coordinatore spettava un compenso di cinquecento lire per ogni manoscritto al quale si aggiungevano altre centocinquanta lire per ciascun volume come diritti di segreteria. Nell'agosto del 1938 i volumi pubblicati nella nuova collezione erano cinque, per un importo complessivo di 3.250 lire; cfr. lettera di Guido Mancini del 4 agosto 1938 (ivi, b. 59, «Mancini Guido»).

25 Ibidem, cfr. lettera di Guido Mancini del 28 luglio 1939.

26 Ibidem, cfr. anche la lettera a Mancini del 4 febbraio 1939. Decisamente fallimentare era il bilancio di un'altra iniziativa editoriale fortemente voluta dal partito e posta, anche questa, sotto gli auspici del segretario Starace, l'Enciclopedia del libro, un'opera che doveva mettere in evidenza le benemerenze bibliografiche del fascismo e che invece si era rivelata una vera e propria catastrofe sul piano degli investimenti, tanto da spingere Mondadori a ipotizzare una disdetta dell'edizione. Il 4 aprile 1940, Mondadori ne scriveva in proposito al solito Mancini, offrendo ad un eventuale altro editore che avesse voluto assumere l'iniziativa lo sconto del 60% sul prezzo di copertina di ciascun libro. «L'Enciclopedia del libro - scriveva - è del tutto passiva» e «il risultato delle vendite è purtroppo lontano dal compensare le spese» (cfr. lettera a Mancini del 27 marzo 1940). Da un resoconto conservato ricaviamo il seguente prospetto delle vendite e delle giacenze:

autoreopera
data
copie
tiratevendute giacenti
ApolloniGuida alle Biblioteche lug.'39 1.5071.044 463
BurgadaI libri rari giu.'37 1.0801.966 114
CalcagnoBiblioteche scolastiche giu.'38 1.5081.072 436
CostaCodice biblioteche feb.'37 1.5041.070 434
DoriniStoria commercio librario gen.'39 1.5011.902 599
FavaManuali incunabuli dic.'39 1.5131.906 607
GabrieliNotizie statistiche feb.'36 1.1081.892 216
GalloLe malattie del libro dic.'35 1.0601.035  25
CameraniUso pubblico biblioteche apr.'39 1.5171.882 635
MadaroBibliografia fascista dic.'35 1.1191.855 264
PintoBibliografie nazionali nov.'35 1.1261.932 194
SquassiBiblioteca popolare nov.'35 1.1041.924 180

Tra le cause di questo fallimento Mondadori annoverava il venir meno da parte del ministero dell'Educazione nazionale agli impegni precedentemente assunti di acquisto di un adeguato numero di copie. Ne scriveva a Guido Mancini fin dal marzo 1938: «Il mancato assorbimento da parte del Ministero dell'Educazione Nazionale del prestabilito numero di copie che almeno parzialmente avrebbe coperto gli oneri dell'edizione ha reso piú difficile il nostro compito» (cfr. AFM, Fondo Arnoldo, b. 80, «Pnf», lettera del 5 marzo 1938).

27 Ibidem.

28 Cfr. Decleva, Mondadori, cit., pp. 210 sgg. Si veda anche Ph. V. Cannistraro, La fabbrica del consenso. Fascismo e mass media, Roma-Bari, Laterza, 1975.

29 Per queste cifre è da vedere Decleva, Mondadori, cit., p. 212. Sul libro di Badoglio, il rimando lí contenuto a P. Pieri, G. Rochat, Pietro Badoglio, Torino, 1974, pp. 716 sgg.

30 AFM, Fondo Arnoldo, b. 15, «Bottai Giuseppe», lettera a Bottai del 30 dicembre 1936.

31 Ibidem. Il successo di Badoglio comunque non si ripeté per gli altri libri della stessa collana. Decleva nella sua biografia mondadoriana ricorda i livelli mediocri cui si attestarono Sem Benelli, Io in Affrica, che, se esaurí la prima edizione di quattromila copie, con la seconda non superò le tremila. Anche meno vendette Vittorio Beonio Brocchieri con Cieli d'Etiopia. Stessa sorte per Ual Ual di Roberto Cimmaruta e Tre anni a Gondar di Raffaele di Lauro. «Non ottenne alcun successo» Quirino Armellini, già luogo tenente di Badoglio in Africa, con Con Badoglio in Etiopia (cfr. Decleva, Mondadori, cit., p. 213).

32 AFM, Fondo Arnoldo, b. 97, «Starace Achille». Sui rapporti tra Mondadori e Graziani si veda Decleva, Mondadori, cit., pp. 215-216.

33 Si veda G. Pedullà, Il mercato delle idee, Bologna, Il Mulino, 1986.

34 Ibidem.

35 «L'altro autentico best-seller mondadoriano di quei mesi riferito alla guerra d'Etiopia fu in ogni caso La marcia su Gondar, a firma del segretario del P.N.F. e luogotenente generale della Milizia Achille Starace» (Decleva, Mondadori, cit., p. 213).

36 AFM, Fondo Arnoldo, b. 97, «Starace Achille», cfr. lettera a Raffaele Mattioli, Banca commerciale italiana, dell'8 dicembre 1936.

37 Il 28 gennaio 1937, Mondadori scriveva a Starace inviandogli 100 esemplari dell'edizione fuori commercio perché fossero distribuiti in dono ai funzionari della direzione del partito. Il 26 aveva scritto a Piero Parini, direttore generale dei Fasci all'estero: «Cara Eccellenza, il comune amico Gr. Uff. Antongini mi ha riferito del colloquio avuto con Lei e della fervida adesione Sua al programma di diffusione tra gli iscritti ai Fasci all'Estero del volume di S.E. Starace La marcia su Gondar. Conformemente alle intese intervenute col Gr. Uff. Antongini stesso Le sarò grato di farmi pervenire l'elenco dei Fasci che da Lei dipendono e possibilmente il testo della circolare inviata ai medesimi, che ci permetterà il contatto diretto con le singole Segreterie per la piú vasta e sollecita diffusione della fascistissima opera» (ibidem).

38 Ibidem, tutte le lettere circolari alle varie federazioni sono conservate nel fascicolo.

39 Ibidem.

40 Mondadori se ne lamentava in una lettera del 17 marzo 1937 a Guido Mancini, che curava per conto del partito l'edizione dell'opera, chiedendo un incontro per «riparlare [...] compiutamente di tutto ciò» (ibidem).

41 Cfr. lettere del 30 dicembre 1936 e dell'8 gennaio 1937 (ibidem).

42 Cfr. la lettera di Arnoldo Mondadori al segretario federale dell'Irpinia, datata 15 maggio 1937 (ibidem).

43 Ibidem.

44 La lettera di Mancini è del 21 dicembre 1936, entrambe si trovano ivi, b. 59, «Mancini Guido».

45 Ivi, b. 97. Nell'ordine sono elencate la data della lettera inviata da Mondadori, la federazione destinataria, il quantitativo delle copie ordinato da ciascuna.

46 A proposito del Libro del fascista, Mondadori scriveva al segretario del Pnf il 4 gennaio del 1940: «Voglia V.E. comunicarmi se penserà direttamente il Comando Generale della M.V.S.N., che da Voi dipende alla raccolta degli ordini o se dobbiamo provvedere noi. In tal caso mi sarebbe necessaria una Vostra lettera di presentazione a tutti i comandi dipendenti». La scuola era, in questo caso, il canale fondamentale. Il 25 gennaio 1943, Giuseppe Bottai in qualità di ministro dell'Educazione nazionale emanava un'apposita circolare per sollecitare un maggiore impegno nella diffusione del Libro del fascista nella scuola. La circolare era indirizzata ai regi provveditori agli studi, ai presidenti degli istituti di istruzione artistica e per conoscenza al segretario del Pnf, ministro segretario della Gil e alla casa editrice Mondadori: «Desidero richiamare la Vostra attenzione - affermava il ministro - sulla circolare n. 40932 del 20.1.1942.XX con la quale vi ho chiesto di continuare a svolgere opera di propaganda a favore del PRIMO E SECONDO LIBRO DEL FASCISTA. Per effetto di tale propaganda la diffusione avuta da questa pubblicazione può considerarsi soddisfacente. Ma non si può affermare di avere raggiunto quella diffusione totalitaria che è desiderabile per un'opera come quella in parola che contribuisce validamente a formare e a mantenere negli alunni una coscienza e un carattere fascisti. È annunciata ora una nuova edizione, completamente rinnovata ed ampliata, sotto la denominazione di "LIBRO DEL FASCISTA" cosí costituito: il Primo libro - che sviluppa i concetti sull'ordinamento, le istituzioni e le organizzazioni del Regime Fascista; il Secondo libro - che presenta e sviluppa i problemi e le leggi di carattere razziale; il Terzo libro - che costituisce una sintesi storica da Roma fino alle origini e all'opera del Fascismo. Il volume di 304 pagine è posto in vendita al prezzo di L. 7 nette la copia. Vi prego pertanto di riprendere attivamente l'azione finora svolta a favore della suddetta pubblicazione e di darmi a suo tempo notizia dei risultati conseguiti» (ACS, Ministero della Pubblica istruzione, Direzione generale accademie e biblioteche [d'ora in poi MPI, Dir. gen. acc. e bibl.], b. 215, div. I, «Circolari emanate dal Gabinetto dell'Ecc. il Ministro»).

47 Si vedano F. Ciarlantini, Vicende di libri e di autori, Milano, Ceschina, 1931, in particolare pp. 27-39, e A. Mondadori, Il libro e le sue finalità politiche, culturali ed economiche, Resoconto stenografico della lezione tenuta la sera del 19 maggio 1927-anno V, Milano, Istituto fascista di cultura, s.d.

48 Cfr. L'Ente Nazionale per le biblioteche popolari e scolastiche. Scopi, attività, organizzazione, sviluppo, pubblicazione a cura dell'Enbps, Roma, s.d., p. 9.

49 Maria Luisa Betri che ha studiato i documenti dell'Enbps cosí definisce i rapporti con gli editori: «Nel rapporto Enbps-industria editoriale si ha comunque l'impressione che, nonostante l'opera assistenziale orientasse le richieste delle biblioteche o acquistasse direttamente per l'invio alle medesime, piuttosto che condizionare, fosse al contrario condizionata dall'editoria che destinava spesso a questo segmento di mercato la sua produzione meno commerciale» e cita l'episodio di Mondadori che, nel 1935 aveva riservato per le biblioteche piú povere, con grande risalto da parte dell'organo dell'Ente, «La parola e il libro», «le copie di sue edizioni provenienti da rese e dichiarate "fuori commercio"» (cfr. M.L. Betri, Leggere, obbedire combattere. Le biblioteche popolari durante il fascismo, Milano, F. Angeli, 1991, p. 83 e n.).

50 Ancora M.L. Betri ricorda come il consiglio dell'Ente dichiarasse apertamente nel '36 di aver attinto, per i pacchi dono e gli speciali, a «buone giacenze di magazzino» (Leggere, cit., p. 84).

51 E. Apolloni, Le biblioteche popolari italiane attualmente esistenti, in III Congresso dell'Associazione Italiana Biblioteche (Bari 20-22 ottobre 1934), in «Accademie e biblioteche d'Italia», VIII, 1934, n. 6, p. 578. Sulla rilevazione statistica delle biblioteche italiane, intrapresa nel 1927, si veda E. Apolloni, Statistica delle biblioteche italiane, in Primo Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia, Atti, Roma, Ministero dell'Educazione nazionale, 1931, vol. IV, pp. 249-252.

52 Il vero nodo che nessun progetto di riforma presentato nel ventennio riuscí a sciogliere era costituito proprio dalla questione del finanziamento. Nel dll n. 1521 del 2 settembre 1917 che continuava, ed avrebbe continuato per tutta la durata del fascismo, ad essere la legge di riferimento in questo settore, si faceva obbligo ad ogni comune di istituire una biblioteca popolare, ma non si davano indicazioni precise circa i mezzi concreti che l'avrebbero dovuta sostenere. Nei fatti si gravava il bilancio delle municipalità di una spesa che non sempre erano in grado di sopportare. Lo schema di riforma elaborato dalla neo costituita Direzione generale delle accademie e biblioteche, nel 1928, ribadiva sostanzialmente questo limite della legislazione, cfr. Il riordinamento delle biblioteche popolari (relazione della Direzione Generale delle Accademie e Biblioteche al ministro Fedele), in «Accademie e biblioteche d'Italia», I, 1928, n. 4, pp. 5-10; non molto diversa la strada intrapresa con il t.u. del 14 settembre 1931 sulla finanza locale che poneva fra le spese di carattere obbligatorio anche quelle fatte per costruire ed alimentare le biblioteche popolari, cfr. per una valutazione entusiasta di questo provvedimento P.S. Leicht, in III Congresso, cit., p. 535; toccava a Bottai, dopo l'intenso lavoro preparatorio svolto da vari organi ministeriali nel corso degli anni Trenta, varare una nuova legge sull'ordinamento generale delle biblioteche che affrontava in termini originali il problema del finanziamento, facendo leva sulla solidarietà finanziaria che si doveva stabilire tra Comune e Provincia, eventualmente consorziati con altri enti, per la gestione degli istituti della pubblica lettura. Ma si era nel 1941, la guerra ne impedí l'attuazione. La legge era la n. 393 del 24 aprile 1941, cfr. M.L. Betri, Leggere, cit., pp. 134-135. Si veda in particolare la nota 98 a p. 134 sulle commissioni istituite nel corso degli anni Trenta, con l'incarico di varare la riforma delle biblioteche. Sulla legge del 1942 si possono leggere G. Cecchini, Le biblioteche comunali e provinciali e la legge del 1941, in «Accademie e biblioteche d'Italia», 1951, n. 5-6, pp. 271-280; V. Fainelli, L'applicazione della legge 24 aprile 1941, n. 393: disposizioni concernenti le biblioteche dei comuni capoluogo di provincia, ivi, 1953, n. 2-3-4, pp. 200-203.