I capitolo

 

EUTANASIA IN OLANDA

 

Ancora una volta l’uomo decide di essere al di sopra di Dio, crede di poter decidere la sorte sua o dei suoi fratelli, sceglie il tempo della morte per se o per gli altri e lo fa “proteggendosi” con una legge civile. Già in passato in tantissimi Stati del mondo era stato ritenuto lecito l’aborto sino al terzo mese di gestazione, condannando a morte tante vite innocenti, un problema riguardante l’inizio della vita.

L’uomo ora ha ritenuto necessario intromettersi anche nel momento in cui la propria vita o quella dei suoi simili, possa sembrare inutile e non più produttiva, per alcuni una vita non più degna di essere vissuta e così che in alcuni Stati della Federazione Americana e del Nord Europa è sorta la necessità di regolare anche questo “problema” con una legge, è quello che è successo anche nella pioniera Olanda.

 

1.1.           STORIA ED EVOLUZIONE DELLA LEGGE

 

La storia della legge in questione ha un origine risalente ormai a circa 30 anni fa, nel 1969 un professore di psichiatria della

 Leiden University, J.H. van den Berg pubblicò un libro intitolato “Potere medico ed etica medica” nel quale criticava

 l’accrescersi del potere della medicina moderna. Con notevole materiale fotografico di pazienti in condizioni di vita

 terminale o con gravi amputazioni, faceva riflettere sul fatto che la medicina moderna stava sì allungando la vita di molti

 individui, ma per questi pazienti era davvero un beneficio l’applicazione della tecnica medica? Il libro portò a una serie di

pubblicazioni critiche sul potere della medicina e sulla morte. Si cercava di mettere in evidenza il rispetto per l’autonomia

dell’individuo, libero secondo la visione olandese del tempo, e ancor più di oggi, di poter scegliere sulla propria vita o

sulla propria morte. “Il principio morale del rispetto dell’autonomia individuale è perciò la pietra angolare di un quadro

ideologico che fornisce le giustificazioni teoriche alla pratica medica dell’eutanasia attiva”.[1]

Nel 1973 ci furono i primi sintomi , le primi basi su cui costruire una futura possibile legge, pian piano e apparentemente

con passi  innocui. La legislazione Olandese  puniva e tuttora punisce l’eutanasia, nel Codice Penale , con  12 anni di

reclusione. Ci si discosta in qualche modo da questa legge quando la Corte regionale di Leeuwarden, decide nel 1973,

appunto, di condannare  a solo una settimana di prigione, decisione poi revocata nonostante la riconosciuta colpevolezza,

un medico che aveva somministrato alla madre, ormai in stadio terminale, sotto sua esplicita e seria richiesta, una

overdose di morfina che la condusse alla morte . La Corte si giustificò affermando che in certi casi si può permettere al

medico di alleviare e prevenire le sofferenze di un paziente gravemente e irreversibilmente malato anche se il trattamento

portato conducesse all’abbreviamento della vita.

Negli anni ’70 e ’80 moltissimi medici che avevano praticato l’eutanasia, seguendo precise condizioni, furono trattati con

 comprensione dalla giurisprudenza.

Le situazioni su descritte spinsero la Corte Olandese nel 1984 a pronunciarsi in modo ufficiale, anche se con una dichiarazione che per molti apparve ambigua e che si esprimeva con parole simili alle seguenti: l’eutanasia può essere accettabile (anche se in generale è punibile), se il medico si trova in un tale conflitto di doveri (tutela della vita da un lato, coscienza professionale e volontà del malato, dall’altro) da dover ricorrere alla giustificazione per forza maggiore. In tale situazione il medico non sarà da ritenersi colpevole.[2]  

In questi primi dieci anni pochissimi casi di eutanasia venivano dichiarati e ufficilizzati anche se non pochi se ne verificavano, questo a causa dell’incertezza giuridica dei pronunciamenti e della paura di possibili conseguenze per  i medici. Tanti casi di eutanasia furono quindi registrati come morti naturali.

Nel 1985 ci fu un intervento del ministro della giustizia che chiedeva di non perseguire i medici che si sarebbero attenuti ai criteri richiesti. Un ulteriore passò ci fu cinque anni più tardi quando si fece un accordo con le associazioni mediche il quale diceva che era necessario avvisare il Local medical examiner (un medico necroscopo con funzioni di pubblico ufficiale) che avrebbe poi comunicato tutto all’ufficio di giustizia.

 Il pubblico ministero sarebbe intervenuto solamente quando i criteri consigliati nel 1984 dalla Corte suprema sarebbero stati trasgrediti. Grazie a questo intervento il numero delle notifiche aumentò in modo considerevole.

Negli anni ottanta come accennato precedentemente ci furono nei Paesi Bassi, delle discussioni in Parlamento, diversi ritenevano illecita la pratica dell’eutanasia tranne in quei casi in cui ci si ispirasse alla buona pratica clinica, altri la proponevano come lecita e impunibile.

Nel 1989 salirono al governo socialdemocratici e cristianodemocratici, questi promossero un’indagine in tutto il territorio nazionale, che si protrasse per due anni e si concluse con i risultati riportati nel rapporto della Commissione Remmenlink, istituita nel gennaio 1990 e composta da 3 medici e 3 avvocati per avere dati circa la frequenza e la natura dell’eutanasia nella pratica medica. Dai risultati dell’indagine in questione scaturì una proposta di legge che l’8 novembre 1991 fu approvata a larga maggioranza dalla Camera e dopo aver passato positivamente l’esame del Senato, dal 1 giugno 1994 divenne legge, si diede dignità giuridica alla procedura di notifica del 1990, modificando e completandone il questionario, classificando così, ambiguamente, reati, l’eutanasia e il suicidio assistito,  dichiarandoli però non punibili se rispettate alcune condizioni.

 

1.2. CONTENUTO DELLA LEGGE E SUE SPECIFICAZIONI

 

La legge Olandese riguardante l’eutanasia non dichiara affatto legale questa pratica a tutti gli effetti, ma permette ai medici di agire e procedere con i loro interventi eutanasici solo a determinate condizioni, che a morte avvenuta dovranno essere esaminate da un indagine della magistratura. Due concetti base caratterizzano la legge, il primo afferma che “l’eutanasia deve rimanere un reato di carattere penale”[3]; il secondo che questa pratica “dev’essere considerata un intervento medico attivo teso a por fine alla vita dietro espressa richiesta del paziente”.[4] Caratteristiche queste tendenti a far sì che la pratica dell’eutanasia rimanga soggetta al controllo giuridico.

Il Governo olandese, la Royal Medical Association, le Corti e la maggior parte dei giuristi parla di eutanasia se e solo se un medico pone termine alla vita di un paziente terminale dietro sua richiesta. Non sono quindi da ritenere eutanasia gli interventi di sospensione di trattamenti ormai inutili, la somministrazione di analgesici che accelerano la morte non intenzionalmente. Non si può parlare di eutanasia neanche se si ha a che fare con un paziente in stato vegetativo permanente, in quanto la terapia che lo tiene in  vita è un allungamento artificiale della vita, quindi la sua interruzione sarebbe solo concedere alla natura di avere il suo corso.

Per facilitare e esemplificare il problema delle condizioni in cui si può praticare l’eutanasia senza incorrere nella pena della Corte penale, le istituzioni sanitarie Olandesi e le diverse associazioni mediche presenti nel territorio hanno proposto le seguenti norme: 1) Ci dev’essere una richiesta volontaria, competente, persistente da parte del paziente cosciente; 2) la richiesta dev’essere pienamente informata; 3) Il paziente si deve trovare in una situazione di sofferenza, sia essa fisica o mentale, intollerabile e senza speranza di risoluzione e salvezza; 4) Non devono esistere alternative a questa azione, che quindi deve risultare l’unica adatta per “risolvere” la situazione di dolore; 5) Il medico a cui viene chiesto l’intervento dovrà preventivamente consultarsi con un collega.

La preoccupazione di essere incriminati, ha però suggerito ai medici qualche altra precauzione, così sono nati altri criteri a cui fare riferimento, essi garantirebbero, assieme ai primi, una buona e corretta condotta professionale.   Si avrà quindi un attenzione e prudenza particolare nel somministrare i farmaci, si consulterà con più ampiezza il personale medico e paramedico, si informeranno per tempo i parenti del paziente, sarà necessaria la presenza del medico nel caso di suicidio assistito.

 

1.3.  DATI E STATISTICHE

 

Per avere un quadro generale del problema eutanasia in Olanda esaminiamo ora alcuni dati scaturiti da indagini e statistiche

 sul territorio negli anni subito precedenti all’approvazione della legge e in quelli immediatamente successivi. Il primo dato

che potrebbe sembrare sorprendente è quello che ci dice che 9 Olandesi su 10 sono favorevoli alla pratica dell’eutanasia.

Nella maggior parte dei casi a praticare l’eutanasia, come vien fuori dalla Commissione Remmenlink, è il medico di

famiglia che su 2700 casi è interessato per circa 1900 – 2000; seguono gli specialisti con 780 interventi e i medici delle

case di riposo con appena 20 morti.

La quasi totalità delle morti per eutanasia avviene in casa del paziente, alla presenza dei parenti, che assieme al malato attendono la morte con tanta calma e tranquillità.

Per quanto riguarda le richieste ci sono delle specificazioni, nel 1990 ci sono state 8900 domande esplicite di eutanasia,

6200 sono state scartate, in 25100 hanno chiesto che il medico intervenisse solo quando il dolore fosse diventato

insopportabile. Ci sono stati 2700 casi di eutanasia e di suicidio assistito. Da un inchiesta condotta dallo studioso Van der

Maas nel 1991, risulta che su 130000 morti registrate 2300 l’1,8% siano avvenute per eutanasia, bisogna poi aggiungere

400 casi di suicidio assistito lo 0.3% e circa 1000 in cui si è posta fine alla vita senza esplicita richiesta.

La Commissione Remmenlink ha messo in evidenza e classificato i diversi casi che possono riguardare le morti eutanasiche avvenute senza esplicita richiesta. Abbiamo una percentuale del 58% riguardante pazienti che non hanno mai espresso la loro volontà e non hanno mai discusso la decisione. Un 86% raggruppa malati incapaci di prendere decisioni adeguate. Ci sono state il 45% di morti per assuefazione alla morfina. La vita è stata accorciata di meno di una settimana per il 71%, e di meno di un mese per il 92%.

I risultati di un indagine fatta sui rapporti della polizia riguardanti i casi di eutanasia e suicidio assistito nella provincia del Nord Olanda, effettuati dai medici di famiglia nel triennio ‘86-’89 ci dice che nell’85% dei casi i pazienti soffrivano di neoplasie maligne, molti erano anche quelli affetti da sclerosi multipla e AIDS, nel 20% dei casi circa si trattava invece di malattie secondarie di solito croniche.

Raramente sono avvenute morti per eutanasia in pazienti con meno di 30 anni o con più di 85.

Abbiamo notizie, grazie a uno studio di Van der Wal presso alcuni medici, anche sul tipo di sofferenze che convogliano verso una richiesta di eutanasia, si tratta perlopiù di pazienti con grandi sofferenze fisiche e emotive. Il 63% di essi hanno richiesto l’intervento del medico quando l’attesa di vita era meno di 2 settimane, il 39% meno di una settimana, il 3% meno di un giorno e il 10% più di 3 mesi.

Si riscontrano, inoltre, situazioni di eutanasia non dichiarata perché non riconosciuta come tale, ma effettivamente presente. In 22500 pazienti sono stati iniettati analgesici con possibili effetti letali, per il 6% di essi è stato un intervento che è servito ad accelerarne la morte, per il 30% quest’ultima motivazione era almeno uno degli scopi da conseguire. Se questo trattamento fosse classificato come eutanasia, si avrebbe un aumento di essa di almeno 6700 morti.    



[1] H.Ten. Have, <<L’eutanasia in Olanda: critiche e riserve>>, in Bioetica (1993)2, 327

[2] P. Cattorini, La morte offesa, Espropriazione del morire e etica della resistenza al male, Dehoniane Bologna 1996,76

[3] H. Ten Have, << L’eutanasia in Olanda: critiche e riserve>>, in Bioetica (1993)2, 328

 

[4] idem

 

 

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