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     "Note sulla storia italiana dell'analisi laica"

 

 di Giancarlo Gramaglia

 



            .

 

Il presente saggio è tratto da AA.VV., "Cortesie per gli ospiti", Il Laboratorio (1997), pag. 141.

Giancarlo Gramaglia è psicoanalista, vive a Torino e dirige il Laboratorio di Formazione e di Lettura Psicoanalitica (indirizzo web: www.psicoanalisitorino.net ).

 

 

 

La gioia nel pensare

die Freude am Denken

Albert Einstein

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"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi Confini"

Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.

Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas, Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.

Publisher: Schena Editore

ISBN 88-8229-567-2

Price: € 15,00

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Gli antecedenti [1]

 

         Freud fin dall’Interpretazione dei sogni prende le distanze dalla medicina e dalla psicologia sperimentale in modo netto ed avanza con decisione verso un nuovo dominio disciplinare che supera il piano concettuale duale teorico-sperimentale per fondare una nuova ragione sulla pratica psicanalitica.

La scoperta della nuova ragione pratica ha avvio con la crisi del pensiero sano, e consente a Freud di fare le sue invenzioni e scoperte nel pensiero malato dell’uomo.

La stessa crisi è rintracciabile in quanto disagio, sia nel dominio filosofico sia nella civiltà di fine secolo: nella reazione idealista alla scienza, nella distruzione della ragione, nel romanticismo e nel misticismo, effetti che sono tutt’ora presenti nella nostra società, e che sono riassumibili nel detto del pensar male.

Quando Freud fonda la sua disciplina, cogliendo le situazioni di crisi nell’universo del pensiero dell’uomo sofferente, è consapevole d’introdurre una rottura con i modelli dei pensieri dominanti ed anche una rottura con le istituzioni. Ma per introdurre questa rottura Freud ha bisogno, e in una certa misura di servirsi e di organizzare delle istituzioni che consentano alla sua opera di sopravvivere.

Quali istituzioni? Il problema è che le istituzioni che portano avanti la sua opera contengono quella crisi che lui stesso andava denunciando: cioé anche le istituzioni portano con sè l’impianto malato che Freud ci ha fatto conoscere attraverso il suo lavoro. Il lavoro psicanalitico non è ancora governato dalle leggi che Freud ha individuato.

Occorre allora che quel qualcosa, che è il lavoro freudiano, possa essere governato dalle leggi che la psicanalisi è andata scoprendo e da esse ne sia regolato.

 

 

 

In Italia

 

         Il 23 settembre del ‘39 l’impegno di diffusione della psicanalisi venne ancor meno perché alle difficoltà della II guerra mondiale sopravvenne la morte di Freud. In Italia, dopo alcuni anni in cui un minimo di diffusione ci fu, quasi tutto tacque.

Dopo la seconda guerra mondiale nel nostro paese seguì un periodo d’instaurazione della psicanalisi, dove non ci fu nemmeno la consapevolezza del problema dell’istituzionalizzazione della psicanalisi.

E’ possibile arrivare a conoscere alcuni nodi attorno a cui la storia psicanalitica italiana si è andata costituendo e trasformando attraverso le resistenze alla psicoanalisi che - perlomeno fino agli anni settanta in Italia - si erano manifestate in forme rigide e stereotipate dando luogo a raggruppamenti psicoanalitici altrettanto chiusi, elitari e troppo spesso incompetenti.[2]

         La Società Psicoanalitica Italiana (SPI) fondata da Weiss rimane fino agli anni '70 il riferimento principale del discorso freudiano in lingua italiana; altresì proprio nei medesimi anni la SPI non è in grado di sviluppare quella chiarezza concettuale necessaria che permetterebbe di riconoscere l'invenzione di Freud, ma tira a campare dall'alto della sua posizione di potere.

  Foto: Weiss

E' sufficiente rileggere la conclusione della relazione di Merendino, membro SPI del Centro Psicoanalitico di Roma, intervenuto all'AIHP nel '94 a Berlino,  per avere un'idea della confusione che è regnata sovrana nella SPI per vent'anni: e non poteva essere diversamente proprio perché era un'istituzione articolata con modalità superegoiche e mistificanti, facilmente rintracciabili nello statuto societario .

 

<< La difficile situazione attuale della Società [SPI] è purtroppo il risultato di ciò che da anni si è giocato e si continua a giocare non alla luce del sole ma dietro le quinte e spesso per iniziative individuali e individualistiche, non comunicate precedentemente agli altri. E' tutto vero ciò che è stato detto nelle nostre ultime assemblee del CPR [Centro Psicoanalitico di Roma], ma è anche tutto falso a causa di ciò che non è stato detto, che è stato ancora una volta tenuto sotto silenzio e che forse non era dicibile, ma che sta alla radice del malessere nostro e della paralisi umana e operativa che affligge la nostra comunità. Il "degrado etico e psicologico" di cui parla il prof. Servadio io lo vedo nella mancanza di trasparenza tra noi, nel fatto che, per anni, sono serpeggiate tra noi ideologie politiche e tattiche, inimicizie personali e gruppali, senza che di ciò si facesse mai parola nelle nostre assemblee, non solo, ma con la copertura ipocrita ufficialmente sostenuta che tutto andava bene e forse meglio che altrove. Io vedo questo degrado nel malcostume di non dirci le cose apertamente, nel non informarci vicendevolmente, nello scavalcarci a vicenda, nel continuare a ignorare che siamo una comunità in cui tutto, il bene e il male, dovrebbe essere condiviso e responsabilmente supportato - come avviene nell'analisi personale. E continuiamo a ignorare che le conseguenze degli interventi solipsistici ricadono su tutti. Sembra proprio che nessuno di noi abbia mai fatto un'analisi personale o abbia condotto analisi personali, tanto lontani tra loro sono talvolta l'agire e il pensare, la coscienza e l'inconscio >>[3].

 

         Dopo il 1970 l'effetto Lacan in Italia - come ho avuto modo di definirlo più volte - ha prodotto alcune sane riproduzioni per scissione tra le istituzioni stereotipate, frantumandole in piccoli gruppi ed operando scollamenti: concetti sui quali Lacan ha sviluppato diversi lavori che ricalcano anche la logica del cartels.

Negli anni settanta il campo psico si modifica: però la Società Psicoanalitica Italiana non è in grado di difendere né di forgiare, rilanciandolo, il marchio freudiano. Basti pensare all’ottusità con cui vengono accolti proprio i lavori di Lacan. E ciò avviene proprio nel momento in cui la SPI è riconosciuta dall' International Psychoanalytical Association (IPA) in quanto Istituto per formare analisti didatti.  Guidata dal presidente Fornari la SPI si avvicina sempre più alle opere della Klein e di Bion, mentre nel suo interno iniziano a scoppiare le crisi di potere[4]. L’arroccamento della SPI è stato proporzionale all’assenza del suo discorso relativo alla psicoanalisi. Basti pensare che la più importante operazione  del pensiero di Freud in Italia, le sue Opere Complete  edite da Paolo Boringhieri, non sono né promosse né sostenute dalla SPI.

E più in generale le tensioni politico-sociali nell'ambito psico, attorno agli anni ‘70, sono tali che vengono mescolate con la psicoanalisi diverse aree: dalla psicologia analitica junghiana alla psicologia americana, passando perfino per l'antipsichiatria, pur di non riconoscere l'inconscio freudiano. Viene perso ogni rigore: per esempio che la psicoanalisi sia portatrice in primo luogo di un discorso etico, fondato nelle leggi scoperte ed inventate da Freud, diventa una questione  superata.

In Italia il peso della cultura diffusa anglo-americana non è di poco conto: si afferma e si espande sempre di più una certa sottocultura psicologica e psichiatrica che viene a gestire il campo delle istituzioni psico conquistando un potere accademico e statuale notevolissimo.

 

 

Una legge fuori legge

 

Il risultato più eclatante di questa spinta espansionistica al decadimento massificante è l'approvazione da parte dello Stato italiano di una legge approvata nel '89, dopo più di quindici anni di tentativi, dove lo Stato riconosce un ordinamento degli psicologi che regolamenta anche la psicoterapia.

         Questa legge, che è voluta a difesa degli psicologi laureatesi in massa nelle facoltà italiane, è una trappola perché non dice chiaramente che cosa intende o non intende gestire. Di fatto prevede un addestramento alle psicoterapie non precisando se tra le psicoterapie ci sia o meno la psicoanalisi (in una precedente stesura del testo di legge vi si faceva esplicito riferimento). Oggi gli Ordini degli Psicologi, istituiti con questa legge, sono i veri padroni del campo, ed  inviano lettere di "diffida" a tutti coloro che si dichiarano psicoanalisti, e che non rientrano nei loro albi psicoterapeutici, promuovendo e delegando alle scuole riconosciute da questa legge e collegate alle Università la formazione psicoterapeutica. La legge rende obbligatorio trascorrere nove anni (almeno cinque di psicologia, e più di medicina, più quattro di specializzazione) per non possedere giustamente una competenza clinica psicoanalitica, ma spacciandola per tale, sostenendo - magari dopo - che la psicoanalisi è una cosa più lunga.

Il fatto grave è che gli analisti italiani e gli psicoterapeuti nella stragrande maggioranza non abbiano dichiarato la loro dissociazione né si siano opposti ai promotori della legge[5]. Così gli junghiani, delle due numerose associazioni italiane AIPA e CIPA, hanno ben volentieri lasciato fare, come gli adleriani, ed i reichiani.  E’ chiara una correlazione: maggiormente viene confuso l'inconscio freudiano con un pasticcio indefinito e maggiormente la norma soggettiva viene confusa con la norma statuale. Prendendo come unico riferimento la norma statuale e polarizzando l’attenzione sui problemi sociali connessi si è venuto a costituire una lottizzazione del potere suddiviso tra le aree più grosse e forti - che vengono definite serie, soffocando le voci isolate.

Nemmeno i vari gruppi lacaniani presero posizione, impegnati come erano a guadagnarsi un posto al sole, che nella stragrande maggioranza guadagneranno, perché verranno raggruppati attorno ad una Scuola che si adeguerà in tutto e per tutto alla 56. Come mai tutto ciò è potuto accadere?

Nelle pagine di questo testo Moreno Manghi individua una risposta a mio avviso molto corretta ed importante.

 

 

La doppia falsificazione

 

         Pier Francesco Galli si è chiesto come si sia giunti in Italia a tutto ciò. Ha fatto un po’ di storia di questa falsificazione che ha inizio dagli anni '70 mentre si stavano avviando i corsi di laurea in psicologia che non trovavano sbocco di lavoro se non nella clinica, dove i medici protestavano perché sedicenti psicologi iniziavano a fare della psicoterapia; d'altro canto gli psicologi controbattevano all'incompetenza medica, sostenendo che anche i medici che, aprivano gli studi di psicoterapia non avevano una adeguata preparazione. Così l'altalena tra medici e psicologi proseguiva a colpi di una reciproca squalificazione del proprio ambito professionale, trovando poi sbocco nella falsa legge che accontenterà entrambe le categorie[6].

         Ciò che è rilevante è come una legge truffa, che apparentemente sembra riguardare gli psicologi e gli psicoterapeuti, desti così tanto interesse tra gli psicanalisti.  Di fatto in Italia la maggior parte di coloro che si dicono psicoanalisti sono iscritti all'Ordine degli psicologi ed hanno fatto domanda all'Albo degli psicoterapeuti, cioè si sono sentiti talmente tanto analisti - basterà ricordare il testo di Freud del '26 sulla Layenanalyse - da correre a farsi riconoscere dallo Stato, come se Freud e Lacan non fossero nemmeno esistiti!

Inoltre le Associazioni analitiche italiane più rappresentative hanno creato degli Istituti di specializzazione appositi per la legge 56/89 vendendo diplomi di psicoterapia, e spesso trattando la richiesta di specializzazione come se fosse una domanda d'analisi!

Tutto ciò fa dire ad Ettore Perrella, uno dei promotori di Spaziozero ed autore di un importante testo sull'argomento, che l'incidenza di questa legge in Italia a sette anni dalla sua approvazione è tale che se non si viene a creare una controtendenza si rischia di arrivare allo svuotamento e forse persino alla cancellazione dell'esperienza analitica[7].

 

 

La via laica

 

         Il gruppo d'iniziativa venutosi a creare a Padova  in aprile del 1995 è stata la prima risposta - per la verità tardiva[8] - degli psicoanalisti italiani, che hanno costituito Spaziozero[9], e hanno elaborato, dopo un anno di lavoro, un Manifesto per una psicanalisi laica che viene fatto circolare in questi mesi in Italia.

         C'è davvero da chiedersi dove sia finito Freud in Italia. Ci sono degli interrogativi preoccupanti. Poteva sembrare chiaro a tutti che lo psicoanalista non si formasse seguendo un iter universitario: e perché allora c'è stata una corsa ad iscriversi all'Ordine degli Psicologi ed a frequentare anche corsi di specializzazione?

In un articolo che apre alcuni dei lavori di Spaziozero, Mauro Santacatterina scrive che "se continuerà da parte degli analisti lo scempio dell'etica che pure affermano che sta a fondamento del loro atto, si può giungere a ipotizzare che essi stessi avvalleranno la perseguibilità legale di quei colleghi che decidano, in modo secondo noi non solo legittimo ma del tutto coerente, di esercitare senza il titolo professionale di psicologo o psicoterapeuta[10]".

Infatti il concetto di etica è troppo poco chiaro per poterne avere un riferimento certo, è molto meglio l’utilizzo del termine giuridico di norma del soggetto.

Freud è chiarissimo al riguardo:

 

         <<Nel nostro paese c'è sempre stata una sorta di furor prohibendi, una tendenza a tutelare, a  intervenire, a proibire: e sappiamo bene che ciò non ha sempre dato buoni frutti. [...] Penso che un eccesso di ordinanze e di divieti nuoccia all'autorità della legge. E' facile constatare: dove i divieti son pochi, sono scrupolosamente osservati; quando invece ci si imbatte ad ogni pie' sospinto in un divieto, si è presto presi dalla tentazione di infrangerlo. Non occorre essere anarchici per rendersi presto conto che le leggi e i decreti, quanto alla loro origine, non sono qualche cosa di sacro e inviolabile, che spesso sono fondamentalmente inadeguati e lesivi per il nostro sentimento di giustizia, o divengono tali col tempo, e che data la generale inerzia di chi dirige la società umana, spesso vi è un solo rimedio verso tali leggi divenute inefficienti: non tenerne conto. E' inoltre prudente, quando si voglia assicurare il rispetto della legge, non emanare disposizioni di cui non si possa controllare la osservanza. Potremmo qui ripetere, a proposito di quell'analisi condotta da non medici che la legge dovrebbe vietare, molte delle cose già dette circa l'esercizio dell'analisi da parte dei medici.

         L'analisi ha una andamento assai poco appariscente, non fa uso di strumenti o di medicine, consiste solo in una conversazione e in una richiesta di comunicazioni: non è perciò facile convincere di esercizio abusivo della psicoanalisi una persona la quale può sempre sostenere che essa dà semplicemente degli incoraggiamenti, delle spiegazioni, e cerca soltanto di esercitare un'influenza umana benefica su individui bisognosi di aiuto morale >>[11].

 

Paziente ed analista parlano tra loro: e se la legge 56/89 è fatta valere come prescrizione lede una delle più profonde libertà della nostra società, la libertà di parola!

         Provo ancora a chiedermi quali siano e come possano essere letti i rapporti tra psicoanalisi ed istituzione. Do una definizione di istituzione come quel fattore che fornisce il carisma dell'ufficialità al sapere e che opera nell'ambito della consuetudine fornendo stabilità, importanza e forma giuridica all'organizzazione.

Ora a seguire il movimento freudiano in Italia, e non solo, mi sembra di poter affermare che ci si trova di fronte ad una deistituzionalizzazione, o comunque ad una forma diversa di istituzione, diversa da quelle che Freud ha descritto quali strutture libidiche della chiesa e dell'esercito.

Cosa c'insegna la storia della psicanalisi? Quali rapporti ci possono essere tra la psicanalisi in quanto laica e l'istituzione?

Istituzione vuol anche dire trasmissione del sapere. Entrano quindi in gioco le traduzioni freudiane nelle varie lingue. Interrogarsi sull'istituzione psicoanalitica significa interrogarsi sul sapere e sulla sua trasmissibilità.

Freud ha scoperto delle regole che fondano la sua istituzione, ma come ha consegnato queste regole alla storia?

Moreno Manghi in una giornata di studio di Spaziozero[12] ha sostenuto che prima dell'istituzionalizzazione ufficiale (o perlomeno ritenuta tale della psicoanalisi, dopo gli anni venti) esisteva la stessa istituzionalizzazione in forma non obbligata, perché per Freud non si trattava di una questione di formazione didattica, ma di filiazione.

         Mi pare di poter affermare che il movimento psicoanalitico sia posizionato attorno a due capisaldi: la centralità della norma soggettiva che è caratteristica della salute psichica e della caduta del transfert, cioè della presa in carico del soggetto dei meccanismi d'identificazione a fine analisi, e sulla forma istituzionale con la questione dell’acentralità. Antonello Sciacchitano parla di asfericità[13], dove non si può che pensare ad una trasmissione del sapere freudiano rilanciato da ciascun soggetto sulla base di una diversa topologia di gruppo, topologia che tenga conto dei disastri che le strutture libidiche gruppali messe in luce in psicologia delle masse ed analisi dell'io hanno prodotto.

Giancarlo Ricci è categorico a questo proposito: "La laicità della psicanalisi non riguarda una possibile scelta, un'aggettivazione, un'opzione: o la psicanalisi è laica o non è più psicanalisi. E' la stessa nozione di inconscio a esigere questa conclusione[14]".

 

 

 

 
   
 

 

 
   
  Note:
 

 

 

 

[1] In questo testo, Cortesie per gli ospiti, la IV parte  Documenti è dedicata alla storia della psicanalisi laica. Il merito va al direttore della rivista e dell’omonima associazione Alain de Mijolla, il quale ha pubblicato nel 1990 La Revue internationale d’histoire de la psychanalyse n° 3, edita da PUF. Materiale molto attuale per conoscere gli antecedenti. E’ essenziale vedere della stessa rivista  il n° 5: L’engagement sociopolitique des psychanalystes, edito da PUF nel 1992; inoltre di Harald Leupold-Löwenthal, der Laie, Verlag Internationale Psychoanalyse, MÜnchen und Wien, 1990; e di A. Ballabio, G. B. Contri, M. Contri, La questione laica, Edizioni Sipiel, Milano, 1991 - primo testo articolato in lingua italiana sul laico che mette in luce per la prima volta la problematica imprescindibile per la psicanalisi.

 

[2]Giancarlo Gramaglia, Congresso di Londra 1990: “Alcune note a proposito della psicoanalisi e degli psicoanalisti in Italia durante le due guerre (1915-1945) e i loro rapporti socio-politici con il potere”, riportato nella Revue d’histoire de la psychanalyse n. 5, P.U.F., Parigi, p. 129-145.

Congresso di Bruxelles 1992: “La protostoria italiana della psicanalisi”, in: Gramaglia, Discorsi/Scritti di Psicoanalisi, Torino, 1995, p. 87-96.

Congresso di Berlino 1994: “In concetto di scissione nella storia della psicoanalisi”, in: Gramaglia, Ibid, p. 135-140.

[3]Conclusione dell’intervento del 24 luglio ‘94 di Rosario Merendino al congresso AIHP sul tema, Le scissioni nella storia della psicoanalisi. “Alcune considerazioni personali sulle cause della crisi evolutiva della Società Psicoanalitica Italiana e della insufficienza funzionale dei suoi organismi attuali”. Il testo è del 1991, ed è stato letto e presentato ai diversi organi societari della SPI.

[4]Crisi che porterà all'espulsione di Armando e Fagioli. Congresso di Berlino AIHP 1994: relazione tenuta da Antonello Armando, Freud died in 1971. The manner, antecedents and significance of the ousting of two members from the SPI and IPA, in 1976.

[5]L'attuale legge 56 del 1989, anche detta legge Ossicini da uno dei principali suoi promotori Adriano Ossicini, membro SPI, diventato non a caso anche ministro di Governo.

[6]Galli scrive: «All'epoca iniziale del discorso sulla legge, di fatto non erano ancora comparse nel mercato italiano le altre psicoterapie: sostanzialmente la psicoterapia era psicanalisi e l'ipotesi Ossicini era quella di scorporare l'asse psicoterapeutico, dando la sorveglianza e l'affidamento della psicoterapia alla Società Psicoanalitica Italiana, avendo come presupposto che si trattasse di una società seria. Dopodiché, però, cominciarono ad arrabbiarsi gli junghiani: sette giorni dopo comparvero anche loro nell'elenco delle società serie. Poi si arrabbiarono gli adleriani e le società serie divennero tre e così di seguito.

Dopo che aumentò in numero delle società supposte serie, l'affidamento della psicoterapia alla Società Psicoanalitica non fu più possibile. E qui comincia un secondo livello di falsificazione. Gli psicologi che si laureavano, infatti, andavano a mettersi in analisi. La clientela maggiore degli analisti era costituita da studenti di psicologia, perlomeno nelle città universitarie.>>

Pier Francesco Galli, "Breve storia di una falsificazione", in Il ruolo terapeutico n. 71, Milano.

[7]Ettore Perrella, Psicanalisi e diritto. La formazione degli analisti e la regolamentazione giuridica della psicoterapie, Biblioteca dell'Immagine, Pordenone, 1995.

[8]Tranne poche posizioni storiche conosciute come ufficiali, tra cui: Giacomo Contri, I Nuovi bari, «dopo» la psicoanalisi, del 1985; Giancarlo Gramaglia, "Lettera circolare ai cento illustri colleghi" del maggio '85, in L.F.L.P., Torino 1986; Pier Francesco Galli, "Dal caos all'ordine" in Giornale italiano di psicologia, n. 3 1989; si veda soprattutto: A. Ballabio, M. D. Contri, G. B. Contri, La questione laica, Sipiel, Milano 1989. "Gli analisti - annota Santacatterina - che, a nostra conoscenza, hanno fin dall'inizio criticato la legge 56 sono quelli che si riuniscono attorno alle riviste Psicoterapia e scienze umane, Il ruolo terapeutico, Thelema, Trieb, Rappresentazioni, Tecniche e nell'iniziative editoriali Sic e del Laboratorio di Formazione e di Lettura Psicoanalitica", in Cfr. Scibbolet n. 3, Shakspeare and Company.  

[9]Il Ruolo Terapeutico nel n° 71 riporta le tre relazioni più importanti della giornata di Padova di Perrella, Contri e Galli.  Il Journal de l'AIHP ha dato la notizia ed un resoconto dei partecipanti nel n. 20 dell'autunno '95.

[10]Mauro Santacatterina, "Dalla legge alla psicanalisi. Vicende recenti degli psicanalisti italiani", in Scibbolet n. 3, Shakespeare and Company.

[11]Sigmund Freud, (1926),"La questione dell'analisi condotta da non medici", in Opere, Boringhieri, vol X.

[12]Cfr. Scibbolet n. 3.

[13]Antonello Sciacchitano, Anoressia, Sintomo e Angoscia, Guerini Studio, 1994.

[14]Giancarlo Ricci, Le città di Freud, Jaca Book, 1994.

 

   
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

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