IL VERISMO ITALIANO
Anche
in Italia la tendenza realistica generò una corrente letteraria che
interessò la poesia, la narrativa ed il teatro. Tale corrente va sotto
il nome di Verismo e si sviluppa negli anni successivi all’Unità e
prosegue fino al primo decennio del Novecento, raggiungendo la piena
maturità nell’ultimo trentennio dell’Ottocento. Il teorico del
movimento fu Luigi Capuana,
il quale, richiamandosi al Naturalismo
francese, faceva proprio il principio dell’ “impersonalità
dell’arte”, la tendenza a fotografare la realtà e
rappresentare il documento umano oggettivamente. A differenza dei
colleghi francesi, che denunceranno in tono polemico ma sempre fiducioso
la degradazione del proletariato industriale e lo squallore delle realtà
urbane, i veristi descriveranno in tono più che mai rassegnato (il Risorgimento fu visto come una “rivoluzione mancata”) la misera
condizione degli umili nei piccoli ed arretrati paesi dell’Italia Meridionale,
le cui attività produttive principali erano l’agricoltura, la pesca e
il lavoro nelle miniere. I punti essenziali della poetica verista, sono
espressi chiaramente nella prefazione di Giovanni
Verga alla novella L’amante
di Gramigna (dalla raccolta Vita
di campi).
I
tratti salienti e le caratteristiche della corrente
sono:
·
accettazione
delle leggi scientifiche che regolano la vita associata e i
comportamenti: lo scrittore cerca di scoprire le leggi che regolano la
società umana, movendo dalle forme sociali più basse verso quelle più
alte, come fa lo scienziato in laboratorio quando cerca di scoprire le
leggi fisiche che stanno dietro ad un fenomeno;
·
piuttosto
che raccontare emozioni, lo scrittore presenta la situazione quotidiana
come una indagine scientifica, ricercando le cause del suo evolversi,
che sono sempre naturali e determinate (determinismo o darwinismo
sociale);
·
necessità
di una riproduzione obbiettiva ed integrale della realtà, secondo quel
canone dell’impersonalità che è l’applicazione in letteratura del
principio scientifico della non interferenza dell’osservatore sugli
oggetti osservati (derivante dal Positivismo);
·
il
modo di scrivere cambia nel verismo dando spazio ai dialetti, eliminando
tutte le forme di raffinatezza retorica e accademica e introducendo la
mimesi linguistica (mimetizzazione = nascondersi nell’ambiente
circostante in modo da risultare non visibile). La sintassi è semplice
e disadorna, e continuamente intercalata da espressioni popolari e
proverbiali che mettono in luce l’oggettività della narrazione;
·
l’autore si mette
nella pelle dei suoi personaggi, vede le cose con i loro occhi e le
esprime con le loro parole. In tal modo la sua mano « rimane
assolutamente invisibile » nell’opera e il lettore ha così l’impressione
non di sentire un racconto di fatti, ma di assistere a fatti che si
svolgono sotto i suoi occhi;
·
scomparsa
del narratore onnisciente (modello manzoniano). Il lettore viene
quindi introdotto nel mezzo degli avvenimenti, senza che nessuno gli
spieghi gli antefatti e gli tracci un profilo dei personaggi. Questi
ultimi si sveleranno da sé per mezzo delle loro azioni e in base a ciò
che gli altri personaggi diranno di loro.