" Lungo i sentieri della follia"

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Letteratura

Friedrich Hölderlin

(1770 - 1843)[1]

  

IL PERIODO STORICO

 

Alla trasformazione dal 18. al 19. secolo, lavorano in Germania alcuni autori, le cui opere si possono classificare solo con difficoltà sotto lo stile dell’epoca.

Questi poeti, tra i più famosi ricordiamo Hölderlin e Kleist, furono sempre all’ombra dei due “grandi”, Goethe e Schiller. Essi non seguirono né le linee  classiche né quelle romantiche, ma mostrarono personali peculiarità.

Le opere di entrambi gli autori contengono caratteristiche che sono tipiche della classicità, ma anche qualità specifiche del nascente romanticismo. E’ infatti questo periodo a cavallo dei due secoli che vede la nascita, inizialmente proprio in Germania e solo in seguito nel resto d’Europa, di questa nuova corrente artistica.

 

LA VITA DELL’AUTORE

 

Hölderlin, figlio di un giurista, nacque a Lauffen/Neckar, nel 1770. Frequentò il seminario evangelico–teologico a Maulbronn e dal 1788 al 1793 studiò teologia nel collegio–monastero di Tübingen. Per mantenersi lavorò come maggiordomo presso la famiglia del banchiere Gontard. Nel frattempo si innamorò di Frau Susette, con la quale ebbe un ottimo rapporto e che nelle sue poesie canta come “Diotima”. Dal 1802 iniziarono a manifestarsi in lui i primi sintomi della cronica pazzia. Dopo una breve occupazione come capo bibliotecario a Bad Homburg, venne ricoverato presso una clinica  e dopo ancora assistito da un falegname nella “Torre di Hölderlin” a Tübingen. Qui restò fino alla fine dei suoi giorni, nel 1843.

 

 

LA POETICA DELL’AUTORE

 

Hölderlin era un poeta geniale, al cui lavoro però non venne mai data molta importanza né da Schiller, né soprattutto da Goethe. Forse anche per questo motivo rimase sconosciuto per tutto il diciannovesimo secolo. Solo all’inizio del ventesimo secolo i Simbolisti tedeschi del George–Kreis scoprirono il genio di Hölderlin. Nelle sue opere si trova la nostalgia del passato classico dove ancora sovrasta l’ideale del ”nobile candore, silenziosa immensità”, e allo stesso tempo l’esaltata venerazione del sentimento,  della natura e dell’amore che è tipica del   romanticismo. Hölderlin, deluso e infelice dell’essere limitato ed insulso dei suoi connazionali, cercò la sua patria spirituale nell’antica Grecia e credette di poter riportare il suo popolo all’ormai perduta armonia tra l’uomo, Dio e la natura. Hölderlin era una personalità che collegava il classico e il romantico. Un motivo ricorrente nelle sue opere sono le dissonanze della vita, che spesso vengono rappresentate in stile simbolico, quasi “ermetico”. Questa caratteristica stilistica gli procurò la fama e la scoperta come “profeta” e “precursore” del “George – Kreis”, ma in seguito anche una versione nazionalisticamente orientata di alcune figure eroiche tratte dalle sue opere. In esse riunì gli antichi metri con il ritmo della lingua tedesca.

 

Un aneddoto curioso, ma anche molto significativo nella vita dell’autore, fu il suo primo incontro con Goethe. Hölderlin era stato invitato da Schiller per un’amabile conversazione; nel salotto di Schiller, Hölderlin non riconobbe Goethe e rimase in silenzio a guardarlo mentre l’altro leggeva in tutta tranquillità una rivista. Anche in seguito, al ritorno di Schiller, quando la conversazione proseguì sui temi del teatro, lui non si accorse di nulla. La gaffe produrrà i suoi effetti. Infatti quando Schiller chiederà a Goethe un parere in merito alla pubblicazione di alcune opere dell’amico Hölderlin, il grande poeta tedesco esprimerà un giudizio negativo. 

 

 

 

 

 

OPERE

 

Traduzioni: Edipo, Antigone di Sofocle (1804).
Romanzi: “Hyperion” (1792).

Pezzi teatrali: La morte di Empedocle (frammento del 1826).

Poesie: “Hälfte des Lebens” è sicuramente la più conosciuta, ma anche altre sono molto belle anche se non così conosciute.

 

 

La Primavera

 

Quando sui campi nuova estasi spunta

E la veduta si torna a far bella

E ai monti che verdeggiano di alberi

Più chiare brezze, nuvole si mostrano,

 

Oh! Quale gioia allora hanno gli uomini!

Lieti i solitari vanno su rive. Pace e delizia

E voluttà di salute fiorisce,

Amabile riso non è lontano.

 

(La prima poesia è un‘immagine della natura in primavera; nella prima strofa ne descrive la bellezza, nella seconda il suo ripercuotersi sull‘animo umano. Tutto parla di bellezza, gioia, pace, piacere, salute e allegria.)

 

 

 

 

 

Hälfte des Lebens

 

Con le sue pere gialle

e le sue rose selvatiche

la natura si riflette nel lago,

voi cari cigni ebbri di baci

immergete il vostro capo

nell’acqua sacra e pura.

 

Oh povero me, dove prendo, quando

È inverno, i fiori, e dove il raggio di sole,

e l’ombra della Terra?

I muri si ergono

Senza parole e freddi, nel vento

Stridono i vessilli.

 

(In "Hälfte des Lebens" la primavera è già lontana, anche l‘estate sta per finire: la prima strofa dà ancora un‘idea di pienezza. I colori sono caldi e ricordano ancora l‘estate. Ma nella seconda strofa è invece evidente l’angoscia e la preoccupazione dell’autore davanti all’inverno ormai incombente. È quindi chiaro il paragone tra quanto avviene nella natura e nella vita umana, in particolare quella dell’autore, che si sente in qualche modo già minacciato. Il linguaggio è moderno, quasi ermetico.)

 

 

 

Il gradevole di questo mondo...

 

Il gradevole di questo mondo io l’ho goduto,

Le giovanili gioie sono da tanto, da tanto finite.

Aprile e Maggio e Giugno sono lontani.

Io non son più nulla, non ho più gusto a vivere.

 

  (La terza poesia è quasi un lamento del poeta, che sente la giovinezza lontanissima. L’estremo pessimismo è evidente soprattutto nell’ultimo verso, in cui Hölderlin afferma di non essere più niente, di non  avere più voglia di vivere.)

DIE HISTORISCHE PERIODE

 

Um die Wende vom 18. zum 19. Jahrhundert wirken in Deutschland einige Autoren, deren Werke sich nur schwer dem Stilbegriff der Zeit unterordnen lassen.

Diese Dichter, unter denen Hölderlin und Kleist die berühmtesten sind, standen zeitlebens im Schatten der beiden "Großen", Goethe und Schiller. Die Werke der beiden Autoren weisen sowohl Merkmale auf, die typisch für die Klassik sind, als auch Merkmale, die eher der Roman­tik zuzuschreiben sind.

 

 

 

   

 

DAS LEBEN DES AUTORS

 

Hölderlin, in Lauffen/Neckar als Sohn eines Juristen geboren, besuchte das evangelisch‑theologische Seminar in Maulbronn und von 1788 bis 1793 studierte er im Tübinger Stift Theologie. Um sich seinen Lebensunterhalt zu verdienen, war er als Hofmeister tätig, u.a. bei der Familie des Bankiers Gontard. Er verliebte sich in dessen Frau Susette, mit der ihn ein heimliches Liebesverhältnis verband und die er in seinen Dichtungen als "Diotima" besang. Ab 1802 zeigten sich die ersten Symptome seiner unheilbaren geistigen Umnachtung. Nach einer kurzen Einstellung als Hofbibliothekar in Bad Homburg wurde er in eine Tübinger Klinik eingeliefert und danach von der Familie eines Schreinermeisters im Tübinger "Hölderlinturm" bis zum Ende seiner Tage (1843) betreut.

 

SEINE  POETIK

 

Hölderlin war ein genialer Dichter, dessen Wert weder Schiller noch Goethe erkannten und der aus diesem Grund das ganze 19. Jahrhundert hindurch unbeachtet blieb. Erst Anfang des 20. Jahrhun­derts entdeckten die deutschen Symbolisten des George‑Kreises das verkannte Genie Hölderlin. Man findet in seinen Werken die Sehnsucht nach der klassischen Vergangenheit, wo noch das Ideal der "edlen Einfalt und stillen Größe" herrschte, und zugleich die schwärmerische Verehrung des Gefühls, der Liebe und der Natur, was typisch für die Romantik ist. In seiner Lyrik bevorzugte Hölderlin die klassischen Formen der Ode, der Hymne und der Elegie; in ihnen vereinigte er antike Versmaße mit dem deutschen Sprachrhythmus. Ein wiederkehrendes Motiv seiner Dichtling waren die Dissonanzen des Lebens, die oft in symbolischem, beinahe "hermetischern" Stil dargestellt wurden. Dieser stilistische Charakterzug verschaffte ihm das Interesse und die Entdeckung als "Seher" und Künde durch den George‑Kreis, später aber auch eine nationalistisch orientierte Deutung einiger 'heroischer' Figuren aus seinen Werken (z.B. Hyperion).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

WERKE

 

Übersetzungen: Ödipus, Antigone von Sophokles (1804).

Romane: Hyperion (1792).

Theatralische Stücke: Der Tod des Empedokles (Fragment, 1826).

Gedichte: "Hälfte des Lebens" ist das berühmteste, aber es gibt auch andere die sehr schön sind, obwohl sie nicht berühmt sind.

 

Der Frühling

 

Wenn auf Gefilden neues Entzücken keimt

Und sich die Ansicht wieder verschönt und sich

An Bergen, wo die Bäume grünen,

heller Lüfte, Gewölke zeigen,

 

O! welche Freude haben die Menschen! froh

Gehn die an Gestaden Einsame.

Ruh und Lust

Und Wohne der Gesundheit blühet,

Freundliches Lachen ist auch nicht ferne.

 

(Das erste Gedicht ist ein Bild der Natur im Frühling: in der ersten Strophe beschreibt der Autor ihre Schönheit, in der zweiten ihre Wirkung auf die menschliche Seele. Alles spricht von Schönheit, Freude,  Ruhe, Lust, Gesundheit und Fröhlichkeit.)

 

 

 

 

Hälfte des Lebens

 

Mit gelben Birnen hänget

und voll mit wilden Rosen

das Land in den See,

ihr holden Schwäne,

und trunken von Küssen

tunkt ihr das Haupt

ins heilignüchternes Wasser.

 

Weh mir,  wo nehm' ich, wenn

es Winter ist, die Blumen, und wo

den Sonnenschein

und Schatten der Erde?

Die Mauern stehn

sprachlos und kalt, im Winde

klirren die Fahnen.

 

(In "Hälfte des Lebens" ist der Frühling schon lange vorbei; auch der Sommer neigt zu Ende. In der ersten Strophe ist noch eine Idee der Fülle: die Farben sind warm und erinnern noch an den Sommer. In der zweiten Strophe werden aber deutlich die Angst und die Sorge des Dichters vor dem nun mehr nahen Winter. Es ist ein Vergleich zwischen Natur und menschlichem Leben, ins Besondere dem des Autors, der sich irgendwie bedroht fühlt. Die Sprache ist modern, beinahe ermetisch.)

 

 

Das Angenehme dieser Welt...

 

Das angenehme dieser Welt hab ich genossen,

Der Jugend Freuden sind wie lang! Wie lang! Verflossen.

April und Mai und Junius sind ferne,

Ich bin nichts mehr, ich lebe nicht mehr gerne.

 

(Das dritte Gedicht ist fast eine Klage des Poeten, der seine Jugend unheimlich fern fühlt.

Der extreme Pessimismus ist vor allem im letzten Vers deutlich, in dem Hölderln behauptet, dass er nichst mehr ist, und dass er nicht mehr Leben mag.)



[1] A cura di Fabrizio Osti.

 

 

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