" Lungo i sentieri della follia"

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Storia della Psichiatria

Dalla classificazione alla liberazione dei malati di mente dalle catene

Durante il XVII e il XVIII secolo venne accumulato un così gran numero di dati che divenne necessaria un'opera di sintesi e di sistematizzazione: il XVIII secolo divenne "L'Età dei Sistemi".

I medici che cercavano di categorizzare i sintomi dei malati di mente nel XVIII secolo erano svantaggiati, poiché avevano a disposizione poche osservazioni dirette sui pazienti da classificare. Tuttavia, proprio grazie al grande lavoro di codificazione che essi svolsero durante tutto il secolo, i sintomi vennero descritti, e verso il 1800 un gran numero di medici classificarono le loro osservazioni.

Tuttavia anche nei lavori di uomini sensibili come Philippe Pinel e Vincenzo Chiarugi, la nosologia psichiatrica superava per importanza la vera conoscenza delle cause delle sofferenze psicologiche; e, senza una comprensione psicologica, l'osservazione dei malati di mente poteva soltanto portare a un sistema di classificazione più o meno significativo. Infatti la sistemazione non spiega i fenomeni che essa classifica. Inoltre va ricordato che i metodi di cura erano influenzati molto scarsamente da queste tassonomie e in generale continuavano a basarsi su una combinazione di speculazioni psicologiche e fisiologiche primitive.

Il più celebre esponente di questo indirizzo speculativo fu  Hermann Boerhaave (1668 – 1738). Egli non diede nessun contributo duraturo alla medicina, ma il suo comportamento influenzò molti eminenti dottori. Boerhaave era favorevole alle dottrine e ai metodi di Ippocrate; istruiva i suoi studenti a osservare e a imparare al capezzale dei loro pazienti, ma la sua dottrina dei quattro umori fu un passo indietro nella storia della teoria psichiatrica. La sua psicoterapia si basava su metodi che portavano il paziente in stato di quasi shock. E questa pratica terapeutica fu seguita da molti altri medici nel corso del secolo.

Quasi tutti  i medici del Settecento concentravano la loro attenzione solo sugli aspetti bizzarri, insoliti, fuori dal comune dei disturbi mentali, dando un contributo molto scarso al miglioramento delle teorie psichiatriche. Ma tre allievi di Boerhaave , George Cheyne, Robert Whytt e William Cullen  si distinsero, proponendo ognuno una differente classificazione delle malattie mentali basata sulla fisiologia che diede un forte impulso allo studio della pazzia. Ci occuperemo solo degli ultimi due.

Whytt divise la nevrosi in isteria, ipocondria ed esaurimento nervoso: il che non è molto diverso dalla nostra classificazione clinica descrittiva attuale, anche se le sue idee non erano basate su dettagliate osservazioni psicologiche. La teoria basilare di Whytt afferma la concezione corrente che una motilità perturbata all'interno del sistema nervoso produce disordini nervosi.

La classificazione delle malattie di William Cullen era la più comprensiva di tutte quelle tentate verso la metà del XVIII secolo. Cullen seguiva i metodi di Linneo e di François Boisser de Sauvages, che aveva descritto oltre 2000 malattie. Cullen classificò quasi tutte le malattie allora note secondo i sintomi, i metodi di diagnosi, e la terapia. Fu il primo a usare il termine nevrosi per indicare le malattie che non sono accompagnate da febbre o da una patologia localizzata. Riteneva che la nevrosi fosse dovuta a uno specifico deperimento o dell'intelletto o del sistema nervoso volontario o involontario. Le sue descrizioni cliniche erano notevolmente accurate e descrisse minuziosamente i segni esterni di quella che noi chiamiamo una crisi di angoscia. La reale sensazione del paziente e le cause dei disturbi gli erano però ignote. Cullen ipotizzava che alla radice di tutte le affezioni nevrotiche vi dovesse essere un qualche disturbo fisiologico.

La psichiatria era dunque giunta al punto di scartare l'idea che la disarmonia interna fosse causata da un demone esogeno, ma ora insisteva sul fatto che il male derivava da un disordine fisiologico.

 

In questa linea di tendenza si inserisce un importante fisiologo, Giovanni Battista Morgagni (1682 – 1771). Egli dedicò la propria vita a osservare le malattie da un tavolo anatomico.

Ciò che voleva sapere era se i sintomi del paziente potevano essere collegati con i risultati dell'autopsia e perciò insisteva affinché tutte le relazioni autoptiche includessero una dettagliata storia del caso. Le ricerche condotte lo portarono a scoprire che le malattie erano connesse con particolari organi e si interessò in modo particolare della patologia del cervello. Le idee di Morgagni, secondo cui la malattia poteva essere localizzata, influenzarono i neuroanatomisti, i neurologi e i medici che si interessavano delle cause delle malattie mentali, i quali cominciarono a fare studi anatomici dettagliati del cervello. L'idea ispiratrice della localizzazione cerebrale stava lentamente facendo breccia e la  fisiologia ippocratica veniva lentamente abbandonata. Questa volta gli argomenti dei ricercatori fecero presa sui responsabili degli istituti per i malati di mente e fu solo dopo questo profondo cambiamento che il manicomio si trasformò da puro e semplice reclusorio in ospedale, rendendo possibile lo studio e la cura efficace degli psicotici.

 

Un ulteriore sistema di classificazione fu proposto da Philippe Pinel (1745 – 1826). Le sue osservazioni sui pazienti d'ospedale furono alla base di una classificazione pratica e semplice delle malattie mentali, che evitava le complicazioni e ridondanze dei sistemi di De Sauvages  e di Cullen. Inoltre descriveva in maniera sistematica i sintomi; tra le altre cose fece una distinzione fra i disturbi dell'attenzione, della memoria e del giudizio e riconobbe l'importanza degli affetti. Pinel credeva che alla base dell'alienazione mentale potesse esserci una lesione del sistema nervoso centrale e che la malattia mentale fosse un fenomeno naturale da studiare secondo i principi delle scienze naturali: prima l'osservazione e poi un'esposizione sistematica dei dati. Considerava la malattia mentale non come qualcosa di sovrapposto al malato, ma un risultato combinato dell'eredità e delle esperienze della vita. Una grossa importanza era data al fatto che i medici dovessero vivere tra i pazzi, per poterne studiare le abitudini e la personalità e seguire il decorso della malattia giorno e notte; inoltre riteneva che soltanto i medici con adeguate conoscenze delle motivazioni umane fossero adatti a lavorare con i malati di mente. Tutte queste considerazioni derivavano da una tipica convinzione dell'Illuminismo che Pinel faceva propria: lo zelo per le riforme sociali. L'uomo, secondo questa teoria, poteva migliorare il proprio destino impostando le relazioni sociali sulla conoscenza scientifica dei fenomeni sociali. Pinel parlava del suo lavoro nel manicomio come di una "cura morale": e il suo approccio umano nei confronti degli alienati mentali e i suoi principi di gestione ospedaliera sono tuttora apprezzabili. Il suo principale contributo fu quello di trasformare l'atteggiamento della società nei confronti dei pazzi, così che questi pazienti potessero arrivare a essere considerati come esseri umani malati, che meritavano e richiedevano cure mediche. Pinel affermò che era impossibile determinare se i sintomi mentali erano il risultato della malattia mentale o gli effetti delle catene. Già Rousseau aveva ammonito che l'uomo è nato libero, eppure è ovunque in catene: le sue parole furono prese sul serio in psichiatria da uomini dotati di immaginazione e di coraggio.

Il razionalismo, l'osservazione attraverso la sperimentazione e la classificazione, le tre tendenze di base del XVIII secolo, erano unite ad una quarta, da cui ricevevano nuovo impulso: il movimento verso la riforma, che alla fine avrebbe segnato molto profondamente il mondo della medicina verso la fine del secolo e l'inizio di quello successivo.

Le atroci condizioni sanitarie generalmente esistenti negli ospedali di tutta Europa erano continuamente criticate; e questo stesso fervore ottimistico per le riforme e i diritti dell'individuo era alla base dell'opera di Pinel per alleviare la triste condizione dei degenti negli ospedali per malati di mente. Sebbene da molto tempo i malati di mente non fossero più bruciati sul rogo, la loro condizione era ancora angosciosa. Se non erano ricoverati in ospedale vagavano per le campagne, scherniti, picchiati e beffeggiati. Nelle varie amministrazioni comunali il codice di polizia era lo stesso: "Se un pazzo pericoloso non ha parenti, sarà messo in prigione". Questo però non sempre era uno svantaggio; le condizioni di vita delle prigioni erano più o meno le stesse degli ospedali, ma almeno in carcere il paziente non doveva patire gravi offese al suo corpo.

E' difficile comprendere l'incredibile disumanità con cui erano trattati i cittadini malati di mente, a meno che non si prendano in considerazione tre fattori fondamentali: la quasi completa ignoranza della natura della malattia mentale, il profondo terrore per i pazzi e infine la convinzione, allora corrente, che la malattia mentale fosse incurabile. Poiché la malattia mentale non poteva mai essere spiegata in modo soddisfacente, non c'era nessuna difesa contro il terrore dell'ignoto, che è una delle reazioni più elementari della mente umana.

La malattia mentale è fatta della medesima sostanza del resto della nostra mente, di paure, passioni, desideri, avversioni, della stessa sostanza di cui sono fatti i nostri sogni. I sogni sono la pazzia temporanea della vita d'ogni giorno, quando il controllo della ragione si assopisce e la nostra fantasia corre senza freni. La paura nei confronti dei malati di mente ha anche un altro aspetto: è la paura di quelle forze emotive elementari che ciascuno nutre nel suo inconscio; è la paura di noi stessi. Ecco perché gli uomini accentuano istintivamente ogni distanza che li separa dai malati di mente e perché considerano tanto alieni i pazzi, trovando impossibile provare simpatia nei loro confronti.

Per avere un’idea delle condizioni di vita nel manicomio nel XVIII secolo, ecco una breve panoramica di provvedimenti adottati nei confronti degli internati:

-  I malati furiosi venivano rinchiusi nudi in angusti bugigattoli e nutriti attraverso fori con recipienti di rame attaccati a catene.

-  Le percosse erano comuni e giustificate con superficiali razionalizzazioni.

-  Per trattenere i malati venivano usate camicie di forza e catene attaccate alle pareti o ai letti, poiché vigeva la teoria che tanto più penose erano le misure restrittive tanto migliori sarebbero stati i risultati.

-  I guardiani erano spesso individui sadici di scarsa intelligenza che non riuscivano a trovare nessun altro impiego.

-  Le urla dei malati furiosi e il rumore delle catene si udivano giorno e notte e toglievano ai nuovi venuti quel poco di equilibrio mentale loro rimasto.

-  Le condizioni antigieniche, la mancanza di nutrimento, le ferite provocate dalle catene e l'applicazione di energici urticanti per aumentare il tormento, uccidevano un gran numero di questi malati.

In contrasto con questi metodi di trattamento dei pazzi esisteva una tradizione più umana, particolarmente in Spagna, dove i mori avevano conservato le antiche idee romane di un trattamento benevolo. Nel manicomio di Saragozza veniva usato il lavoro agricolo per incanalare le energie dei malati in una attività produttiva. I medici spagnoli avevano inoltre dato importanti contributi alla conoscenza nel campo della psichiatria.

In Italia la liberazione dei malati si deve al Granduca Pietro Leopoldo di Toscana. Egli introdusse nel suo regno ampie trasformazioni sociali, tra cui nel 1774 la promulgazione di una legge sui pazzi che provvedeva alle cure mediche degli psicotici.

Altra figura importante nel panorama psichiatrico italiano fu Pietro Pisani, che divenne amministratore dell'ospedale di Palermo nel 1824. Questi era un “profano”, poiché si occupava di lettere, musica e giurisprudenza; emanò tuttavia dei regolamenti basati sulla considerazione che, nonostante i loro disordini mentali, i malati rispondono ad un approccio franco e sincero e possono provare sentimenti di fiducia, benevolenza, amicizia e dignità personale. Il 40% dei pazienti rispondevano al metodo di Pisani guarendo completamente. Questo era ottenuto senza l'uso di narcotici, ma creando un'atmosfera di comprensione e di affetto. Senza il sostegno di un'istruzione medica, ma con l’esperienza diretta di malato di mente, Pisani rimane uno dei più grandi innovatori del trattamento ambientale e della comunità terapeutica che caratterizza i migliori ospedali psichiatrici dell'era moderna.

I grandi riformatori della psichiatria non arricchirono di nuove intuizioni le nostre conoscenze mediche. Erano uomini dotati di grande dedizione e coraggio e furono veri rappresentanti di questa nuova era che cominciava ad applicare la ragione e l'osservazione non solo allo studio dell'universo, ma anche al comportamento dell'uomo, alla sua condotta sociale e morale

Errori, magia e mesmerismo

La tendenza e l'esigenza d'una classificazione dei dati scientifici, che fu così predominante nel XVIII secolo, non comportò sempre una comprensione scientifica. L'era dell'Illuminismo fu anche l'era dei ciarlatani in campo medico e “psichiatrico”.

Per cominciare consideriamo Friedrich Hoffman, che riteneva che le malattie fossero causate da una non meglio specificata sostanza materiale la quale, quando era in eccesso, provocava spasmi e tonicità, quando era in difetto, distonia ed esaurimento. Questa dottrina semplicistica portò due forme di terapia: stimolare i pazienti e calmarli. A tale scopo Hoffman prescriveva delle pastiglie e la tendenza da lui introdotta si è così radicata nella coscienza comune che è persistita  fino ai giorni nostri, in cui tonici, calmanti, pillole e simili sono usate indiscriminatamente. Le idee di Hoffman erano basate sulla rozza dottrina del "contraria contrariis", chiamata anche "allopatia". Ma a seguito dei cattivi risultati cadde in discredito e nacque una disciplina basata sul concetto opposto, "similia similibus curantur", chiamata "omeopatia". Il meglio che si può dire di questa dottrina è che, se non guariva, almeno non uccideva.

Due scuole di pensiero molto più seguite, poiché sembravano più scientifiche, erano la frenologia(Esempio1 e 2) fondata da Joseph Gall e il magnetismo animale di Franz Mesmer.

Sebbene entrambi sapessero di ciarlataneria, il sistema di Gall portò ad importanti sviluppi in neurologia, mentre il sistema di Mesmer diede un impulso all' ipnoterapia, la madrina storica della psicoanalisi. La teoria di Gall era che sia le funzioni del cervello sia il carattere potessero essere attribuite a precise regioni cerebrali. Inoltre riteneva che il cervello fosse prominente nelle zone ipersviluppate e che quindi tastando le protuberanze e gli avvallamenti si sarebbe potuto leggere il carattere delle persone. Un altro medico affermò che le facoltà mentali di un individuo possono essere cambiate mediante appropriate influenze morali. Questa nuova teoria era detta "frenologia". Anch'essa cadde in disgrazia dopo breve tempo, ma intanto aveva dato grande impulso alle scuole di neurologia.

 Riassumendo, nell'epoca dell'Illuminismo si possono riconoscere tre sviluppi principali. Analizzando la malattia mentale secondo i criteri empirici e razionali, si arrivò a considerare i malati di mente con più “compassione” ed, inoltre, si posero le basi per le opere di  classificazione, come quella di Pinel, che consentirono un approccio più obbiettivo alla pazzia e alle altre alienazioni mentali. Alla luce di queste due tendenze era prevedibile che si sarebbe avuto il terzo fondamentale progresso compiuto in quest'epoca: l'eliminazione della magia quale approccio alla psichiatria. La superstizione non è stata completamente sradicata nemmeno al giorno d'oggi, ma dalla fine del XIX secolo in poi l'influsso dei sistemi magici sulla psichiatria è praticamente scomparso. Si può quindi affermare che lo spirito del tempo riuscì a dare impulso ad un trattamento umano dei pazzi, e sancì il definitivo trionfo della ragione sulla paura.

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