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Il poeta di Tresnuraghes

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Dal socialismo al fascismo: la coerenza politica di Moretti.

Il poeta di Tresnuraghes, ha aderito per diversi anni alle battaglie dei socialisti riformisti, per poi diventare un simpatizzante del movimento sardista e, infine, del Partito Fascista. Il progressivo “spostamento a destra” di Moretti nella sua difficoltà interpretativa, offre numerosi spunti di riflessione. Si potrebbe ipotizzare che il poeta fosse un opportunista, sempre pronto a saltare sul carro del vincitore, ma questa considerazione rivela la propria superficialità non appena messa in rapporto con la radicale ed esplicita opposizione di Moretti alle vecchie classi politiche dominanti. Si potrebbe anche sostenere, come qualcuno ha fatto, che Moretti non avesse mai avuto un ideale politico.

Personalmente non condivido questa posizione: le opere Su Gridu de su Minadore, Boghes de Sardigna, Sa Campana Sarda e Mussolini in Sardigna , che hanno scandito gli spostamenti di Moretti in seno ai vari movimenti politici, sono legate tra di loro dal medesimo filo logico, come di seguito dimostrerò. A mio avviso, per arrivare a conclusioni corrette, è necessario valutare l’intera esperienza di Moretti, considerando la possibilità di un’evoluzione del suo pensiero alla luce delle condizioni politiche, economiche e sociali della Sardegna dell’epoca.

Propongo di seguito un brano, tratto dalla relazione del nazionalista Enrico Corradini al congresso Costitutivo dell’Associazione Nazionalistica di Firenze nel 1911. Ci permetterà di cogliere, nei tratti comuni tra nazionalismo e socialismo, l’evoluzione del pensiero di Moretti e di comprendere in che modo questi, nelle sue scelte politiche, abbia mantenuto una sostanziale coerenza:

[...] “Dobbiamo partire dal riconoscimento di questo principio: ci sono nazioni proletarie come ci sono classi proletarie; nazioni, cioè, le cui condizioni di vita sono con svantaggio sottoposte a quelle di altre nazioni, tali quali le classi. Ciò premesso, il nazionalismo deve anzitutto batter sodo su questa verità: l’Italia è una nazione materialmente e moralmente proletaria. Ed è proletaria nel periodo avanti la riscossa, cioè nel periodo preorfanico, di cecità e di debilità vitale, sottoposta alle altre nazioni e debile, non di forze popolari ma di forze nazionali. Precisamente come il proletariato prima che il socialismo gli si accostasse. I muscoli dei lavoratori eran forti com'ora, ma che volontà avevano i lavoratori di elevarsi? Erano ciechi sul loro stato. Or che cosa accadde quando il socialismo disse al proletariato la prima parola? Il proletariato si risvegliò, ebbe un primo barlume sul suo stato, intravide la possibilità di mutarlo, concepì il primo proposito di mutarlo. E il socialismo lo trasse con se lo spinse a lottare formò nella lotta la sua unione, la sua coscienza, la sua forza, le sue stesse armi, il suo nuovo diritto, la sua volontà di vincere, il suo orgoglio di stravincere lo portò a dettar la sua legge di classe alle altre classi, alla nazione, alle nazioni. Ebbene, amici, il nazionalismo deve fare qualcosa di simile per la nazione italiana. Deve essere, a male agguagliare, il nostro socialismo nazionale. Cioè come il socialismo insegnò al proletariato il valore della lotta di classe, così noi dobbiamo insegnare all'Italia il valore della lotta internazionale”. [...]

Prendendo in esame alcune strofe di Moretti, tratte dalle già citate opere politiche, e confrontandole con il testo di Corradini, possiamo seguire più direttamente l’evoluzione del pensiero del poeta. L’ottava che segue è tratta da Su Gridu de su Minadore del 1904. Moretti si rivolge ai minatori sardi e li esorta ad unirsi, e per difendersi dai soprusi degli impresari minerari. Gli operai sardi, percepivano un salario inferiore a quelli “continentali”. La speranza di Moretti era dunque quella di vedere trattati i lavoratori con misuras e pesos uguales.

Issu nos narat cun boghe sonora
sos tortos chi nos faghen e offesas.
Comente nos sfrutan a dogn’ora
sos Capos de industria e Impresas.
Nos faghet bider visibile ancora
sas retzas de ingannu a nois tesas...
e nos esortat a nos ravvedire
a formare una Lega e nos unire.

Già da Su Gridu de su Minadore, Moretti si rende conto che non sono solo i minatori ad essere oppressi, ma l’intera popolazione sarda. Nel 1919, con Boghes de Sardigna, addita la classe politica corrotta quale responsabile della condizione di sottosviluppo e subalternità dell’isola. L’unione dei sardi nella lotta politica, secondo il poeta, può portare la Sardegna al pari delle altre regioni italiane, come traspare da questa ottava:

Giovanos ch’apent una sola insigna
Un’unica bandela cumbattente
Ch’intender fettant a su Continente
chi sa fertile terra 'e Sardigna
De s'Italia est vera terra digna
E si cheret tratada umanamente
ca sos sardos no an versadu invanu
Su samben pro su regnu italianu

Mussolini prese il potere nel 1922. Il fascismo, doveva parte del suo successo al fatto di presentarsi come il paladino della riscossa nazionale. Naturalmente, ad una posizione di rilievo dell’Italia nella politica europea, avrebbero dovuto corrispondere dei vantaggi per tutta la popolazione, sardi inclusi. Moretti ne era convinto: riteneva che lo Stato Italiano, avesse finalmente ottenuto un certo credito presso i più potenti stati europei, e la Sardegna avrebbe potuto giovarne. Ecco perché, in questa strofa di Mussolini in Sardigna, del 1923, il suo pensiero si estende in un ambito così ampio.

Opera de su Fasciu est meritoria
sa Libertade ch'oe respiramos,
est pro Virtude de Su Fascismu ch'amos
rivalutada sa grande Vittoria;
e de su Fasciu est s'onore sa Gloria
s'a sos grandes Istados pareggiamos;
est de su Fasciu rneritu perfettu
s'in s' Esteru nos tenen pius cunzettu.

Come si è potuto osservare, gli ideali di uguaglianza, democrazia, solidarietà, non violenza, liberazione degli oppressi, insieme alla rivendicazione della sardità, costituiscono una continuità di pensiero nelle sue opere. A riprova di tutto ciò, si può tranquillamente affermare che la seguente strofa, tratta da Su Gridu de su Minadore,potrebbe indifferentemente far parte di Boghes de Sardigna, di Sa Campana Sarda o Mussolini in Sardigna

Non delitos,omicidios nè male,
in paghe,in amore e fratellantzia;
unidos in partidu solidale
e bene organidzados in sustantzia.
Cun s'arma de s'ischeda eletorale
Otenimos sa nostra maggiorantzia.
E a s’ora tenimos e gosamos
Su chi oe nos furan e no amos
.

E’ chiaro che la questione non si risolve unilateralmente in questa interpretazione; le cause che hanno contribuito alla progressiva “svolta a destra” di Moretti, sono molteplici: bisogna ricordare che a partire dalla prima metà degli anni 20, all’interno del P.N.F., iniziarono a confluire numerosi esponenti del P.S.d’Az (tra i quali figuravano Pili e Putzolu), con l’ambizioso programma di creare un Sardismo fascista e di operare una politica a favore della Sardegna. Moretti, vide di buon occhio la fusione del P.S.d’Az in seno al P.N.F, poiché riteneva che “solu in su Fascismu est sa salvesa”, l’antidoto “contra sos chi traman dogni offesa”.

Come risulta evidente, la primitiva carica rivoluzionaria fascista, aveva saputo cogliere ed indirizzare a proprio favore la diffidenza dei sardi nelle istituzioni, lasciando intravedere l’opportunità di liberarsi definitivamente di quella che oramai era definita da molti sa camorra: la vecchia classe politica. G.M.Muroni ricorda che “a Tresnuraghes, l’amministrazione comunale era in mano, quasi ininterrottamente per quarant’anni, al cavalier Ferdinando Zedda, che aveva reso la vita tanto difficile a Moretti e all’amico Gavino Marras”. Quest’ultimo, nel 1922, dopo un lungo esilio in Argentina, poté finalmente ritornare a Tresnuraghes e scrivere:“ Gli insidiosi consiglieri a me fatali erano stati intanto dispersi e il sindaco costretto a rifugiarsi” [...]

Ecco l’avvento del Fascismo liberatore, restauratore anche della Giustizia, corrotta in Sardegna. Bisogna ammettere che Marras non aveva valutato correttamente il fenomeno, o sbagliò la punteggiatura: il fascismo era il “restauratore della Giustizia corrotta in Sardegna”, poiché sostanzialmente aveva riportato al potere, seppur con una nuova veste politica,quella che Moretti aveva definito sa camorra. Dopo alcuni anni infatti, Marras ebbe modo ancora una volta di scontrarsi con i nuovi amministratori di Tresnuraghes, diretti discendenti di Zedda.

Ultimo aggiornamento: 21/08/03

- Realizzato da Francesco Cadoni -