Studi Storici 3, luglio-settembre 95 anno 36
1.I nuovi canali di circolazione del libro: Stato e partito. Gli esempi di Bemporad e Mondadori. Gli editori si rivolsero alle istituzioni e alle organizzazioni di massa del fascismo innanzitutto per le occasioni che queste offrirono di collocare parte della loro produzione. Dai loro archivi, là dove è possibile accedervi, emergono indicazioni precise in questo senso.
Una sorta di mappa dello Stato committente tracciava Giuseppe Giovanazzi, regio ispettore preposto alle scuole elementari di Genova che ne scriveva a Bemporad l'8 febbraio 1934. Oggetto della missiva il cattivo andamento delle vendite dell'Almanacco della scuola elementare anno XII di cui il Giovanazzi aveva curato l'edizione precedente16. «Bisognerebbe seguire la diffusione - scriveva Giovanazzi - con lettere individuali ai fiduciari provinciali [dell'Associazione fascista della scuola], ai direttori delle grandi città, ai podestà dei luoghi maggiori, ai presidenti degli Enti. Lei sa che io scrissi oltre duecento sollecitatorie di questo genere. Inoltre è necessario, se non lo si è già fatto, sollecitare il Ministero dell'E.N. a ripetere la circolare dello scorso anno ai Provveditori, nonché l'ordinazione di 300 copie (+ 1.000)». In questa dislocazione dello spazio politico e istituzionale un elemento centrale era costituito dal partito e in particolare da Arturo Marpicati. A lui consigliava di rivolgersi Giovanazzi nella citata lettera. Il partito aveva precisi interessi nell'operazione editoriale, «una forte percentuale per le opere assistenziali» sulle vendite, ricordava Bemporad che chiedeva al suo autore e consigliere commerciale «il piacere di scrivere Lei riservatamente e privatamente al Prof. Marpicati dicendogli di far sollecitare con lettere a sua firma a tutti i fiduciari che ancora non hanno risposto e specialmente i grandi centri e in modo specialissimo Firenze che, come al solito, dorme la grossa, malgrado i passi personali fatti presso il Prof. Benedetto e il Comm. Gasperoni»17.
L'apparato del regime fascista rappresenta, nella sua complessa
ramificazione provinciale, un fattore di moltiplicazione delle
occasioni di commercializzazione. La collocazione dell'autore
in uno degli snodi di questo sistema costituisce l'oggetto di
un rapporto di scambio attentamente ricercato e costruito dall'editore.
Nelle lettere che Giovanazzi e Bemporad si scambiarono tra il
febbraio del '34 e la fine dell'anno successivo, questioni relative
al rapporto con l'autore e aspetti piú generali dell'attività
della casa editrice appaiono strettamente intrecciati. Il 19 novembre
1934 era Bemporad a scrivere. Dopo aver chiesto la restituzione
della copia debitamente firmata del contratto per la seconda edizione
del libro di ispirazione patriottica e risorgimentale Per l'Italia
e per la mamma, l'editore ritornava sulla questione delicata dell'Almanacco
della scuola:
La vendita dell'Almanacco della Scuola Elementare
per l'anno XII è andata molto male perché il nuovo
Fiduciario dell'A.F.S. non se ne è affatto occupato. Noi
saremmo ben felici se Ella si adoperasse per farci vendere qualche
centinaio di copie del volume di cui abbiamo ancora un cospicuo
Stock. Come Ella saprà l'Associazione Fascista della Scuola
ha quest'anno abolito tutti gli Almanacchi18.
Il coinvolgimento dell'autore negli affari della casa non si limitava
a questa pubblicazione. Il 7 febbraio del 1935 Giovanazzi scriveva
a Bemporad:
Egregio e caro Commendatore,
ho ricevuto la sua cortese lettera. «Insorgere» sarà
tenuto presente come ben merita nei prossimi acquisti dei libri
per le premiazioni scolastiche da me proposte e già approvate
dall'on. Podestà di Genova. Ne sarà parlato [sic]
anche nelle domeniche per fanciulli, che l'Istituto Fascista ligure
sta organizzando su mia proposta. La prima sarà tenuta
domenica prossima. Gliene mando il programma, perché ella
veda di che si tratta, e che non abbiamo dimenticata
la sua produzione libraria... anzi!
Colgo l'occasione per ricordarLe che il 31 gennaio 1935 e.f. XIII
è passato e... La prego quindi di volermi inviare la
prima rata del compenso pattuito per il mio romanzo Per l'Italia
e per la mamma.
Ne ho proprio bisogno!19
La posizione burocratica conferiva a Giovanazzi un ruolo di primo piano nell'organizzazione della diffusione delle proprie opere. Questa anzi poteva essere usata come elemento determinante nella valutazione dell'editore di pubblicare o meno un nuovo volume. Ecco come presentava, nell'agosto del 1935, il suo nuovo libro a Bemporad:
Il nuovo lavoro si intitola La grotta dell'orso.
La vicenda, assai avventurosa e drammatica, si svolge a Trento
e nelle Alpi tridentine durante la primavera del 1848. Al libro
che avrà, press'a poco, la mole di Per l'Italia e per
la mamma, è assicurato dallo stesso argomento un largo
esito; poiché la sola Venezia Tridentina, dove le bibliotechine
sono assai numerose e bene organizzate, ne assorbirà gran
quantità di copie, come avvenne per il precedente volume20.
Come abbiamo visto, i buoni uffici dell'autore non si limitavano all'autopromozione ma interessavano la piú generale attività dell'editore. In una lettera del 25 settembre 1935, Giovanazzi informava l'editore dei suoi colloqui con Pietro Nurra, direttore della biblioteca universitaria di Genova, il quale «a nome anche del Grand Uff. Mancini» chiedeva «quale sconto farebbe la Casa per acquisti superiori alle cento copie» dell'ormai noto volume Per l'Italia e per la mamma. Nella stessa lettera, Giovanazzi passava all'editore una notizia riservata. «Informo, riservatamente, che l'Associaz. Bibliotecari, organizzerà, a primavera, una Mostra del libro del fanciullo»21. L'informazione si faceva piú precisa nella successiva lettera del 18 novembre. La mostra si sarebbe svolta nel periodo tra aprile e giugno dell'anno successivo, «per ora - avvertiva - la notizia è ancora riservata, ma fra breve saranno resi noti i particolari dell'importante manifestazione alla quale saranno uniti anche un concorso per editori e un convegno nazionale di letteratura infantile»22.
L'impegno personale profuso da un autore per agevolare la collocazione di un'opera all'interno dell'apparato culturale del regime, diventava sistematica organizzazione della distribuzione nel caso di Mondadori. Per l'editore milanese, che aveva costruito un rapporto di forte integrazione con il regime, mettendo a frutto le sue esigenze culturali e di comunicazione di massa, il partito diventava un formidabile canale di diffusione. Si trattava naturalmente di iniziative editoriali fortemente impegnate sul piano della propaganda e che, come si è ricordato, nel sistema di gradazioni che scandivano la prossimità dell'industria del libro all'area della comunicazione di Stato, marcavano un forte coinvolgimento dell'editore milanese. Non mancavano certo ostacoli e resistenze, cosí come il rapporto privilegiato con il regime acuiva le gelosie e i malumori degli altri editori23.
Tuttavia la costruzione attraverso il partito di un canale alternativo di diffusione, almeno per determinate pubblicazioni, fu lenta e i suoi risultati non tutti positivi. È il caso ad esempio della collana «Panorami di vita fascista»24. Concepita nel 1932 e posta sotto gli auspici del segretario del partito al fine di illustrare la dottrina e la pratica del regime nei vari ambiti della sua realizzazione, la collana era stata gravata, fin dai primi anni, da lentezze e ritardi di edizione. Il 23 febbraio del 1935, Mondadori scriveva da Milano ad Achille Starace per lamentare il comportamento degli autori i quali, «nonostante i ripetuti richiami indirizzati dal prof. Marpicati» e gli obblighi contrattuali, non avevano inviato «alcun nuovo manoscritto». Di fronte a questa situazione, l'editore si dichiarava pronto a rivedere i programmi di edizione, ridimensionando sensibilmente il piano dell'opera, «disposto a ridurre i volumi [...] dai 30 preventivati a 25 e anche di meno», ma avvertiva al tempo stesso dei rischi di credibilità cui si andava incontro. «Ciò che non è possibile fare senza venir meno agli impegni presi col pubblico - ammoniva - è di lasciare a metà la pubblicazione o comunque farla languire cosí come sta accadendo attualmente, non per colpa nostra». Non tutta la responsabilità di questa situazione doveva però essere degli autori della collana, se quattro anni piú tardi Guido Mancini scriveva a Mondadori per comunicargli l'insoddisfazione del segretario del partito Starace e la disposizione di questi di ritirare dal commercio il suo volume sulla Gil25. Insieme alla lettera ufficiale, Mancini ne inviava lo stesso giorno
una riservata dalla quale apprendiamo le ragioni del malcontento
di Starace.
Caro Arnoldo,
l'aver trattenuto le bozze piú dell'ordinario ha invecchiato
il volume prima della sua pubblicazione. Il Segretario del Partito
si è dispiaciuto e irritato della cosa ed ha voluto che
ti scrivessi che nessuna copia del volumetto con la sua firma
deve andare in giro nell'edizione attuale.
Tutte queste difficoltà avevano finito per influire sulla diffusione dell'intera collezione. Vi accennava lo stesso Mancini in una lettera a Mondadori del 23 maggio, alcuni mesi prima dunque dell'incidente del volume sulla Gil, quando scriveva:
Ci sono dei volumi come quello di Lojacono, i quali
sono già invecchiati prima di uscire. Occorre quindi dare
un ritmo piú rapido perché sia definitivamente chiuso
il periodo di attesa e si possa senz'altro offrire a traverso
la varietà della Collana stessa occasione di larghi acquisti.
In questo senso, la preoccupazione maggiore di Mondadori era ottenere la mobilitazione del partito per collocare l'intera opera. Ne aveva ripetutamente scritto a Mancini. Il 30 maggio, l'editore milanese gli confidava la speranza di ultimare la collana in autunno, in modo «da predisporre un nuovo lancio per il 28 ottobre», sollecitando l'intervento del partito per una «effettiva universale divulgazione della collezione»26. L'apprensione dell'editore era giustificata e l'insistenza con la quale aveva ripetutamente chiesto l'intervento di Starace con una segnalazione sul foglio d'ordini del partito denunciava, indirettamente, un atteggiamento piuttosto sordo da parte di quest'ultimo, probabilmente imputabile all'irritazione del segretario per i modi e i tempi di attuazione dell'opera. Ne abbiamo una testimonianza in un appunto che Mondadori inviò «all'attenzione di S.E. il Segretario del Partito».
La segnalazione della collezione fatta nel foglio
di disposizioni n. 1256 - scriveva - non ha sortito i risultati
che ci si era ripromessi. Nonostante la segnalazione e l'opera
svolta dalla Casa Editrice direttamente presso gli enti interessati,
a seguito della segnalazione stessa, la diffusione dei Panorami
non ha subito apprezzabili aumenti. Si è convinti che l'unico
mezzo per rendere veramente ampia la conoscenza della collezione,
visti gli alti scopi divulgativi che la collezione si ripromette
appare il rendere obbligatorio il possesso di almeno un esemplare
da parte di ogni Fascio. Preme avvertire che dalla proposta
esula ogni finalità di lucro; il prezzo ridotto dei volumi,
tenuto tale dall'editore per rendere accessibile a chiunque la
collezione non dà possibilità di benché minimo
margine. Disposti anche ad accordare uno sconto da devolversi
a favore della G.I.L.27.
Fatte salve le difficoltà incontrate nell'edizione e nella
distribuzione, la collana «Panorami di vita fascista»
era gravata da rigidi limiti strutturali che ne fissavano i confini
al di qua dello spazio della comunicazione di massa vera e propria.
La tiratura media dei volumi era stata infatti di cinque mila
copie, poca cosa se si pensa che un piccolo editore napoletano,
Alfredo Guida, alla stessa epoca stampava in media tra le duemila
e le tremila copie per ciascuna opera pubblicata. L'epoca delle
grandi tirature, per quanto riguarda i libri del fascismo, sarebbe
giunta con la guerra d'Etiopia che anche in questo caso costituisce,
nella storia delle comunicazioni di massa e dell'impiego dei media,
un passaggio fortemente periodizzante28. L'edizione dei volumi
che narravano le gesta dell'aggressione all'ultimo Stato africano
indipendente venne pianificata per sfruttare a pieno l'ondata
di entusiasmo e di mobilitazione dell'opinione pubblica in seguito
alla proclamazione dell'impero. Il volume che apriva la serie
dei libri africani, La guerra d'Etiopia di Pietro Badoglio,
venne stampato inizialmente in ventimila copie, cui si aggiunsero
le ristampe, diecimila copie nel novembre del '36, altre ventimila
tra dicembre e gennaio, ancora diecimila fra febbraio ed aprile
seguite dalle ventimila dell'edizione popolare di maggio per festeggiare
il primo anniversario dell'impero29. Era una vera e propria marcia
trionfale che ripeteva quella su Addis Abeba di un anno prima
e che faceva scrivere ad un Mondadori entusiasta:
Dell'edizione attuale noi non riusciamo a rifornire
i librai, giacché le successive ristampe (di 10.000 copie
ciascuna) si liquefanno come neve al sole30.
Un successo tanto immediato quanto effimero, legato come era alla
mobilitazione dell'opinione pubblica per la campagna d'Africa.
Già tre anni piú tardi, Mondadori considerava chiuso
il ciclo, rifiutando le nuove proposte autorevolmente segnalategli
dal ministro dell'Educazione nazionale.
[...] il ciclo delle opere da noi pubblicate sull'impresa
d'Africa - scriveva a Bottai il 23 novembre del 1939 - è
ormai chiuso. Lo completano due volumi del Generale Graziani,
di cui il primo, Fronte Sud, è già apparso
ed il secondo, Venti mesi d'Impero, è in corso di
pubblicazione. Vorrei non aggiungere nuove opere a quelle comprese
nella collezione perché sono certo che il pubblico non
mi seguirebbe31.
Ancora una volta, l'operazione mondadoriana non era stata realizzata
senza contrasti. Proprio l'acquisizione dei volumi di Rodolfo
Graziani aveva fatto emergere le maggiori difficoltà. Ne
scriveva lo stesso Mondadori in una lettera ad Osvaldo Sebastiani,
segretario particolare del duce, il 7 settembre 1936:
Gentile Avvocato,
Mi sono recato a Roma, giovedí, per firmare con S.E. Starace
il contratto di edizione per il suo libro su Gondar e in luogo
di essere ricevuto da S.E. che pur a mezzo del Prof. Mancini aveva
spontaneamente prescelto la mia Casa, debbo apprendere che, per
Superiori disposizioni il libro dovrà essere edito dall'Istituto
Nazionale Fascista di Cultura. Al tempo stesso apprendo che un
altro Autore della Casa, S.E. Graziani, dal quale sto ansiosamente
attendendo, per annunciarlo, il manoscritto del nuovo libro sulla
guerra d'Africa, è stato invitato a cedere il libro allo
stesso Istituto, creando a me un nuovo gravissimo disagio editoriale32.
La presenza dell'Istituto fascista di cultura rimanda allo scontro
che scuote il mondo editoriale nella seconda metà degli
anni Trenta e che mette in gioco complessi processi di ristrutturazione
aziendale. Non solo l'area milanese, con la ricollocazione di
Mondadori all'interno della casa editrice, dopo la morte di Borletti,
ma anche quella toscana, con le vicende intrecciate di Bemporad
e Sansoni, compare al centro di queste trasformazioni. In questo
secondo caso è la figura di Giovanni Gentile a svolgere
un ruolo di primo piano33. Il suo tentativo di costituire, nel
corso degli anni Trenta, un polo editoriale in stretta connessione
con il fascismo, tale da sostenere il già traballante edificio
del suo sistema ideologico, sempre piú sottoposto al fuoco
di fila della controffensiva cattolica, si scontrava con l'ipotesi
mondadoriana decisamente orientata verso un modello industriale
e saldamente fondata sulla funzione del consumo. Nella questione
dei libri africani, lo scontro e la concorrenza affioravano con
una chiara indicazione delle loro implicazioni politiche.
Cerco di convincere me stesso - continuava Mondadori
nella già citata lettera a Sebastiani - delle ragioni che
possono aver reso opportuna l'Alta designazione e mi reco all'Istituto
per ricordare ai Dirigenti il desiderio già altra volta
espressomi dal Prof. Marpicati che fosse la mia Casa a pubblicare
i libri sull'Africa curati dall'Istituto ma apprendo da S.E. Gentile
che sono già stati presi impegni in questo senso con un'altra
Casa Editrice e che lo stesso Prof. Marpicati mi accenna essere
la «Sansoni» di Firenze.
Sono profondamente amareggiato e per la prima volta perplesso:
amareggiato perché vedo compromessa la compiutezza di un
complesso programma editoriale che, con il libro di S.E. Badoglio
alla testa, sarà fra breve presentato con mezzi inusitati
e grandiosi all'attenzione dei lettori italiani e stranieri: perplesso,
perché di fronte al fatto degli accordi conclusi dall'Istituto
Nazionale Fascista di Cultura con un'altra Casa Editrice, quasi
mi sorge il dubbio che sia sopravvenuta una qualche controindicazione
per il nome della mia Casa, malgrado questa non abbia atteso la
certa vittoria per portare il suo vastissimo contributo editoriale
alla formazione di una coscienza Imperiale e Coloniale, affrontando
con le sole sue forze il non sempre agevole compito34.
La pressione esercitata su Mussolini attraverso Sebastiani non
mancava di dare i suoi frutti. Non solo Mondadori riusciva ad
ottenere tanto i manoscritti di Graziani che quello di Starace,
ma il libro di quest'ultimo La marcia su Gondar raggiungeva
la considerevole cifra delle centomila copie stampate entro il
luglio del 193735. Dell'opera furono fatte tre edizioni, una limitata
in 1.199 esemplari, rilegata in mezza pelle, al prezzo di cinquanta
lire, un'edizione normale, in brossura, a venti lire ed infine
un'edizione fuori commercio, simile alla precedente, riservata
esclusivamente alle organizzazioni, alle società e agli
enti36. La mobilitazione del partito per questa edizione fuori
commercio fu veramente totalitaria, come non lo era stata per
la sfortunata collana dei «Panorami». L'apparato venne
coinvolto a tutti i livelli37. Mondadori stesso manteneva le fila
dell'organizzazione. Per ogni provincia agiva un rappresentante
della Casa, munito di una lettera di presentazione per il federale
locale che era cosí invitato ad «appoggiare e confortare»
l'agente con «suggerimenti e consigli per la maggiore diffusione
dell'opera» presso «Enti ed Organizzazioni del Regime».
Periodicamente, l'editore redigeva un bilancio delle vendite,
provincia per provincia, sollecitando le federazioni inadempienti
o il cui impegno era giudicato inadeguato al rilievo dell'opera
e alla necessità della sua diffusione «in maniera
totalitaria»38.
Tabella 1. Diffusione de La marcia su Gondar. Contingenti assorbiti dalle varie province al 13 febbraio 193739 | |||||
Agrigento | 300 | Forlí | 30 | Ragusa | 100 |
Alessandria | 100 | Frosinone | 100 | Ravenna | 90 |
Ancona | 75 | Genova | 1.400 | R.Calabria | 500 |
Aosta | 200 | Gorizia | / | R.Emilia | 100 |
Aquila | 1.000 | Grosseto | 100 | Rieti | 1.000 |
Arezzo | / | Imperia | 500 | Roma | 1.000 |
A. Piceno | 9 | Lecce | 500 | Rovigo | 50 |
Asti | 1.000 | Littoria | / | Salerno | 1.000 |
Avellino | / | Livorno | / | Sassari | / |
Bari | 800 | Lucca | 200 | Savona | 500 |
Belluno | 100 | Macerata | 68 | Siena | 400 |
Benevento | 7 | Mantova | 600 | Siracusa | 500 |
Bergamo | 798 | Massa | 70 | Sondrio | 200 |
Bologna | / | Matera | 31 | Spezia | 300 |
Bolzano | 29 | Messina | 1.000 | Taranto | 150 |
Brescia | 500 | Milano | 10.000 | Teramo | 50 |
Brindisi | 150 | Modena | 1.018 | Terni | 100 |
Cagliari | 5 | Napoli | 200 | Torino | 1.121 |
Caltanissetta | 300 | Novara | 1.825 | Trapani | 300 |
Campobasso | 2 | Nuoro | 100 | Trento | 400 |
Catania | 1.000 | Padova | 120 | Treviso | 100 |
Catanzaro | 500 | Palermo | 970 | Trieste | 1.000 |
Chieti | 400 | Parma | 30 | Udine | 173 |
Como | 100 | Pavia | 1.000 | Varese | 485 |
Cosenza | 500 | Perugia | 200 | Venezia | 121 |
Cremona | 110 | Pesaro | 10 | Vercelli | 500 |
Cuneo | 100 | Pescara | 200 | Verona | 3.770 |
Enna | 300 | Piacenza | 34 | Vicenza | 500 |
Ferrara | 373 | Pisa | 30 | Viterbo | |
Firenze | 250 | Pistoia | 100 | Zara | 50 |
Fiume | 1.000 | Pola | / | Gondar | 200 |
Foggia | 500 | Potenza | / | Harrar | 200 |
Rodi | 5 |
A questo scopo, Mondadori non aveva mancato di far notare la risposta
inadeguata di alcune province all'appello per la diffusione dell'opera40
e di esercitare pressioni sulle gerarchie locali del partito.
Il 14 gennaio 1937, ad esempio, l'editore scriveva al gr. uff.
Tom Antongini perché rinfrescasse «la memoria ai Gerarchi
bolognesi sollecitandoli di persona». Il caso di questa federazione
giustificava la premura di Mondadori. Dopo che il suo segretario
si era impegnato all'acquisto di duemila copie dell'opera, convocando
gli industriali dell'area per organizzarne la diffusione capillare
tra le maestranze, il Fascio bolognese non aveva mai fatto l'ordinativo
(cfr. tabella 1) nonostante le continue sollecitazioni da parte
dell'editore che personalmente aveva scritto al federale Mario
Lolli. L'intervento di Antongini non era valso a molto. La sollecitazione,
come risulta dalla tabella 2 aveva sí spinto la federazione
bolognese ad acquistare copie del volume, ma in un quantitativo
che non solo era molto al di sotto del precedente impegno, ma
che lasciava affatto insoddisfatto l'editore milanese41. Anche
se non alterava il quadro di una mobilitazione pressoché
totale del partito, il caso della federazione bolognese non era
isolato. Analogo era, ad esempio, quello della federazione di
Avellino. Il federale dell'Irpinia, aveva scritto a Mondadori,
nel dicembre del '36, assicurando «che [sarebbe stato] fatto
tutto quanto è doveroso per la maggiore diffusione del
volume La Marcia su Gondar di S.E. Achille Starace»,
ma ancora nel maggio dell'anno successivo Avellino risultava tra
le province che non avevano fatto ordinativi (cfr. tabella 2)42.
L'editore teneva, periodicamente aggiornato, l'elenco delle federazioni
inadempienti o il cui contributo giudicava inadeguato. Ad esse
inviava sollecitazioni di cui riportiamo un esempio. Si tratta
della lettera scritta al federale di Teramo il 21 maggio 1937:
Egregio Camerata,
Nel raccogliere le fila dell'opera svolta per diffondere ovunque,
attraverso Associazioni ed Enti, il mirabile volume del luogotenente
Generale STARACE, La Marcia su Gondar, mi è pervenuto
sott'occhio lo specchio che si riferisce ai contingenti assorbiti
dalle singole provincie.
Poiché vedo che a differenza della grande maggioranza delle
altre provincie, Teramo vi figura con sole 50 copie, mi
permetto segnalarLe questa circostanza in attesa di conoscere
i Suoi intendimenti in proposito.
Esula da questa mia segnalazione ogni benché minima
pressione: è solo il desiderio di vedere partecipi
alla diffusione di un'opera di tanto rilievo, in maniera totalitaria,
le Organizzazioni Fasciste che mi induce a farLe presente la necessità
di conoscere presto - prima che sia definitivamente esaurito il
contingente ancora esistente di copie - le sue decisioni43.
La diffusione dell'opera attraverso rappresentanti locali aveva
determinato anche tentativi di speculazione. Ce ne dà notizia
Guido Mancini che riportava a Mondadori il «giusto risentimento»
di Starace. L'episodio si era verificato ad Imperia. Il federale
locale aveva riferito al segretario del partito «di un tale
che andava in giro sollecitando sottoscrizioni per l'acquisto
del volume perché in tal modo poteva guadagnare due lire
a copia». La notizia non sorprendeva l'editore milanese.
«Non posso escludere - scriveva il 31 dicembre del 1936 -
che persone non certamente incaricate dalla mia Casa, ma
di propria iniziativa o dipendenti da Enti, Associazioni e simili,
possano essersi occupate del collocamento di un'opera di ampia
risonanza come quella del Segretario del Partito»44.
Tabella 2. Elenco delle province inadempienti o i cui ordinativi erano giudicati inadeguati45 | ||
09/3/37 | Bologna | \ |
14/5/37 | Arezzo | \ |
15/5/37 | Gorizia | \ |
15/5/37 | Viterbo | \ |
15/5/37 | Sassari | \ |
15/5/37 | Potenza | \ |
15/5/37 | Livorno | \ |
15/5/37 | Avellino | \ |
15/5/37 | Littoria | \ |
17/5/37 | Ancona | 75 |
18/5/37 | A.Piceno | 89 |
18/5/37 | Bologna | 80 |
18/5/37 | Bolzano | 44 |
18/5/37 | Benevento | 29 |
19/5/37 | Forlí | 73 |
19/5/37 | Cagliari | 5 |
19/5/37 | Macerata | 68 |
19/5/37 | M. Carrara | 70 |
20/5/37 | Parma | 30 |
20/5/37 | Pesaro | 10 |
20/5/37 | Piacenza | 34 |
20/5/37 | Pisa | 30 |
21/5/37 | Zara | 50 |
21/5/37 | Ravenna | 90 |
21/5/37 | Teramo | 50 |
Il rilievo del volume staraciano costituiva anche il limite di questo uso del partito da parte di Mondadori. In pochissimi altri casi, come ad esempio quelli dell'edizione dell'opera dannunziana o dell'uscita del Primo e del Secondo libro del fascista, l'editore avrebbe potuto disporre cosí largamente di questa efficace rete di diffusione46. Tuttavia, seppur in forme meno eclatanti di queste, i canali costituiti dall'apparato burocratico del fascismo e delle sue organizzazioni di massa, le biblioteche dell'Opera nazionale dopolavoro, come quelle della Gioventú italiana del littorio, rappresentarono delle occasioni di smercio fortemente ricercate dagli editori. La teorizzazione, anzi, della costituzione, attraverso le biblioteche pubbliche, di un mercato protetto aveva rappresentato un punto centrale dell'elaborazione del gruppo dirigente della federazione degli editori alla fine degli anni Venti47.
Uno dei circuiti piú importanti di circolazione del libro fu sicuramente l'Ente nazionale per le biblioteche popolari e scolastiche. Costituito nel 1932 e posto sotto la direzione di Guido Mancini, il nuovo organismo godeva di particolari condizioni economiche per l'acquisto di libri per conto delle biblioteche dipendenti. L'articolo primo, infatti, dell'accordo economico collettivo per la disciplina del commercio librario, reso effettivo dal decreto del capo del governo del 14 giugno 1935, mentre aboliva lo sconto sui prezzi dei libri venduti al pubblico, faceva salva «la facoltà di accordare una riduzione del 10% agli enti assistenziali, agli istituti e collegi, alle biblioteche». Lo stesso articolo stabiliva anche che gli sconti librari, quelli superiori cioè al 10%, erano accordati «unicamente agli editori, ai librai, ai rivenditori di libri, e all'Ente Nazionale per le Biblioteche Popolari e scolastiche»48. Questo fece dell'Ente un vero e proprio organismo di mediazione tra gli editori e le biblioteche aderenti a tutto vantaggio dei primi49. La condizione finanziaria della maggior parte delle biblioteche popolari, tuttavia, consentiva a volte solo l'iscrizione all'Ente, dieci lire in cambio delle quali si riceveva un pacco dono di libri, appositamente scelti dall'Ente stesso50. Delle 3.270 biblioteche popolari censite nel rilevamento del 1929, solo 934 avevano piú di 500 volumi. Tutte le altre si trovavano al di sotto di questo limite. Per queste ultime, la stessa definizione di biblioteca risultava inappropriata, riferendosi molte volte a raccolte di 50 volumi comprese nello spazio angusto di un armadio51. Questa situazione non solo esaltava la generosità della pubblica amministrazione, a cui nei fatti erano legate le nuove accessioni librarie di tante bibliotechine, ma faceva dello Stato l'unico vero interlocutore dell'industria editoriale52. Insomma si veniva a determinare una sorta di dimensione virtuale della circolazione del libro dove l'apparato statale fungeva da segno di una rete di biblioteche che non c'era, chiamata a sua volta a fare le veci del lettore.
Gli acquisti librari per le biblioteche dipendenti avevano sempre
costituito una delle voci di bilancio delle varie direzioni generali
del ministero dell'Educazione nazionale. A partire dalla seconda
metà degli anni Trenta, con la nomina di Bottai a ministro,
assursero ad una nuova dimensione, affatto inedita e che si spiegava
nel contesto dei nuovi rapporti in cui si vennero a trovare editori
e regime in quegli anni. Strumento di questa nuova politica fu
la Commissione consultiva per l'acquisto di pubblicazioni da inviare
in dono alle biblioteche dipendenti.
17 Ibidem, lettera del 1° marzo 1934. Giovanazzi rispondeva l'8 marzo, giudicando non opportuno un suo intervento, invitando comunque l'editore ad «informare della cosa l'on. Segretario amministrativo del Partito, facendogli presente le conseguenze pratiche della diminuita vendita». La risposta di Bemporad giungeva il 12: «L'avverto che prevedendo il suo suggerimento ho già scritto all'on. Marinelli facendogli presenti le conseguenze pratiche della diminuita vendita, come mia preventiva giustificazione. Naturalmente in questa lettera che egli certo mostrerà al Prof. A. non ho potuto attribuire a quest'ultimo la responsabilità dell'insuccesso. Ho anche scritto al Prof. A. pregandolo almeno di telefonare al Gabinetto del Ministro dell'Educazione Nazionale per farmi avere la consueta commissione delle 300 copie dell'Almanacco, visto che la mia lettera inviata direttamente al Ministro tre settimane fa non ha avuto alcun riscontro».
18 Ibidem; il 7 novembre su un biglietto dell'autore, in cui Giovanazzi si dichiarava d'accordo con le condizioni contrattuali fissate per il volume Per l'Italia e per la mamma, l'editore aveva annotato: «Dirgli che dell'Almanacco dell'Anno XII ce ne sono molte copie, perché il nuovo fiduciario non se ne è occupato. Sarei ben felice se egli me ne facesse vendere qualche centinaio di copie. Come sa ora gli almanacchi li hanno aboliti». La questione aveva occupato il carteggio tra l'editore ed il suo autore per tutto l'anno. Il 27 maggio cosí Giovanazzi aveva scritto a Bemporad: «Per l'Almanacco ho scritto anche di recente, a Roma, ma non ho avuta nessuna risposta. Spero che le vendite recenti riescano ad esaurire l'edizione. In ogni modo, Ella può certamente contare sull'ordinazione per le biblioteche di confine che, a quanto credo, non è ancora fatta. Anche per questo ho scritto». La preoccupazione dell'editore per questo insuccesso era notevole. Il 30 maggio era giunta la risposta dell'editore: «Per quanto riguarda l'Almanacco della Scuola Elementare, purtroppo le mie eloquenti lettere in proposito dirette al Prof. Antonelli e al Prof. Marpicati sono rimaste regolarmente senza risposta. In magazzino ne sono rimaste circa 1.800 copie delle 8.000 che furono stampate. Il Ministero dell'Educazione Nazionale ne acquistò 300 copie computate già nel conto suddetto. Speriamo che venga la commissione delle biblioteche di confine che alleggerisca questo grave peso. Non appena potrò andare a Roma mi procurerò un colloquio con l'On. Marinelli, non solo per mettere in chiaro, come ho già tante volte scritto, che io non ho alcuna responsabilità in questo insuccesso, e neanche Lei, ma anche per mettere delle basi piú solide per l'eventuale pubblicazione dell'Almanacco della Scuola dell'Anno XIII».
19 Ibidem.
20 Ibidem; il contributo dell'autore alla diffusione era stato determinante anche per il precedente Per l'Italia e per la mamma. Ecco cosa scriveva a Bemporad Giovanazzi il 28 febbraio 1934: «Sono lieto di informarLa che [...] la commissione ministeriale ha incluso il volume nelle biblioteche di confine. Il prof. Alessandrini mi ha assicurato che farà per il libro una propaganda convinta e Ella sa quale autorità abbia l'Alessandrini presso gli istituti educativi tenuti da religiosi».
21 Ibidem.
22 Ibidem.
23 Decleva nel suo volume su Mondadori, riporta il brano di una telefonata intercettata tra Vallardi e Marrubini, probabilmente dell'aprile del '37: «Non capisco chi lo protegge a Roma! È uno fuori legge il quale ha sempre fatto i suoi porci comodi, infischiandosi delle organizzazioni e delle leggi sindacali. Agisce continuamente in contrasto con quelle che sono le direttive del centro e, malgrado ciò, è anche appoggiato nelle sue macchinazioni. Bisognerebbe denunciarlo alla Confederazione» (cfr. Decleva, Mondadori, cit., p. 220). Per questo ed altri documenti relativi ai rapporti di Mondadori con la Federazione degli editori e con il regime è da vedere Archivio centrale dello Stato (d'ora in poi ACS), Segreteria particolare del duce, carteggio ordinario, b. 1177, fasc. 509.568. Per quanto riguarda le presunte infrazioni alle direttive sindacali cui si fa riferimento nella telefonata è possibile che Vallardi e Marrubini si riferissero al contrasto con l'editore fiorentino Bemporad relativo alla distribuzione e vendita del libro di Stato e che risale al periodo compreso tra la fine del '36 ed i primi del '37. Il 12 gennaio di quell'anno, il segretario di Mondadori, Franchi, scriveva all'editore di un colloquio con Marrubini riferito al «reclamo» di Bemporad per un deposito di libri di Stato che Mondadori aveva istituito a Lecce, fuori dunque della sua area di competenza: «Con lettera in data 28 novembre la Casa Editrice Bemporad presentava reclamo alla Federazione Editori citando espressamente l'infrazione agli accordi da parte della Casa Editrice Mondadori ed assicurando che la Ditta De Filippi di Lecce era in possesso di tutta la documentazione atta a comprovare l'infrazione stessa. In data 1° dicembre la Federazione Editori interpellava in merito la Federazione Commercianti della Carta e Affini la quale rispondeva in data 10 con la lettera che Ella certamente ha potuto avere in visione a Roma. In tale lettera è contenuto un accenno ad una possibile infrazione della Bemporad che a mente della documentazione presentata dalla Bemporad stessa alla Federazione Editori non sussiste poiché detta società è stata regolarmente autorizzata a creare un deposito in Lecce. Con lettere successive la Bemporad ha prodotto in originale i documenti comprovanti l'infranzione della Cartolibraria e precisamente una lettera di questa ove venivano ceduti libri di Stato con lo sconto del 20,50% franco ed una lettera d'altro acquirente che dichiarava di acquistare dalla Mondadori franco di porto a differenza di quanto da lui era offerto dalla Ditta De Filippi. La Federazione Editori pertanto chiede di conoscere se la nostra Casa ha effettivamente istituito a Lecce un deposito per la vendita del Libro di Stato in contrasto con gli accordi vigenti e in caso negativo come è possibile che la Cartolibraria possa concedere sconti del 20,50% franco a chi acquista da lei Libri di Stato se essa stessa non ha ottenuto dalla Mondadori diverse e migliori condizioni, il che costituirebbe infrazioni alle condizioni di vendita. Esibendomi i documenti l'Avv. Marrubini non ha mancato di esternarmi il suo desiderio vivo di conciliare nel migliore dei modi le cose nell'interesse della Mondadori pur pregando di voler dare gli elementi per una esauriente risposta alla Bemporad» (Archivio della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori [d'ora in poi AFM], Fondo Arnoldo, b. 42, «Fed. Naz. Fasc. degli industriali editori»).
24 Coordinatore della collana era Guido Mancini. Secondo il contratto del 24 settembre 1937, al coordinatore spettava un compenso di cinquecento lire per ogni manoscritto al quale si aggiungevano altre centocinquanta lire per ciascun volume come diritti di segreteria. Nell'agosto del 1938 i volumi pubblicati nella nuova collezione erano cinque, per un importo complessivo di 3.250 lire; cfr. lettera di Guido Mancini del 4 agosto 1938 (ivi, b. 59, «Mancini Guido»).
25 Ibidem, cfr. lettera di Guido Mancini del 28 luglio 1939.
26 Ibidem, cfr. anche la lettera a Mancini
del 4 febbraio 1939. Decisamente fallimentare era il bilancio
di un'altra iniziativa editoriale fortemente voluta dal partito
e posta, anche questa, sotto gli auspici del segretario Starace,
l'Enciclopedia del libro, un'opera che doveva mettere in
evidenza le benemerenze bibliografiche del fascismo e che invece
si era rivelata una vera e propria catastrofe sul piano degli
investimenti, tanto da spingere Mondadori a ipotizzare una disdetta
dell'edizione. Il 4 aprile 1940, Mondadori ne scriveva in proposito
al solito Mancini, offrendo ad un eventuale altro editore che
avesse voluto assumere l'iniziativa lo sconto del 60% sul prezzo
di copertina di ciascun libro. «L'Enciclopedia del libro
- scriveva - è del tutto passiva» e «il risultato
delle vendite è purtroppo lontano dal compensare le spese»
(cfr. lettera a Mancini del 27 marzo 1940). Da un resoconto conservato
ricaviamo il seguente prospetto delle vendite e delle giacenze:
autore | opera | |||||
tirate | vendute | giacenti | ||||
Apolloni | Guida alle Biblioteche | lug. | '39 | 1.507 | 1.044 | 463 |
Burgada | I libri rari | giu. | '37 | 1.080 | 1.966 | 114 |
Calcagno | Biblioteche scolastiche | giu. | '38 | 1.508 | 1.072 | 436 |
Costa | Codice biblioteche | feb. | '37 | 1.504 | 1.070 | 434 |
Dorini | Storia commercio librario | gen. | '39 | 1.501 | 1.902 | 599 |
Fava | Manuali incunabuli | dic. | '39 | 1.513 | 1.906 | 607 |
Gabrieli | Notizie statistiche | feb. | '36 | 1.108 | 1.892 | 216 |
Gallo | Le malattie del libro | dic. | '35 | 1.060 | 1.035 | 25 |
Camerani | Uso pubblico biblioteche | apr. | '39 | 1.517 | 1.882 | 635 |
Madaro | Bibliografia fascista | dic. | '35 | 1.119 | 1.855 | 264 |
Pinto | Bibliografie nazionali | nov. | '35 | 1.126 | 1.932 | 194 |
Squassi | Biblioteca popolare | nov. | '35 | 1.104 | 1.924 | 180 |
Tra le cause di questo fallimento Mondadori annoverava il venir meno da parte del ministero dell'Educazione nazionale agli impegni precedentemente assunti di acquisto di un adeguato numero di copie. Ne scriveva a Guido Mancini fin dal marzo 1938: «Il mancato assorbimento da parte del Ministero dell'Educazione Nazionale del prestabilito numero di copie che almeno parzialmente avrebbe coperto gli oneri dell'edizione ha reso piú difficile il nostro compito» (cfr. AFM, Fondo Arnoldo, b. 80, «Pnf», lettera del 5 marzo 1938).
27 Ibidem.
28 Cfr. Decleva, Mondadori, cit., pp. 210 sgg. Si veda anche Ph. V. Cannistraro, La fabbrica del consenso. Fascismo e mass media, Roma-Bari, Laterza, 1975.
29 Per queste cifre è da vedere Decleva, Mondadori, cit., p. 212. Sul libro di Badoglio, il rimando lí contenuto a P. Pieri, G. Rochat, Pietro Badoglio, Torino, 1974, pp. 716 sgg.
30 AFM, Fondo Arnoldo, b. 15, «Bottai Giuseppe», lettera a Bottai del 30 dicembre 1936.
31 Ibidem. Il successo di Badoglio comunque non si ripeté per gli altri libri della stessa collana. Decleva nella sua biografia mondadoriana ricorda i livelli mediocri cui si attestarono Sem Benelli, Io in Affrica, che, se esaurí la prima edizione di quattromila copie, con la seconda non superò le tremila. Anche meno vendette Vittorio Beonio Brocchieri con Cieli d'Etiopia. Stessa sorte per Ual Ual di Roberto Cimmaruta e Tre anni a Gondar di Raffaele di Lauro. «Non ottenne alcun successo» Quirino Armellini, già luogo tenente di Badoglio in Africa, con Con Badoglio in Etiopia (cfr. Decleva, Mondadori, cit., p. 213).
32 AFM, Fondo Arnoldo, b. 97, «Starace Achille». Sui rapporti tra Mondadori e Graziani si veda Decleva, Mondadori, cit., pp. 215-216.
33 Si veda G. Pedullà, Il mercato delle idee, Bologna, Il Mulino, 1986.
34 Ibidem.
35 «L'altro autentico best-seller mondadoriano di quei mesi riferito alla guerra d'Etiopia fu in ogni caso La marcia su Gondar, a firma del segretario del P.N.F. e luogotenente generale della Milizia Achille Starace» (Decleva, Mondadori, cit., p. 213).
36 AFM, Fondo Arnoldo, b. 97, «Starace Achille», cfr. lettera a Raffaele Mattioli, Banca commerciale italiana, dell'8 dicembre 1936.
37 Il 28 gennaio 1937, Mondadori scriveva a Starace inviandogli 100 esemplari dell'edizione fuori commercio perché fossero distribuiti in dono ai funzionari della direzione del partito. Il 26 aveva scritto a Piero Parini, direttore generale dei Fasci all'estero: «Cara Eccellenza, il comune amico Gr. Uff. Antongini mi ha riferito del colloquio avuto con Lei e della fervida adesione Sua al programma di diffusione tra gli iscritti ai Fasci all'Estero del volume di S.E. Starace La marcia su Gondar. Conformemente alle intese intervenute col Gr. Uff. Antongini stesso Le sarò grato di farmi pervenire l'elenco dei Fasci che da Lei dipendono e possibilmente il testo della circolare inviata ai medesimi, che ci permetterà il contatto diretto con le singole Segreterie per la piú vasta e sollecita diffusione della fascistissima opera» (ibidem).
38 Ibidem, tutte le lettere circolari alle varie federazioni sono conservate nel fascicolo.
39 Ibidem.
40 Mondadori se ne lamentava in una lettera del 17 marzo 1937 a Guido Mancini, che curava per conto del partito l'edizione dell'opera, chiedendo un incontro per «riparlare [...] compiutamente di tutto ciò» (ibidem).
41 Cfr. lettere del 30 dicembre 1936 e dell'8 gennaio 1937 (ibidem).
42 Cfr. la lettera di Arnoldo Mondadori al segretario federale dell'Irpinia, datata 15 maggio 1937 (ibidem).
43 Ibidem.
44 La lettera di Mancini è del 21 dicembre 1936, entrambe si trovano ivi, b. 59, «Mancini Guido».
45 Ivi, b. 97. Nell'ordine sono elencate la data della lettera inviata da Mondadori, la federazione destinataria, il quantitativo delle copie ordinato da ciascuna.
46 A proposito del Libro del fascista, Mondadori scriveva al segretario del Pnf il 4 gennaio del 1940: «Voglia V.E. comunicarmi se penserà direttamente il Comando Generale della M.V.S.N., che da Voi dipende alla raccolta degli ordini o se dobbiamo provvedere noi. In tal caso mi sarebbe necessaria una Vostra lettera di presentazione a tutti i comandi dipendenti». La scuola era, in questo caso, il canale fondamentale. Il 25 gennaio 1943, Giuseppe Bottai in qualità di ministro dell'Educazione nazionale emanava un'apposita circolare per sollecitare un maggiore impegno nella diffusione del Libro del fascista nella scuola. La circolare era indirizzata ai regi provveditori agli studi, ai presidenti degli istituti di istruzione artistica e per conoscenza al segretario del Pnf, ministro segretario della Gil e alla casa editrice Mondadori: «Desidero richiamare la Vostra attenzione - affermava il ministro - sulla circolare n. 40932 del 20.1.1942.XX con la quale vi ho chiesto di continuare a svolgere opera di propaganda a favore del PRIMO E SECONDO LIBRO DEL FASCISTA. Per effetto di tale propaganda la diffusione avuta da questa pubblicazione può considerarsi soddisfacente. Ma non si può affermare di avere raggiunto quella diffusione totalitaria che è desiderabile per un'opera come quella in parola che contribuisce validamente a formare e a mantenere negli alunni una coscienza e un carattere fascisti. È annunciata ora una nuova edizione, completamente rinnovata ed ampliata, sotto la denominazione di "LIBRO DEL FASCISTA" cosí costituito: il Primo libro - che sviluppa i concetti sull'ordinamento, le istituzioni e le organizzazioni del Regime Fascista; il Secondo libro - che presenta e sviluppa i problemi e le leggi di carattere razziale; il Terzo libro - che costituisce una sintesi storica da Roma fino alle origini e all'opera del Fascismo. Il volume di 304 pagine è posto in vendita al prezzo di L. 7 nette la copia. Vi prego pertanto di riprendere attivamente l'azione finora svolta a favore della suddetta pubblicazione e di darmi a suo tempo notizia dei risultati conseguiti» (ACS, Ministero della Pubblica istruzione, Direzione generale accademie e biblioteche [d'ora in poi MPI, Dir. gen. acc. e bibl.], b. 215, div. I, «Circolari emanate dal Gabinetto dell'Ecc. il Ministro»).
47 Si vedano F. Ciarlantini, Vicende di libri e di autori, Milano, Ceschina, 1931, in particolare pp. 27-39, e A. Mondadori, Il libro e le sue finalità politiche, culturali ed economiche, Resoconto stenografico della lezione tenuta la sera del 19 maggio 1927-anno V, Milano, Istituto fascista di cultura, s.d.
48 Cfr. L'Ente Nazionale per le biblioteche popolari e scolastiche. Scopi, attività, organizzazione, sviluppo, pubblicazione a cura dell'Enbps, Roma, s.d., p. 9.
49 Maria Luisa Betri che ha studiato i documenti dell'Enbps cosí definisce i rapporti con gli editori: «Nel rapporto Enbps-industria editoriale si ha comunque l'impressione che, nonostante l'opera assistenziale orientasse le richieste delle biblioteche o acquistasse direttamente per l'invio alle medesime, piuttosto che condizionare, fosse al contrario condizionata dall'editoria che destinava spesso a questo segmento di mercato la sua produzione meno commerciale» e cita l'episodio di Mondadori che, nel 1935 aveva riservato per le biblioteche piú povere, con grande risalto da parte dell'organo dell'Ente, «La parola e il libro», «le copie di sue edizioni provenienti da rese e dichiarate "fuori commercio"» (cfr. M.L. Betri, Leggere, obbedire combattere. Le biblioteche popolari durante il fascismo, Milano, F. Angeli, 1991, p. 83 e n.).
50 Ancora M.L. Betri ricorda come il consiglio dell'Ente dichiarasse apertamente nel '36 di aver attinto, per i pacchi dono e gli speciali, a «buone giacenze di magazzino» (Leggere, cit., p. 84).
51 E. Apolloni, Le biblioteche popolari italiane attualmente esistenti, in III Congresso dell'Associazione Italiana Biblioteche (Bari 20-22 ottobre 1934), in «Accademie e biblioteche d'Italia», VIII, 1934, n. 6, p. 578. Sulla rilevazione statistica delle biblioteche italiane, intrapresa nel 1927, si veda E. Apolloni, Statistica delle biblioteche italiane, in Primo Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia, Atti, Roma, Ministero dell'Educazione nazionale, 1931, vol. IV, pp. 249-252.
52 Il vero nodo che nessun progetto di riforma presentato
nel ventennio riuscí a sciogliere era costituito proprio
dalla questione del finanziamento. Nel dll n. 1521 del 2 settembre
1917 che continuava, ed avrebbe continuato per tutta la durata
del fascismo, ad essere la legge di riferimento in questo settore,
si faceva obbligo ad ogni comune di istituire una biblioteca popolare,
ma non si davano indicazioni precise circa i mezzi concreti che
l'avrebbero dovuta sostenere. Nei fatti si gravava il bilancio
delle municipalità di una spesa che non sempre erano in
grado di sopportare. Lo schema di riforma elaborato dalla neo
costituita Direzione generale delle accademie e biblioteche, nel
1928, ribadiva sostanzialmente questo limite della legislazione,
cfr. Il riordinamento delle biblioteche popolari (relazione
della Direzione Generale delle Accademie e Biblioteche al ministro
Fedele), in «Accademie e biblioteche d'Italia»,
I, 1928, n. 4, pp. 5-10; non molto diversa la strada intrapresa
con il t.u. del 14 settembre 1931 sulla finanza locale che poneva
fra le spese di carattere obbligatorio anche quelle fatte per
costruire ed alimentare le biblioteche popolari, cfr. per una
valutazione entusiasta di questo provvedimento P.S. Leicht, in
III Congresso, cit., p. 535; toccava a Bottai, dopo l'intenso
lavoro preparatorio svolto da vari organi ministeriali nel corso
degli anni Trenta, varare una nuova legge sull'ordinamento generale
delle biblioteche che affrontava in termini originali il problema
del finanziamento, facendo leva sulla solidarietà finanziaria
che si doveva stabilire tra Comune e Provincia, eventualmente
consorziati con altri enti, per la gestione degli istituti della
pubblica lettura. Ma si era nel 1941, la guerra ne impedí
l'attuazione. La legge era la n. 393 del 24 aprile 1941, cfr.
M.L. Betri, Leggere, cit., pp. 134-135. Si veda in particolare
la nota 98 a p. 134 sulle commissioni istituite nel corso degli
anni Trenta, con l'incarico di varare la riforma delle biblioteche.
Sulla legge del 1942 si possono leggere G. Cecchini, Le biblioteche
comunali e provinciali e la legge del 1941, in «Accademie
e biblioteche d'Italia», 1951, n. 5-6, pp. 271-280; V. Fainelli,
L'applicazione della legge 24 aprile 1941, n. 393: disposizioni
concernenti le biblioteche dei comuni capoluogo di provincia,
ivi, 1953, n. 2-3-4, pp. 200-203.