Il tempo nella filosofia

La teoria della relatività è il culmine di un processo di rinnovamento del fare scienza. La crisi dell'ideale di scienza positivista rende necessaria una nuova visione delle metodologie e dei fondamenti della scienza stessa. I primi che tentarono una risposta a questa crisi furono i convenzionalisti, Mach, Duhem e Poincaré. Questi agirono su tre fronti:

  1. la rivalutazione del ruolo dell'osservatore negli esperimenti
  2. l'accentuazione del carattere convenzionale della scienza
  3. l'impossibilità della verifica empirica

La scienza diventa perciò "ipotetica", visto che ha perso la forza che aveva nella concezione positivistica. Alla mancanza di forza della scienza tenteranno di porre rimedio i neopositivisti logici, attraverso la divisione delle teorie in asserzioni protocollari, analiticamente non dubitabili, e con l'applicazione del principio di verificazione. Le critiche che seguirono questo punto di vista si concentrarono soprattutto sul principio di verificazione. Infatti Popper, prendendo esempio dalla teoria della relatività einsteiniana, comprese che il vero atteggiamento dello scienziato stava nell'andare in cerca delle prove che potessero confutare la sua teoria: al posto del principio di verificazione, egli propose il principio di falsificazione.
Questa teoria però dava l'immagine di una scienza che procedeva per rivoluzioni continue, contro l'evidente realtà. Su questo punto si sviluppò la critica di Kuhn a Popper. Kuhn riteneva che la scienza si sviluppasse soprattutto all'interno di una stessa idea di fondo, il paradigma: questo veniva arricchito, modificato, senza però essere completamente stravolto (scienza normale). Solo quando il paradigma si trovava in crisi, cioé si manifestavano delle anomalie al suo interno, si passava ad un altro, cioé si portava a termina una rivoluzione scientifica.
Lakatos trovò che le critiche di Kuhn valevano solo sulle prime elaborazioni di Popper, perché lo stesso Popper si era accorto della sostanziale continuità della scienza. Lakatos, cercando di salvare sia la critica di Kuhn sia le ipotesi di Popper, tentò di spiegare il procedere della scienza attraverso i programmi di ricerca. Questi potevano portare elementi nuovi (progressivi) o non fornire novità (regressivi). La scienza, per aumentare le sue conoscenze sceglieva quelli progressivi.
Il punto di vista di Lakatos venne criticato da Feyerabend. Secondo questo pensatore infatti non esisteva alcun metodo che permettesse di scegliere tra una teoria e l'altra (anarchismo metodologico).

La crisi dell'ideale positivistico di scienza determina anche la crisi della teoria del progresso positivistica. Comte, credendo in uno sviluppo costante della storia, venne clamorosamente smentito dai misteri che la scienza non riusciva a risolvere e dalle rivoluzioni del '48 in tutta Europa, che portarono una ventata di irrazionalità inconciliabile con la teoria Comtiana.
Accanto alla teoria del progresso positivistica, entrò in crisi anche quella Hegeliana, che prevedeva uno sviluppo immanente della storia. L'anno che portò alla crisi delle due teorie sopra citate, vide la nascita di un'altra teoria del progresso, cioé quella marxista. Marx riteneva che si sarebbe raggiunto progresso solo quando il proletariato, conscio del proprio ruolo nella storia, sarebbe insorto contro il capitalismo.

Accanto alla discussione del tempo come progresso, si trovano delle teorie del tempo che contrastano il tempo newtoniano, cioé quello assoluto e immodificabile. Nietzsche, per esempio elabora la teoria dell'eterno ritorno dell'uguale, secondo cui il tempo non è lineare ma ciclico.
Accanto alla teoria di Nietzsche, anche in Heidegger si può trovare nella sua opera Essere e tempo la discussione su questo ente: le categorie di passato, presente e futuro vengono considerate attributi dell'essere e tra queste il futuro assume un'importanza decisiva.

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