L'Anima del Gps

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L’  ANIMA  DEL G.P.S.

  Se in tempi passati e forse più oscuri ci si chiedeva se gli animali avessero un’anima, nell’epoca presente l’interrogativo passa inevitabilmente alle macchine, a tutte quelle “diavolerie”, come si sarebbe appunto detto nei tempi oscuri, che allietano la vita del ventunesimo secolo.

Film e letteratura hanno ampiamente narrato di robot che si innamorano dei loro padroni o che ad essi si ribellano; giornalisti ed opinionisti discettano sulla piaga dei telefoni cellulari; ma non è questa, al momento, la nostra preoccupazione.  Restringiamo il campo. Alla montagna e a che se no? E subito dopo al G.P.S., strumento modernissimo alla montagna assai pertinente.

G.P.S. (mi hanno spiegato) significa Global Positioning System ed è uno strumento che dovrebbe servire a fornire la certezza della collocazione geografica di un determinato soggetto od oggetto in un determinato punto. Tanto con l’ausilio del sistema di satelliti che volteggiano nei nostri cieli.

Non chiedetemi altro, non chiedetelo ad un “uomo di lettere” che già sta lottando per scrivere al computer queste povere righe.

Orbene, la tentazione dell’uomo di lettere e dell’uomo di lettere italiane, poi, è anzitutto di respingere queste sigle anglo-americane che ci opprimono; la tentazione dell’uomo di piedi è di attendere speranzoso il primo errore di set-up tra WGS 84 ed UTM (v. nota a pié pagina, mi sono fatto spiegare anche questo) per irridere a “tutti questi marchingegni” che non solo ci complicano la vita ma si rivelano pure ingannevoli e fallaci; la tentazione, insomma, di colui che ama procedere per prati e boschi con la sola guida del suo naso e puntare alla vetta sospinto solo dalla intima forza di attrazione che da essa promana (ovvero: “sola videndi cupiditate ductus”Petrarca) è quella di negare non solo la necessità ma anche l’ammissibilità di siffatti congegni, tecnici ed artificiali, per rimettersi al puro abbraccio della montagna, senza alcuna intermediazione  gnostica e preservativa.

Il G.P.S., dunque, non avrebbe un’anima e sarebbe, anzi, lesivo dell’anima del montanaro.

Questa conclusione e quella tentazione sono poi, ampiamente condivise dalla folta (ahimé)  schiera di coloro che passivamente seguono il direttore di escursione, paghi di una contemplazione affatto generica - quando c’è e non disturba le più pressanti chiacchiere -  e che sono spesso sordi ad ogni voce illustrativa ed accomunante.

Ma è proprio questo convergere di consensi che  mi mette in sospetto.

Certamente, abbandonarsi al puro scarpinare, lasciare a valle ogni altra cura, spegnere ogni circuito mentale è parte essenziale del nostro andare per monti. Chi di noi non si è sentito e non si sente (talvolta più, talvolta meno) perfettamente inserito nella natura, in pace, al posto giusto, finalmente, tra pietre ed erbe, tra alberi e cieli lontani, tra acque e fiori e,  perché no,  anche tra muggiti,  belati ed escrementi dei loro autori ?

Questa full immersion (non collegatevi subito alla quartultima parola del precedente rigo, per favore !) questo ritorno alle origini, non è solo frutto di reminiscenze scolastiche di carattere bucolico-romantico, ma corrisponde veramente  ad un oggettiva esigenza dell’homo  (troppo)  sapiens.

Fra questa esigenza e l’incondizionato abbandono al mero vagare, v’è però una qualche differenza. Non tanto per ragioni di prudenza e tanto meno di ossequio tecnologico, ma proprio e, contrariamente a quello che potrebbe sembrare, per ragioni di amore. 

Già perché l’amore, per qualsiasi oggetto o soggetto destinatario, non può prescindere dalla coscienza e dalla conoscenza e di esse si nutre e con esse si accresce.

C’ è bisogno di fare esempi ? Altro è abbandonarsi al ritmo di una canzonetta od anche di un pezzo più impegnativo ed altro è conoscere, capire ed amare pienamente la musica.  Altro è godere la trama di un romanzo, altro è comprenderne il significato profondo. Infine: altro è l’amore sensibile, altro è  l’amore pieno e completo di una persona, che inevitabilmente comporta comprensione, condivisione, applicazione e talora  sacrificio.

Allora, carte geografiche, bussole, altimetri, supporti informativi di ogni genere e lo stesso G.P.S. (non dico per tutti, ma almeno per un gruppo) non sono complicazioni inutili od anche utili ma comunque affllittive della “poesia” della montagna. Sono, invece, strumenti oltre che necessari, alla lunga piacevoli e remunerativi. 

Se riusciremo a rendercene conto, passeremo dalla fase delle canzonette e dei romanzetti alla musica ed alla letteratura, dalla fase degli amori adolescenziali a quella dell’Amore con l’ “A” maiuscola:  vivremo di più e più intensamente la montagna, esplorandone l’anima.

Si,  perché anche il G.P.S.,  nelle mani e vicino al cuore giusto,  ha un’anima.

                                                                                                 Francescopaolo Ferrara

 

Note per gli uomini (e donne, ovviamente) di lettere:  WGS 84 è il geoide generale cui si conforma il GPS in difetto di altre indicazioni; il geoide poi è la configurazione teorica  della superficie terrestre, su carta od altro supporto; UTM è l’Universal Travers Mercatore, particolare tipo di geoide, adottato dalle nostre carte dell’ Isituto Geografico Militare; SET UP può più o meno intendersi – nel nostro caso - come configurazione o messa a punto.

 

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