Areodinamica
applicata al deltaplano
È giunto ora il momento
di "applicare" al deltaplano le nozioni di aerodinamica precedentemente
esposte. Da un lato comprenderemo in maggior dettaglio le implicazioni
aerodinamiche della guida a spostamento di peso e, dall'altro, diventerà
finalmente possibile capire perchè, in molti casi, il comportamento
reale del mezzo è anche molto diverso da quanto potremmo aspettarci
stando alla teoria.
Ricordiamo che il deltaplano è una struttura molto particolare, ricca
di veri e propri "stratagemmi aeronautici" che ne garantiscono la autostabilità
(e dunque la sicurezza); questi, tuttavia, sono stati sviluppati man
mano, in modo largamente empirico, attraverso successivi tentativi e
miglioramenti, e la loro esatta comprensione teorica è relativamente
recente.
Iniziamo le nostre analisi dalla autostabilità, la cui importanza è
letteralmente vitale: le gravi problematiche tipiche dei primi apparecchi
(fine anni '60 e primi anni '70) derivavano proprio dalla mancanza di
questa indispensabile proprietà.
AUTOSTABILITÀ
Con il termine autostabilità si intende la capacità dell'apparecchio
di riacquistare autonomamente (e mantenere) un assetto di volo rettilineo
(in condizioni di aria calma), nonchè la capacità di opporsi a manovre
tendenti a turbare tale assetto, in maniera tanto più forte quanto più
accentuata è la manovra.
STABILITA' LONGITUDINALE(SULL'ASSE TRASVERSALE)
I problemi di stabilità dei primi deltaplani erano connessi soprattutto
con il beccheggio: il dramma si presentava quando, per errori del pilota
o per inattesi movimenti dell'aria, l'aquilone andava in stallo ed iniziava
una picchiata verticale. La vela sbatteva come una bandiera al vento
senza realizzare alcuna portanza. Il pilota non aveva alcuna possibilità
di controllare l'apparecchio poichè, essendo in caduta libera, non aveva
un peso proprio da utilizzare per le manovre. Tale drammatico evento,
noto come caduta in drappo, aveva spesso evoluzione infausta, anche
perchè allora non esistevano paracadute di emergenza per Volo Libero.
È a questo livello che è stato compiuto il salto qualitativo più rilevante
con la aggiunta dei cavetti antidrappo e dei tips, con l'uso di stecche
preformate e, soprattutto, con lo svergolamento.
Cavi antidrappo
Partono dalla torre e raggiungono il bordo di uscita nelle sue parti
centrali: anche se durante il montaggio li vediamo in tensione, in volo
essi sono laschi e non compiono alcun lavoro. Solo in caso di picchiate
molto accentuate (come appunto capita dopo uno stallo) essi mantengono
sollevata l'ultima parte del bordo di uscita generando un effetto cabrante
che consente all'aquilone di riprendere il volo. Inutile dire che non
si devono modificare gli antidrappo per nessun motivo.
Tips
Compiono, alle estremità alari, lo stesso lavoro dei cavi antidrappo.
In pratica, dunque, antidrappo e tips provvedono a generare un momento
cabrante nelle picchiate esasperate.
Stecche preformate
Mantengono la vela in tensione, con una forma alare, ed impediscono
lo "sbandieramento". Dunque, anche in condizioni estreme, l'ala mantiene
molte delle sue caratteristiche aerodinamiche (che andavano completamente
perdute durante il "drappo").
Svergolamento
Prescindendo dalle condizioni estreme, tuttavia, la stabilità longitudinale
è garantita dal già citato svergolamento alare: il deltaplano si distingue
infatti dagli altri velivoli per l'entità di questo dispositivo aerodinamico,
che viene ulteriormente esaltato dalla flessibilità della struttura.
L'ala infatti, osservata di profilo, mostra una diversa inclinazione
alle estremità alari rispetto alla parte centrale. Questo significa
che l'angolo di incidenza risulta superiore al centro ed inferiore alle
estremità, in ogni condizione di volo.
Immaginiamo ora di osservare un deltaplano che aumenta progressivamente
l'angolo di incidenza (e quindi rallenta) fino allo stallo. Lo svergolamento
fa sì che quando viene raggiunto l'angolo critico (di stallo) nella
parte centrale, le estremità alari (che hanno un angolo di incidenza
inferiore) stanno ancora volando (continuano cioè a generare portanza).
Poichè le estremità alari sono situate posteriormente rispetto al baricentro
dell'apparecchio, la portanza che da queste si genera avrà l'effetto
di sollevare la parte posteriore e di iniziare quindi una picchiata
atta a far riprendere velocità al mezzo. In altri termini, grazie allo
svergolamento, è praticamente impossibile mettere contemporaneamente
in stallo tutta la superficie velica: lo stallo procederà dal centro
(posto anteriormente) ai lati (posti posteriormente) garantendo, ad
esempio in atterraggio, un arresto dolce e progressivo.
Al contrario, durante una picchiata, tutti gli angoli di incidenza si
riducono: la parte centrale dell'apparecchio (sita anteriormente al
pilota) avrà comunque e sempre un angolo di incidenza maggiore rispetto
alle estremità alari; questo significa che, a bassi angoli di incidenza,
la parte velica che genera maggiore portanza è quella centrale-anteriore;
il deltaplano, quindi, tende a sollevare il naso, generando un effetto
cabrante che si oppone alla picchiata stessa.
Un modo più tecnico di esprimere gli stessi fatti è il seguente:
durante un volo stabilizzato rettilineo il centro di spinta (il punto
dove possiamo immaginare concentrate le forze aerodinamiche) ed il baricentro
(sostanzialmente il peso del pilota) sono allineati. Quando il pilota
sposta il baricentro in avanti, l'apparecchio picchia, diminuendo l'incidenza
e prendendo velocità. Contemporaneamente, però, lo svergolamento farà
aumentare il contributo portante della parte anteriore, facendo avanzare,
quindi, anche il centro di spinta, fino ad un nuovo equilibrio (ad una
velocità maggiore).
Se così non fosse (cioè se non vi fossero dispositivi che garantiscono
il riallineamento di centro di spinta e baricentro) una volta spostato
in avanti il baricentro, inizierebbe una picchiata sempre più accentuata,
praticamente impossibile da arrestare. Un meccanismo simile, ma contrario,
(arretramento del baricentro con riallineamento all'indietro del centro
di spinta) interviene nelle cabrate.
La stabilità longitudinale di un deltaplano può essere verificata in
volo partendo dalla velocità di trim: tirando la barra di controllo
per prendere velocità noteremo che è necessario un certo sforzo; inoltre
la barra, non appena lasciata, tenderà immediatamente a tornare nella
posizione precedente (salvo esagerare per inerzia e rallentare ulteriormente
l'apparecchio). Noteremo inoltre che lo sforzo richiesto è tanto maggiore
quanto più tiriamo la barra. Se ciò non dovesse verificarsi (se cioè
la barra dovesse divenire più "morbida" accentuando la picchiata) è
assolutamente necessario fare verificare l'apparecchio dal costruttore
o dal rivenditore. Un apparecchio non autostabile viene detto divergente
e per il nostro sport questo è sinonimo di estremo pericolo.
STABILITA' LATERALE(SULL'ASSE LONGITUDINALE)
Da questo punto di vista i primi apparecchi erano sufficientemente stabili,
ma diciamo subito che una forte stabilità laterale si traduce nella
impossibilità di porre l'apparecchio in rollio, utilizzando il solo
spostamento di peso. In pratica un apparecchio è tanto più stabile lateralmente
quanto meno è maneggevole, e viceversa. È chiaro che i costruttori tenteranno
di raggiungere il miglior compromesso possibile per i differenti apparecchi
a seconda dell'uso al quale sono destinati.
Angolo diedro
La stabilità laterale è ottenuta con l'angolo diedro che può essere
definito come l'angolo che si forma tra il cross-bar ed un piano parallelo
alla barra di controllo e passante per la chiglia.
L'angolo diedro produce autostabilità in un modo semplice ed intuitivo:
ogni semiala genera una forza aerodinamica perpendicolare al suo asse;
durante un'inclinazione laterale la semiala più bassa sviluppa questa
forza verso l'alto, mentre la componente verticale dell'altra semiala
è scarsa: questo genera l'effetto raddrizzante. In seguito ad uno
stallo, invece, l'angolo diedro mantiene un potere stabilizzante, basato
questa volta sulla resistenza, in modo assolutamente simile a quanto
esposto più oltre per la freccia.
STABILITA' ROTATORIA(SULL'ASSE VERTICALE)
Da questo punto di vista i primi apparecchi erano addirittura più stabili
degli odierni, poichè la stabilità orizzontale è garantita principalmente
dalla forma a freccia dell'aquilone (si noti che l'angolo di freccia
è inversamente proporzionale all'angolo di naso -essendone il complementare:
per tenere a mente questo particolare si ricordi che un'angolo di naso
pari a 180 gradi (piatto) ha freccia nulla).
I primi aquiloni avevano un angolo di naso molto più acuto degli attuali
(80- 90 gradi) e quindi erano dotati di una freccia maggiore.
In effetti gli aquiloni attuali, con 130 gradi di angolo di naso (e
solo 25 gradi di freccia) possono presentare il problema, già citato,
dell'imbardata inversa; non esistono però inconvenienti più gravi ed
il piccolo svantaggio è ampiamente compensato dalle prestazioni, notevolmente
superiori.
La freccia agisce sul piano orizzontale attraverso una maggiore resistenza
che colpisce l'ala che sopravanza, dal momento che risulta più esposta
al vento relativo.
Un certo effetto limitante le sbandate può provenire dalla tasca della
chiglia (o dalle "pinne caudali" di alcuni apparecchi) ma qui le idee
non sono del tutto concordi.