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Antonio Ligabue (1899
- 1965)[1]
Vita, opere e stile
Antonio
Ligabue nacque a Zurigo nel 1899 da Maria Elisabetta Costa e venne denunciato
all’anagrafe come Antonio Costa. In seguito la madre si sposò con Bonfiglio
Laccabue. Non si è mai saputo se quest’ultimo fosse stato il suo patrigno o
addirittura il padre naturale. Affidato ad una coppia svizzero-tedesca, Antonio
modificò Laccabue in Ligabun, cognome con cui firmò molte opere. Dalla fusione
Laccabue-Ligabun il cognome divenne Ligabue.
In Italia si era già parlato di lui
nel periodo fascista, più precisamente nel 1931 nel giornale Il
lavoro Fascista, ma egli divenne senz’altro più famoso negli anni
Cinquanta, grazie allo scultore Mazzacurati. S’iniziò a parlare della sua
produzione artistica come di quella di un pazzo, citando ad esempio il primo
incontro tra lui e il suo scopritore (Mazzacurati), avvenuto circa trent’anni
prima. Mazzacurati descrisse nel suo articolo Pittori primitivi in Emilia il primo impatto con l’artista,
parlando di un Ligabue “vestito con una vecchia divisa da carabiniere…
imbottito di fieno per il gran freddo” e assolutamente timoroso nei rapporti
interpersonali. Mazzacurati riuscì a renderlo famoso: fino ad allora
l’artista era sempre sopravvissuto dipingendo insegne dei Luna Park, per fiere
paesane e su carrozzoni. Quando veniva dimesso dal manicomio di Reggio Emilia,
era solito pagare i suoi pasti con un dipinto. Nell’arte di questo pittore si
distinguono tre grandi fasi: la prima, con il rapporto animale/natura; la
seconda, nella quale l'artista ritorna al periodo dei macchiaioli, mantenendo
però il contorno delle figure. L’ultima fase invece è caratterizzata da
visioni violente (come cavalli imbizzarriti ) in contrasto a soggetti più
pacati, inseriti in un paesaggio idilliaco o addirittura infantile.
Quest’ultimo aspetto è comprensibile in un individuo disturbato come Ligabue,
tormentato da fantasmi parentali e personali.
Anche gli autoritratti possono dare
un’idea del suo carattere: osservando ad esempio la ferita alla tempia, sempre
riprodotta, dalla quale secondo lui stesso uscivano gli umori maligni. Ma anche
altri modi di comportarsi sono molto eloquenti: ad esempio il rubare il pane dai
tavoli dei ristoranti dove veniva invitato da gente influente, per paura di
soffrire la fame; il guidare senza patente, rabbonendo i vigili con un quadro; o
ancora le sue ire violente, o le sue turpi voglie quando spiava le donne chine
ai torrenti, intente a fare il bucato.
Di certo Ligabue era dotato di
un’eccezionale memoria visiva, altrimenti non avrebbe potuto realizzare
sculture come Toro o Orso e non sarebbe riuscito a rendere feroci le sue belve.
Probabilmente, grazie a Mazzacurati, Ligabue conobbe l’arte di Van Gogh,
realizzando parecchi autoritratti e dipingendo, come fece il pittore olandese,
un Autoritratto con cappello di paglia.
Dopo la sua morte, avvenuta il 27
maggio 1965 al ricovero Carri di Gualtieri, i prezzi delle sue opere aumentarono
di valore e molti disonesti vendettero dei falsi a sprovveduti collezionisti. I
quadri naiv infatti sono caratterizzati da un tratto semplice anche da imitare.
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