" Lungo i sentieri della follia"

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(Seneca, Hercules furens, 86-124)

 

Vengano dagli abissi del Tartaro le invocate

Eumenidi, spargano il fuoco delle loro chiome ardenti,

incutano colpi dolorosi con le loro mani serpentiformi.

Vai, allora, e superbamente cerca un posto nel cielo

e disprezza le cose umane! Credi forse, tutto fiero di aver già evitato

lo Stige e i mani? Ti descriverò gli inferi.

Dal luogo dove sono relegati i colpevoli, evocherò la dea Discordia,

nascosta da una fitta cortina di nebbia,

e celata nella profonda grotta del monte Erebo.

Evocherò e richiamerò dalla profondità del regno di Dite

tutto ciò che rimane: arriverà l’odiato Peccato,

la feroce Empietà che sparge il suo sangue,

l’Errore e la Pazzia, eternamente armata contro se stessa.

E proprio di questo strumento si servirà il mio dolore.

Venite, o Furie, percuotete velocemente il vostro tizzone ardente

e Megara stia a capo della vostra schiera irta di serpi

e afferri con la mano che porta lutto l’orribile torcia.

Fate così, esigete il pagamento delle pene dovuto allo Stige.

Percuotetegli il petto, e un fuoco violento come quello che infuria

nei crateri dell’Etna gli bruci il cervello:

ma devo impazzire prima io

perché Ercole a sua volta possa essere spinto alla pazzia,

mosso da un grande furore. Giunone, perché non impazzisci ancora?

Fate impazzire prima me, o Furie, se apparirò fare

qualcosa degno di una matrigna.

Le mie preghiere sono cambiate: spero che,

quando ritornerà, veda i figli sani e abbia la forza nelle mani.

Ho trovato il giorno in cui la forza di Ercole potrà giovarmi.

Mi ha vinto e, dopo essere ritornato dagli Inferi,

vinca se stesso e speri di morire.

Potrà andarmi bene anche che egli sia figlio di Giove.

Sarò sul luogo e presterò la massima attenzione affinché

le sue frecce vengano scoccate in modo certo.

Come uno scudiero porterò le armi dell’eroe impazzito.

E alla fine faciliterò l’opera di Ercole mentre combatte.

Dopo aver compiuto il delitto è giusto che il padre

alzi al cielo le mani colpevoli.

E’ ora che la tragedia abbia inizio: il giorno comincia ad albeggiare

e Titano in tutto il suo splendore si affaccia al dorato orizzonte.

 

(Trad. di Ilenia Fronza, III BL '97-'98)

 

 

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