1500-1800






Nel 1599 Appennino emanò una propria legislazione con i suoi statuti che vengono conservati nel
"Museo della Nostra Terra" di Pieve Torina.  Nel 1502 l'inventario borgesco assegna alla comunità di Appennino 122 fuochi:
"Appennino è castello murato ha fochi n. CXXII.. item ha homine sopre XV anni n. CCL...".
La numerazione per fuochi della città e del contado di Camerino veniva di regola eseguita a scopo fiscale ogni quattro anni e nei Libri dei Focolari si registravano il numero delle "bocche" (calcolato in circa cinque persone per fuoco), il raccolto di grano e di vino di ciascun nucleo. L'aumento demografico fu progressivo fino al 1572, anno in cui si registra la punta massima di 703 bocche
divise fra 139 fuochi. La serie di carestie, cui si assistette nella seconda metà del 1500, ebbe sulla comunità di Appennino ripercussioni tali da sconvolgerne l'assetto sociale, economico e demografico in modo irreversibile: la popolazione diminuì di ben 35 fuochi tra il 1590 ed il 1594 passando a circa 293 abitanti.
La peste del 1656, sembra aver interessato nella Marca la sola San Severino, ma le condizioni igienico-sanitarie erano ovunque carenti. Ad Appennino infine non si verificò la ripresa demografica che si riscontra nel XVIII secolo un po' ovunque in Italia.
Così nel 1794 la popolazione della comunità raggiungeva appena 78 fuochi.
Il catasto del 1745 rileva la presenza, nel territorio di Appennino, di 122 stara di "sito dilavato"  (e 100 stara corrispondono a circa 5 ettari) e molto di questo sito era compreso nei terreni comunali, ove era più facile ottenere l'autorizzazione al dissodamento. La "ripresa" della seconda metà del 1700 non interessa, se non marginalmente, la nostra comunità perchè il popolamento dei secoli precedenti aveva comportato un disastroso sovraccarico agricolo e pastorale e la degradazione dei boschi e dei terreni. L'allevamento degli ovini era piuttosto diffuso nel nostro territorio, alimentando una fiorente arte della lana favorita dalla relativa prossimità ai centri di produzione e consumazione  quali Roma, Perugia, e Siena. Il bestiame bovino era piuttosto scarso, e poco bestiame significava anzitutto poca forza lavoro e poco concime per l'ingrasso dei campi, da cui derivavano i bassi rendimenti dei campi e l'impoverimento progressivo della terra.
Nei secoli XVII e XVIII le Marche pontificie non ebbero vicende storiche di rilievo finchè non furono prese dal turbine della rivoluzione francese. Con la battaglia di Marengo (1800) si ristabilisce il predominio di Napoleone che, smembrando il  residuo Stato Pontificio, annette le Marche al regno d'Italia.
Napoleone smembrò lo stato di Camerino nei cantoni di Camerino e Pieve Torina, quest'ultimo comprendeva Appennino.
Nel 1815 le Marche furono teatro dello sfortunato tentativo di Gioacchino Murat di unire la sua causa personale
a quella, prematura, dell'unità d'Italia. Restituite alla Chiesa esse divengono poi un focolaio di congiure e rivolte e partecipano ai vasti moti del 1831, 1848-49, 1859 fino alla loro definitiva annessione all'Italia.
Nel 1860 espressero la volontà, attraverso un plebiscito nazionale, di far parte del regno d'Italia.