" Lungo i sentieri della follia"

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Arte

Egon Schiele (1890 - 1918)[1]

Vita

Egon Schiele nacque il 12 giugno 1890 a Tulln sul Danubio, una piccola località vicino a Vienna. Sin da giovanissimo dimostrò spiccate doti per il disegno e poca voglia di studiare e di legare con i suoi coetanei.

Nel 1901 venne iscritto al Realgymnasium di Krems, ma nel 1902 la sua famiglia si spostò a Klosteneuburg e lì venne iscritto come ripetente nella scuola locale, ma una seconda volta dimostrò scarsa attitudine agli studi. Il primo gennaio morì suo padre e venne quindi mantenuto dallo zio Leopold Czihaczek; nello stesso anno il suo insegnante di disegno lo spronò a coltivare la sua vena artistica.

L’anno successivo Egon riuscì ad entrare all’Accademia di Vienna grazie ai ritratti della madre, della sorella e di una domestica. Nel 1907 si recò a Trieste con la sorella e conobbe Gustav Klimt; venne da lui incoraggiato a proseguire la sua produzione artistica. Sarà nel 1908 che il pittore verrà colpito dall’arte klimtiana e in maggio-giugno esporrà alcune sue opere nella Kaisersaal nel convento di Klosteneuburg.

L’anno dopo andò in frantumi il rapporto con il direttore della scuola di disegno e lo zio smise di pagargli gli studi; Schiele si mantenne disegnando cartoline, ma venne notato dal critico d’arte Roessler durante la Prisko Galerie.

Nel 1911 espose ancora a Vienna, questa volta alla Galleria Miethke. Si trasferì poi con la sua amante e modella Wally Neuzil a Krumau, ma poi fu costretto ad andarsene per l’atteggiamento ostile degli abitanti. L’anno dopo si recò a Vienna, e in seguito ad Hagen, Monaco, Budapest: venne accusato di aver sedotto una minorenne e per questo scontò un mese di carcere e 125 disegni vennero sequestrati.

Nel 1913 espose al Bund Österreichischer Künstler a Vienna con l’associazione costituita quattro anni prima, il Neukunstgruppe, per poi passare a Monaco. Partecipò alla Deutsche Kunstausstellung di Berlino e alla rivista Die Aktion con disegni e articoli. In quello stesso anno conobbe Edith Harms, donna che sposerà nel 1915. L’anno successivo si spostò nuovamente a Roma, Monaco, Colonia, Dresda, dove Robert Philippi gli insegnò la xilografia e l'acquaforte.

Dapprima esonerato dalla guerra venne reclutato l’anno successivo, prima nella guarnigione di Praga, poi in Boemia ed infine a Vienna. Partecipò ancora ad altre mostre, poi partì per Mühling, nell’Austria inferiore. Nel ’17 partecipò a delle mostre ad Amsterdam, Stoccolma, Copenhagen, Linz e progettò la costituzione di un gruppo artistico, la Kunsthalle.

Nel 1918 espose alla quarantanovesima mostra della Secessione, una delle ultime della sua esistenza; Schiele infatti morì giovanissimo, la notte del 31 ottobre dello stesso anno, stroncato dalla febbre spagnola.

Stile generale

La stagione artistica di Schiele va dal 1908 al 1918. Il pittore si ispira molto spesso ad un altro artista molto famoso, Klimt, prendendo spunto da numerosi suoi quadri ed arrivando persino a ritrarlo. Ma Schiele, nel realizzare ritratti soprattutto femminili, è solito avere come modella la sorella minore Gertie, vista come perfetta grazie al suo corpo magrissimo e immaturo, anche se in un dipinto datato 1909 questa ragazza di quindici anni appare già come una donna a tutti gli effetti. In quest’ultima opera compaiono segni di devozione verso Klimt; infatti i canoni rappresentativi e la ricchezza decorativa sono molto simili a quelli dell’arte klimtiana. Inizialmente la devozione di Schiele per Klimt è attenta imitazione nei temi delle opere (l’amore, la donna, la morte) nonché nei modi di comportarsi; ma mentre la pittura klimtiana affronta questi temi con serenità e ottimismo, in Schiele prevale la malinconia, perfino l’isteria. Una prova a favore di questa tesi è la presenza di spazi vuoti o di voragini scure come sfondo ai soggetti, diversamente dai coloratissimi mosaici pittorici del suo ispiratore.

Lo stesso modo di rappresentarsi negli autoritratti è un’altra prova: la figura è sì bidimensionale e spesso i vestiti sono decorati, ma lo sguardo fisso, le mani contratte e il netto distacco dallo sfondo sono sintomi di cambiamento.

A cavallo tra il 1909 e il 1910, i due dipinti Il Girasole e Susino con fucsie rendono l’idea di un netto distacco; sia l’uno che l’altro sono caratterizzati da una linea secca, dura, spigolosa, presagio di morte.

Schiele scopre gradualmente la sua identità artistica cercando di entrare nel profondo delle persone, scavando nell’interiorità come Kokoschka, cercando però la verità sulla condizione umana. È questo il periodo in cui Freud indaga nell’inconscio e Schiele si dedica allo studio di forze interiori, considerando l’anima come malattia del corpo. Ogni suo quadro di questa fase rappresenta un soggetto isolato, una marionetta costretta a pose innaturali da fili invisibili, inchiodata in uno spazio vuoto. Tutti i soggetti hanno mani grandi, ossute, con le nocche gonfie, il corpo affetto da escrescenze antianatomiche, materializzazioni dell’energia ingabbiata. Per ora Schiele rimane un buon disegnatore e un maestro nella tecnica dell’acquarello, servendosi di colori intensi come il verde acido, il rosso forte, e rivelando a volte una delicatezza inaspettata nelle tinte.

I suoi modelli sono bimbi già rovinati, ragazzine preadolescenti, con il corpo ossuto; ritraendo queste persone, Schiele esplica il proprio disagio interiore. Probabilmente questo modo di dipingere gli è stato indirettamente suggerito dall’attore Erwin Osen, il quale studiava i suoi gesti artefatti negli ospedali psichiatrici osservandone i pazienti.

Tutti questi elementi rappresentano la condizione umana globale: la fragilità del corpo dentro il quale è racchiusa la fragilità dell’anima. Anche il tema del "doppio" è visitato da Schiele, in un arco di tempo che va dal 1910 al 1911. Nei suoi dipinti, quasi tutti autoritratti, la tematica è la stessa: un tragico “memento mori” ricorrente in vari artisti dell'Ottocento e del Novecento. L’uomo appare in primo piano e dietro di lui sta il suo sosia, pronto a ricordargli il suo destino. Esempi di questa tematica sono dati da L’uomo e la morte e Levitazione o Trasfigurazione. Anche il dipinto La madre morta rappresenta il distacco tra la vita e la morte, col bambino stretto tra le braccia della madre defunta; l'aumento del pathos di un topos artistico ricorrente e spesso reso patetico nel corso del diciannovesimo secolo è dato dalle tinte: lo sfondo è scuro, come è scuro il mantello della madre che stringe il bimbo, il tutto in contrasto con il colore cadaverico della donna e il rosso-rosa del figlio.

Schiele però si occupa anche di un altro tema: la sessualità. Un tema ampiamente trattato nel corso dei primi ‘900 come una pulsione caotica e disordinata, diversa dai dipinti erotici ed estatici di Klimt. È di questo periodo la diffusione dei pensieri di Freud riguardanti la "libido" infantile, e la pubblicazione del libro “Sesso e Carattere” di Otto Weiniger, che considera molto simili tra loro il sesso e l’omicidio: anche Schiele è molto turbato da questo tema, considerando la naturale pulsione umana una punizione. Ed ecco quindi che la coppia di amanti ha corpi privi di vita, con colori lividi e i segni della sifilide.

Questo non si rivela un periodo fortunato per l’artista: nel 1912 viene condannato con l’accusa di aver lasciato materiale pornografico in luoghi accessibili ai bambini, ma questa esperienza lo fa sentire da una parte il capro espiatorio di una società perbenista, dall’altro si vede paragonare a Klimt osteggiato durante gli studi universitari. Per ricordare Il bacio di Klimt, Schiele ne esegue una parodia, Cardinale e monaca; i due religiosi, su sfondo scuro, indossano rispettivamente un abito rosso e uno nero come vuole la tradizione religiosa, ma questi sono anche colori di amore e morte.

L’artista pian piano però comincia a servirsi di tinte e sfumature diverse, per il ritratto di Heinrich Benesch e suo figlio Otto. Servendosi dei colori del soggetto e dello sfondo, Schiele diventa così un indagatore della psicologia altrui, senza soffermarsi solo sulla propria. Quando negli anni della guerra presta servizio nelle retrovie ed ha modo di osservare le facce dei commilitoni e dei prigionieri, egli sostituisce i suoi soggetti arrivando a una sorta di umanesimo: vengono ritratte persone, non più marionette. Lo si vede soprattutto nei tre ritratti La donna e la morte (che ricorda i temi macabri dell’Ottocento), Gli amanti (dove le figure rendono il volume dei corpi, ma l’angoscia si nota perché non si vedono i volti) e l’ultimo grande dipinto, La famiglia, dove sul padre, sulla madre e sul figlio sovrasta uno sfondo scuro, spettrale, il simbolo del destino che attende Schiele.

OPERA 1: "Levitazione".

È un dipinto datato 1915, che fa parte della serie degli Autoritratti Doppi.

Due figure scarne come foglie secche si muovono nel loro saio sopra una particolare distesa di pietre. La prima figura ha i piedi che toccano il suolo, mentre la seconda è a metà tra cielo e terra, nonostante abbia (o dimostri di avere) un peso proprio. La prima figura indica il proprio sosia, mentre la seconda ha uno sguardo comatoso.

È un dipinto difficile da interpretare; secondo alcuni, questo sdoppiamento sarebbe sentito dai moribondi e per altri tutta l’opera è l’allegoria di una redenzione impossibile.

Molto probabilmente Schiele vede nella prima figura la coscienza, nella seconda l’incoscienza o coscienza superiore: tra le due esiste un rapporto di vita-morte in bilico, che proprio per questo risulta sempre molto doloroso.

 



[1] A cura di Marialuisa Refatti.

 

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