La storia
del deltaplano, relativamente recente, differisce da quella della
maggior parte degli attrezzi sportivi ad alta tecnologia: i materiali
infatti erano già disponibili da tempo e non hanno mai rappresentato
un limite alla evoluzione (si pensi per contro alle racchette da tennis
o agli sci, inizialmente in legno, poi in metallo, poi in leghe plastiche,
la cui evoluzione era legata alla scoperta di nuovi materiali).
Nel nostro
caso invece la evoluzione è stata soprattutto progettuale, si è trattato
cioè di studiare le migliori forme, avendo già a disposizione la tecnologia
necessaria.
Non
si creda che fosse un compito facile: un'occhiata alla evoluzione
storica, riportata nella figura 5-4, ci mostra una trasformazione
quasi totale ed i moderni aquiloni di 5a generazione hanno veramente
poco in comune con le ali Rogallo (dal nome dell'ingegnere della NASA
che per primo le progettò più di cinquant'anni fa).
Notiamo
sostanzialmente:
- un progressivo aumento dell'angolo di naso;
- un cambiamento nella forma del bordo di uscita, specialmente
alle estremità alari (comparsa del roach);
- un aumento della tensione della vela con diminuzione del tunnel
fino alla sua totale scomparsa;
- un costante aumento dell'allungamento che, come sappiamo, consente
una migliore efficienza alle basse velocità;
- la comparsa della doppia superficie, cioè di un "riporto" di
vela sull'infradosso con una importantissima modificazione della
sezione trasversale dell'ala che, da una linea diviene un profilo
alare vero e proprio. A quest'ultima modifica contribuiscono sostanzialmente
anche le stecche, preformate e sempre più numerose, che mantengono
distaccate le superfici veliche.
Sul versante delle prestazioni notiamo che l'efficienza compie
un poderoso balzo (da 4:1 fino agli attuali 10:1), la velocità massima
in sicurezza passa da 50 a 85 Km/h ed il tasso di minima caduta
si riduce da 2,5-3 m/sec a circa 1 m/sec.