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implicazioni psicologiche di
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Il Punto su ... Mala tempora currunt La perizia ieri e oggi Editoriale
Parere dell'Esperto "A proposito della riforma della legge sull'adozione: quale funzione è riservata ai tribunali per i minorenni?" di Gustavo Sergio Recensioni Proposte di criminologia applicata 2000 di Carlo Serra Giufrrè Editore - Milano 2000 a cura di Barbara Giambra Dall'Estero Sopravvivere alle cause del trauma: prevalenza di segni silenti di abuso sessuale in soggetti che da adulti rievocavano ricordi di abuso sessuale nell'infanzia. di E. Musso e P. Nardi Notizie dalla Associazione Convegni e Seminari Siracusa: 8-9-10 novembre 2001 Affidamento bi-familiare: implicazioni psicologiche di M. A. Occulto <Torna alla Newsletter 4> |
< CONTINUA > Le due famiglie: l’analisi
psicologica degli altri due poli del triangolo che connota il problema
dell’affidamento può essere svolta in modo speculare, considerando
una famiglia, quella d’origine, come interfaccia dell’altra, quella affidataria
e viceversa.
I genitori possono vivere questa esperienza, infatti, in modo molto traumatico: - come senso di fallimento in quanto genitori; - come senso di colpa per dover espungere da sé una parte di sé; - come competizione che ne deriva nei rapporti con i genitori affidatari; - come paura di perdere il proprio figlio; - come senso di impotenza a ristabilire l’equilibrio al proprio interno familiare, quanto più, ad esempio, l’affidamento risulti prolungato nel tempo e quanto più esso sia vissuto come imposto dalla natura giuridica del provvedimento. La chiave sistemica di lettura dell’intreccio relazionale
tra questi vissuti della famiglia d’origine e quelli che analizzeremo per
la famiglia affidataria è la necessaria e fondamentale collaborazione
tra le due famiglie, senza la quale è da interrogarsi circa la validità
di un istituto esso stesso a rischio, nel senso di accrescere le difficoltà,
le resistenze e la conflittualità tra i soggetti in gioco.
- come bisogno di rimpiazzare un figlio morto o andato via; - come bisogno di una maternità e paternità irrealizzate; - come tentativo di riattivare una relazione di coppia fallita o divenuta statica, caratterizzata da indifferenza, incomunicabilità, distanza affettiva o dissidi profondi; - come desiderio di realizzare un "ideale" di figlio. L’ambivalenza è un atteggiamento che spesso può
accompagnare l’esperienza di famiglie affidatarie soprattutto quando, pur
sostenute da grande volontà e disponibilità a prendersi in
carico non soltanto il minore, ma anche a lavorare con i servizi sociali
per aiutare la famiglia del minore a ritrovare il proprio equilibrio, si
trovano a vivere travagli e difficoltà di fronte alle rivendicazioni
delle famiglie d’origine. Oppure quando sperimentano un vissuto che le
mette a confronto con un soggetto la cui storia di vita non trova aderenza,
risonanza o accoglienza piene ed incondizionate.
- un progetto chiaro, ben definito con tutti i soggetti coinvolti , pianificato in obiettivi e sottoobiettivi; - un’indicazione altrettanto chiara sulla temporaneità dell’allontanamento al fine di evitare falsi affidi o "adozioni camuffate"; - una informazione, formazione e selezione accurata relative a nuclei familiari che fanno richiesta di affidamento; - un lavoro di informazione e sensibilizzazione in materia di affidamento sul territorio; - una verifica cadenzata del progetto con famiglia di origine, famiglia affidataria e servizio sociale; - un organico e sistematico lavoro di sostegno alle famiglie d’origine basato su incontri periodici e motivati ad eliminare il falso binomio famiglia buona - famiglia cattiva, eliminando lo stereotipo, molto diffuso, di una famiglia affidataria detentrice di "verità educative"; - una adeguata preparazione delle famiglie d’origine e del bambino all’affidamento; - una rete di sostegno alle famiglie affidatarie anche attraverso incontri periodici con più famiglie affidatarie per un confronto ed un’analisi congiunta di vissuti ed esperienze; - un lavoro di sostegno alle famiglie d’origine che continui anche ad affidamento concluso per assicurare la riappropriazione di proprie capacità relazionali ed educative; - prevedere incontri anche ad affido concluso tra famiglia affidataria e famiglia d’origine in modo da confermare e restituire il significato giusto a tale esperienza che ha coinvolto tutti sul piano emotivo-affettivo per un fine comune: l’interesse del minore. Ciò aiuterebbe tutti i protagonisti a non vivere chi prima chi dopo con ansia e lacerazione la separazione. Una programmazione intelligente e qualificante, come risulta
dal rispetto dei criteri sopra indicati, non può che favorire, a
mio parere, la responsabilizzazione di tutti, ciascuno per il proprio rispettivo
ruolo, circa l’impegno individuale e collettivo rispetto ad un obiettivo
umanamente e socialmente condiviso: la tutela dell’ infanzia.
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