Mach
recuperò infatti la funzione fondante del soggetto
nell'impresa scientifica, rivendicando il ruolo prioritario del pensiero sull'esperienza,
per mettere in luce come la conoscenza scientifica si costruisca grazie all'intervento
attivo e creativo dello scienziato. Per Mach l'attività conoscitiva va però intesa darwinianamente, cioè come una risposta dell'uomo agli stimoli
dell'ambiente esterno. La realtà non è riconosciuta contemplativamente dall'uomo, ma
vissuta e modificata, costruita da esso. A questa interpretazione non si sottrae neppure
la scienza: essa ha un fine pratico, cioè la conservazione della specie, ha un fine
interno, conservare una coerenza logica interna, e soprattutto deve essere economica,
cioè permettere di ricostruire la totalità dei fatti nel modo più semplice possibile.
Questa definizione di Mach apre la strada alla discussione attorno alla natura convenzionale della scienza. Questo argomento venne ripreso da Poincaré che pone il
convenzionalismo come risposta alla crisi delle due linee che avevano cercato di
interpretare la geometria. La prima linea, quella kantiana, riteneva che gli assiomi
fossero a priori. Questa linea però si trovava in contraddizione con la nascita delle
geometrie non euclidee, studiate da Poincaré.
Alla crisi della linea Kantiana, Poincaré risponde dicendo che gli assiomi della
geometria sono convenzioni particolarmente comode. Poincaré giustifica queste
affermazioni con una serie di considerazioni. In primo luogo la geometria tratta di cose
differenti da quelle che si percepiscono nella realtà. In secondo luogo, se la geometria
fosse dipendente dall'esperienza essa sarebbe soggetta a un continuo processo di
revisione. Infine, per sperimentare un sistema geometrico occorre fare preliminarmente
delle ipotesi fisico-geometriche sulla natura dei corpi si cui si compie l'esperienza.
La seconda linea, quella empirista, riteneva che gli assiomi fossero basati
sull'esperienza. Poincaré si rende conto che nemmeno questa linea può essere ritenuta
vera, perché nessuna esperienza potrà mai avere il potere di falsificare o verificare un
teorema geometrico.
Duhem si occupa della
critica della nozione di esperimento scientifico. Riprendendo l'argomentazione di
Poincaré Duhem afferma l'insostenibilità dell'idea di separare i fatti dalla
teorizzazione: ogni preteso "fatto" scientifico non è altro che
l'interpretazione di un evento compiuta alla luce di alcune teorie. Ciò comporta una
rilevante conseguenza metodologica: essendo tramontato il sogno di una base fattuale
sicura, in quanto legata all'esperienza, ne deriva il carattere
ipotetico deduttivo del metodo scientifico. Anche il controllo empirico non potrà
mai verificare o falsificare una teoria: infatti i responsi dell'esperienza sono
approssimati, tanto che esiste sempre un divario tra piano dell'esperienza e piano della
teoria; in secondo luogo la verifica empirica è possibile solo su alcune conseguenze
delle ipotesi teoriche di partenza, che esistono in quanto elementi di una teoria più
vasta: l'esperienza non può dunque mai condannare una singola
ipotesi.
Il neopositivismo logico
Il convenzionalismo, non mette solo in crisi le teorie
generali, ma anche le minime osservazioni condotte in laboratorio. Ciò che il positivismo
riteneva empirico, viene presentato dunque come un fattore influenzato dall'osservatore.
La prima risposta a questa "scienza ipotetica" venne dal circolo
di Vienna, di cui facevano parte Hahn, Neurath e Carnap, che voleva favorire e
diffondere una "visione scientifica del mondo" e di dare luogo a una
"scienza unificata", in grado di comprendere tutte le conoscenze intorno alla
realtà conquistate dall'uomo nei secoli. In un saggio scritto da Neurath, il fondamento
del movimento sta nel principio di verificazione: si può
stabilire una verità scientifica se le ipotesi vengono rafforzate dall'esperienza.
Così viene spostato il problema dalla validità delle teorie alla enumerazione delle
teorie, al controllo della coerenza tra linguaggio e dato. Comunque prima del controllo
empirico, la teoria deve essere logicamente coerente.
La teoria viene infatti suddivisa in enunciati, che hanno la loro base nella verità
logica, cioè sono frasi analiticamente non dubitabili. Saranno allora queste asserzioni protocollari ad essere a fondamento di una teoria.
Poiché i fatti sono dubitabili e le asserzioni protocollari no, se qualche teoria genera
un problema, la colpa può essere scaricata sul fatto. Le teorie diventano perciò più
forti che con il convenzionalismo.
K.
Popper
Dal circolo di Vienna si forma anche Karl Popper, uno studioso viennese, che si trova però in
disaccordo con i risultati del circolo, diventandone il maggior oppositore.
Nel 1919 a Vienna lavora Freud, arriva il Marxismo e passa Einstein che tiene una conferenza sulla teoria della relatività. Queste tre
forme di rinnovamento vengono presentate come teorie scientifiche, non dubitabili, in
grado di prevedere con esattezza ogni situazione. Popper si rende conto che le prime due
teorie promulgate come scientifiche sono molto diverse dalla teoria della relatività
einsteiniana: le prime infatti sono in grado di spiegare l'evento e il suo opposto,
inglobando gli eventi come conferma della verità della teoria.
Einstein invece crede che la teoria della relatività rimarrà valida fino a quando non
nasceranno prove che la falsificheranno. L'atteggiamento
scientifico consiste nell'andare cercare prove che potrebbero confutare la teoria, e
elaborarne una migliore: la teoria deve essere considerata come una congettura, valida
fino a quando non viene smentita.
Popper non si ferma alla critica di marxismo e psicoanalisi, ma critica soprattutto
l'induttivismo positivista, affermando che non esisterebbero teorie scientifiche se
l'induzione stesse alla base delle teorie. Infatti, anche se una infinita serie di
osservazioni sostenesse una teoria, ne basterebbe una sola per farla crollare. Anche se
fosse ammesso un "principio di induzione" per coordinare l'induzione, se venisse
considerato una verità logica, si trasformerebbe in una tautologia, mentre se si
trattasse di una verità empirica, il problema verrebbe risolto solo grazie ad un altro
principio che coordinasse il principio e l'induzione, fino all'infinito.
Da ciò Popper ricava il carattere non verificabile della scienza:
la scienza non è verificabile empiricamente.
C'è però un collegamento tra esperienza e scienza: mettere alla prova un'ipotesi
significa dunque dedurre da essa alcune delle conseguenze e vedere come queste si
rapportano con l'esperienza. Lo scienziato critico si distingue da quello dogmatico in
quanto va alla ricerca delle conseguenze della teoria che sembrano avere la più alta
probabilità di essere false.
Quando una teoria verrà falsificata dall'esperienza, si dovrà abbandonarla per
sostituirla con un'altra congettura. La storia della
scienza si presenta dunque, dal punto di vista falsificazionista, come una serie ininterrotta di congetture e falsificazioni.
Il falsificazionismo non nega, non può negare senza contraddirsi, che esista la verità e
che "compito della scienza è la ricerca della verità, cioé di teorie vere".
Egli nega però che esista un criterio di riconoscimento della verità. Il fatto che un
ipotesi abbia superato positivamente severi controlli, può certamente essere interpretato
come un sintomo, una spia sulla verità dell'ipotesi, ma non abbiamo modo di dimostrare
che le cose stanno proprio così.
Popper, rendendosi conto della difficoltà della scelta tra due teoria, crede che esista
un criterio di scelta tra le due. Egli infatti ritiene che si
deve preferire la teoria che ha il maggior grado di verosimilitudine, cioé si preferirà
l'ipotesi che ha un contenuto di verità al suo interno maggiore rispetto al suo contenuto
di falsità.
Infatti gli scienziati possono accettare per convenzione un dato insieme di asserti,
ritenuti altamente verosimili, che parlano dell'esperienza in qualità di asserti,
fornendo una conoscenza di sfondo non problematica. La nozione di conoscenza
di sfondo conferisce così al procedere della scienza un elemento di continuità
che il primo falsificazionismo non poteva garantire: il modello delle
congetture-falsificazioni suggeriva un processo storico fatto da continue fratture e
rivoluzioni, mentre l'idea di una conoscenza di fondo recupera un nucleo
stabile.
Kuhn
Negli anni sessanta, Thomas Kuhn ha criticato il modello
discontinuista del primo falsificazionismo popperiano. Secondo Kuhn infatti, anche se lo
sviluppo scientifico è passato attraverso rivoluzioni, è altrettanto vero che la maggior
parte dell'attività conoscitiva dispiegata dagli scienziati si svolge secondo modalità
che poco hanno a che fare con gli sconvolgimenti teorici. Per Kuhn scienza
normale significa una ricerca fondata su uno o più risultati raggiunti dalla
scienza del passato, ai quali una comunità scientifica, per un certo periodo di tempo,
riconosce la capacità di costituire il fondamento della sua prassi ulteriore. Grandi
opere come i Principia di Newton o la Fisica di Aristotele, hanno
rappresentato per grande tempo il fondamento delle ricerche condotte all'interno delle
comunità scientifiche. Per indicare queste tradizioni scientifiche originantesi e dirette
da opere di particolare rilievo Kuhn impiega il termine paradigma.
La scienza normale è quella che si sviluppa all'interno di un certo paradigma,
arricchendolo ma non cambiandolo nella sostanza dei suoi principi e dei suoi metodi: la
rivoluzione scientifica è un passaggio da un paradigma all'altro.
L'attività svolta nei periodi di scienza normale all'interno di un certo paradigma è
orientata dal paradigma stesso. L'attività sperimentale si dedica allo studio di quei
fatti che il paradigma ha indicato come particolarmente rivelatori della natura delle
cose. Questa attività non porta novità fondamentali, ma il suo obiettivo primario è
accrescere la portata e la precisione del paradigma.
Lo scienziato che opera all'interno di un paradigma si comporta come un solutore di rompicapo, poiché agisce dando per supposto che, entro
il suo paradigma, esista la soluzione del problema che affronta. Agendo come solutore di
rompicapo il ricercatore esplorerà tutte le possibilità concettuali all'interno del
paradigma senza ricorrere ad un paradigma alternativo. La scienza normale procede così
raccogliendo fatti suggeriti dal paradigma, andando alla ricerca di soluzioni che si
trovano all'interno del paradigma stesso. È questo tipo di
attività che conferisce alla storia della scienza quella continuità che Popper
misconosce: invece di lavorare per far crollare le teorie in cui credono, gli
scienziati normalmente lavorano nella convinzione che entro quelle teorie si possano
trovare le soluzioni a tutti i problemi interessanti.
Durante la ricerca nomale possono però sorgere delle anomalie. Se l'anomalia persiste il
paradigma entra in crisi. La crisi di un paradigma diventa la fase preparatoria
per l'avvento di un nuovo paradigma, per l'accadere di una rivoluzione
scientifica. Il grande innovatore scientifico, come lo fu Einstein con
l'elaborazione della teoria della
relatività, non è quindi colui che vede le cose con maggior precisione, ma colui che
vede cose diverse.
Il passaggio da un paradigma all'altro è un mutamento improvviso, che non consente la
compresenza di due paradigmi. i due paradigmi sono perciò incommensurabili tra
loro.
L'attività della scienza normale, caratterizzata come "soluzione di rompicapo",
e le "rivoluzioni" escludono che si possa giustificare la tesi secondo cui la
scienza progredisce verso una sempre migliore conoscenza della verità. Nella visione
della storia della scienza kuhniana non trova giustificazione l'idea di progressi verso
qualcosa; piuttosto viene configurato un progresso a partire da
qualcosa: partendo da stadi primitivi la scienza compie un processo evolutivo che
passa per stadi successivi caratterizzati da una sempre più elevata capacità di
risolvere rompicapo sempre più articolati. Un progresso scientifico che parte da
stadi primitivi dunque, ma che non tende verso nessun scopo.
Lakatos
All'inizio degli anni settanta, Lakatos, pur riconoscendo
che la critica di Kuhn alle posizioni di Popper elaborate prima della guerra, nega
che le stesse conclusioni possano essere usate per il secondo Popper.
Il falsificazionismo di Popper del dopoguerra si era fondato sul concetto di
verosimilitudine: tra due teorie rivali è razionale scegliere quella che ha il più alto
grado di verosimilitudine, cioé che possiede la maggiore distanza tra la misura del
contenuto di verità e di quello di falsità. Questa posizione di Popper non venne
criticata da Kuhn. Lakatos dunque parte da Popper per elaborare la sua teoria sulla
scienza, senza però negare la validità delle critiche di Kuhn al primo Popper.
Per Lakatos i grandi risultati scientifici non consistono di ipotesi isolate. La natura
delle teorie scientifiche più importanti manifesta una complessità
superiore che trova chiarimento nella struttura che possiede un programma di
ricerca. Un programma di ricerca è costituito da un nucleo,
cioé un insieme di ipotesi di particolare importanza accettato per convenzione e per
questo non confutabile, in virtù di una decisione non provvisoria: una euristica
positiva, cioé un insieme di indicazioni che definiscono i problemi da affrontare,
il loro ordine di priorità e prevedono le anomalie e il modo di superarla, adottando un
insieme di "ipotesi ausiliarie" che hanno lo scopo di salvaguardare il nucleo.
Queste indicazioni formano attorno al nucleo una cintura protettiva. tutto ciò
conferisce alla scienza teorica una grande autonomia: il programma si può sviluppare
senza molto curarsi delle "falsificazioni" empiriche. Si esplicita in questo
modo anche l'idea di continuità, di intimo legame tra le teorie che si succedono l'una
all'altra: continuità e legame intimo sono garantiti dalla permanenza del nucleo e dalle
indicazioni dell'euristica.
Esistono tuttavia due modi ben differenti con cui un programma si può velocemente
sviluppare: nel corso del suo sviluppo esso può produrre delle nuove previsioni, oppure
può crescere senza produrre novità. Nel caso in cui la crescita teorica è più rapida
della crescita empirica, il programma è progressivo,
quando invece la teoria è sempre in ritardo sui fatto, il programma è regressivo. È proprio questa distinzione che permette a
Lakatos di enunciare un criterio oggettivo di scelta tra
programmi di ricerca rivali: «Se abbiamo due programmi di ricerca rivali dei quali
uno è progressivo mentre l'altro è regressivo, gli scienziati tendono ad aderire al
programma progressivo.
Lo sviluppo progressivo di un programma lakatosiano è la
riformulazione del concetto popperiano di aumento di verosimilitudine: in entrambi i casi
si tratta di considerare un aumento di contenuto empirico. Tuttavia, per Lakatos, Popper
ha sbagliato nel sostenere che la teoria della misura di verosimilitudine sia la
traduzione in linguaggio tecnico dell'idea intuitiva di approssimazione alla verità. Non
esiste alcun modo per stabilire che c'è un nesso tra aumento di verosimilitudine in senso
tecnico (o sviluppo empiricamente progressivo di un programma) e approssimazione alla
verità oggettiva. Il progresso di un programma di ricerca, o la
vittoria di un programma di ricerca su un altro, non significano dunque, di per sé, un
progresso conoscitivo.
Feyerabend
Lakatos ha tentato di salvare la razionalità scientifica
elaborando un criterio di scelta, una regola di condotta per lo scienziato di fronte a
teorie rivali.
Paul Feyerabend gli obietterà tuttavia che le regole proposte sono solo apparenti e in
realtà non guidano, non possono guidare uno scienziato nelle sue scelte. Infatti quando
si consideri un programma di ricerca in uno stato regressivo, è perfettamente legittimo
che si senta il bisogno di abbandonarlo e di sostituirlo con uno rivale progressivo.
Tuttavia, per la razionalità non-istantanea lakatosiana, è anche legittimo fare
l'opposto e conservare il programma: se non è saggio rifiutare teorie erronee nel
momento della loro nascita, in quanto potrebbero migliorare e crescere, non è saggio neppure rifiutare i programmi di ricerca in declino,
i quali potrebbero riprendersi e recuperare un carattere progressivo.
Le regole della metodologia dei programmi di ricerca possono aiutare lo scienziato a
valutare la situazione storica nella quale egli prende le sue decisioni, ma non gli
indicano che cosa fare, quale programma scegliere. Non esistono
regole, non esiste un metodo da seguire obbligatoriamente, tutto va bene. La fine
della razionalità istantanea proclamata da Lakatos è in realtà la fine del mondo.
Entro questa cornice cade, evidentemente, la possibilità di parlare di progresso
conoscitivo. Non essendovi regole che consentano di stabilire un criterio di preferenza
tra due teorie rivali, poiché anzi non vi sono regole di alcun genere, non si può dire
che una teoria è migliore di un'altra. L'anarchismo
metodologico di Feyerabend significa che non solo non
abbiamo modo di stabilire razionalmente se la teoria di Einstein sia meglio di quella di
Newton, ma neppure si può dimostrare che la medicina dei più avanzati ospedali sia
migliore di quella tradizionale delle tribù indiane americane. La scienza non può dunque
avere la pretesa di essere considerata più profonda, più vicina alla verità di
qualsiasi altra espressione culturale dell'uomo.