Cap. IV
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Cap. IV

Come, per volere di popolo, ritornò don Giovanni

 

Frattanto, nella piazza sottostante, altri eventi accessori venivano svolgendosi o maturandosi.

La serva Aurora dell'Ubriaco aveva già dato mano alla toeletta diurna del cielo. Le stelle si chiudevano, come occhi abbagliati, fra le loro palpebre cilestrine. I1 giorno apriva a poco a poco i suoi cortinaggi di porpora, svelando il letto bianco dell'orizzonte. Da qualche campanile lontano scia­mavano voli sonori di rintocchi. Si udivano schiu­dersi porte e finestre, uccelli cantare dalle gabbie, piccioni tubare dai tetti. Le vie si animavano di passi.

Ed ecco ritornare il garzone panettiere, che ha abbandonato la sua gobba posticcia, e sembrerebbe ora un airone cinerino, se non avesse in meno il becco e in più una clava che va roteando con la destra, ma che in sostanza è un lungo filone di pane raffermo. Egli s'avanza guardingo verso il palazzotto, seguito dal suo principale, il Padrone panettiere, che brandisce un matterello spropositato, e da un Fornaio, adusto e seminudo, coi peli del petto ar­sicci pei riverberi del forno che ha abbandonato allora allora. Anche costui è armato: impugna la pala del suo mestiere, che però ha 1'aria bellicosa di una partigiana. A passi di lupo, si appressano, con le narici dilatate dal respiro frequente, non sai se per eccitazione o per, diciamo, preoccupazione.

- Il portone è aperto, non c'è che dire, - constata il più autorevole dei tre, il Padrone. E il fornaio postilla:

- Anche quel balcone, guardate, si apre.

E il garzone, trionfante :

- Ma se vi dico che 1'ho visto coi miei occhi !

- Lui? - fa il Principale che, come il più autorevole, è anche il più saggio e quindi il più dubitoso.

- Si, il suo staffiere, che m'ha raccontato per filo e per segno la storia del suo ritorno, - con­ferma l'airone cinerino.

A questo punto anche il seminudo della pala è assalito da un dubbio grave.

- E se la nostra curiosità gli sembrasse una provocazione ?

- Eh, - gli fa eco il dispensiero di pane, mettendosi sotto il braccio la clava - se si sdegna, gli ci vuol niente a trattarci male.

- Finitela, allocchi ! - rimbrotta il più saggio, che s'intende di diritto pubblico- Siamo liberi cittadini, e nessuno può contestarci la facoltà di passare per la piazza o per la via che ci pare e piace. E poi, siamo armati.

- Ohè! - strilla una voce alle loro orecchie. Le armi cascano loro di mano, diciamo, per la sor­presa; il cardiopalma li               ammutolisce e               scolora; fanno  un gesto di resa a discrezione; quando la voce che ha strillato si rifà sentire, ma sfiatata e piena di batticuore anch'essa :

- Ahimè, che vi piglia?... Cos' è quel portone che ho visto sempre serrato?

E' lo spazzino del rione, che s'appoggia all'asta della sua granata, come un fuciliere di Franz Hals si appoggia al suo archibugio. I tre gli manderebbero una serqua di accidenti, se non li vincesse la voglia di aumentare la sua imprecisa emozione e di fare i bene informati.

- Non lo sai che è ritornato?

- Chi, lui? Don Gio ...

- …vanni, si!

Ed ecco, dopo colui che cura la nettezza dei selciati, sopravvenire colui che cura la nettezza delle coscienze: un prete. Grassoccio, roseo sotto il grigio della zazzera, s'appressa al crocchio, pieno non osiamo dire di curiosità, ma dalla sollecitudine insita al suo ministero:

- Che c'è? Che c'è?

- Abbiamo di nuovo qui don Giovanni!

- Vade retro, Satana!

Tutti scappano di qua e di là, l'uno per impe­dire a tempo che venga sua moglie, l'altro che ne sia prevenuta sua sorella, quell' altro per tappare in casa sua figlia. Ma per istrada, correndo, ciascuno non sa fare a meno di gettare una parola a un passante e poi a un secondo e ad un terzo; e questi corre a sua volta per informare il compare, per dare la grande notizia al vicino. La voce vola. Da un negozio che s'apre, passa a un caffè già pieno d'avventori, a una bottega da barbiere ove due o tre clienti sono sotto la saponata, a una stiratoria dove si riscaldano i ferri, a una farmacia ove si pestano lumache a corna di cervo, a una taverna ove piamente si battezza il vino… I più piantano in asso la loro bisogna, s'avviano verso la dimora osiamo dire di curiosità, ma della sollecitudine insita ben nota. E' uno sgranar d'occhi, uno spalancar di bocche, un interrogarsi a vicenda, un correre di ragazzi, giovani, vecchi, cavalieri e popolani, uomini e donne di ogni età e di ogni ceto. In meno di mezz'ora la piazza dinanzi al palazzotto fatidico è colma di folla cicalante e gesticolante, con gli occhi tesi alle finestre e al portone, in attesa del prodigio.

Gli uomini:

- È vero quel che le ciane van raccontando?

- Chi l'ha portata questa buffa notizia?

- Chi mette in giro                        panzane di questa fatta ?

- Chi guasta la testa alle ragazze e alle mogli dabbene?

- Però, guardate quel portone ... è aperto.

- Ma si, l'abbiamo visto -noi.

- Voi? E chi siete voi?

- E se è tornato, cosa è tornato a fare?

- Non è meglio avvertire il capitano di giustizia?

E le donne:

- Dite anche a noi com’è fatto…

- E' bruno?

- Macché ! si sa che è biondo.

- Scommetto che ha i capelli rossi. Sono cattivi i rossi!

- Ma sono anche i più appassionati…

- E ha gli occhi neri?

- No, azzurri.

- Ed è poi tanto bello come raccontano?

- E' il più bello di tutti i cavalieri!

- Chissà quante donne avrà conosciuto, nel suo giro pel mondo !

Un cavaliere, sdegnato :

-         Andate a casa, pettegole!

Una lavandaia, pronta a sfidare anche il bargello:

- Non me ne vo se non lo vedo!

Una vecchia, carica di memoria e d'esperienze:

- Io lo ricordo: era un po' pallido, un po' annoiato... Ma la barba sempre rasa, non come i nostri mariti…

E una droghiera, onestissima, che sa di canfora e d' olio di nardo:

- É vero: questi mariti, quando diventano ma­riti, si credono in diritto di grattarci la faccia!

Ma ecco avanzare, stentando a farsi largo fra la ressa, una portantina dorata e dipinta ad amo­rini carichi di festoni di fiori, portata da due staf­fieri in sgargiante livrea e fiancheggiata da due altri.

- Ehi, gente, largo; lasciatemi andare a San Giacomo o si perde la messa.

- Chi è ? Chi è ?

La calca non cede e bisogna fermarsi. Gli staf­fieri depongono l'elegantissima bussola, incuriositi un poco da quell'insolita animazione, e si domandano che cosa succeda, quando una mano deli­ziosamente inguantata scosta la tendina di uno dei finestrini, e una voce squillante e calda come una campanella            d' oro,            però leggermente infastidita, domanda :

- Ebbene? Perché non si passa?

- Chi è ? Chi è ? - bisbigliano, distratti ora da questo nuovo motivo di curiosità, i più prossimi.

La tendina si solleva del tutto ed allo sportello appare, come in un ritratto di Velasquez dentro una cornice barocca, la testa superbamente acconciata di una giovane donna, non bella ma peggio che bella, non fine ma da far trascurare ogni finezza, non gen­tile ma più che attraente per la risolutezza che po­trebbe anche essere bruschezza. La diremmo oggi l'antenata di donna Isabel Carbo de Porcel, dipinta da Goia, nella cui famiglia fosse già passata una Carmen anticipante quella di Mérimée e di Bizet. Una di quelle donne per le quali non si declama: “Quanto è amabile! Adorarla per tutta la vita!”; ma si grida: “Numi, quanto mi piace! Tutto quel che posseggo, per un'ora!”

- Insomma, io voglio passare! - essa esclama.

Parecchi dei cavalieri la riconoscono:

- Oh, Estrella!

- Estrella !

- Dove va con tanta fretta nuestra seňora de los besos dorados?

-- Adiós, mis caballeros de los bolsillos vacìos. Vado a messa.

Gli astanti avevano riconosciuto anch'essi, chi all'aspetto, chi al nome, la celebre cortigiana di Sivi­glia, ed un            sussurro corse tutt'intorno. La vec­chia che vantava di aver conosciuto Don Giovanni, in tono sarcastico commentò:

- Ci ha fretta d'andarsi a purgare dei peccati, di cui è calda calda?

Nostra signora dai baci dorati non era tipo da lasciar correre una simile frase, né da fingere di non averla udita. Chiese a sua volta, in modo affa­bilissimo, alla vecchia:

- E lei, veneranda carcassa, non va perché non può peccare?

Una risata generale, che si propagò per tutta la folla, a ondata, accolse l'arguzia della giovane donna. Risero anche i lontani, quelli che non avevano udito. Parecchi spiccarono salti per vedere Estrella, che le teste antistanti nascondevano. E alla vecchia non rimase che riconoscere la propria scon­fitta, battendo in ritirata verso i confini della piazza.

- Questa è buona... è buona!... Nonna, a cuccia! Evviva la gioventù!

Le ragazze si misero ad esaminare con atten­zione la donna, scandalosa quanto si voglia per la sua professione, ma affascinante. Ed elegante, poi! Guardate, che pettinatura! E quel neo sulla guan­cia sinistra! E quei gioielli al collo, alle orecchie, alle dita! E il vellutato della cipria di cui si seritiva il profumo a dieci passi!... Certo, però, che a potere spendere senza contare il denaro, alla stessa guisa di lei, tutte si figurerebbe un pochino!...

Intanto i tre cavalieri che mostravano una certa confidenza con lei, erano venuti in prima fila, ac­canto allo sportello della bussola ove essa rimaneva affacciata a godersi calma il suo trionfo.

- Estrella, - disse quello che poco prima s'era meritato da lei l'epiteto di cavaliere dal borsellino vuoto - andate così sola alla messa?

- Dio non ci accoglie in cattiva compagnia - rispose essa - Piuttosto, perché non mi date una prova di quell'amore sviscerato che tutti e tre mi protestate sempre gratuitamente, aiutando i miei ser­vi a farmi passare? Sareste tanto insensibili da lasciarmi in mezzo alla strada?

- Ignorate che cosa succede?

- Cosa ?

- Dicono - rispose il primo cavaliere - che dopo trenta o quarant'anni, sia ritornato proprio adesso - rispose il primo cavaliere.

- E tutti stanno qui ad aspettare, per vederlo - aggiunse il secondo.

- Chi?

- Don Giovanni - concluse il terzo.

Estrella ebbe un sobbalzo, né più né meno di quanti altri abitanti di Siviglia appena preso cognizione dell' avvenimento.

- Presto, lasciatemi scendere! Voglio vedere anch' io com' è fatto.

- Oh, Estrella, vi detronizzate? Finora sono stati gli uomini a fermarsi per via per vedervi passare, e ora vorreste essere voi a far ala a un uomo?

- Voglio vedere se finalmente quell’uomo è un uomo.

- Oh! oh! siete troppo severa con tutti gli altri che vi adorano.

- Essi sono troppo indulgenti con se stessi.

- Dev' essere                        un po' più che maturo…

- Anche vecchio, può darsi che sia interessante . . . . .

- Ma.....

- Un uomo ch'è stato amatissimo e che dico­no non abbia veramente amato mai…

- Però...

- … può riuscire un amante singolare.

- Sareste diventata romanzesca? (Allora non si diceva romantica; ma esistevano i romanzi, ed esisteva lo stato d'animo che                        pochi                        lustri prima aveva fatto dar la volta al cervello di don Chisciotte della Mancia).

- Chissà? Certo sono stanca delle stupidità reali in cui vivo; e qualche ora simile alle fantasie dei romanzi renderebbe meno noiose le mie giornate.

Ad un tratto il ronzio della folla crebbe di due toni, da mormorio di risacca diventò schiamazzo di maroso:

- Eccolo!... scende!... è lui!...

Infatti, nell'androne semibuio una luce vacil­lante era apparsa: si vide presto un uomo anzia­notto, che reggeva una fiaccola più fumo che fiamma, avanzarsi e spalancare completamente i due battenti del portone. Sorgeva, in quel momento solenne, il sole all'orizzonte di Siviglia. E, ben più che la fiaccola, furono i raggi dell' astro del giorno a evo­care il suo concorrente umano e a mostrarlo al popolo.

L'uomo apollineo scendeva gli ultimi gradini avvolto in un mantello bianco, che nascondeva in parte le malefatte delle tignole sul costume un po' antiquato, da noi e dall'Ubriaco visto su un seg­giolone dell'appartamento disabitato. Egli appog­giava la mano sinistra sull'elsa della spada, che con l'estremità opposta sollevava intrepidamente il lembo del mantello, come la coda di un gallo. La destra trascinava un ampio sombrero dalle lunghis­sime piume, troppo compromettenti forse per la loro vetustà a tenersi sul capo. La giovinezza del cavaliere, i suoi baffetti castani ben sollevati, la sua capigliatura un po' sconvolta, le fattezze indubbia­mente belle malgrado il pallore, anzi più interessanti per quel pallore e per le sfumature azzurre che gli cerchiavano gli occhi, aumentavano 1' effetto dell' ap­parizione.

- Gesù,                        com' è                        bello! – fu la                        voce delle donne; e:

- Come fa a restare così giovane? – Quella degli uomini.

Estrella, che non era coro, ebbe un' esclamazio ne a sé:

- Guarda! - completata da un pensiero più significativo: - Questo mi pare davvero che non somigli agli altri.

La folla ondeggiava, aumentando il suo mor­morio ammirativo, mentre 1'Ubriaco gridava:

- Date passo all'eccelso cavaliere !... Lascia­tegli la strada libera!

Ma era davvero come gridare al mare e al vento. Soffermato sulla soglia del portone, stagliando col bianco del suo mantello sullo sfondo scuro del l' androne, il giovane si rimetteva dall'emozione del colpo di scena affrontato e accolto con inequi­vocabile successo. Girava intorno gli occhi sulla massa gesticolante del pubblico, senza distinguerne i particolari; e ciò dava ai suo sguardo una sva­gatezza che poteva sembrare indifferenza e aumen­tava agli occhi della folla il suo prestigio.

- L'avete capita? - Continuava ad ammonire a gran voce l'Ubriaco, conscio ormai della sua autorità acquistata in un attimo - Egli deve passare. O volete che si faccia largo con un mulinello della sua invincibile spada?

A questa minaccia, quasi tutti con moto invo­lontario indietreggiarono. Lo sguardo vago del Cavaliere si fermò sull'unica persona che non s' era lasciata intimorire e che era rimasta in mezzo allo spazio vuoto, vicino a una ricchissima portantina: una dama assai appariscente che lo fissava sboz­zando un lieve cipiglio, in bilico fra l'impertinenza e il sorriso.

Il consigliere e ispiratore gli si fece alle spalle per sussurargli in un orecchio :

- Questa è Estrella, cortigiana d'alto rango, ricca e onnipotente.            Importantissimo farcela amica! Il giovane non valutò queste parole secondo 1' intenzione del suo saggio compagno; ma la figura della donna era così spiccatamente singolare da  apparirgli non più nella qualità di spettatrice, come i tanti altri che stavano lì pendendo dai gesti di lui, ma di attrice offertagli dal caso per partecipare alla commedia che egli si era accinto a recitare, e in cui non sapeva bene la propria parte. L'espressione che assunse allora il suo viso fu tale da decidere I' incertezza di Estrella: essa smise l'impertinenza e si atteggiò completamente al sorriso. Il pubblico intorno si accorse subito che anche lei saliva al ruolo di personaggio principale. Lo spettacolo divenne appassionante, per le donne che avrebbero voluto trovarsi al posto di Estrella, per gli uomini che provavano una crescente irrita­zione, mista di ammirazione, contro il protagonista. Per tutti era una scena d'amore che si delineava, e di cui non si voleva perdere il minimo particolare.

Ed ecco, come a teatro, o in un'arena, quando si festeggia un torero vittorioso, gli spettatori videro nostra signora dei baci dorati gittare, con un gesto che si sarebbe detto l'inizio d'un rito, il suo ven­taglio ai piedi dell'eroe. Bisbigli, sussurri, mormorii e mugolii commentavano l'azione, in note discor­danti da orchestra senza direttore. Si vede intanto colui che faceva da servo a don Giovanni venirgli alle spalle, e all'orecchio dirgli qualche cosa che nessuno capì, ma che noi siamo in grado di trascrivere:

- Presto, raccoglietelo e da galante cavaliere baciatelo. E la prima conquista è fatta.

Il silenzio si ristabilì di colpo, quando si vide l’eroe chinarsi a raccogliere il messaggio d'ammi­razione, l’invito all'amore caduto ai suoi piedi. Ma egli non lo baciò. Aveva una sua volontà e teneva a dimostrare al suo stesso compare di sapere essere originale. Sentiva, anche, la propria responsabilità in faccia al pubblico che gli aveva di primo impulso accordato il suo favore, e non voleva deluderlo. Ancora non aveva fatto sentire la sua voce, non si era manifestato; e le parti mute possono piacere a impressionare solo per poco. Bisognava mettere a prova la sua eloquenza, che fino allora in convento aveva fatto prognosticare grandi cose sul suo conto: si prevedeva che col tempo avrebbe uguagliato quella di frate Alonzo da Toledo, domenicano!

Aprì il ventaglio - finissimo, dalle stecche di avorio a intarsi d' oro - e lo considerò attentamente, lasciandosi cadere dalle labbra le perle di un epifo­nema :

- Ventaglio: simbolo dell'ala degli angeli tra­mutati in demoni, e lasciata sulla terra a demoni dal­l'apparenza di angeli, per dar volo alle tentazioni.

Era un po' da predicatore, se vogliamo; ma per chi non s'intendeva di teologia, aveva la tropicità barocca tanto in voga in quel tempo, da solleticare il gusto anche degli schizzinosi. Le donne lusingate in massa, l'accolsero con un mormorio d'accentuata soddisfazione; degli uomini, i cavalieri e i maturi bofonchiarono qualche parola sarcastica, coperta dagli applausi incondizionati dei giovani. Anche 1' ubriaco ammiccò, compiaciuto.

Estrella, però, voleva qualcosa di più esplicito.

- Vi dispiace l'ala, o vi dispiace chi la porta?

Prima che il cavaliere, preso cosi ex abrupto, avesse finito di meditare una seconda frase, rispose pronto per lui il suo servo.

- Il mio padrone si è espresso chiaro: accetta l'ala ed è disposto ad accettare il resto.

Estrella si fece avanti sorridendo.

- L'uccellino azzurro mi aveva avvertita del vostro arrivo, don Giovanni; e sapendovi a piedi sono venuta a prendervi con la mia portantina.

Don Giovanni rimase un po' interdetto.

- Ma....

- No, no, ci si sta benissimo in due s'affrettò a proseguire essa - né voi né io siamo pesanti, le stanghe sono forti e i miei staffieri sono in quattro.

Né lei né gli astanti udirono l'Ubriaco sussur­rare al suo improvvisato padrone :

- Su, diamine!

- Prendere da una donna ? - riluttò il giovane.

- Signore - sentenziò piano e in fretta l'uomo di lettere e filosofia - non mi fate il furibondo fuori luogo: siamo serii! Badate che gli scrupolosi e i dubbiosi finiscono al purgatorio.

Frattanto uno dei cavalieri dalla scarsella vuota diceva, scandalizzato, ad Estrella:

- Nostra signora, dicevate di volere messa, e vi lasciate rapire dal diavolo?

- No, sono io che lo rapisco. A fin di bene, capite? Spero di indurlo a farsi frate...

- E noi che vi adoriamo da anni?

- Voi siete il gregge dentro la mandra. Lui è la pecorella smarrita.

Ed Estrella, volgendosi a don Giovanni, al quale il suo servitore continuava a impartire piano sugge­rimenti e consigli che non è certo che egli udisse, esclamò impaziente:

- Ebbene, signore, andiamo?

Don Giovanni, distratto, commise allora la prima gaffe della sua iniziata carriera. Non fu il personag­gio, ma il Novizio, con quel fare un po' sognante che gli abbiamo già visto assumere di tanto in tanto, a rispondere :

- Sia, Estrella; sarete voi la prima...

Estrella sommariamente sorpresa, ripetè :

- La prima?

Le donne attorno, che avevano udito, si chie­sero fra loro incredule:

- Che dice? La prima?...

Intervenne prontissimo l’Ubriaco, che in quel momento era il solo nella piazza ad essere tutt'altro che ubriaco:

- Sicuro: la prima della nuova serie. Dopo il suo giro amatorio nel vecchio e nel nuovo mondo in cui compì mirabili gesta eternate in prosa e in rima dai migliori poeti del secolo, don Giovanni ritorna a Siviglia per rinnovare se stesso (udite! udite!) con una maniera d'amare che è d'ultima moda!

Sensazione grandissima nel pubblico.

Estrella, preso per mano il viaggiatore dell'amore, lo fece montare nella sua portantina e gli si strinse accanto nell'angusto sedile, quasi coprendolo col suo guardinfante:

- Per questa volta - gli disse piano - non siete stato voi a scegliere. Vedremo se riuscirò a farvi sorridere.

Egli non rispose. L'immagine della bella giovi­netta incontrata nel viaggio gli passò per la mente; ma pensò anche : “Sorridere?... La felicità può essere cortigiana come costei?”

La portantina fu sollevata dai robusti staffieri, impossibilitata però ad avanzare per l'accalcarsi della folla, specialmente delle donne, attorno a essa. Tutte vedevano con rammarico don Giovanni partire: era per ciascuna di loro un tradimento e una delu­sione. L'Ubriaco, attaccato con una mano al davanzale dello sportello di sinistra, il lato dove stava il suo padrone, intuì il sentimento della folla:

- A rivederci, mie belle. Noi diciamo a rive­derci, perché tornerete a rivederlo. Coraggio, egli ha cuore per tutte: tenero con le giovani, e, all'occorrenza energico con le più mature. E nella ricerca della bellissima, non disdegna neppure la brutta. Lasciateci passare, e vi giuro che egli non vi dimen­ticherà! A presto. A rivederci. Grazie.

La portantina si districò, accelerò il passo, men­tre un grido appassionato la seguiva :

- Don Giovanni! don Giovanni !

Molti fiori le furono gettati al passaggio ed anche ma tardivo, qualche altro ventaglio.

 
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