Introduzione al libro
Non nascondo che quando mi sono trovato tra le mani questo romanzo così voluminoso, ho avuto un attimo di smarrimento, anche perché avevo il compito di leggerlo in pochi giorni per poter scrivere queste note. Lo smarrimento però è durato poco. Se è vero, come diceva Forster in un prezioso libricino intitolato Aspetti del romanzo, che un romanzo è tale quando, al di là di tutte le sofisticate soluzioni formali , riesce a catturare l'attenzione del lettore e a suscitare l'elementare desiderio di sapere "come va a finire", Golinelli ha scritto un bel romanzo, con storie credibili, con personaggi veri che diventano subito familiari al lettore, come nella tradizione narrativa dell'Ottocento. Questa facilità di lettura è il risultato di una sapiente tecnica ad incastro che non interrompe mai il flusso narrativo. E' come se lo scrittore volesse creare, attraverso l'ininterrotto flusso della narrazione, l'ininterrotto flusso della vita. E questo a volte rende la scrittura un po' ripetitiva, ossessivamente minuziosa nella rappresentazione dei dettagli della quotidianità. Le storie narrate sono tante: c'è quella di Greta e Walter, quella di Raffaella e Andrea, di Giacomo e Luciano, di Nicola e Marino, di Davide, di Massimo ecc, e ogni personaggio è portatore di una sua inquietudine, di un suo modo di intendere il mondo che ben conosciamo perché uno dei meriti del romanzo è quello di darci subito l'impressione che sta parlando anche di noi, del nostro tempo, dei nostri problemi.. I personaggi, eterosessuali e omosessuali, legati da relazioni amicali, affettive o sessuali, costituiscono un po' una grande famiglia o "tribù", secondo una tendenza, propria del nostro tempo, di trasformazione del vecchio istituto familiare. I componenti di questa tribù lavorano (quasi sempre sono insoddisfatti del loro lavoro), mangiano insieme, discutono, si fanno confidenze (molto spesso al telefono), scopano (alcuni di loro tanto), si innamorano, litigano e il narratore, onnisciente, come nei romanzi dell' Ottocento, registra tutto. Il personaggio, chiaramente autobiografico, che sembra tirare le fila di tutte le storie e che appare come il portavoce dell'autore è Giacomo ed è lui a portare avanti anche una forma di militanza gay, nel senso che esprime, più degli altri, le istanze del mondo omosessuale. Da questo punto di vista il romanzo è programmaticamente gay, ovviamente secondo la visione che dell'essere gay ha l'autore, ed è anche il romanzo di una intera generazione che vive con inquietudine e sofferenza, ma anche con grande dignità, i fallimenti e le delusioni storiche degli anni Novanta.
Il libro. Alessandro Golinelli, Come ombre, Il Saggiatore, pp.855, £.32.000

Come ombre
Intervista ad Alessandro Golinelli
da Babilonia, maggio 1999

Il libro di Golinelli, Come ombre, è un po' un "caso" nel panorama letterario italiano caratterizzato da una produzione di romanzi brevi e racconti, oltre che da discussioni sull'impossibilità di scrivere romanzi sulla contemporaneità. Golinelli, assolutamente in controdendenza, ha scritto un romanzo di ben 855 pagine, ambientato nella Milano degli anni Novanta. Cominciamo a parlare con lui proprio della mole del suo libro.

Domanda
: Un romanzo di 855 pagine è un po' insolito in Italia. Lo hai programmato già di questa ampiezza o la narrazione ti è sfuggita di mano e non sei più riuscito a fermarti?


Risposta:Io sono partito da uno schema molto preciso che prevedeva circa 700 pagine, poi mi sono reso conto che alcune cose in 700 pagine non ci stavano, però ti assicuro che non volevo scrivere un libro lungo, anzi ho cercato di scrivere un libro il più breve possibile, che potesse però raccontare determinate cose e in questo determinato modo, cioè con questa struttura, anche con tanti episodi che si intersecano. Se ci fai caso niente è casuale: c'è un ritorno continuo delle cose, uno legge il primo capitolo e si chiede perché si parla proprio di quella Milano, perché si parla di architettura, perché del concerto di Peter Gabriel. In realtà è un modo per cominciare a dare una serie di elementi da cui poi partono una serie di storie, tante storie, in quella Milano lì, proprio con quelle case, dove c'entra l'architettura, perché uno dei protagonisti è architetto, si va al concerto di Peter Gabriel perché il fatto sarà determinante per un altro personaggio e così di seguito. La storia che percorre tutto il libro e che fa un po' da filo conduttore è quella di Greta e Walter che continua fino alla fine e che scandisce le varie parti e ognuna delle parti finisce con un fatto importante del loro rapporto. Le altre storie vi si intersecano in un gioco a incastro studiatissimo.

Domanda: Queste storie che ritornano dopo pagine e pagine, riprese da dove si erano interrotte, questa rappresentazione così minuziosa della quotidianità, danno un po' l'impressione di una struttura a telenovela...

Risposta: Si, certo, o meglio , più che da telenovela, da soap opera, anzi da serial. La telenovela è a puntate, qui c'è anche un po' di chiusura. Alcuni episodi possono essere letti per conto loro, un po' come i serial...

Domanda: Parli di Greta e Walter come dei protagonisti del romanzo. A me veramente il protagonista sembra Giacomo, che poi in qualche modo sei tu, o no?

Risposta:Sì, forse hai ragione, però come si fa a dire che è Giacomo il protagonista quando per metà del libro non c'è. Però in effetti è lui che regge i fili di tutto e il libro si regge proprio perché c'è un personaggio di questo tipo . E' un po' come se Walter e Greta fossero il re e la regina e Giacomo il cardinale Richelieu. Chi è il protagonista?
O forse non c'è nessun protagonista, perché i protagonisti sono vari, sono tutti i componenti della "tribù", all'interno della quale ognuno ha il suo ruolo. In qualche modo Giacomo è il capo tribù e poi c'è un altro personaggio importante che è Nicola, un po' lo sciamano della tribù, un po' pazzo, un po' jolly, che dice delle cose strane, anche con un linguaggio particolare, apparentemente fatto di frivolezze, un po' comico, ma in realtà molto serio.


Domanda: Quali sono stati i tuoi modelli letterari?

Risposta: Il modello letterario principale è senz'altro Balzac e il libro è un po' una "commedia umana" con tutti questi personaggi che ritornano e tante storie che si intrecciano, con la differenza che quello che BalzaImmagine dello scrittore Alessandro Golinellic ha fatto con una serie di libri io l'ho fatto con un libro solo. Oltre a Balzac c'è anche la tradizione del romanzo d'appendice che a me piace molto. L'altro mio modello, sul piano dello stile, è sicuramente Raimond Carver, anche se Carver non fa parlare i personaggi come li faccio parlare io. A parlare un po' come i personaggi di Carver qui ci sono Luciano, che è brasiliano e mescola linguaggi diversi, e Nicola, che usa un linguaggio tutto metaforico infarcito di espressioni particolari, da travestito o da drogato, ma che è molto acuto e recita con estrema consapevolezza la sua parte.

Domanda: I romanzi di Balzac e anche i romanzi d'appendice sono uno straordinario affresco della storia dell'inizio dell'Ottocento. Tu hai voluto fare un affresco storico degli anni Novanta?


Risposta: Sì, credo di aver fatto un affresco storico, anche se non ci sono nel libro personaggi storici, perché io penso che la storia non la fanno i grandi personaggi, ma la facciamo noi. E poi uno dei momenti centrali del romanzo è un preciso fatto storico, l'elezione della sinistra e il capitolo si intitola non a caso "Tribù". La mia tribù vive questo momento come un passaggio storico di grandissima importanza. Dopo la grande illusione, dopo essere andati pure ad attaccare manifesti, i componenti della tribù si accorgono che non è cambiato niente e vivono la profonda delusione nel vedere questi uomini al governo. E' una sconfitta vera e propria, perché le cose non cambiano e questi politici sono molto più uguali agli altri di quanto potessimo pensare. Sotto questo aspetto il libro è un romanzo storico, ma è anche un romanzo sociale , perché descrive una generazione ben presente e ignorata che è quella dei giovani che hanno trent'anni o poco più e non hanno un lavoro stabile. Sono collaboratori senza essere mai assunti, insegnanti precari . Greta è un'insegnante che ha vinto un concorso, ha pubblicato libri, insegna da tanti anni, eppure è precaria. Giacomo fa tanti lavori, ma non l'assumono da nessuna parte e da qualche parte lo pagano, da qualche altra no. Per Walter è lo stesso: è architetto e anche lui un giorno lavora, un giorno no, e così per Nicola che fa il pittore e per Raffaella che non ha mai un lavoro e quando lo trova le offrono cinquecentomila lire al mese. Tutto è così, senza tutela, senza una garanzia sociale, di fronte invece a tante persone che sono stragarantite senza fare un cazzo dalla mattina alla sera. E a questo i miei personaggi si ribellano.

Domanda: Una specie di microstoria, di rappresentazione della quotidianità?

Risposta: Sì, il libro nasce dalla profonda convinzione che il nostro sia il secolo della complessità
e io ho cercato di far vedere la complessità nel quotidiano che poi è la cosa più difficile. Farla vedere nella Storia è molto più facile.
Il paradosso è però che il Novecento, secolo della complessità, sia anche il secolo della grande semplificazione, pensa alla guerra: la complessità provoca intrecci difficili da districare e quando non si sa cosa fare si buttano delle bombe e si pensa di risolvere tutto. E invece si creano casini ancora peggiori.

Domanda: Il tuo è anche un romanzo d'amore e di sesso (e di sesso ce n'è tanto) e tu hai messo insieme storie eterosessuali e storie omosessuali, di vario tipo. Parliamo un po' di questo?

Risposta:Io penso che non esista una sessualità, ma tante sessualità sia etero che omo e come sono vari i modi di vivere l'eterosessualità, così sono vari i modi di vivere l'omosessualità. C'è l'etero a cui piacciono le ragazzine, l'etero a cui piacciono le donne grasse e l'etero a cui piacciono le donne con le tette e quello a cui piacciono le donne piatte. C'è la donna a cui piacciono gli uomini muscolosi, la donna a cui piacciono gli uomini con la barba, quella a cui piacciono gli uomini solo intelligenti e poi c'è la donna a cui piacciono solo gli uomini muscolosi, intelligenti e anche belli e questa è sfigatissima, perché non ce n'è. E così per gli omosessuali. La parte più decisamente gay del libro è concentrata soprattutto verso la fine perché le storie omosessuali si complicano molto e Giacomo, innamorato di Luciano, si innamora di Davide, ma si innamora in una maniera veramente molto particolare. Nel libro si parla molto d'amore, ma a un certo punto non si capisce più se si sta parlando di amore eterosessuale o di amore omosessuale. Si parla di amore e basta: che siano due uomini che si amano o un uomo e una donna non interessa più. Il lettore non sa più di quale tipo di amore si sta parlando ed era quello che io volevo. Questo per me è molto importante, perché nella nostra società si pensa che gli omosessuali siano delle persone che pensano solo a scopare e basta, che non abbiano sentimenti. Io ho voluto rappresentare non solo l'evidente, e cioè la sostanziale eguaglianza di omosessuali e eterosessuali, ma che anzi, proprio perché liberati da tanti tabù, gli omosessuali hanno una visione dell'amore più lucida e più disincantata, più realistica e più concreta, anche più ironica. Non negano che esista l'amore, ma hanno imparato che è una cosa che può durare un anno, dieci anni o venti.... e poi ce n'è un altro.... Non c'è l'illusione dell'altro come dio, l'illusione della fedeltà e tutte queste cose che sono invenzioni...

Domanda: Su questi temi mi pare ci sia un po' una presa in giro degli eterosessuali?

Risposta: Sì, soprattutto nell'episodio della Tunisia dove Giacomo, gay, litiga con Walter che si annoia e a un certo punto gli dice: "però io mi diverto, davvero. Forse è un paese divertente per i gay e basta, ma non è colpa mia. Non lo so, fate qualcosa, provate a girare un po' di notte anche voi". E poi c'è tutto un discorso sulla trasgressione, sulla troiaggine dei gay e sulla repressione. E quando Walter parla della sua esperienza in carcere e della decisione ideologica di negarsi qualsiasi esperienza omosessuale, perché "costrizione ambientale", Giacomo lo mette alle strette spiegando come il problema rimane sempre quello di un moralismo camuffato e come legare la sessualità all'etica aumenta sempre la repressione invece di cancellarla. Insomma ho cercato di provocare un po' gli eterosessuali, anche di prenderli un po' in giro, perché forse gli omosessuali sono un po' meno ipocriti, forse più cinici, ma poi non è che non soffrano. Anzi, quando si lasciano andare alla passione.... vedi i personaggi di Luciano o di Nicola o dello stesso Giacomo....però un po' più disincantati certo lo sono.

Domanda: I tuoi personaggi sono molto veri, cioè risultano subito credibili. Ti sei ispirato a dei modelli, come ti sei ispirato a te stesso per il personaggio di Giacomo?

Risposta: In parte sì. Il libro è autobiografico, ma tu capisci che si tatta di una autobiografia spaventosamente falsa, perché il romanzo è molto costruito. A volte ho anche messo insieme storie di più persone a formare un unico personaggio, però con una precisa psicologia . Farei anche torto ai miei amici se dicessi che questi personaggi sono loro, perché non è assolutamente vero.

Domanda: Il tema dell'aids e della sieropositività è poco presente nella letteratura italiana, almeno rispetto agli altri paesi. Tu invece lo rappresenti e lo fai in maniera drammatica con la morte di un personaggio con quella madre tremenda, ma anche con una certa serenità. Lo stesso Giacomo, che un po' sei tu, in fondo vive la propria sieropositività in maniera abbastanza tranquilla. E' così?

Risposta: Se vuoi sapere se sono sieropositivo, sì, lo sono, ma lo avevo già detto, anche nel libro Kurt sta facendo la farfalla. Quello però è un libro diverso, legato anche ad un'epoca, più giovanile. L'ho scritto nel 1992, quando essere sieropositivi era un po' una condanna a morte, e il libro era molto influenzato da questa idea della morte. Qui è diverso: l'aids viene rappresentato come un elemento abbastanza tranquillo, anche perché per fortuna le cose sono molto cambiate. Nel 1992 ho avuto non poche difficoltà a pubblicare quel libro per il fatto che il personaggio sieropositivo alla fine non moriva. Un editore mi disse esplicitamente: "il libro te lo pubblico se il protagonista alla fine lo fai morire, perché i malati di aids muoiono". Questo per dirti quale era la violenza che si faceva su queste cose.

Domanda: Qui invece siamo proprio a una svolta, nel senso che questo libro è molto diverso dai tuoi precedenti.

Risposta:Diciamo che siamo a un livello più alto e la cosa un po' mi terrorizza, perché poi questo livello lo devi mantenere. Comunque penso che sia abbastanza naturale. Io ho 35 anni, l'ho cominciato a scrivere che ne avevo 32. Il primo libro l'ho scritto a 26 anni. Mi sembra naturale che uno che ha 35 anni sia diverso da uno che di anni ne ha 26. Sicuramente sono maturato, ma questo lo diranno i lettori. E poi è naturale che uno a 30 anni sia più bravo o comunque certe ingenuità del ragazzino non se le puo' più permettere. E poi certe cose a 20 anni sanno di freschezza, a trenta non più. Sì, questo è per me un libro molto importante, ma forse non tanto rispetto ai libri precedenti, quanto rispetto ai libri seguenti e ti spiego perché. Io credo che questo libro sia anche il frutto dei libri precedenti. Prima di questo io ho scritto quattro libri: il primo, Basta che paghino, era una cosa un po' cinica, molto violenta, molto da ragazzo arrabbiato e ne aveva anche il pregio, la freschezza, poi ho pubblicato Kurt sta facendo la farfalla che era un libro diverso, più intimista, comunque più romanzo. Poi è stata la volta di Angeli, che è ancora un'altra cosa, un libro poetico, crudele, se vuoi, anche un libro filosofico, e nel 1997 La felicità della signora che non c'entra niente con gli altri tre libri. E' la storia di una signora di 60 anni.

Domanda: Ma anche quello era un libro autobiografico o no?

Risposta: Quello è forse il mio libro meno autobiografico, perché sì, questa signora è vagamente ispirata a mia madre, però poi le faccio fare cose che mia madre non ha mai fatto, di autobiografia c'è veramente poco. Come ombre è ancora un'altra cosa, non potrei scrivere un altro libro così, forse tra 20 anni, chissa...

Domanda: Per concludere torniamo a questo libro e all'inizio della nostra conversazione: credi di aver scritto il romanzo degli anni Novanta?

Risposta: Questo non posso dirlo io, anche se qualcuno lo ha detto. Non so se è il romanzo degli anni Novanta, però è certamente un romanzo che vuole dire anche a scrittori e letterati che non è vero che non si possono scrivere romanzi di una certa corposità e anche coerenti col nostro tempo. Basta tener conto della complessità della nostra epoca. Io credo di aver scritto il romanzo di una generazione, una generazione di ombre che ha assimilato gli ideali dei fratelli maggiori, ci ha creduto e ora vede i fratelli maggiori negarli e i fratelli minori che non gliene frega niente ed è in mezzo e non sa più cosa fare perché in qualche modo ci crede ancora in questi valori, ma li vede sconfitti.
Il mio è quindi anche il romanzo di una generazione sconfitta che però ha trovato un modo per ribellarsi che è quello di dire " il mondo è una merda, allora io me ne costruisco un altro", e questo non è un rifugio solipsistico, ma un mondo comunitario in cui i valori hanno valore.....è la mia tribù, fuori dal mondo, in aperta sfida col mondo se vogliamo, ma che va avanti a testa alta...Non è un caso che come epigrafe al mio libro ho usato i versi di Montale Ah l'uomo che se ne va sicuro/ agli altri ed a se stesso amico,/ e l'ombra sua non cura che la canicola/ stampa sopra uno scalcinato muro". I miei personaggi sono come ombre, ma nello stesso tempo si curano delle ombre, da intendere come le ombre del mito della caverna di Platone, affermano di esserci e di non aver alcuna intenzione di rinunciare a se stessi.

© 2001-2003 Carmine Urciuoli prod.