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Da Lotria a Bono


Case vecchie Storici e corografi sardi, affascinati dal desolante spettacolo, di un paesaggio disseminato di rovine di abitato, di vecchie chiese in aperta campagna profanate e diroccate, hanno condotto ricerche e studi per stabilirne l’origine e l’abbandono.
Vittorio Angius, in seguito a studi e ricerche, in un suo libro, afferma che il villaggio sardo nel corso della storia, ed in particolare nel Medio Evo, aveva la sconcertante abitudine di sparire, riapparire, disgregarsi e ricomporsi, in agglomerati compatti, perfino di cambiar sede, a causa della carenza di materiale umano determinato da un forte calo demografico da imputarsi a carestie e pestilenze. Fenomeno comune, in questo periodo, a tutta l’Europa.
A Bono, nel Goceano, si racconta che il villaggio di Lotria o Lorthia , a circa sette Km di distanza nella valle del Tirso, venne abbandonato in seguito a una paurosa epidemia. Dei superstiti, i più miserabili abbandonarono subito dopo le terre per “ andar raminghi per l’isola”, mentre certuni, persuasi che la strage venisse da Dio come punizione, dopo aver vinto la resistenza delle donne, restie a lasciare le loro case, decisero di trasferirsi in un nuovo luogo ai piedi del Monte Rasu dall’altra parte del fiume. Di lì avrebbero potuto vedere le loro case di un tempo e, più lontano, il monte Gonare considerato sacro.
Antico panorama Gli abitanti di Lotria, in effetti furono perseguitati da una serie di sciagure di sapore biblico: cavallette, carestie, malaria e pesti, perché si pensava che le loro case voltassero le spalle al sacro monte
Il nuovo borgo, battezzato Bidda Sana (villaggio salubre), s’ergeva in mezzo al bosco dove potevano rifugiarsi donne, bambini e greggi quando gli uomini dovevano scendere a valle per difendere le terre contro gli invasori.
Un secondo gruppo di emigranti da Lotria in seguito, si stabilì a poca distanza dai primi in un terreno meno scosceso e roccioso dal nome “Addae e Riu” (di là del fiume), sempre in rapporto al villaggio originario.
Ben presto anche i più restii fra gli scampati raggiunsero i loro compaesani, costruendo le capanne in un luogo vicinissimo ad “Addae e Riu” che battezzarono Bono Loco (Buon Luogo) . I due villaggi finirono per unirsi nell’odierno Bono.
Lotria fu senza dubbio centro medioevale, piuttosto florido (a testimoniarlo restano cinque chiese, di cui quattro in rovina). Inoltre, i due villaggi di Lotria e Bono coesistevano nei secoli XII e XIV e forse anche prima. San Michele la chiesa parrocchiale di Bono possiede una statua dell’Arcangelo scolpita da Tavero nel lontano 1085. Sia Bono che Lotria appaiono entrambi nelle Rationes Decimarum verso la metà del 1300, e furono rappresentati alla firma del trattato di pace di Eleonora d’Arborea col re di Aragona nel 1388.
Lotria venne effettivamente abbandonata probabilmente, solo verso la fine del secolo. Lotria si svuotò progressivamente in uno spazio di tempo relativamente lungo. E’ più che probabile che lo svuotarsi di Lotria in favore di Bono, fosse l’aria poco salubre del fondovalle paludoso, ma fu una sciagura, ben determinata, intorno al 1400 (il vaiolo nero), a provocare l’esodo definitivo.   

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