IL RE ARCHITETTO: DECADENTISMO E STORICISMO NELLA PERSONALITA' ARTISTICA DI LUDWIG II

ARCHITETTURA E TEATRO

                                              
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Ludwig II in veste di gran maestro dell'Ordine di San Giorgio impartisce la collata
"Furono suonati brani di antiche melodie, dolce incantesimo che non può scomparire per sempre, sogno felice che non dovrebbe cancellarsi, o splendida, sacra età della vera, genuina cavalleria, glorioso Medioevo pieno di spirito divino." (dal diario di Ludwig) (Herre)

CYRANO
J'errais dans un méandre ;
J'avais trop de partis, trop compliqués, à prendre ;
J'ai pris...

LE BRET
Lequel ?

CYRANO
Mais le plus simple, de beaucoup.
J'ai décidé d'être admirable, en tout, pour tout !

(E. Rostand, Cyrano de Bergerac, atto I, scena V)

Sebbene il personaggio di Cirano sia stato creato da Edmond Rostand dieci anni dopo la morte di Ludwig, esso  può illuminarci sul rapporto che il re coltivava con il teatro, dato che, come il famoso cavaliere francese vissuto all'epoca del Re Sole, il sovrano bavarese tentò di "travestire" la propria vita per sottrarla alla "viltà" dei tempi, sognando nella poesia e nella rappresentazione quell'assoluto che l'esistenza nega al genere umano. Parte integrante delle realizzazioni di Ludwig fu, infatti, tale forte componente teatrale e scenografica presente nelle sue architetture: sappiamo con certezza che egli volle progettare personalmente

alcune scenografie per le opere di Wagner e per le opere teatralipiù amate come quelle di Shakesperare o Schiller, soprattutto se si trattava di rappresentazioni private.

 

RITORNO AL PASSATO

Le rappresentazioni private spesso erano dedicate all'epoca di Luigi XIV con ricostruzioni minuziose degli aspetti storici e delle ambientazioni artistiche. I testi teatrali erano generalmente elaborati da scrittori di corte e avevano scarso valore; Ludwig ne era consapevole e commentava: "Anch'io trovo che la commedia sia cattiva, ma vi spira l'aria di Versailles." (Herre) ed era soprattutto questo l'aspetto affascinante. Di fatto esse servivano al re per immergersi totalmente nella creazione di quegli ambienti che avrebbero caratterizzato poi i suoi castelli ispirati a Versailles cioè Linderhof e Herrenchiemsee."È chiaro che il re," osservò lo storico dell'arte Michael Petzet, "ha commissionato molti drammi solo per vedere sul palcoscenico determinati luoghi, e singole scene furono allestite senza nessun nesso col dramma per essere mostrate prima o dopo una rappresentazione." (Herre)

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Ludwig abbigliato come Gran Maestro dell'Ordine di S. Giorgio

Talvolta egli giunse perfino ad interpretare personalmente alcuni personaggi, soprattutto i re. Dopotutto, scrivendo alla fidanzata Sofia - Elsa non si firmava Heinrich, ricordando il re Enrico l'Uccellatore del Lohengrin? Per Ludwig il teatro era una modalità espressiva insostituibile, era fuga, sogno e ideale, un luogo quasi metafisico dove le idee potevano prendere forma e materializzarsi, per questo si confondeva a tutti gli effetti con l'architettura e con l'arte in quanto tale: questo spiega i suoi comportamenti estremi  come, appunto, l'allestimento di opere teatrali solo per se stesso. Attraverso di esse Ludwig poteva "studiare" le sue soluzioni architettoniche, provarle, metterle in scena. Come spesso accade negli orientamenti artistici del Decadentismo troviamo un rapporto sinestesico tra le arti, un sistema di corrispondenze unitarie tra i diversi linguaggi. Questa sintesi del linguaggio artistico diventava per lui assolutizzata, una ragione di vita totalizzante, una forma di rappresentazione totale dell'esistenza di importanza vitale tanto che, come è noto il re non si fermò neppure di fronte al dissesto finanziario prossimo alla catastrofe: non poteva fermarsi. Un atteggiamento che ricorda certe tendenze ossessive o autodistruttive di altri artisti "maledetti". L'aspetto teatrale della sua arte è evidente un po' dappertutto, ma è essenziale soprattutto nei giardini d'inverno e nella grotta di Venere dove la luce artificiale con filtri colorati diventa la protagonista fondamentale. Anche il cambiamento delle luci è un palese riferimento all'allestimento teatrale come del resto lo è per la luna artificiale di Hohenschwangau che sottolinea lo scorrere del tempo attraverso il mutare delle sue fasi: un tempo totalmente rappresentato, scandito dall'illusione del teatro.

 

TRAVESTIRE LA VITA

Come spesso accade in molti artisti di fine secolo, il teatro si accompagna a fenomeni di immedesimazione nella rappresentazione fino al travestimento. Sebbene questo aspetto sia stato uno dei più discussi della personalità di Ludwig, bisogna ricordare che l'idea di attualizzare e rivivere in prima persona scene e ambientazioni del passato è un fenomeno già tipico di tutto l?Ottocento e in particolare della seconda metà, connesso allo storicismo. Si "travestivano" già i Nazareni, i quali usavano abiti e pettinature di origine medievale. Essi si comportavano e si atteggiavano come dei monaci manifestando così il loro consapevole rifiuto della società contemporanea. Questa tendenza continuò poi nella poetica dei Preraffaelliti: infatti  molto spesso i protagonisti dei dipinti storici erano in realtà gli autori stessi con il loro entourage: le loro donne, i familiari, gli amici, in una sorta di teatro dipinto con l'accurata ricostruzione di ambienti e costumi tratti da repertori ottocenteschi.Se Dante Gabriele Rossetti si identificava a tal punto col personaggio Dante da considerare la vita del

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Lohengrin  atto III, scena finale

poeta come una allegoria della propria, Ludwig elaborò questo stesso processo di simbolica identificazione con la personalità di Luigi XIV o di Lohengrin e Parsifal.

 

SCENOGRAFIA E PERFORMANCE

Quelle di Ludwig possono essere considerate delle performance di tipo moderno: la sua è un'arte-allestimento, dove il gesto e la costruzione dell'ambientazione diventano parte integrante dell'opera. Si assiste così alla creazione di uno spazio - mito dove l'evento è l'artista medesimo, il suo divenire, il suo esplicare l'atto creativo nel suo stesso farsi così tutto si sublima nel gesto assoluto dell'arte. 
Questo ritorno idealistico ad un passato dai forti accenti figurali, ma unito inscindibilmente al presente e alla modernità è uno dei tratti tipici dell'arte della seconda metà dell'Ottocento.Un'arte simbolica che spesso tende a distinguersi per il messaggio fantastico dell'insieme, ma manifesta un certo gusto realistico dei particolari: come possiamo constatare, per esempio,

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V. Heckel, L'arrivo di Lohengrin dipinto del Castello di Neueschanstein

nel dipinto di Millais "Ophelia" dove sono descritte minuziasamente le molte specie di piante e fiori che coprono il corpo della fanciulla (gusto botanico rintracciabile anche, per esempio, in molte liriche del Pascoli e nella poesia alcyonia di D'Annunzio). Allo stesso modo è nota l'attenzione ai dettagli realistici con cui Ludwig osservava le tele commissionate. Basti pensare alla famosa lettera nella quale il suo segretario invitava il pittore a cambiare la forma dei cigni per la tela del Lohengrin nel castello di Neuschwanstein perché secondoil sovrano, che li aveva visti nuotare dall'infanzia, essi avevano nella realtà proporzioni e movenze diverse. Inoltre anche foresta incantata di Klingsor nella parete di fondo della sala dei Cantori a Neuschwanstein è qualcosa di simile ad un vero trompe-l'oeil e, nello stesso tempo, è una quinta teatrale vera e propria.  Nella sua architettura appare essenziale la creazione di uno "spazio vitale", una sorta di oasi lontana dalla industrializzazione e dallo sfruttamento commerciale della bellezza, tale idea può essere anche alla base del rifiuto di dare pubbliche rappresentazioni delle opere che allestiva, come se volesse strapparle ad ogni condizionamento contingente e soprattutto da ogni possibile sfruttamento a fini pratici, come - ci sia consentito il paragone - un artista concettuale ante litteram. La creazione di uno spazio che diventasse una sua dimensione vitale è tipico di tutti i suoi castelli e padiglioni di caccia, e corrisponde, portandola sul piano dell'arte, alla sua esigenza assoluta di un rapporto privilegiato con la natura incontaminata, silenziosa e deserta. I suoi castelli hanno la stessa funzione del suo rapporto con la montagna: sono luoghi di meditazione e di silenzio, di elevazione dello spirito, e anche le creazioni più estrose e sovraccariche partecipano fondamentalmente di questa dimensione personale e intima: infatti, al contrario di quanto avveniva nel passato, le grandi sale da parata della nuova Versailles a Herrenchiemsee erano costruite soltanto per l'autore stesso in un dialogo costante ed esclusivo con il passato. Non erano certo, come era avvenuto per la "vera" Versailles, sale di rappresentanza che dovevano mostrare la potenza del sovrano ai propri sudditi e la sua distanza da essi. Il distacco di Ludwig dagli altri, ciò che lo facevasentire sempre "uno straniero" era la sua ricerca continua, la sua insopprimibile esigenza del sublime. Ma proprio perché le sue architetture rappresentano soprattutto una creazione dell'intelletto, un'espressione inventiva e poetica fine a se stessa, esse sono ambienti virtuali, percepiti e vissuti come tali. Sono la materializzazione di un pensiero e il loro valore sta in alcuni casi soprattutto nella loro costruzione più che nell'uso poiché attraverso queste opere Ludwig creava il suo personalissimo mondo poetico.

 

IL PASSATO E L'EFFIMERO

Ecco per quale motivo, quindi, le sue architetture sono generalmente concepite come scenografie teatrali riconoscendone implicitamente con struggente lirismo la caducità e l'irrimediabile scomparsa: a Ludwig interessava dare forma ad uno spazio fin nei minimi dettagli, creare un ambiente, un tempio, uno specchio per la sua anima, che totalmente gli appartenesse, fino alla progettazione della più minuta decorazione e ornato, ma due dei suoi tre castelli sono incompiuti e ciò non è casuale. Egli ne allestiva generalmente soltanto alcune parti per passare poi ad altri progetti ed esperienze. Ogni costruzione era per lui contemporaneamente una esperienza storica, artistica e spirituale: la passione con cui curava ogni dettaglio, ogni ornato, gli innumerevoli disegni e schizzi, la ricerca della perfezione, segnalano un atteggiamento esclusivo nei confronti dell'arte come una totale necessità espressiva. Si noti anche l'ossessione quasi feticistica per gli oggetti antichi o ispirati all'antico, come se in essi fosse racchiuso il potere di resuscitare le epoche del passato con la loro stessa presenza, come se potessero mettere nuovamente in contatto con il mondo della storia e dell'idea in una continua richiesta al passato di risolutive verità. Analogo atteggiamento dimostrano, infatti, altre personalità di esteti, come D'Annunzio con la sua incapacità di resistere alla potenza estetica dell'oggetto o Huysman ( si pensi alla ossessione per gli arredamenti che troviamo in Controcorrente).
La creazione di un castello era un'esperienza mistica, l'unione con un passato nel quale credere ancora, al di là del vile presente, ma al contrario dei Nazareni del primo '800 che si illudevano di rivivere totalmente quei valori, Ludwig, come molti decadenti, è consapevole della loro morte irrevocabile. Quella morte è il teatro. L'assoluto romantico si può ormai soltanto rappresentare nell'arte, ma non si può più vivere. Il tempo del mito è irrimediabilmente finito mentre avanza l'età della tecnica. Ecco come si spega quindi l'invasione  della scenografia nell'architettura. Un'architettura che vorrebbe essere vera, ma non può esserlo e resta cornice unica della sua illusione. Come troviamo negli scritti di Ruskin il passato non si può restaurare, si può soltanto conservare e se è distrutto bisogna accettare la sua rovina ed eventualmente grazie ai valori antichi creare qualcosa di totalmente nuovo. Ecco per quale motivo, al contrario di quanto aveva fatto Viollet-le-Duc la cui opera di restauratore Ludwig conosceva piuttosto bene (avendo visitato il restauro di Pierrefonds), il re rinunciò al restauro di Neuschwanstein per compiere, invece, la sua operazione totalmente mentale di ri-creazione del passato, della sua rappresentazione.

RAPPRESENTAR, MARAVIGLIAR

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Ludwig attore-spettatore nel giardino d'inverno della Residenz di Monaco. Dietro di lui il celebre fondale himalayano fatto dipingere appositamente dal re per fare da sfondo ai diversi padiglioni in stile orientale che vi sorgevano. Inoltre l'effetto spettacolare era amplificato da luci teatrali e spesso dalla presenza di un coro nascosto.

Abbiamo detto che Ludwig aveva una vera passione per l'ideazione di scenografie teatrali tanto che anche Neuschwanstein risulta ispirato nel suo aspetto esterno alla scenografia del Lohengrin fatta allestire dal sovrano alcuni anni prima. Come scenografiche sono le molte fontane volute dal sovrano nei giardini dei suoi castelli: che cosa c'è di più evanescente e spettacolare di una rappresentazione di giochi d'acqua? Il re amava stupire se stesso e gli altri: per Wagner organizzò l'arrivo di Lohengrin sul lago alpino a Schwangau, interpretato per l'occasione dal principe Turm und Taxis allora suo aiutante di campo. Egli stesso possedeva un costume del Lohengrin e si dice che talvolta si facesse arrivare segretamente i costumi in stile Luigi XIV dal teatro di Monaco. E nello stesso stile egli faceva abbigliare i valletti durante le sue corse notturne in slitta o in carozza. Ma i suoi servitori potevano diventare, poi, turchi nella casa marocchina e antichi Germani nella capanna Hunding. Così amava stupire i suoi ospiti con arcobaleni, luci variopinte e fondali himalaiani nel giardino d'inverno della Residenz di
Monaco come ricorda la nota testimonianza della contessa Maria Larisch   nel suo libro di memorie My past.  Soprattutto nei padiglioni di caccia l'effetto scenografia appare nella massima evidenza con il ricorso al famoso trono con le code id pavone e lo sfondo oro privo di spazio e tempo definiti.  Ma anche l'incompiutezza è forse il segnale di questo legame:Herrenchiemsee è una scenografia teatrale permanente dove rivivere lo spazio ideale dell'arte e della storia, ma è contornato dai nudi interni ancora al grezzo che fanno di questo luogo una sorta di "velo di Maya" posto sulla caducità delle cose umane. Qualcuno potrebbe obiettare che attualmente i suoi castelli risultano incompiuti a causa della sua prematura scomparsa, ma questo è vero fino ad un certo punto perché, come abbiamo detto, egli si concentrava soprattutto sull'idea  della creazione di uno spazio simbolico, mettendo in secondo piano il definitivo compimento dei lavori: basti pensare che al momento della morte stava già lavorando ad almeno tre nuovi progetti di edifici diversi. Il suo ideale di rappresentare la storia, rivivendola come purificata dalla violenza del tempo, restituendola anche solo per un attimo alla grandezza del passato è l'eccezionale impresa di Herrenchiemsee, che non va letta come una riproduzione, ma come una rifondazione ideale di quello spazio mentale distrutto dalla Rivoluzione francese. A ben guardare gli interni risultano uguali solo apparentemente: lo scalone d'onore è qualcosa che rivive dal passato in maniera del tutto autonoma visto che a Versailles non esiste più, ma non si dimentica il tempo che ormai divide il passato dal presente e perciò il tetto di questo meraviglioso ambiente è in costituito da una modernissima struttura tardo-ottocentesca in ferro-vetro che consente una inedita illuminazione dall'alto. Lo spazio qui è concepito come un ambiente-museo, come dimostra il ricorso appunto all'illuminazione dall'alto tipica di molte strutture museali. Inoltre l'ornamentazione è pensata e realizzata in modo originale come se ci trovassimo di fronte, appunto, alla rifondazione di Versailles, o meglio alla sua celebrazione e reincarnazione ideale. Accanto a quelle stanze "sacre" si trova l'appartamento del re coinvolto in un perenne dialogo con il passato, della sua meravigliosa scenografia permanente, ricreata, però, solo per un attimo, come l'illusione del teatro. Un momento nel tempo in cui lo spazio si può dilatare nell'arte e sprofondare nell'abisso dei secoli. Queste sale silenziose, mute testimoni della storia, fatte soltanto per essere vissute nella meditazione individuale ricordano le città del silenzio dannaunziane "che conducono all'infinito chi va solo Col suo pensiero ardente" a meditare sulle glorie del passato, sulle presenze che hanno segnato il corso del tempo, dove "i santi marmi ascendono leggeri /(...) come se gli echi Li animassero di anime canore." I castelli di Ludwig sono le sue "città morte", i suoi "Sepolcri" dove vivono le idealità del passato in stridente contrasto con la grettezza del presente, sono il suo volo dell'"Albatros" levato alto oltre il proprio secolo.

 

IL VERO E IL FALSO

Nei confronti della rappresentazione e delle sue stesse opere Ludwig aveva un rapporto contraddittorio perché, se da un lato si compiaceva della elaborata messa in scena che lo rendeva attore di una dimensione ideale, dall'altro lo scontro con la realtà del secolo faceva apparire ai suoi occhi falsi e inutili i suoi sforzi di dare vita al sublime. Ossessionato dall'ideale Ludwig si rendeva poi conto che il "vero" era però lontano ed inaccessibile, prigioniero per sempre della modernità, anche nella costruzione pratica e nell'impossibilità di utilizzare, per esempio i materiali da costruzione originali. Egli pretendeva l'assoluta autenticità, con un atteggiamento etico dell'architettura molto simile a quello esposto nella capitolo sulla "lampada della verità" dal teorico dell'architettura John Ruskin. Sebbene Ludwig rispetto a questo sforzo moralizzante di Ruskin avesse un atteggiamento più spregiudicato e aperto alle soluzioni tecniche più ardite (come nell'uso del ferro nelle strutture anche in vista) possiamo ritrovare la stessa cura per il materiale autentico. Cosa questa talvolta impossibile da mantenere nei castelli di Ludwig per i costi esorbitanti che in qualche caso avrebbe comportato. Ma l'ansia della falsità, del trucco lo perseguitava spesso perché rappresentava per lui un segno della mancanza di rispetto per quegli ideali che i suoi castelli volevano celebrare. E' nota la reazione di disgusto che il re provò ad Herrenchiemsee quando si accorse che le statue del giardino erano di gesso e i frutti negli aranci in vaso della sala degli specchi erano fissati con il fil di ferro.

 

LA SACRA RAPPRESENTAZIONE

I suoi castelli erano sacre rappresentazioni e come tali erano privati per eccellenza: una rappresentazione privata di se stesso e dei propri vagheggiamenti ideali, performance del proprio io.
Per quanto riguarda poi l'architettura vera e propria perché non ipotizzare un rapporto armonico tra l'asimmetria calcolata di Neuschwanstein e le opere di Wagner con la loro armonia "avvolta a spirale" intorno ad un tema centrale, la quale si manifesta in improvvisi e rapidi crescendo che sembrano salire fino al cielo e in spiranti silenzi soffusi di attesa e di meditazione? Non ci sarebbe quindi da stupirsi se il castello fosse basato su proporzioni muusicali, come del resto avveniva già per l'architettura medievale e gotica in particolare. La musica era considerata regina di tutte le arti perché esprimibile attraverso principi matematici e geometrici e quindi cosmici e sacri. A riguardo proprio mentre abbandonava forzatamente il suo castello Ludwig rimarcò la sacralità del luogo e chiese al suo servitore di tenerlo lontano da occhi curiosi. Certo coloro che oggi fanno visitare il castello con quella avvilente guida registrata su nastro non sanno che farsene delle sue ultime volontà e anzi, hanno snaturato gli interni: dai tappeti mai più ritrovati dopo la seconda guerra mondiale alla spoliazione dei mobili e arredi finiti nei magazzini per far posto alle quotidiane infornate di turisti. Una bella fabbrica di favole grondanti di miele formato famiglia... Per i piccoli uomini c'è sempre un'innocenza da perdere e un biglietto nullo da afferrare!

 

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