.
Un crimine senza punizione:
la tratta degli schiavi

4/8


Sebbene il padrone fosse un predicatore metodista, frustava i suoi schiavi e li cospargeva di pece e trementina con una torcia infiammata... Il padrone pronunciava il sermone per i bianchi la domenica mattina. Poi tutti i padroni dei dintorni inviavano i loro schiavi e allora lui pronunciava un sermone per noi. Prediligeva due testi per queste occasioni. Uno era "Servitori, obbedite ai vostri padroni", in cui diceva poco o nulla circa il Padrone del Paradiso, però ci parlava sempre dell'obbedienza al nostro padrone sulla terra. L'altro testo era "Non rubare". Predicava questo con frequenza ai neri...

Jack White, schiavo

A destra, schiavi neri in Brasile lavorano pietre preziose
sotto la minaccia della frusta dei sorveglianti.
(Acquerello di Carlos Julião, 1775 circa)

Carattere dell’attività coloniale degli Europei
Gli invasori europei, per tre secoli, non hanno cercato di organizzare la produzione sfruttando il lavoro delle masse africane sui luogo. Essi si curarono solo di accumulare, saccheggiare ed esportare prodotti e mano d’opera. Per tre secoli l’attività «economica» dei capitalisti europei (e americani) in Africa si ridusse quasi esclusivamente al commercio, e in particolare a quello degli schiavi. Gli Africani ridotti in schiavitù venivano sfruttati non nel loro paese, bensì nelle piantagioni coloniali di altre parti del mondo, in primo luogo delle Americhe. Fece eccezione a tale riguardo solo quella regione dell’Africa del sud (costa del capo di Buona Speranza) dove già nella seconda metà del secolo XVII la Compagnia olandese delle Indie Orientali aveva spiegato qualche attività economica introducendo sistemi agricoli europei. 

Il «commercio africano» nei secoli XVI-XVIII aveva il carattere di saccheggio diretto e indiretto. I commercianti europei e i loro agenti si impadronivano delle enormi ricchezze dei paesi da poco scoperti, o mediante l’aperto brigantaggio o attraverso il «baratto». Quest’ultimo sistema consisteva nello spingere gli indigeni a scambiare i loro prodotti con cianfrusaglie (perle di vetro, bottoni, ecc.) e con acquavite che li si incoraggiava a consumare.

Sempre a eccezione di quella parte dell’Africa del sud, all’occupazione di territori africani da parte di potenze europee non si accompagnava quasi mai la colonizzazione. Nei territori conquistati arrivavano per primi avventurieri e militari, seguiti da mercanti e missionari. Quasi nessun Europeo si insediava in Africa in maniera permanente. Alcuni tentativi isolati di colonizzazione furono compiuti dai Portoghesi in Angola e Mozambico, ma senza successo.

In quest’epoca la spinta all’espansione verso l’interno del continente africano era ancora molto debole. I colonizzatori europei cercavano soltanto di stabilirsi saldamente sulle coste per organizzare da lì, tramite i loro agenti bianchi e neri, la razzia ai danni delle regioni interne adiacenti al litorale, così da procurarsi la maggior quantità possibile di schiavi, oro, avorio e spezie. Fino al termine del secolo XVIII gli Europei si limitarono così a occupare alcune piccole regioni del litorale per fondarvi le loro agenzie commerciali e le loro basi militari e di approvvigionamento. Ciò spiega le scarse esplorazioni, in questo periodo, delle regioni interne del continente. Sino alla fine del secolo XVIII i viaggi verso il cuore dell’Africa furono molto rari ed ebbero solo carattere fortuito, essendo effettuati da avventurieri o da mercanti alla ricerca di nuovi giacimenti d’oro o di nuove fonti di «merce umana».


L'esploratore Stanley
Incontro tra Stanley e Livingstone

Rapporti tra gli occupanti e gli Africani
I primi occupanti delle regioni costiere decimarono, catturarono, vendettero come schiavi o respinsero all’interno del continente le tribù africane incontrate sul loro cammino. Talvolta cercarono di mascherare le loro invasioni sotto forma di «trattati di pace» conclusi con i capitribù mediante regali insignificanti o servendosi dell’in-fluenza dei missionari presso gli indigeni. 

Un esempio significativo dei metodi impiegati dai primi occupanti europei per accaparrarsi i territori africani mediante «trattati di pace» si ha nell’«acquisto» della colonia del Capo da parte della Compagnia olandese delle Indie Orientali. In virtù di due accordi conclusi con i capi africani, la Compagnia pagò per la colonia del Capo 9 lire sterline, 12 scellini e 9 pence, e non in moneta ma in natura.

Lo storico boero Sidwell racconta come nel 1672 un alto funzionario della Compagnia, il commissario Van Overbeck, facendo scalo al Capo durante un viaggio di ritorno in Olanda, concluse un accordo con un capotribù «ottentotto» della penisola del Capo.
Secondo quell’accordo «pacifico», tutta la regione del Capo, comprendente il golfo di Table e le baie di Saldanha e di Hoedjes, passò nelle mani della Compagnia per una somma equivalente a circa 1.000 sterline di oggi. Senonché il «barbaro», del tutto ignaro del valore di quel denaro, fu molto più soddisfatto di ricevere dai depositi della Compagnia merce per un valore di meno di tre sterline inglesi. 

Qualche giorno dopo van Overbeck concluse un accordo analogo con un’altra tribù, assicurando agli Europei il possesso dell’«Olanda ottentotta» e di False Bay al prezzo nominale di 800 sterline; questa volta gli Africani ricevettero mercanzie per un valore di circa 7 sterline. 

È facile comprendere come, a prezzi tanto «equi», la «politica di pace» degli Europei non ottenesse grandi e stabili successi neppure tra i «barbari più ignoranti». Accadde così che in quel medesimo 1692 gli stessi «ottentotti» della colonia del Capo, nonostante le mercanzie date ai loro capi per il valore di 9 sterline, uccisero otto europei presso Riebeecks Castle e quattro impiegati della Compagnia nella baia di Saldanha, facendo scoppiare una guerra che sarebbe durata ben cinque anni.

Tre secoli di saccheggio e di frodi da parte degli occupanti europei suscitarono tra le masse africane un odio profondo per gli aggressori stranieri, dando vita a un acceso spirito di ribellione e all’aspirazione a liberarsi da ogni legame con i colonizzatori. Tali sentimenti si espressero sia in eroiche guerre di difesa che in sporadiche azioni di protesta e di resistenza.

Lotte tra gli occupanti
Durante i tre secoli della tratta degli schiavi, i capitalisti ebbero continui scontri e contese tra loro per la spartizione della preda. Come si è detto, le loro lotte in quest’epoca non erano per i mercati: gli schiavi, l’oro e l’avorio trovavano sempre compratori. Le rivalità tra gli europei, malgrado i vasti territori vergini e l’assenza di spinta espansionistica verso l’interno del continente, erano invece per le fonti di «merce africana» e per la merce stessa. I mercanti avevano bisogno di schiavi, oro, avorio e basi da cui muoversi. 

Per realizzare rapidamente lauti profitti, a lunghe e rischiose spedizioni e alla costosa costruzione di centri commerciali e di fortilizi essi preferirono sempre più spesso impadronirsi delle merci, delle basi commerciali e delle fortificazioni dei rivali. Ai Portoghesi seguirono così gli Inglesi, a questi gli Olandesi, poi i Danesi, gli Svedesi, i Belgi e, infine, i Francesi: tutti impegnati a disputarsi fortilizi e basi commerciali, a catturarsi a vicenda navi cariche di schiavi e di merci, e depredarsi i depositi e così via. Ma quello del Belgio, o per meglio dire di Leopoldo II re dei Belgi [vedi immagine a destra: Leopoldo II è l'uomo raffigurato a sinistra], è un caso emblematico che vale la pena osservare più da vicino...
.



.[Molte delle immagini inserite nel sito possono essere ingrandite:
cliccare quando, al passaggio del mouse, appare la "manina"]


La storia
L'economia
Le risorse
Gli Stati africani
La tratta degli schiavi
Leopoldo II e il Congo