Opere
per chitarra e orchestra
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© 1998-2001
Fabio Rizza
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Concerto
n. 2
in do maggiore
op. 160
- I. Allegretto
(sognante, quieto e scorrevole)
- II. Sarabanda
con Variazioni
- III. Fiesta:
Allegretto vivace (ma non troppo)
Data
di composizione: 1953
Dedica: -
Prima esecuzione pubblica: Los Angeles, gennaio 1966, chitarrista
Christopher Parkening,
California Chamber Symphony, direttore Henry Temianka
Editore: Schott, Mainz 1968
Organico: chitarra e orchestra (ottavino, 2 flauti, oboe, 2 clarinetti,
fagotto, 2 corni, tromba, timpani, campana tubolare in si bemolle, triangolo,
piatto sospeso, tamburino, tamburo, castagnette, archi)
Discografia:
- JORGE ORAISON, Mario Castelnuovo-Tedesco, Concertgebouw Chamber
Orchestra, Haarlem, direttore Adam Gatehouse, Etcetera ETC 1001
- KAZUHITO YAMASHITA, Mario Castelnuovo-Tedesco: Concertos No.
1 & 2, Concerto for 2 Guitars, Naoko Yamashita, London Philharmonic
Orchestra, direttore Leonard Slatkin, BMG RD 60355
In seguito
ad una fortunata serie di concerti a Londra e a New York, Segovia venne
invitato a tenere altri sei concerti per la stagione successiva. In quel
periodo, Joaquín Rodrigo stava scrivendo per lui la Fantasía para un
gentilhombre, e Segovia ebbe l'idea di affiancare a questa composizione
un altro concerto per chitarra e orchestra. Il progetto venne sottoposto
a Castelnuovo-Tedesco, il quale, però, non riusciva a decidere se accettare:
egli temeva infatti che non sarebbe più riuscito a ripetere il buon esito
del Concerto n.1. Il seme era però
stato ormai gettato e le idee cominciarono a scaturirgli in abbondanza:
in brevissimo tempo (dal 9 febbraio al 23 marzo del 1953) il nuovo Concerto
era terminato.
La composizione
ha un carattere decisamente sinfonico e in questo si distacca decisamente
rispetto al primo concerto; la chitarra gioca infatti un ruolo maggiormente
dialogante nei confronti di un'orchestra che appare oltretutto molto più
ricca nell'organico rispetto ai precedenti lavori concertanti dell'autore.
Anche le dimensioni sono nettamente più dilatate: se il primo concerto
ha una durata totale di circa venti minuti, qui il solo secondo movimento
ne dura almeno quindici. Una simile "abbondanza" gioca in parte a sfavore
dell'intera composizione che, come è stato più volte rilevato, pur essendo
ricca di eccellenti spunti melodici risulta un po' troppo prolissa; tutto
ciò, unito al ruolo poco "appariscente" assegnato al solista, è alla base
dello scarso successo che il Concerto ha ottenuto presso il pubblico
e gli interpreti.
In questa
partitura, più elaborata e complessa, predomina il vasto secondo movimento,
una Sarabanda con variazioni in cui nuovamente l'autore si affida alla
memoria, ma non tanto per un atto di evocazione affettiva come
nel primo Concerto quanto
nell'intento di celebrare l'immutabile (a suo modo di sentire) attualità
della forma classica; tuttavia, pur nella sua magniloquenza, il neoclassicismo
di questo brano non esclude momenti di slancio romantico o di appassionata
teatralità, quale la conclusiva ripresa del tema, che si svolge in un
clima scopertamente pucciniano. Il primo tempo che più propriamente
degli altri due si può definire "sereno" è una contemplazione
piuttosto rarefatta in cui il compositore svolge una precisa ricerca
di colore, suscitando atmosfere fiabesche alla Ravel. Dopo la gravità
del secondo movimento, una lepida Fiesta campestre in do maggiore
con irridenti rintocchi di una campana tubolare in si bemolle
conclude in toni di giubilo la variopinta composizione, formalmente
assai meno equilibrata del primo Concerto
e, in un certo senso, un po' pericolante a causa del suo eclettismo,
ma ricca di spunti felici e di piacevoli trovate timbriche. La chitarra
dialoga qui con un'orchestra più nutrita di quella del primo Concerto,
e perciò il suo dominio solistico è meno evidente, in specie nel secondo
tempo: questo spiega la rinuncia di Segovia, che pure aveva insistito
per ottenere dall'autore un secondo Concerto, ad eseguirlo. (1)
Il concerto
(conosciuto anche come Concerto sereno sebbene questo titolo non
gli sia stato assegnato dall'autore) è suddiviso in tre movimenti; il
primo, Allegretto, è un classico tempo di sonata bitematico e tripartito
dove al primo tema lirico e sognante si contrappone un secondo tema più
mosso e inquieto. Il secondo movimento è una Sarabanda variata in do minore
nella quale ognuna delle variazioni è scritta in forma di danza, formando
così una vera e propria suite all'interno del concerto. Le variazioni
assumono di volta in volta il carattere di una Pavana, di un Minuetto
con Trio, di una Giga, di un'Aria e di una Fuga in un crescendo emozionante
dove la successiva ripresa della sarabanda iniziale da parte di tutta
l'orchestra svolge un elettrizzante effetto catartico. L'ultimo movimento
Fiesta è decisamente più leggero e spensierato e il suo
carattere "sbarazzino" è sottolineato da un'irriverente campana in si
bemolle:
Sono contento
che il 2° Concerto ti sia piaciuto e sono d'accordo con te: i primi
due tempi sono superiori al 3°, d'altra parte... non c'era altro da
fare, dopo quelle "monumentali Variazioni", l'unica via d'uscita era
di fare un brillantissimo finale e di proposito, ho scelto quel temino
"innocente" (complicandolo con tutti i possibili contrappunti... ci
sono perfino dei "canoni quadrupli!") coll'idea di mandare a casa il
pubblico fischiettando e danzando. E ti assicuro che l'effetto (dalla
"cadenza" accompagnata dalla percussione fino alla fine, con quella
campana in Sib che rintocca su tutto quel Do maggiore) è veramente irresistibile.
(2)
La storia
editoriale del Secondo Concerto è piuttosto travagliata: come per
molte altre sue composizioni, Castelnuovo-Tedesco attendeva da Segovia
la revisione chitarristica del testo, revisione che però non arrivava
mai, in parte a causa degli impegni concertistici di Segovia, in parte
a causa di una effettiva difficoltà di realizzazione (3). La revisione
della parte chitarristica del brano fu così effettuata da Christopher
Parkening (che del concerto è stato anche il primo interprete), ma la
riduzione pianistica lasciò decisamente insoddisfatto l'autore:
...non
ti parlerò ancora del 2° Concerto, perché ne ho fin sopra i capelli!
Proprio ieri mattina mi è arrivato da Schott un pacco di bozze da riguardare,
comprese quelle della partitura d'orchestra (sono "lussi" ai quali non
ero più abituato da tempo...) per un totale di oltre 250 pagine... Efficientissimi
questi tedeschi! (sono ancora i migliori editori del mondo); però zucconi!
Figurati che si sono presi la briga di rifare (senza consultarmi!) la
riduzione pianistica della parte orchestrale, sopprimendo (quando era
possibile) i righi supplementari e "concentrando" tutto in due pentagrammi:
col resultato che... si legge malissimo e si suona anche peggio! Pare,
invece di musica mia, "Il Vascello Fantasma"! Sicché iersera ho passato
la serata a sparare accidenti! e se avessi avuto quel revisore sotto
le mani, l'avrei strangolato! (4)
(1) ANGELO
GILARDINO, Manuale di storia della chitarra, volume 2°: la chitarra
moderna e contemporanea, Bèrben, Ancona, 2ª ed. 1992, p.52.
(2)
MARIO CASTELNUOVO-TEDESCO, lettera del 31 dicembre 1967 a Gilardino, in
ANGELO GILARDINO, "Un fiorentino a Beverly Hills", Seicorde
n. 48, settembre-ottobre 1995, p. 32.
(3)
Segovia lamentava soprattutto la difficoltà di esecuzione della Giga.
(4)
MARIO CASTELNUOVO-TEDESCO, lettera del 30 gennaio 1968 a Gilardino, ibid.
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