|
Cap. IIIn cui si apprende in
quale insolito modo avvenisse l’incontro fra i due personaggi principali.
II prologo della
nostra commedia si svolge in una piazza notturna, senza luna, illuminata appena,
nel tratto di cielo incorniciato dalle sagome dei tetti, dai primi barlumi
dell'alba che si diffondono lentamente, spegnendo 1'una dopo l'altra le
stelle. In fondo è un
vecchio palazzotto tutto serrato, dal portone alquanto sgangherato, sul quale è
affisso un cartello stinto dal tempo, che il buio non permette ancora di
leggere. La piazza è attraversata, da destra
a sinistra, da una via, in capo alla quale di tanto in tanto si odono rintoccare
le ore. Con qualche folata di vento passano anche, a tratti, altri suoni e
rumori: una mandolinata che accompagna un canto. . . il rotolare d'un carro. . .
il chicchiriare d'un gallo: le voci di chi va a dormire e di chi si desta. Ma la
piazza appare solitaria e sembrerebbe deserta se non si udisse nell'oscurità
una specie di gaio rantolo: il russare di una bestia o di un avvinazzato. Finalmente dalla
via a destra si vede avanzare una fioca e saltellante fiammella: una lanterna
che precede un'ombra. Se la lanterna, invece, la seguisse, ci permetterebbe di
distinguere un giovine dall'abito nero dei novizi di Salamanca. Lanterna e ombra
frugano un momento, esitando, qua e là, forse per trovare la fonte di quel
russare che sembra scaturire da tutti gli angoli; ma evidentemente non la ritengono
tanto importante da perderci tempo, e fanno per proseguire verso sinistra.
Sennonché, dopo due passi, l'ombra - novizio di Salamanca urta contro qualcosa
di semiduro buttata sul lastrico. II russare s'interrompe di botto, sostituito
da una voce pastosa che fa: - Ohi! La lanterna si
abbassa, puntata su l'inciampo e sulla voce, e scopre un uomo che si rizza a
sedere, mentre il portatore di essa esclama - come esclama ed esclamerà sempre
in simili casi, qualsiasi individuo parlante, anche se non è novizio di
Salamanca: - Cosa c'è? I1 lanternifero
scorge un uomo piuttosto corpulento dai capelli grigi, dalla rada barbetta
arruffata, trasandato negli abiti, che si rizza faticosamente a sedere alzando
verso di lui una faccia ancora imbambolata dal sonno; e s'interessa subito al
malcapitato e vorrebbe aiutarlo ad alzarsi, afflitto di averlo trattato coi
piedi: evidentemente à buon cuore. - Che fate lì? Siete forse ferito? - gli chiede. - Sì, alla borsa… - replica
1'ubriaco, sgranando un par d'occhi acuti come quelli d'un furetto, per
tentare di discernere tra il lusco e il brusco i1 suo pietoso calpestatore.
Costui non nota o non bada al tono ironico della risposta ed insiste: - Perché dormite
sul selciato come un cane ? Forse non avete casa neanche voi? ! E quegli, con
voce e accento che di parola in parola diventano più sciolti e confidenziali: - M' ero messo qui per digerire una
gioia trascorsa e prepararne una nuova. Mi chiedete se non ho casa? Per
1'amor di Dio, ma io ne ho quante ne voglio, di case. Stanotte ho avuto un
palazzo incantato che neppure il re sogna, e un'alcova di lapislazzuli,
tempestata di diamanti.- E puntando un dito in alto: - Guardate: la mia fantesca
Aurora non ha ancora finito di spegnere i lumi. Mette alle labbra una bottiglia che
stringeva nella sinistra, rovescia il capo all' indietro per portarla allo
stato verticale, ma poi 1'abbassa, deluso: - Ahimè ! Anche mentre dormiamo
1'invidia viene a visitarci: un demonio geloso me
1'ha prosciugata. Il giovane, per
quanto novizio, capisce con chi ha da fare. - Hai gaia la
miseria! Son io che t’invidio davvero. Vorrei possedere anch'io qualche cosa
che m'aiutasse a camminare così pel mondo .... - Eccovi il
bastone della mia vecchiaia. E 1'ubriaco
mostra la bottiglia. - Eh no, io non
riuscirei a diventare giocondo come te. Improvvisamente
infastidito dalle vane chiacchiere, il giovine, che deve essere pure piuttosto
nervoso, ovvero ha nelle vene sangue di gente usa al comando e facile allo
sdegno, soggiunge: - E ora basta:
togliti dai piedi e fammi passare, ubriacone. I1 vecchiotto
pare subito toccato da quel tono : - E voi, barone,
dove andate? II novizio,
tornando ad addolcirsi a quella puntata d'ironia : - Vado verso la
mia sorte. Alzati, potrei di nuovo calpestarti. - Giovanotto,
meno orgoglio : non mi si calpesta facilmente quando sono in grado di mettere in
azione lo scilinguagnolo. Chi vi dice che la vostra sorte, anzi, chiamiamolo più
classicamente, il vostro destino, non sia proprio io? E così dicendo,
1'ubriaco, non tanto ubriaco, ma che noi per comodità continueremo a chiamare
1'Ubriaco, piano piano s'è alzato in piedi e viene confidenzialmente accanto al
Novizio. - Mio destino, un
ricettacolo di vino? Non amo il bere, t'ho detto, perché mi rende più
triste... Ma in fondo comincio a pensare se non sarebbe un bel caso concludere
la tragedia del mio spirito… - …nello
spirito… - … invece di
morire d'inedia! A queste parole
è la volta dell' uomo maturo ad avere un moto d'interesse pel giovane: neanche
lui deve essere cattivo. - Voi parlate di
morire, bel giovane? Diamine, che parolona! Ho capito che siete uno studente:
ebbene, non v'hanno insegnato a scuola che cosa è morire? Oh, è una gran
brutta cosa, mio caro! State a sentire: quando si muore è il finimondo. II lampadario
del sole si spegne e l'indomani mattina non ve lo riaccende nessuno. La vostra
bella che vi aveva dato l'appuntamento, rimane lì; 1'osteria dove è arrivato
un claretto fresco dei più famosi rimane lì; ma voi non trovate più la via
per andarci. Tutto spento, a un soffio: le stelle e il lumino da notte, i
fiaschi e gli occhi delle ragazze… No, no, credete a me: morire è una gran
porcheria. Nel buio che
comincia a diradare, il Novizio lo sogguarda con nuova e diversa attenzione: - Allora… tu
sei felice ? - Toh, vi pare
che passi la vita a ripetermi che non lo sono ? - Certamente hai
qualcuno che ti vuol bene… conosci tuo padre… tua madre… Sai dove trovare
una moglie, un' amante… dei figli… - Quanta roba! Da
farne?.. So ancora quanto basta di filosofia e di lettere da tenermi compagnia
da me stesso. Ho avuto… ho avuto... sì. Ma adesso, solità, santità. Babbo e
mamma, mai visti ! -
Come me!
Possibile?
E
puoi
essere così tranquillo, anzi allegro? E mai neanche da giovane hai
sentito, come lo sento io, I' angoscia di cercare di apprendere… In fondo alla sua
voce tremola qualche cosa di tenero, che somiglia allo sbocciare di un
singhiozzo. L' Ubriaco, nell' ombra, si gratta il naso; poi scrolla le spalle e
propone: - Giovanotto,
andiamo a bere? Ma la parte
altera del giovane sopravvento: - All'inferno! Egli fa per
andarsene; 1' uomo che sa di lettere e filosofia lo rattiene posandogli
dolcemente due dita sul petto. - Non nominate
1'inferno dopo aver parlato di morire! Via, fate un atto di contrizione
pagandomi un bicchiere. Il Novizio si
fruga, ma con 1'aria di chi sa di non poter trovare niente. Se non un atto di
contrizione, egli deve farne uno d'umiliazione. - Non ho danaro. I1 bevitore
deluso, invece di esserne indispettito, diventa bonariamente paterno, benché
con una di quelle sue punte di canzonatura che adopera volentieri. - Per Bacco! Ci
vuol coraggio a spiegare le vele, come voi mi avete fatto intendere poco fa,
verso gl'ignoti golfi del Destino, senza avere nella stiva neppure un reale da
pagare una bottiglia al primo amico che la fortuna vi fa trovare all'approdo! La malinconia
soverchia ogni altro sentimento del Novizio, diventa bisogno di espandersi e di
confidarsi; ed egli parla, col tono di chi si ascolta e si rivela
principalmente a se stesso, pel valore speciale che acquistano le parole dopo
essere state soltanto pensieri o atti muti e solitari. - Non avete ancora capito? Non sapevo
più vivere prigioniero nel convento di Salamanca, dove i frati mi tenevano da
tanti anni, dalla mia infanzia, forse anzi da pochi giorni dopo la mia
nascita… Sono fuggito in cerca di non so quante cose, di tutto: del mio nome
che ignoro, del padre che un giorno si divertì a regalarmi e poi a sottrarmi a
mia madre... di lei, che ho sempre invocata forse, fin da quando mi sentivo in
bocca il latte non suo, nutrito com'ero un po'
dalla capra del convento, un po' dalla moglie del vinattiere di fronte… In
cerca di più aria e più spazio, che ne sentivo e avevo imparato dai miei
studii a intravederne tanto, di là dal recinto dell' orto, per me sempre
chiuso, su questa terra così larga!.. E in cerca
di altre cose che non so dire. Avevo poche monete di mio, messe insieme a
fare scuola a qualche ragazzo che le famiglie affidano a noi giovani non ancora
professi, ma prossimi ad addottorarci. Sono partito di soppiatto, con quel
poco viatico e col resto del mio patrimonio che consiste in una medaglia…
questa che porto al collo… Essa racchiude la mia ignota storia, il mio passato
e forse anche il mio avvenire: c'è uno stemma, una data (certo quella della mia
nascita: secondo essa, io avrei
ventidue anni) e il nome di questa città. Ecco perché sono venuto
giusto fino a Siviglia.... Vi sono venuto anche per seguire una giovinetta
incontrata per caso, giorni fa, in una posada ove mi ero soffermato per
riposarmi una notte… Era bella: non avevo mai visto nulla di più bello.
Viaggiava in compagnia di una signora matura, con un equipaggio ben più
sontuoso del mio… E' superfluo dire che io viaggiavo a piedi e che dinanzi
alla sua ricchezza sentii un'indicibile vergogna della mia miseria ... - A vent'anni non
c'è miseria che tenga; - interrompe 1' ascoltatore - a vent'anni si è sempre
dei Cresi. E poi ? - E poi...
raccolsi quanto mi rimaneva nella mia scarsella, lo spesi in una pergamena dai
margini dorati e dipinti, vi scrissi dei versi per lei così bella senza tacerle
che io sono povero e solo. E le mandai quel timido dono, di soppiatto, con una
vecchia fante dell'albergo che in ventiquattr'ore mi si era offerta sei o sette
volte per qualsiasi servizio. Ma la
bella creatura superiore non rispose. Ecco perché me ne sono venuto a piedi,
e ora non posso offrire più niente a nessuno, non solo a voi, ma neanche a me
stesso. Forse il mio breve ed effimero volo è concluso, e prima di stasera io
sarò in fondo al Guadalquivir o in mano dei birri per essere ricondotto al
convento. Di nuovo due
lievi dita si posano sul del giovane. - Nobile allievo delle Muse, che ne
direste se per ora lasciassimo dove sono la fanciulla, la mamma e il genitore, e
pensassimo d'urgenza al resto? I1 resto, per voi, guardate, è quasi infinito...
Cominciamo dal ventricolo, che nel corpo umano e nella vita sociale occupa un
posto più ampio del cuore. Il Novizio scuote
desolatamente la testa. - Per chi non ha
conosciuto mai una gioia, non c'è d'infinito che tutto ciò che non somiglia al
consueto. Una piccola parte di questo io mi aspetterei una volta di là dal
cancello che ho scavalcato… - E' un po'
difficile, così tutt'a un tratto, senza denaro, per un giovincello che non ha
ancora esperienza. Non mi cogliete in fallo se poco fa vi ho detto che a
vent'anni si è sempre ricchissimi: ma bisogna dare il tempo alla saggezza di
portare da un apposito cambiavalute il simbolico mandato e riscuoterne
contanti. Pazientate ancora e seguitemi. Per questa volta offro io. Venite,
berremo a credenza. Preso
amichevolmente pel braccio da colui che vuole essere a ogni costo il suo
destino, il Novizio tenta ancora schermirsene. - Ma no... - Ma sì. Sono
sicuro che all'osteria troveremo un' ispirazione per collocarvi a dovere. Che cosa passa improvvisamente pel
cuore pieno o pel ventricolo vuoto del giovanotto ? La fiducia del suo
impreveduto Mentore si comunica a lui: ed eccolo che si avvia, lasciandosi
condurre dal generoso quanto squattrinato amico che la Provvidenza gli ha
mandato tra i piedi. Cap. IIINel quale si riesce a
leggere il cartello affisso al portone.
Abbiamo finora
lasciato agire i due interlocutori; ma da questo punto le didascalie stanno
per diventare più diffuse del dialogo e conviene quindi passare al racconto
degli avvenimenti di quella memorabile notte e del mattino seguente, che tanta
ripercussione dovevano avere sulla vita pubblica e sopratutto su quella
privata dei buoni sivigliani di circa due secoli e mezzo fa. Abbiamo
intravisto nell'ombra un vecchio palazzo, dalle finestre e dal portone
ermeticamente chiusi; e sul portone un cartello, che non ci è stato possibile
leggere al buio. - E' un po'
difficile, così tutt'a un tratto, senza denaro, per un giovincello che non ha
ancora esperienza. Non mi cogliete in fallo se poco fa vi ho detto che a
vent'anni si è sempre ricchissimi: ma bisogna dare il tempo alla saggezza di
portare da un apposito cambiavalute il simbolico mandato e riscuoterne
contanti. Pazientate ancora e seguitemi. Per questa volta offro io. Venite,
berremo a credenza. Preso
amichevolmente pel braccio da colui che vuole essere a ogni costo il suo
destino, il Novizio tenta ancora schermirsene. - Ma no... - Ma sì. Sono
sicuro che all'osteria troveremo un' ispirazione per collocarvi a dovere. Che cosa passa improvvisamente pel
cuore pieno o pel ventricolo vuoto del giovanotto ? La fiducia del suo
impreveduto Mentore si comunica a lui: ed eccolo che si avvia, lasciandosi
condurre dal generoso quanto squattrinato amico che la Provvidenza gli ha
mandato tra i piedi. Cap. IIINel quale si riesce a
leggere il cartello affisso al portone.
Abbiamo finora
lasciato agire i due interlocutori; ma da questo punto le didascalie stanno
per diventare più diffuse del dialogo e conviene quindi passare al racconto
degli avvenimenti di quella memorabile notte e del mattino seguente, che tanta
ripercussione dovevano avere sulla vita pubblica e sopratutto su quella
privata dei buoni sivigliani di circa due secoli e mezzo fa. Abbiamo
intravisto nell'ombra un vecchio palazzo, dalle finestre e dal portone
ermeticamente chiusi; e sul portone un cartello, che non ci è stato possibile
leggere al buio. Di fronte a quei palazzo e a quel
portone vennero a trovarsi il Novizio e l'Ubriaco nel volgersi per andare
insieme verso il luogo di delizie promesso dal vecchiardo al giovanotto; e la
lanterna che costuí portava in mano spazzò per un momento col suo modesto
raggio il battente su cui era affisso il cartello, e su questo s'indugiò per
puro caso o per
volere di quell'onnipotente destino che insieme e in modo diverso i due strambi
personaggi avevano dianzi invocato. - Qua la vostra
lanterna; - esclamò l'Ubriaco, fermando il braccio del compagno - Avete visto
quel cartello? Lo scritto è un po' stinto dal tempo; ma voi avete certo buoni
occhi: leggetelo. È una delle curiosità di Siviglia. I1 Novizio s'appressò e lesse, a una voce con 1'Ubriaco, che certo già sapeva a memoria la scritta : “Qui sta don Giovanni - dà colpi di spada agli uomini e amore alle donne” - Chissà se dà
anche da bere agli assetati? - chiosò l'Ubriaco - Me lo son domandato tante
volte. Ma, se si potesse bussare davvero a questa porta, non puo’ anche darsi
che vi troverebbe alloggio, almeno per qualche giorno, uno che fosse nel caso
vostro? - Perché dici: -
domandò il Novizio perplesso, dirigendogli sulla faccia i raggi della lanterna
- se si potesse bussare davvero ? - Perché nessuno
ha mai battuto a questa porta, che io sappia. - E perché ? - Nessuno, -
chiarì il letterato - al maschile: gli uomini ne hanno paura. Non ho detto
nessuna: parecchie donne hanno picchiato, ma senza averne risposta. Vedete, i
gangheri e la toppa sono sigillati dalle ragnatele. - Allora è
disabitato ? - insistette il giovanotto con crescente interesse. - Può darsi. Ma
può anche darsi di no. Molti dicono che egli è vivo. Molti altri lo
ritengono morto. E anche cremato, senza forno: un fulmine giulivo lo inceneri
in tempo d'un amen o d'uno
starnuto. Se fosse possibile, sarebbe un bel caso per voi che cercate una
casa, ed una bella occasione per voi che bramate una bella emozione. - Perché non
dovrebbe essere possibile? esclamò il giovanotto, eccitato, - la tua idea mi
piace. E prima che
quegli pensasse a impedirglielo, diè di piglio al picchiotto e giù un colpo
che rimbombò come una pistolettata. - Guarda…
guarda; - gridò 1' Ubriaco, esilaratissimo - Vi farebbe piacere davvero una
bella stoccata ? - Riceverla… o
darla. È una gioia sentirsi un istante cavaliere. - Ma un quasi prete, un quasi
dottore, che ne sa di scherma? Ci fa la figura del tordo nella rosticceria. - So anche di
scherma: scambiavamo dei colpi, nel giardino del convento, con verghe colte di
nascosto, alle ore di ricreazione. Pum! pum! altri
due picchi sonori. Nessuno rispondeva; dalle finestre non si apriva uno
spiraglio, e il Novizio, che ci si eccitava suggestionandosi, prese a gridare: - Aprite !
Aprite, signore! Ecco, qui io che accetto
la vostra sfida insolente!... L' Ubriaco
cominciò a costernarsi : - Badate, che se
vi dà retta qualche vicino invece di lui, v'innaffia!... E
qui non avete neppure le verghe del
convento...... Ma il giovanotto
aveva perduto la testa. Pum! Pum! Pum! Dava dentro col martello del portone come
un velite di Scipione con l'ariete contro le mura di Cartagine. E,
non bastandogli, assalì a pedate
il portello, che dall'interno era tenuto fermo forse soltanto da un
saliscendi. E strepitava: - Verrò su io a
tirarvi dal letto! Chiunque stia in questa casa, è un vile se non vuole
mostrarmi la faccia ! Smarrito il
sorriso, anzi addirittura sbigottito, il vecchiotto supplicò : - Zitto !
Richiamerete la ronda!... Ma sotto la furia dei calci il
portello si spalancò. I1 Novizio rimase
un po' esitante per l'eccesso della propria audacia ed ansante per gli sforzi
compiuti; ma poi, spinto dalla voglia di dar fondo alla tanto cercata emozione,
risolutamente si cacciò nell'andito buio: la sua lanterna gli rivelò una scala
che si perdeva su per un'arcata, e cominciò a montarla. L'Ubriaco rimase
davanti al portone violato, a grattarsi la barba con un dito. - Adesso mi pare
che esageri - meditò a mezza voce - Non vorrei che finisse con botte da orbi…
Perché, in fin dei conti, può darsi che lassù trovi un inquilino
qualunque.... Se il qualunque spara o grida… violazione di domicilio: galera.
L'emozione sarebbe eccessiva, specialmente per me che non l'ho cercata, ma che
potrei aver l'aria di aver fatto da palo.... La reazione
meccanica della materia mosse i suoi piedi verso il largo: è certo che la sua
sbornia non era mai eroica. Ma era quasi sempre ottimistica. I due impulsi si
bilanciarono, la sua coscienza e il suo corpo rimasero in bilico, il dito
grattante si puntò sulla fronte, come quello di Archimede quando già l'eureka
era li lì, per disbrogliarglisi di tra le circonvoluzioni cerebrali. Origliò un momento. Silenzio. Nell'
aria la definitiva chicchiriata di un gallo descrisse la sua parabola canora,
come una freccia musicale lanciata contro il sole ancora invisibile. L'Ubriaco
sillabò altri pensieri, quasi sul tono di quel canto: - Che il mio don
Chisciotte avesse invece trovato una Dulcinea addormentata? E se mentre egli
cerca nel piano superiore, io scendessi a fare un sopralluogo nelle cantine? Lì
c'è pure da trovare: del Lieo, che dorme in una botte. Sentì in quel
punto un lieve strepito, di porte aperte e di mobili smossi nell'appartamento.
Si affacciò nell'androne, attraversò il portello spalancato, e in tono
amabile avventò una domanda : - Ehi là,
giovane cavaliere, a che siamo con l'esplorazione? Penso che il vostro
lanternino conventuale sia insufficiente: avete bisogno dei miei lumi ? Prima
che gli giungesse dall'alto uni risposta, udì dietro di sé un grido soffocato.
Si volse, alla semiluce dell'alba, si trovò quasi naso a naso con un
giovincello magro e allampanato, che a prima vista sembrava un dromedario
adolescente rizzato sulle zampe posteriori, per via di una voluminosa gobba,
posticcia, che altro non era che una gerla, carica di pani odorosi appena
sfornati. L'Ubriaco riconobbe il garzone del
prossimo forno della contrada, in giro per la distribuzione della bionda grazia
di Dio alle botteghe di caffè e alle trattorie mattiniere; ma lo sorprese
vacillante e con la bocca socchiusa ad altre grida e a gemiti che riusciva
appena ad articolare : - Ahimè!...
Tagliaborse?... Assassini?... All'erta, la ronda!... -
Taci
là, buacciolo! Son l'uomo di lettere. - Ah, siete voi!
- respirò il dromedario, accennando a rassicurarsi. Io
era, a quanto pare il attribuiva 1'ubriaco, e Voi quello che gli davano gli altri. Non ci si vede
ancora chiaro, - spiegò il dispensiere del bene quotidiano - e aver sentito
chiasso appressandomi… e aver poi trovato voi alla svolta del cantone... anzi
all'angolo d'una porta... in queste parti… ma questa porta... da questa parte
perché è aperta? - Finiscila col
tuo scioglilingua, figlio d'un cane d'un portapane : la porta è aperta, gli è
cosa certa, perché non si usa lasciarla chiusa… Non ti venga il ghiribizzo di
gareggiare con me in fatto di versi e di rime, e magari di semplici assonanze,
perché ti polverizzo!.. -
Ma no, ma no, voglio dire altro, io... voglio dire che da quando son
nato, codesta porta l'ho vista sempre serrata... - Ebbene, e che
significa ? Tu sei nato come se fosse ieri. Oggi si dà un po' d'aria ai locali. II panettiere era
giovane, sì; ma fino. Spalancò un paio d'occhi da spiritato e domandò con
tornata tremula : - È tornato il
padrone ? Toccò
all'ubriaco, che pure abbiamo visto abbastanza padrone di sé avere un
soprassalto. - Eh ? che ti
frulla ?... Saranno… sì, mio Dio... saranno dei pigionali nuovi. I1 panettiere
divenne furbissimo. - Ed io vi dico
che è lui! - Ma che dici? -
Don Giovanni! Una valanga
d'idee precipitò attraverso il cervello immaginoso dell'uomo che sapeva di
lettere e di filosofia. Rimase un momento interdetto, mentre si lasciava
sfuggire quasi involontariamente una frase che rispecchiava meno della millesima
parte delle sue improvvise intenzioni: - Se questo può
farti piacere... - È terribile! - esclamò il
giovanotto, con una smorfia di spavento, seguita immediatamente da un ghigno -
Ma è anche divertente! Vado a darne l'annuncio. Quando lo sapranno le
donne!... Spiccò un salto,
malgrado il peso della gerla colma, e via a lunghe gambate gridando: - Ehi, buona
gente, è tornato don Giovanni! È tornato don Giovanni ! . -
Ma vedete un po' - meditò 1'ubriaco guardandolo dietro e tuffandosi le cinque
dita della mano destra nella barba - come la perla d'una ispirazione può
trovarsi nella spazzatura di fantasia della cassa cranica d' un imbecille ! Avrebbe spiccato
un salto anche lui, se la sua persona non fosse stata per le sue gambe più
pesante della gerla del panettiere; ma imboccò il portone e andò a tantoni
verso le scale, chiamando affannosamente: - Cavaliere!
Barone! Conte! fatemi un po' di luce con la vostra lanterna: io salgo a portarvi
la luce del mio sole, abbagliante, per quanto simbolico! Allo strepito, il
Novizio s'affacciò in cima alle scale
con la sua lanterna. Arrivatogli accanto, 1'Ubriaco lo scorse pallido e un poco
ansante anche lui. - Ebbene, chi avete trovato? - Nessuno. Ecco soltanto la larva di
colui che dava amore alle donne e colpi di spada agli uomini. E così dicendo,
il giovane mostrava una spada un po' arruginita, un vecchio costume signorile e
una borsa di seta vuota, che aveva rinvenuti nell'appartamento e deposti su
uno sgangherato seggiolone, nella sala d'ingresso. - Benissimo!
Approvò l'anziano, e si diede una fregatina alla barba con entrambe le mani,
atto con cui esprimeva certamente la soddisfazione superlativa. Ora proviamo un
po' assieme a ispezionare meglio il palazzo. II palazzo, come
egli - piuttosto pomposamente - lo chiamava, era composto di un appartamento
d'una decina di stanze, più un ammezzato di altri quattro ambienti nella parte
posteriore, destinato forse alla servitù e agli ingombri, e al pianterreno Ia
scuderia, la cantina, il lavatoio e la legnaia. Le sale padronali erano vuote di
mobili, tranne una cassapanca, qualche seggiolone, qualche sgabello, superstiti
di una discreta ricchezza, consunta da chissà quali vicissitudini. Le
ragnatele sostituivano le tappezzerie che un tempo avevano coperto le pareti,
ove dai telai erano stati asportati quasi dovunque damaschi e sete, come ne
facevano fede qua e là alcuni logori avanzi. Uno strato denso di polvere,
accolta dalle molte fessure delle serrande, s'era disteso sui pavimenti, fioriti
di laniccio negli angoli. Grossi topi fuggivano dinanzi ai visitatori, rivelati
soltanto dallo zampettare veloce, che pareva un trascorrere di fantasmi
invisibili. Sotto le volte sonore i passi dei due uomini, per quanto cauti e, si
sarebbe anche detto, rispettosi, destavano di sala in sala torpidi echi che si
mettevano a seguirli con sospettoso malumore. Da chissà dove, si udiva il il
germe intermittente ed isocrono di una goccia, che scandiva il tempo come un
pendolo lento d' orologio. - Qui finisce
1'appartamento - disse il Novizio all'entrare in un salone rettangolare,
specie di piccola galleria, che già doveva essere stata la più sontuosa del
palazzo, dagli affreschi alla volta e dalle dorature alle portiere, alle
imposte, alle modanature. Ma sorse a smentirlo un lume e due ombre opache che
mossero incontro a loro, coi loro stessi passi, i loro gesti, le loro figure...
Un grande specchio incastrato nella parete, smorto e maculato come un volo
d'acqua di palude, pareva una porta aperta su
altre sale, vaneggianti, in cui si erano forse rifugiati gli antichi
abitatori della casa. L'anziano e il giovane rimasero un momento in silenzio. Fu
quegli a romperlo, proponendo con vivacità : - Prima di tutto
fughiamo le ombre. E cominciò ad
aprire le imposte delle finestre, da cui penetrò la luce dell'aurora, ma a
stento, attraverso 1'aria delle stanze densa di tenebre semisecolari. - La dimora
lascia a desiderare in fatto di agi; ma come tetto non c' è male. Non sarete
contento di poter dire domani : “Ho il
mio tetto”? -
Tu
pretenderesti?... - fece per obbiettare il giovane. - Signore, alla luce del giorno constato che avete bella presenza. Optime! Vi prego d'ascoltarmi. |
|