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Incidenza
e virate
IL CONTROLLO DELL'INCIDENZA
Come abbiamo
appreso dall'aerodinamica, il controllo dell'incidenza è cruciale nel
determinare le velocità di volo (sia verticale che orizzontale) e, conseguentemente,
anche l'efficienza.
Durante il volo l'incidenza viene modificata dagli spostamenti antero-posteriori
del peso del pilota:
- spostamento
del peso in avanti (ottenibile tirando a sè la barra)=riduzione
dell'angolo di incidenza: diminuzione di portanza e di resistenza
(principalmente quella indotta). Ne conseguono un aumento di velocità
e del tasso di caduta;
- spostamento
del peso all'indietro (ottenibile spingendo la barra in avanti)=aumento
dell'incidenza: aumento di portanza (fino allo stallo), e di resistenza.
Ne conseguono una diminuzione della velocità e del tasso di caduta.
LE VELOCITÀ DI VOLO
Trim
Un aquilone ben equilibrato, quando lasciato libero di volare in aria
calma senza che vengano esercitate forze sulla barra di controllo, vola
ad una velocità determinata dalle sue caratteristiche strutturali e
di regolazione: tale velocità, che varia da apparecchio ad apparecchio
è detta velocità di trim (o di regolazione).
Minima caduta
Rallentando, cioè spingendo progressivamente sulla barra, si giunge
alla velocità di minima caduta: in aria calma e a parità di quota questa
velocità è quella che ci permette di stare in aria più a lungo. Attenzione
però...
Stallo
Rallentando ulteriormente si scende al di sotto della velocità di stallo
e l'apparecchio, come sappiamo dall'aerodinamica, non vola più.
Massima efficienza
Se invece, partendo sempre dalla velocità di trim, acceleriamo, tirando
progressivamente sulla barra, raggiungiamo la velocità di massima efficienza:
è questa la velocità alla quale diviene ottimale il rapporto tra caduta
ed avanzamento, in aria calma, è la velocità che ci permette di andare
più lontano.
Velocità
massima (in sicurezza)
Tirando ancora, la barra arriva a toccare il nostro corpo ed è impossibile
accelerare ulteriormente: questa è la velocità massima raggiungibile
in sicurezza (gli stessi apparecchi non sono progettati per velocità
superiori).
È teoricamente possibile saltare davanti alla sbarra attaccandosi ai
cavi anteriori e precipitare con l'aquilone quasi in verticale, ma gli
aumenti di velocità che si osservano sono solo incrementi della velocità
verticale ed allora tanto vale saltare senza aquilone (si raggiungono
pur sempre 230 Km/h!).
ERRORI
NEL CONTROLLO DELL'INCIDENZA E LORO RECUPERO
Il principale
errore che può essere commesso nel controllo dell'incidenza è il superamento
dell'angolo critico, o angolo di stallo, con conseguente perdita di
portanza del deltaplano: è questo lo stallo. Gli apparecchi attuali,
tuttavia, mostrano almeno tre tipi di comportamento a seconda che l'angolo
critico venga raggiunto lentamente e progressivamente, oppure bruscamente
ed in velocità.
PRESTALLO
Se, in volo
rettilineo, spingiamo progressivamente sulla barra fino ad avvicinarci
all'angolo di stallo, l'apparecchio rallenta sempre più, diventando
scarsamente manovrabile: in questa condizione, definibile come "prestallo"
il deltaplano "spancia", è estremamente inerte, e non risponde alle
manovre di rollio. È la condizione che si verifica, in atterraggio,
quando ritardiamo troppo lo stallo finale.
Manovra di correzione: disponendo di un minimo di quota (almeno
20 mt), il pieno controllo dell'apparecchio può essere facilmente ripreso,
semplicemente riducendo (anche di poco) l'angolo di incidenza. Una moderata
perdita di quota si traduce in velocità, e l'apparecchio torna a volare
correttamente.
STALLO
Parlando
di atterraggio abbiamo sottolineato che lo stallo finale è una manovra
che richiede un minimo di energia: tale considerazione vale anche per
lo stallo in volo. Se l'angolo di stallo viene superato dopo una lieve
presa di velocità, l'apparecchio segue una traiettoria curvilinea, puntando
il naso verso il cielo e "fermandosi" quando ha esaurito l'energia di
cui disponeva.
Manovra di correzione: un deltaplano attuale riprende autonomamente
il volo, dopo uno stallo, grazie ai dispositivi di autostabilità di
cui è dotato. Dopo un attimo di apparente immobilità, il naso "cade"
verso il basso ed il deltaplano riprende la velocità e l'incidenza necessarie
per volare. Possiamo aiutarlo in questo: tirando leggermente la barra,
ridurremo (di poco) il tempo necessario per ristabilire un volo rettilineo.
Si tenga conto che il recupero di uno stallo completo richiede almeno
30-50 mt di quota.
STALLO
DINAMICO
Sappiamo
dall'aerodinamica che lo stallo dinamico si realizza quando l'angolo
critico di incidenza viene superato mentre si sta volando ad elevata
velocità: con il deltaplano (specie con quelli di 5a gen.)
questo è possibile. Supponiamo di eseguire una picchiata ad 80 Km/h
e di spingere, improvvisamente e con decisione, la barra in avanti.
Nell'attimo stesso in cui l'ala supera l'incidenza critica, essa stalla
e smette di volare; tuttavia rimane l'inerzia dovuta alla precedente
velocità: ne consegue una perdita di quota molto maggiore rispetto a
quella persa dopo uno stallo "normale".
Manovra di correzione: è molto difficile realizzare uno stallo
dinamico senza volerlo, poichè sono necessarie due circostanze (tutto
sommato) "volontarie", la elevata velocità iniziale e la cabrata molto
brusca ed eccessiva. In genere si tratta di manovre acrobatiche mal
tentate e peggio riuscite. In ogni caso una leggera trazione sulla barra
renderà più rapido il ritorno a condizioni di volo. La perdita di quota
sarà però notevole (50-80 mt).
LA VIRATA
Sappiamo
dall'aerodinamica, che una virata non è semplicemente ottenibile con
un rollio, ma richiede anche un momento cabrante che evita le scivolate
d'ala. Nel volo col deltaplano questo si realizza attraverso spostamenti
coordinati del corpo sia lateralmente che longitudinalmente.
Esaminiamo, spezzando schematicamente le varie fasi, i movimenti da
compiere commentandoli con alcuni cenni di ordine "pratico" (a questo
punto, infatti, le ragioni aerodinamiche dovrebbero essere già chiare
e comprese).
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- Partenza dalla condizione di volo
rettilineo.
- Trazione sulla barra per una presa
di velocità: come sappiamo, infatti, durante una virata l'ala interna
vola più lentamente di quella esterna ed è necessario garantirsi
che la sua velocità resti superiore alla velocità di stallo (si
noti, inoltre, che durante una virata coordinata il peso apparente
aumenta, determinando anche un aumento di tutte le velocità compresa
quella di stallo). La velocità necessaria sarà tanto maggiore quanto
più "stretta" (vale a dire con un piccolo raggio di curvatura) dovrà
essere la virata da effettuare. Da un punto di vista pratico la
presa di velocità rende l'apparecchio più manovrabile e più rapido
nelle risposte.
- Spostamento laterale del peso: per
inclinare l'apparecchio (rollio); tanto più stretta la è virata,
tanto maggiore l'inclinazione. Si consideri che l'aquilone necessita
di qualche attimo per "registrare" l'avvenuto cambiamento (latenza
di risposta): accade dunque che, preoccupati di questo ritardo,
si sia portati ad "esagerare" lo spostamento del peso rollando eccessivamente
(sovraccorrezione); per questo motivo le prime virate saranno ampie
e l'inclinazione (10-15 gradi) sarà raggiunta progressivamente.
- Spinta sulla barra: per generare
quel riallineamento di forze che evitano la scivolata d'ala: come
sappiamo, infatti, è il mancato cabraggio la causa di questo fenomeno,
(nascita della forza centrifuga ed incremento della componente verticale
della portanza); d'altro canto una cabrata eccessiva pone l'ala
interna (già più lenta) in
stallo, generando la "vite", di cui parleremo tra breve. La effettiva
necessità di "spingere" in avanti la barra dipende il larga misura
dalla regolazione del deltaplano: su alcuni apparecchi, regolati
in modo da volare molto lentamente, può essere sufficiente rilasciare
la barra di qualche centimetro per generare un momento cabrante.
Al momento di uscire dalla virata dovremo:
- Tirare nuovamente la barra: per
riprendere un assetto compatibile con il volo rettilineo (se rimanessimo
nella posizione "cabrata", che è indispensabile in virata, ci troveremmo
totalmente stallati); come sempre, inoltre, un poco di velocità
aiuta la manovrabilità: volando molto lentamente e spostando il
peso, si possono verificare, anche in virata, fenomeni legati alla
imbardata inversa, cui faremo cenno fra breve, con il risultato
di accelerare solo l'ala esterna, accentuando la virata.
- Effettuare lo spostamento controlaterale
del peso: per rimettere orizzontale l'aquilone; in uscita di virata
lo spostamento deve essere eseguito con decisione, portando il corpo
anche all'estremità opposta della barra di controllo, se necessario,
e riportandolo poi al centro una volta ristabilita l'orizzontalità
(tale manovra viene anche detta centraggio).
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Si ricordi,
infine, che un'apparecchio in virata, proprio per la latenza di risposta
già citata, tenderà a proseguire la sua traiettoria circolare ancora
per un breve periodo prima di ritornare in volo rettilineo: volendo
compiere una virata di 90 gradi, dunque, eseguiremo la manovra di centraggio
quando avremo compiuto circa 70 gradi.
IMBARDATA INVERSA
Abbiamo
più volte sottolineato come sia importante disporre di una riserva di
velocità di volo per far compiere all'apparecchio le manovre desiderate.
Questo fatto, già rilevante per tutti i mezzi volanti, diviene, se possibile,
ancora più essenziale per noi deltaplanisti, data la guida a spostamento
di peso (tecnica da 10 a 100 volte più faticosa rispetto ai comandi
aerodinamici !)
Volare spostando il peso significa infatti combattere costantemente
contro la gravità (che ci vorrebbe sempre appesi sotto la verticale
del punto di aggancio) e, come se non bastasse, anche contro l'inerzia
dell'apparecchio, specialmente nell'esecuzione di manovre sull'asse
laterale. Mentre contro la forza di gravità c'è poco da fare (in realtà
stiamo già trionfando contro di essa, nel momento stesso in cui voliamo),
per l'inerzia molto può essere fatto, semplicemente ricordando di non
rallentare eccessivamente; a dire il vero la tentazione esiste, poichè
lo sfruttamento delle ascendenze prevede di volare spesso alla velocità
di minima caduta, vale a dire sempre un po' lenti. Volando lentamente,
come non bastassero gli aumenti di inerzia e di latenza di risposta,
si percepisce maggiormente anche un altro fenomeno (più accentuato sugli
apparecchi molto allungati): l'imbardata inversa.
Lo spostamento laterale del peso determina, infatti, un maggior carico
sull'ala interna; questa, oltre ad abbassarsi, accelera leggermente
per qualche attimo:
l'aquilone tende quindi ad imbardare nella direzione opposta a quella
voluta. È evidente che la differenza di velocità che
si genera tra le due ali (responsabile della imbardata inversa) farà
sentire maggiormente i suoi effetti quando l'apparecchio vola a basse
velocità, essendo meno rilevante a velocità via via maggiori.
Morale: specie agli inizi, teniamo sempre una velocità superiore
a quella di minima caduta, per poter avere più manovrabilità (meno inerzia)
e risposte più pronte (minor latenza di risposta).
ERRORI
IN VIRATA E LORO RECUPERO
Se è vero
che la virata coordinata si fonda su un momento cabrante "adeguato",
deve essere vero che una spinta esagerata od insufficiente sulla barra
determina conseguenze aerodinamiche non ottimali: la scivolata d'ala
e la vite già incontrate in aerodinamica. È doveroso premettere che
gli attuali deltaplani possono riprendersi autonomamente dalla scivolata
d'ala (se esiste una quota sufficiente) e che non vanno molto facilmente
in vite; è tuttavia indispensabile conoscere esattamente le cause di
questi fenomeni e, soprattutto, le manovre necessarie per risolverli.
SCIVOLATA D'ALA
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Abbiamo
visto che il momento cabrante ha lo scopo di riequilibrare le forze
in virata e che, in sua assenza l'aquilone scivola d'ala (verso l'interno
ed in basso). Questa scivolata sarà inizialmente debole e diverrà
via via più forte se manteniamo il peso spostato senza cabrare. I
piloti esperti a volte usano le scivolate controllate per perdere
quota in fase di avvicinamento all'atterraggio; inutile sottolineare
che questa tecnica non è molto sicura, specie vicino al suolo.
Manovre di correzione: se ci accorgiamo subito di scivolare
sarà sufficiente spingere sulla barra per ottenere l'effetto cabrante;
se invece la scivolata è diventata sostenuta (mostravento sul cavo
anteriore posto a 45 gradi o più rispetto alla direzione della chiglia)
si dovrà dapprima ristabilire la velocità orizzontale (quella di avanzamento)
che inevitabilmente cala scivolando: si eserciterà dunque una trazione
sulla barra e immediatamente dopo si sposterà (anche energicamente)
il peso verso l'esterno per centrare l'aquilone, riprendendone il
controllo.
Gli aquiloni attuali tendono a riprendere autonomamente la velocità
di volo, ponendosi con il naso in basso: questo, tuttavia, richiede
almeno 50-60 mt di quota e non si verifica se il pilota, caparbiamente,
tiene il peso spostato lateralmente senza cabrare.
VITE
Un eccessivo
cabraggio in virata porta allo stallo dell'ala interna. Questo significa
che quell'ala smette di generare portanza e diviene un "peso morto";
tutta la portanza è fornita dall'ala esterna che, di conseguenza, subisce
un notevole aumento del carico alare, questo la fa accelerare conducendo
ad un avvitamento apparentemente inarrestabile.
Manovra di correzione: la reazione più istintiva sarebbe quella
di spostare il proprio peso all'esterno della vite, nel tentativo di
ristabilire l'orizzontalità dell'aquilone. Purtroppo però questa manovra
non fa altro che caricare ulteriormente l'ala
esterna, imprimendole un'ulteriore accelerazione, con conseguente peggioramento
della vite!
La manovra da eseguire, invece, consiste nel tirare la barra, spostando
ulteriormente il peso all'interno: l'apparecchio reagirà a questa manovra
"abbassando il naso" all'interno della vite e riprendendo velocità su
entrambe le ali. Non appena si avverte che l'ala interna ha ripreso
a volare (cioè a sviluppare portanza) si potrà intervenire correggendo
la direzione e, successivamente, la velocità. Una vite in quota non
rappresenta dunque un pericolo (se abbiamo imparato ad uscirne), mentre
lo è a bassa quota o vicino al pendio.
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