Atto IV
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Sul Monte Erice. Metà della scena, diagonalmente, è occupata dalle rocce che salgono incoronate in cima dalle ciclopiche mura, in cui si apre la porta Patula. Nel fondo, seguendo il declivio della montagna, le mura discendono, digradando e poi sparendo — così appare in lontananza il golfo sereno di Bonagia e il promontorio del Cofano...

Un gran cielo stellato in cui l'alba comincia appena a spaccare. Sul davanti della scena, fra le rocce, si npre una di quelle dimore trogloditiche, sì frequenti nell'interno della Sicilia. Palmiero Abbate è presso la porta dirigendo il lavoro di alcuni uomini che buttano pietre su una gran fossa, al chiarore
d'una fiaccola. Un altro uomo, in armi, da una balza, guarda verso il mare.



PALMIERO

continuando un racconto già cominciato

E così, gli uomini
dei nostri litorali, arsi, ramigni,
fino a ier pescatori, oggi son mastri
di randa e remo, ciurma alle galee.
La Kalsa, Sciacca, Lipari,
Castellamare approntano i più belli.
Valle di Noto,
Caltanissetta, Piana di Catania,
dan cavalieri
inchiovati alle barde:
ed àn negli occhi il solfo
delle loro caverne. I montanari
dei Nèbrodi che sembrano tagliati
nelle lor rocce, sono i più valenti
fanti, orsi e daini a un tempo.
E gli uomini del lido
profumato fra Termini e Sant'Agata
che forano un'arancia alto lanciata,
son balestrieri....

LA SCOLTA

dal suo posto

E noi, noi che odoriamo lo scirocco
un giorno innanzi e discerniamo l'Africa
lontana cento miglia,
non abbiam corso per le terre a piedi
e pei mari sui fragili
barchi, senza astrolabi, senza bussole,
gonfiando i terzaruoli
e le rande col nostro
respiro, per portarvi vittuaglie?

UN AFFOSSATORE

E noi di Vita ….

UN ALTRO

                                    …e noi di Santa Ninfa...

PALMIERO

Voi tutti, figli Sicilia, avete
una gloria a cantare. E tu, che stai?

1° AFFOSSATORE

La bisogna è fornita; ora nemmeno
le loro carogne infami
ne potranno appestar l'aria

2° AFFOSSATORE

                                                C'è ancora
sentor di mattatoio.

PALMIERO

Buon sentore di sangue
nimico. Ancora pietre.

1° AFFOSSATORE

                                        Abbiamo fatto
un buon moncello: non sapranno scoterlo,
Sono ben morti. Qui, guarda, ogni ciottolo,
ogni zolla è sanguigna.
Requiescant.

PALMIERO

abbassando la torcia sul terreno a guardare

                                    Qui la soglia è ancora rossa.

2° AFFOSSATORE

La loro tomba avrà una degna lapida:
ecco l'orma del piede
del diavolo.

indicando un' orma di piede scavata in un
masso enorme delle mura

PALMIERO

                        Ma noi
altra orma imprimeremo innanzi a porta
Patula, dove
ogni agioino s'ebbe il guiderdone
di morte: ed in ricordo del gran giorno
sacro a la libertà, la chiameremo
con più memore nome « Porta Spada »

pianta il proprio stocco profondamente di-
nanzi alla porta. Poi egli e i due affossatori
s'inginocchiano dinanzi alla croce dell'im-
pugnatura e recitano una sommessa pre-
ghiera

LA SCOLTA

Olà, genti: se i miei occhi, non fallano,
veggo lumi che avanzano pel mare.

tutti si precipitano a guardare

GLI AFFOSSATORI

Lumi! lumi! son navi.

PALMIERO

                                    Son lanterne
di galee: uno stuolo
voga al golfo lanciato verso Trapani.

LA SCOLTA

E' un'altra armata che viene da Napoli?

1° AFFOSSATORE

Che tenta un nuovo approdo al Lilibeo
dopo la rotta del Peloro?

PALMIERO

                                        No,
tacete, ingrati gufi
del malaugurio! Questi son vascelli
nostri: la luce
ne mostrerà tra un'ora gli stendardi
con la Trinacria.

LA SCOLTA

                            Io corro a darne avviso
a messere Mastrangelo.

PALMIERO

Io vengo teco: ch'egli, il capitano
generale, qualcuno
spacci tosto a raccogliere le nuove.

escono girando le mura verso destra. La
scena resta un poco deserta. S'ode qualche
lontano rombo di corno. Dopo un tratto esce
dalla caverna Ciullo con una brocca e s'al-
lontana verso il basso

IL MONTANARO

indicando la caverna

Ecco la casa di Ciullo ericino,
voi siete giunto.

JACOPO

cade spossato a sedere su di un masso

                            Mercè a voi, fratello
Finalmente!

IL MONTANARO

                        Ma non parmi ch'ei possa
darvi ricetto: questa
sua dimòra, vedete, è troppo angusta....
e già qualcuno egli ospita.

JACOPO

trasalendo

                                                    Qualcuno?

IL MONTANARO

sorridendo bonario

Male ò detto: qualcuna.

JACOPO

Una donna?

IL MONTANARO

                    Sì, una, come voi
giunta qua suso
sbricia, affannata, presso
che morente - ora son tre giorni……

JACOPO

tremante ed esaltato

                                                Allora
i passi miei non saranno perduti!
Certo ne siete ?

IL MONTANARO

a l'uomo

                            Io stesso
la vidi con questi occhi; Ella montava
strascinandosi, e fu mastro Giovanni
che in braccio la portò, quando ci disse
che cercava di Mara, sua nutrice,
moglie di Ciullo.

JACOPO

                                E' dessa!
Ed è bella? ed è giovine? è sottile?

IL MONTANARO

Giovane, sì e pur bella, ma emaciata
molto; e sottile... sottile sarebbe
con, sorriso goffamente burlesco
se qualcosa ….o qualcuno....
non l'avesse enfia proprio in mezzo al corpo...

JACOPO

sussultando

Che mi volete dire?

IL MONTANARO

Come? voi che arrivate da Palermo
non intendete? Ell'è
pregna.

JACOPO

gli balza alla gola come una belva e lo ro-
vescia

                            Furfante!

IL MONTANARO

                                            Per Dio, non m'accidere!

Jacopo lo lascia

Che t'ò fatto? questa è la tua mercede?

JACOPO

con voce strozzata

E' vero, tu non….. Va. Lasciami qui

cava una moneta e gliela dà

Chi altro, come te, sa della donna?

IL MONTANARO

Parecchi lo sapemmo. Ora lo sànno
altri molti, C'è pure
chi la suspetta dei nimici nostri

Ciullo ritorna con la brocca colma e a' ap-
pressa alla sua dimora; ma scorgendo i due si
ferma

CIULLO

Chi attende presso la mia casa?

JACOPO

appressandoglisi

                                                    Ciullo,
son io, mi ravvisate? Sono Jacopo
de' Baverii

CIULLO

                        Ah, si,
vi raffiguro, benchè da gran pezza
non v'abbia visto….. e siate assai mutato

il montanaro coglie il destro che i due non
gli badano, finge d'andarsene, ma si rannic-
chia dietro un masso ed ascolta

JACOPO

Dunque, madonna Bianca
è qui, presso di voi?

CIULLO

non sapendo se negare o no

                                            Chi ve l'apprese?

JACOPO

Che monta? ella è arrivata sola - invece
iò già le avevo
proposto di venir meco alla vostra
dimora. Molte e varie
vicende ne àn divisi. Io la credevo
dietro il suo rapitore
e corsi, cavalcando,
fino a Vicari,.., ma ve lo trovai
solo, per la vendetta...

CIULLO

con terrore

Il gran giustizïere? E lo vedesti?

JACOPO

con un riso feroce

Se lo vidi? lo vidi e lo toccai!

CIULLO

Che mi dici?

JACOPO

                            Egli stava
asserragliato nella rocca, come
una fiera nel covo.
Guidando i più prestanti
assalii le irte mura, già sguernite
da due giorni d'assedio, ravvisai
il tartaglione
lussurïoso; lo raggiunsi, dopo
aver pestato quanti gli facevano
schermo e ghermitolo
ai capelli, quand'egli
levava l'azza sul mio capo nudo
gli confissi nel cuore, trapassando
il corsaletto, quest' arme sanguigna
del mio fratello.... Ed egli stramazzò
senza un muggito, come un toro.... Torsi
nella ferita il ferro
e nel sangue che ne sprizzò vermiglio
intrisi le mie mani...
Poi l'alzai... - e così cinto di ferro
parve un fanciullo alle mie braccia - e dai
merli lo ruinai -
sulle picche degli aspettatìti al basso
tra il tuonare de le maledizioni!

CIULLO

rabbrividendo

Madonna, sei terribile!

JACOPO

Poi ritornai, seppi a Palermo ch'ella
il giorno del macello
era stata rapita agli angioini
all'uscir dalla
postierla del castello
del San Remigio, fra il tumulto e il foco
da una gran turba
di meretrici, li presso appiattate;
ma ch'ella, dopo un giorno,
s'era involata
anche a queste...

CIULLO

                        Io mi chiedo perché mai
sia qui venuta
invece di tornare a la sua casa
ora che lo poteva
liberamente. Forse il padre suo ?...
Pure non è colpevole
se fu presa e se porta
in grembo il mal germoglio del franzese.

JACOPO

Con voce strozzata, passandosi una mano
sulla fronte madida

Il maledetto germe
di lui, del San Remigio! E' dunque vero?

Il montanaro avendo udito sorge dal suo
nascondiglio e s'allontana rapidamente, sbi-
gottito

CIULLO

E se la scopron qui nel mio abituro?

JACOPO

Oh, non ti stare in pensamento. Io solo
lo so, la cerco e dopo cinque mesi
la raggiungo, m'intendi? la raggiungo!
Fa ora ch'io la veda: vo' vederla.

CIULLO

No, non posso: ella esige
ch'io la celi, che noi non la sveliamo
ad uomo vivo.
Abbiamo lì un'icona
benedetta e lei prega di scampare
dal fuoco eterno.
Talora invece impazza
e ci dimanda un'arme
per disvenarsi...

JACOPO

                        Oh, io voglio vederla!
O' valicato monti,
ò varcato foreste,
ò guadato torrenti,
per lei... M'ebbi per lei questa scarlatta
scigrignata.... la mia pelle è coperta
di guidaleschi ch'ardon come brage...
Ed altre piaghe ò ancora, che non vedi,
per lei....

CIULLO

                Lascia che prima
l'ascolti...

batte alla porta della sua casa

JACOPO

Dille che qualcuno viene
in nome di Gualtiero... No, non dirglielo…
Dille…

CIULLO

                    Tu gridi: non la travagliare!

JACOPO

cupo

Quest'ultimo momento è troppo eterno!
Odimi, è meglio che io venga teco.

s' avanza

CIULLO

entrando rinculoni

Attendi.

entra e richiude prestamente. Jacopo dinanzi
alla porta serrata à un moto come per scara-
ventarsi a sfondarla; ma poi si frena

JACOPO

                    Ora nessuno
può più involarla. Placati, mia cieca
bramosia, bramosia fulgida e rossa!
La montagna la chiude
ora e la veglia
il mio cuore di pietra
come un'altra montagna di dolore

si accoccola presso la porta della caserma.
Il cielo lentamente si schiarisce. Suono di
corni echeggiano da ogni lato. Varia gente
si affaccia a Porta Patula guardando verso
dove si suppone Trapani. Da destra final-
mente si avanzano compatti i guerriglieri
siciliani con a capo Ruggero Mastrangelo e
qualche altro dei condottieri

GLI ARMATI

in tumulto

L'armata! ecco: è l'armata catalana!

RUGGERO

Vero è: ne raffiguro
a la foggia le navi. Ov'é rimasto
Palmiero Abate, dopo averci dato
l'annunzio?

GUIDAYFO

                    S'è imbattuto or ora in due
montanari, che l'ànno tratto altrove
per parlargli in segreto.

UN ARMATO

guardando verso il mare

Ecco, vedi, già approdano.

EBDEMONIA

sopraggiungendo di corsa

E' già arrivato a Trapani
precorrendo l'armata, il gran bandito
messer Giovanni
da Procida.

RUGGERO

                            Giovanni? Ei giunge?

EBDEMONIA

                                                        Monta.
A' saputo che aveva preso campo
su monte Erice un forte
stormo d'armati
palermitani, cui guida in persona
il capitan generale del popolo,
e vien lui stesso a portargli il saluto
ed un breve di re Pietro.

RUGGERO

                                    Ben venga
il nunzio e il buon fratello
cui donammo assai più
della vita!

GLI ARMATI

                    Ben venga! ohi là! oh là!

Appare Giovanni da Procida tra una scorta
di soldati aragonesi e notabili di Trapani.
I presenti alzano le aste e gli scudi con
grida di giubilo

PROCIDA

Salvete, o miei fratelli,
o ridesti leoni dì Sicilia.
Il re che viene in nome
del riscatto, vi guarda dal ballauro
del suo vascello e giubila. Non valsero
fortune a ritardar questo navilio
procellario. Era come se un grande alito
di libertà gonfiasse le sue vele.
Libertà, libertà freme per tutta
Italia. L'indomabile
Forlì, cui urge Guido
da Montefeltro, su l'esempio vostro,
non s' adagiò lungo tutta una notte
per offerire all'alba un olocausto
di duemila stranieri.
Genova scaglia contro l'angioino
i galeoni, simili a quadrella
da l'arco gigantesco del suo golfo.
Orvïeto tumultua
contra re Carlo,
nè il capitan Ranieri osa punirla.
Oggi è tutta una stirpe che risorgere
vuole dal suo sepolcro millenario.
Ed io sciolgo il mio voto
giungendo messaggero di vittoria.

RUGGERO

abbracciandolo

Quel che soffrimmo c'è oggi pagato,
per voi: tutta una terra
vi benedice!
Ma dopo tanto sangue
e sacrifizi, a quale prezzo ancora
ci manterremo liberi?

PROCIDA

                                    Gioite
ch'io vi porto soccorso di galee
e tende, cui guida
il calabrese
Rugger di Loria, e schieransi
su le arrombate più che diecimila
uomini d'arme, fior di combattenti.

RUGGERO

Fate cuore, o miei figli:
nuova guerra da oggi
s'inizia. Ma non sono, ora, più inermi
le città che da sole combatterono
per cinque mesi.
A Catania tenace
Macalda da Lentini ora governa
saggiamente. Messina, cui è capo
Alajmo, il vecchio bronzeo,
con gli uomini suoi forti, con le sue
forti donne che furon nell'assedio
salde si come i merli su le mura,
ruinò nello stretto
l'esercito di re Carlo; Milazzo
ne vide, dopo l'assedio, il divino
sbaraglio delle navi alla tempesta;
Taormina sul Jonio, anse qual foco
greco; Castrogiovanni
fu rocca e catapulta
tra le sue nubi
in titanico cielo; la tremenda
Mineo mutò in sepolcri gli sparuti
torrïoni impinguandoli di strage.
Chi tacque dopo il disperato appello
di Palermo? Neppur Piazza e Troina
lontane, neppur Avola e Adernò,
neppur Sclafani, piccolo
nido di falco eccelso, e Petralia
gentile. I diecimila aragonesi
che tu conduci a proda, senza colpo
ferire, andranno e calcheranno i dieci
mila angioini che noi trafelammo:
vedran Calatamauro
sgretolata, vedranno Nicosia
aprir la bella strada agli alleati
e Racalmuto e Calta-
vuturo sventolare gonfaloni
rossi di sangue. Ancora, dal castello
d'Aci, le ondate scagliano cadaveri
sui Fariglioni:
ancor Ragusa e Falconara arrotano
rosseggianti coltella
sui muri delle carceri; e il leone
di Randazzo ancor rugge
mentre non sazii gracchiano al pianoro
gli avvulturi svolanti in mezzo ai fumi
del Mongibello!
Sono redenti i borghi
e le città piccole e grandi, da
Forza d'Agró a Marsala saracina:
tutte, che se ancor sola
nega Sperlinga,
delle sue porte noi faremo forche
caudine pe' suoi uomini bastardi!
Tutte spietate furono, tranne una
Calatafimi
generosa, che seppe in questo orrendo
mare di sangue, ritrovar qual tragica
perla, mondata al sole, una bontà:
i militi di re Pietro vedranno
pur oggi lo straniero
unico. salvo
che parte pe' suoi lidi provenzali
recando nuova del ribellamento.
Noi gli invochiam propizio il nostro mare
cui spesso l'uragano
selvaggiamente
carezza; e che la cerchia galleggiante
dei nostri sei vulcani
sian fari nel viaggio a le sue notti.
Guglielmo Porcelet
dirà in sua terra franca che gli agnelli
scannaro alfine i lupi,
mostrando che Sicilia non fu ingiusta.

GLI ARMATI

battendo le aste sugli scudi

Onore a Porcelet!

RUGGERO

Dopo di lui non un franzese solo
rimane sulla nostra terra...

Arriva di corsa Palmiero Abate, seguito
da alcuni montanari, ed ode queste parole

PALMIERO

                                            No:
ancora uno rimane!

tutti si volgono commossi

TUTTI

                                            Ancora uno?

RUGGERO

Chi porta la novella
ingrata? Siete voi, messer Palmiero?

PALMIERO

Io, che n'ebbi contezza
ora ora: ed io vi dico che sul monte
Erice, presso a noi, venne, tre giorni
or sono, a rifugiarsi
qualcuno che in sé reca il maledetto
retaggio di quel sangue che versammo.

MOLTI

Parla! Chi è? dov'è?

PALMIERO

E' una donna.

RUGGERO

                            Che donna?

PALMIERO

                                                Essa nel grembo
porta il frutto colpevole
d'un sacrilego amplesso: ell'é una femina
siciliana che fu concubina
d'un francese,

ALCUNI

                        Ma non le abbiamo dunque
tutte scannate?

ALTRI

                            Dopo cinque mesi
vivono ancora adultere?

RUGGERO

                                        Parlate,
messer Palmiero: ov'è? chi è dessa?

PALMIERO

                                                        Ignoro
il suo nome; ma so
ch'essa fu fecondata dal più nero
nostro nemieo, dico da Giovanni di
San Remigio

TUTTI

                        San Remigio! San
Remigio! maledetto
ancora nella fossa!

PROCIDA

Siciliani date pure a me
un saggio della vostra inesorabile
giustizia !
Da venti anni
non ò veduto scorrere
che sangue mio! Io m'ebbi
la moglie e un figlio uccisi
dal boia del provenzale

UN ARMATO

Che sia svenata
la femmina, come io stesso svenai
mia sorella, stuprata da un franzese.

UN ALTRO

Ed io squarciai il ventre di mia figlia
che un armigero aveva violata.

UN ALTRO

La mia donna a me venne
un giorno ad offerirsi al mio coltello,
perché un franzese le avea fatto oltraggio.

RUGGERO

Segnalata sia dunque la vendetta
su l'erede più maledetto: è l'ultima
opera di giustizia che compiamo.
Opera di giustizia ed olocausto!
Sacrifichiamo
l'ultima figlia nostra per placare
Dio del sangue straniero.
Che muoia come tua sorella, come
tua figlia, come tua
moglie. Ma la sua spoglia
arsa sia dopo, perché le sue ceneri
vengano sparse per le nostre glebe
a dar sapore
di cordoglio anche, dopo la vendetta,
a le novelle messi e a le novelle
vendemmie, al nostro pane e al nostro vino.

ALCUNI

Dov'è la donna?

IL MONTANARO

Indicando la caverna di Ciullo

                                        In quella grotta.

TUTTI

slanciandosi disordinatamente

                                                        In nome
di Dio!

trovano la porta chiusa e picchiano con
furore

                Aprite! aprite!

Jacopo, che à udito, sorge, pallidissimo ed
esaltato, e si fa a guardare incerto

PALMIERO

                                        A chi appartiene
la casa?

IL MONTANARO

                            A Ciullo il terrazziere.

RUGGERO

trasalendo

                                                                    A Ciullo?

UN ARMATO

Questa porta non cede. Affumichiamo
tutti gli ospiti.

UN ALTRO

                        Occorre anche passare
a fil di spada
chi dona albergo
a l'adultera.

TUTTI

picchiano urlando

                                Aprite, ferracani!

La porta si apre e appare Bianca. Dietro
di lei si scorgono rannicchiati e tremanti
Ciullo e Mara. Gli armati, con un urlo fe-
roce, fanno per slanciarsi a colpire. Anche
Jacopo si slancia. Ma Palmiero ravvisando
Bianca li previene.

PALMIERO

Arretro! ell'è la figlia
di Ruggero Mastrangelo.

RUGGERO

con un urlo

                                                E' mià figlia?

un gran silenzio di stupore e di angoscia
Tutti ai sono tratti indietro

BIANCA

inginocchiandosi dinanzi al padre

Padre, padre, a voi vengo a dimandare
mercè per questi afflitti che mi tolsero
Presso di loro, inconsapevolmente.

RUGGERO

stravolto

Sei tu la druda del giustiziere?

BIANCA

Padre, essi non sapevano...

RUGGERO

                                            Sei tu?
E' vero, si, sei tu... io ben dovevo
saperlo. Invece ti speravo morta.

BIANCA

Io non potei né seppi
morire; ma morrò oggi, se Dio
lo vuole.

lungo silenzio

PALMIERO

costernato

                    Che faremo
di lei ?

RUGGERO

rialzando il capo

                E' condannata!
La mia sentenza non avrebbe forse
colpito una sorella,
una moglie, una figlia
d'altrui? Anche il più oscuro fra voi tutti
non à carni di padre come me?
Il più piagato io sia, perché più degno
di guidarvi, o dolenti, alle vendette;
la più colpita lei
che appartenne al più odiato ….
con scatto di disperazione
Ma è vero che, tu fosti la sua druda?

BIANCA

Si, padre.

RUGGERO

                    Ed ei non t'ebbe
per violenza ?


Bianca tace ansimante

                        E porti un figlio suo
nel tuo grembo?

Bianca tace. Egli rantola. Ma poi guarda
tutti attorno — rialza il capo, deciso

                            Eseguite la giustizia.

EBDEMONIA

Traetela lontano.

alcuni uomini si avanzano esitanti; Procida
cinge con un braccio Ruggero; gli altri fanno
cerchio attorno a loro

JACOPO

livido, frapponendosi

                                            Io debbo ucciderla

tutti si volgono a guardare

PROCIDA

Chi sei?

BIANCA

sorgendo con un grido

                            Jacopo!

RUGGERO

attonito

Jacopo!

PALMIERO

                Egli è il prode
che uccise nell'assedïo di Vicari,
il San Remigio.

TUTTI

con ammirazione, sporgendosi a guardarle

E' quello?

JACOPO

                    Io son colui
cui Gualtiero, il fratello mio, lo sposo
di lei, morto per lei, pria di morire,
confidò la vendetta. Col pugnale
che l'avea trafitto
io trassi il sangue del nemico suo,
e questa punta è sacra ora alle carni
di costei
brandisce il pugnale di Gualtiero

BIANCA

andandogli incontro a braccia aperte

Sii tu dunque il mio carnefice,
o eroe!

PROCIDA.

con voce tremante, a Jacopo

                    Tu ti fai boia?
cosi tu muti le tue penne d'aquila
in penne d'avvulturo
assetato di sangue?

JACOPO

                                No, no, vecchio:
tu non sai, non m'intendi,
Come parlate voi di tale sete
rapace, voi che scannaste a migliaia
senza mercede figli
di Dio per questa libertà feroce?
Io non conosco libertà; ma uccisi
chi mi tolse al mio sogno ed al mio cielo.
E se tal uomo fosse stato un altro
fratel mio, non nemico,
so che l'avrei similemente ucciso.
Ed ora voglio uccidere
questa donna, perché so che si storse
d'amore fra le braccia di colui
ch'esecraste, mentr'era caldo ancora
il sangue del suo sposo invendicato.
L'uccido perché il core mio ferito
non la voleva di nessuno: pura
la voleva, poi ch'io la consacravo
al mio tenero e desolato morto!
Resuscitate,
cadaveri del vespro, risorgete
a tirannia novella e più sinistra,
fatemi servo; ma con l'amor mio, ma
ridonate a lei la purità
ch'io nel mio buio volevo adorare!
No, no, vecchio, non sono
avvulturo di libertà: son aquila
d'amore! Guarda, in alto,
nella luce l'augurio gli avvulturi
voi li rendeste sazî
di strage: ed ora io suscito altri alati!
Tornano ancora l'aquile pel cielo!

mostra in alto uno stormo d'aquile che pas-
sano nella gran luce aurea del mattino

TUTTI

Aquile di Sicilia! Aquile! aquile!
Iddio propizia! aquile di vittoria!

s'ode un suono di corno

BIANCA

forsennata, ansimante

Che ài detto tu? che ài detto? mai così
mi parlasti: la prima volta io ti odo.

JACOPO

Ricordati d'un petalo che vuole
sangue per diventar luce !…..

BIANCA

                                            Ricordo
quel giorno, si! Ma era già tardi, Jacopo !..
Jacopo, perché tardi? perché troppo
tardi? Gualtiero fu che ci divise?
Ma io te amavo, Jacopo: l'amore
mio mancava soltanto del tuo nome;
ma aveva, si, i tuoi occhi,
la tua voce, la tua forza, il tuo cuore !….
L'altro mi prese come tu dovevi
prendermi; e da la sua
bocca attesi le tue parole, le
parole che odo solo al mio morire!

JACOPO

affascinato, tremante, avendola ghermita per
i capelli sciolti, alza invano il pugnale che
lascia ricadere

PALMIERO

S'avanza la vanguardia aragonese!

BIANCA

No, Jacopo, no, io non mi perdono!

prende il pugnale da terra e si volge verso
l'icona della caverna

Signore Iddio, perdona tu!

si trafigge. Squillano le trombe da lontano.
Si odono grida fragorose che osanuano a
re Pietro

TUTTI

                                                Sicilia!
Sicilia ed Aragona! viva il re!

JACOPO

sollevando il cadavere di Bianca fra le braccia

Ella à sorriso il sangue e la preghiera
l'ànno purificata! non è più
del franzese, non è più di Gualtiero!
E mia! l'ò conquistata nella morte!

rivolgendosi a gran voce verso l'interno

Rovesciate le fiaccole!
Il mio cuore è la fiamma del suo rogo!

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