Architettura della villa
L’insediamento originario, composto dal palazzo a pianta pressoché quadrata, dal cortile con pozzo, dalla cappella e dal giardino delimitato da muro di cinta e preceduto da viale di accesso alberato, ripropone un modello iconografico tipico delle ville rinascimentali del senese di ascendenza peruzziana, modello questo che si conservò inalterato anche nei secoli successivi.
Esso può essere raffrontato infatti con alcune ville attribuite al Peruzzi che riproducono questo schema seppure con alcune varianti. Ci riferiamo ad esempio alla Villa Chigi di Vicobello corredata dalla cappella gentilizia e da un ampio giardino cinto da mura o al castello di Belcaro e a quello di Celsa dove Peruzzi quasi con certezza intervenne nella fase di trasformazione in ville attuata nei primi decenni del xvi secolo e che comportò la progettazione sia degli edifici che dei giardini. Una simile articolazione planimetrica si rileva anche nella Villa Venturi di Santa Regina ascrivibile anch’essa all’ambito peruzziano.
Nel Cinquecento la villa, come genere architettonico a sé, viene concepita come un complesso unitario in cui anche lo spazio esterno viene progettato e il giardino acquista, oltre alla valenza estetica, la funzione di collegare l’architettura alla natura circostante costruita e plasmata secondo un ordine proprio del pensiero e della cultura del Rinascimento. Il Peruzzi fu infatti anche un abile progettista di giardini come mostrano i numerosi disegni autografi rinvenuti negli Archivi che documentano come il suo metodo si esprima soprattutto attraverso la felice fusione dell’edificio con l’ambiente circostante, fusione che l’artista realizza appieno nella Farnesina (1505-1511) del banchiere Agostino Chigi a Roma.

Il Palazzo
Ancora più puntuali sono i riferimenti all’architetto senese riguardo al palazzo che presenta una pianta pressoché quadrata con uno sviluppo su due piani oltre il mezzanino, realizzato interamente a mattoni con cornici in travertino sulla facciata che ne sottolineano la struttura compositiva. Questo tipo a volume compatto fu altrettanto diffuso in area senese al pari del tipo ad avancorpi laterali introdotto dal Peruzzi nella Villa Chigi delle Volte Alte costruita tra il 1502 ed il 1505. Quest’ultima costituisce un modello a cui costantemente si ispirarono gli architetti senesi nei secoli successivi, in quanto rappresentiva di una tipologia costruttiva caratterizzata dalla presenza della loggia e del portico, scanditi da arcate a tutto sesto e inquadrati da lesene e trabeazioni, che si aprono generalmente sul giardino o comunque definiscono lo spazio aperto.
Il fronte principale del palazzo della Fratta presenta una struttura semplice; è caratterizzato da ordini di cinque finestre per piano, sormontate, quelle del piano nobile, da timpani curvilinei e dal portale inquadrato da colonne che sorreggono il soprastante balcone. La composizione di questa facciata evidenziata nella parte mediana dalle tre finestre accentrate richiama solo idealmente la struttura a loggia ma si discosta sensibilmente da altre costruzioni peruzziane coeve come Vicobello o il Palazzo Venturi, dove invece la zona centrale assume un ruolo preminente, per la presenza sia del portico che della loggia, sottolineata inoltre da lesene laterali. Un elemento che tuttavia si ritrova anche alla Fratta è la composizione del cornicione, a dentelli e ovoli e con le mensole decorate che sostengono il tetto, componenti queste che ritroviamo realizzate con particolare cura in tutte le costruzioni peruzziane come nei palazzi cittadini Celsi Pollini (1527ca.) e Francesconi (1520) a Siena.
Al severo fronte principale si contrappone il fronte posteriore, caratterizzato dal porticato e sovrastante loggiato a cinque arcate cieche a tutto sesto in mattoni, che prospetta sul piazzale con bel pozzo ed anticipa il giardino diviso in due settori. Questa disposizione dell’edificio e questa relazione tra i loggiati e il giardino è, come già osservato, frequente nelle ville senesi e una costante nell’architettura del Peruzzi.
Nel caso della Fratta però le arcate sono cieche ed appaiono assunte non per rispondere ad esigenze funzionali ma piuttosto a motivi estetici e compositivi. Questo non avviene in nessuna delle costruzioni peruzziane a noi note e sembra il risultato di un’operazione culturale che va oltre l’equilibrata ricerca plastica della prima attività dell’artista. Parrebbe quindi di poter assegnare la costruzione ad epoca tarda, intorno comunque al 1530 anche alla luce degli elementi compositivi della facciata principale che è improntata al modello di palazzo cittadino e può trovare un utile raffronto con il palazzo Francesconi prima citato.
Alcuni storici hanno ravvisato nel prospetto posteriore ad archi alcune analogie, nelle proporzioni, con il loggiato della villa delle Volte Alte e con quello del Palazzo Venturi (I. Belli Barsali, 1977, p. 108).
Anche l’interno del palazzo presenta un’articolazione degli ambienti di tipo peruzziano con atrio che immette nel salone centrale attorno al quale si aprono gli ambienti di servizio (disposizione che si ripete anche ai piani superiori) e la scala di comunicazione con i piani superiori posta sul lato sinistro, in posizione d’angolo. Si tratta evidentemente di uno schema planimetrico corrente ed in uso nelle ville del senese dove la scala principale in posizione angolare costituisce una costante e la si ritrova in molte costruzioni come nel Palazzo Venturi più volte citato. Ad esclusione dell’articolazione planimetrica che è rimasta inalterata, l’interno del palazzo è stato completamente restaurato e decorato in epoca tardo ottocentesca per iniziativa della famiglia Budini-Gattai. Una sala a pian terreno reca infatti nel soffitto, costituito da due volte a crociera, una ricca decorazione a stucco bianco e dorato, a festoni e fasce con motivi vegetali e floreali, e grottesche che inquadrano le vedute dei feudi e dei possessi della famiglia Ottieri della Ciaia come Radicofani, San Giovanni delle Contee, Torrita, Castell’Ottieri, Rigomagno e al centro delle volte gli stemmi Budini-Gattai e Galeotti-Ottieri della Ciaia dipinti su tela.

LA FRATTA

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