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"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi
Confini"
Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.
Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas,
Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.
Publisher: Schena Editore
ISBN 88-8229-567-2
Price: € 15,00
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Gli antecedenti
Freud fin dall’Interpretazione
dei sogni prende le distanze dalla medicina e dalla psicologia
sperimentale in modo netto ed avanza con decisione verso un nuovo
dominio disciplinare che supera il piano concettuale duale
teorico-sperimentale per fondare una nuova ragione sulla pratica
psicanalitica.
La scoperta della nuova ragione
pratica ha avvio con la crisi del pensiero sano, e consente a
Freud di fare le sue invenzioni e scoperte nel pensiero malato
dell’uomo.
La stessa crisi è rintracciabile in
quanto disagio, sia nel dominio filosofico sia nella civiltà di
fine secolo: nella reazione idealista alla scienza, nella
distruzione della ragione, nel romanticismo e nel misticismo,
effetti che sono tutt’ora presenti nella nostra società, e che
sono riassumibili nel detto del pensar male.
Quando Freud fonda la sua
disciplina, cogliendo le situazioni di crisi nell’universo del
pensiero dell’uomo sofferente, è consapevole d’introdurre una
rottura con i modelli dei pensieri dominanti ed anche una rottura
con le istituzioni. Ma per introdurre questa rottura Freud ha
bisogno, e in una certa misura di servirsi e di organizzare delle
istituzioni che consentano alla sua opera di sopravvivere.
Quali istituzioni? Il problema è
che le istituzioni che portano avanti la sua opera contengono
quella crisi che lui stesso andava denunciando: cioé anche le
istituzioni portano con sè l’impianto malato che Freud ci ha fatto
conoscere attraverso il suo lavoro. Il lavoro psicanalitico non è
ancora governato dalle leggi che Freud ha individuato.
Occorre allora che quel qualcosa,
che è il lavoro freudiano, possa essere governato dalle leggi che
la psicanalisi è andata scoprendo e da esse ne sia regolato.
In Italia
Il 23 settembre del ‘39
l’impegno di diffusione della psicanalisi venne ancor meno perché
alle difficoltà della II guerra mondiale sopravvenne la morte di
Freud. In Italia, dopo alcuni anni in cui un minimo di diffusione
ci fu, quasi tutto tacque.
Dopo la seconda guerra mondiale nel
nostro paese seguì un periodo d’instaurazione della psicanalisi,
dove non ci fu nemmeno la consapevolezza del problema
dell’istituzionalizzazione della psicanalisi.
E’ possibile arrivare a conoscere
alcuni nodi attorno a cui la storia psicanalitica italiana si è
andata costituendo e trasformando attraverso le resistenze alla
psicoanalisi che - perlomeno fino agli anni settanta in Italia -
si erano manifestate in forme rigide e stereotipate dando luogo a
raggruppamenti psicoanalitici altrettanto chiusi, elitari e troppo
spesso incompetenti.
La Società Psicoanalitica
Italiana (SPI) fondata da Weiss rimane fino agli anni '70 il
riferimento principale del discorso freudiano in lingua italiana;
altresì proprio nei medesimi anni la SPI non è in grado di
sviluppare quella chiarezza concettuale necessaria che
permetterebbe di riconoscere l'invenzione di Freud, ma tira a
campare dall'alto della sua posizione di potere.
Foto: Weiss
E' sufficiente rileggere la
conclusione della relazione di Merendino, membro SPI del Centro
Psicoanalitico di Roma, intervenuto all'AIHP nel '94 a Berlino,
per avere un'idea della confusione che è regnata sovrana nella SPI
per vent'anni: e non poteva essere diversamente proprio perché era
un'istituzione articolata con modalità superegoiche e
mistificanti, facilmente rintracciabili nello statuto societario .
<<
La difficile situazione attuale
della Società [SPI] è purtroppo il risultato di ciò che da anni si
è giocato e si continua a giocare non alla luce del sole ma dietro
le quinte e spesso per iniziative individuali e individualistiche,
non comunicate precedentemente agli altri. E' tutto vero ciò che è
stato detto nelle nostre ultime assemblee del CPR [Centro
Psicoanalitico di Roma], ma è anche tutto falso a causa di ciò che
non è stato detto, che è stato ancora una volta tenuto sotto
silenzio e che forse non era dicibile, ma che sta alla radice del
malessere nostro e della paralisi umana e operativa che affligge
la nostra comunità. Il "degrado etico e psicologico" di cui parla
il prof. Servadio io lo vedo nella mancanza di trasparenza tra
noi, nel fatto che, per anni, sono serpeggiate tra noi ideologie
politiche e tattiche, inimicizie personali e gruppali, senza che
di ciò si facesse mai parola nelle nostre assemblee, non solo, ma
con la copertura ipocrita ufficialmente sostenuta che tutto andava
bene e forse meglio che altrove. Io vedo questo degrado nel
malcostume di non dirci le cose apertamente, nel non informarci
vicendevolmente, nello scavalcarci a vicenda, nel continuare a
ignorare che siamo una comunità in cui tutto, il bene e il male,
dovrebbe essere condiviso e responsabilmente supportato - come
avviene nell'analisi personale. E continuiamo a ignorare che le
conseguenze degli interventi solipsistici ricadono su tutti.
Sembra proprio che nessuno di noi abbia mai fatto un'analisi
personale o abbia condotto analisi personali, tanto lontani tra
loro sono talvolta l'agire e il pensare, la coscienza e
l'inconscio
>>.
Dopo il 1970 l'effetto
Lacan in Italia - come ho avuto modo di definirlo più volte
- ha prodotto alcune sane riproduzioni per scissione tra le
istituzioni stereotipate, frantumandole in piccoli gruppi ed
operando scollamenti: concetti sui quali Lacan ha sviluppato
diversi lavori che ricalcano anche la logica del cartels.
Negli anni settanta il campo
psico si modifica: però la Società Psicoanalitica Italiana non
è in grado di difendere né di forgiare, rilanciandolo, il marchio
freudiano. Basti pensare all’ottusità con cui vengono accolti
proprio i lavori di Lacan. E ciò avviene proprio nel momento in
cui la SPI è riconosciuta dall' International Psychoanalytical
Association (IPA) in quanto Istituto per formare analisti
didatti. Guidata dal presidente Fornari la SPI si avvicina sempre
più alle opere della Klein e di Bion, mentre nel suo interno
iniziano a scoppiare le crisi di potere.
L’arroccamento della SPI è stato proporzionale all’assenza del suo
discorso relativo alla psicoanalisi. Basti pensare che la più
importante operazione del pensiero di Freud in Italia, le sue
Opere Complete edite da Paolo Boringhieri, non sono né promosse
né sostenute dalla SPI.
E più in generale le tensioni
politico-sociali nell'ambito psico, attorno agli anni ‘70,
sono tali che vengono mescolate con la psicoanalisi diverse aree:
dalla psicologia analitica junghiana alla psicologia americana,
passando perfino per l'antipsichiatria, pur di non riconoscere
l'inconscio freudiano. Viene perso ogni rigore: per esempio che la
psicoanalisi sia portatrice in primo luogo di un discorso etico,
fondato nelle leggi scoperte ed inventate da Freud, diventa una
questione superata.
In Italia il peso della cultura
diffusa anglo-americana non è di poco conto: si afferma e si
espande sempre di più una certa sottocultura psicologica e
psichiatrica che viene a gestire il campo delle istituzioni
psico conquistando un potere accademico e statuale
notevolissimo.
Una legge fuori legge
Il risultato più eclatante di
questa spinta espansionistica al decadimento massificante è
l'approvazione da parte dello Stato italiano di una legge
approvata nel '89, dopo più di quindici anni di tentativi, dove lo
Stato riconosce un ordinamento degli psicologi che regolamenta
anche la psicoterapia.
Questa legge, che è
voluta a difesa degli psicologi laureatesi in massa nelle facoltà
italiane, è una trappola perché non dice chiaramente che cosa
intende o non intende gestire. Di fatto prevede un addestramento
alle psicoterapie non precisando se tra le psicoterapie ci sia o
meno la psicoanalisi (in una precedente stesura del testo di legge
vi si faceva esplicito riferimento). Oggi gli Ordini degli
Psicologi, istituiti con questa legge, sono i veri padroni del
campo, ed inviano lettere di "diffida" a tutti coloro che si
dichiarano psicoanalisti, e che non rientrano nei loro albi
psicoterapeutici, promuovendo e delegando alle scuole riconosciute
da questa legge e collegate alle Università la formazione
psicoterapeutica. La legge rende obbligatorio trascorrere nove
anni (almeno cinque di psicologia, e più di medicina, più quattro
di specializzazione) per non possedere giustamente una competenza
clinica psicoanalitica, ma spacciandola per tale, sostenendo -
magari dopo - che la psicoanalisi è una
cosa più lunga.
Il fatto grave è che gli analisti
italiani e gli psicoterapeuti nella stragrande maggioranza non
abbiano dichiarato la loro dissociazione né si siano opposti ai
promotori della legge.
Così gli junghiani, delle due numerose associazioni italiane AIPA
e CIPA, hanno ben volentieri lasciato fare, come gli adleriani, ed
i reichiani. E’ chiara una correlazione: maggiormente viene
confuso l'inconscio freudiano con un pasticcio indefinito e
maggiormente la norma soggettiva viene confusa con la norma
statuale. Prendendo come unico riferimento la norma statuale e
polarizzando l’attenzione sui problemi sociali connessi si è
venuto a costituire una lottizzazione del potere suddiviso tra le
aree più grosse e forti - che vengono definite serie,
soffocando le voci isolate.
Nemmeno i vari gruppi lacaniani
presero posizione, impegnati come erano a guadagnarsi un posto al
sole, che nella stragrande maggioranza guadagneranno, perché
verranno raggruppati attorno ad una Scuola che si adeguerà in
tutto e per tutto alla 56. Come mai tutto ciò è potuto accadere?
Nelle pagine di questo testo Moreno
Manghi individua una risposta a mio avviso molto corretta ed
importante.
La doppia falsificazione
Pier Francesco Galli si è
chiesto come si sia giunti in Italia a tutto ciò. Ha fatto un po’
di storia di questa falsificazione che ha inizio dagli anni
'70 mentre si stavano avviando i corsi di laurea in psicologia che
non trovavano sbocco di lavoro se non nella clinica, dove i medici
protestavano perché sedicenti psicologi iniziavano a fare della
psicoterapia; d'altro canto gli psicologi controbattevano
all'incompetenza medica, sostenendo che anche i medici che,
aprivano gli studi di psicoterapia non avevano una adeguata
preparazione. Così l'altalena tra medici e psicologi proseguiva a
colpi di una reciproca squalificazione del proprio ambito
professionale, trovando poi sbocco nella falsa legge che
accontenterà entrambe le categorie.
Ciò che è rilevante è come
una legge truffa, che apparentemente sembra riguardare gli
psicologi e gli psicoterapeuti, desti così tanto interesse tra gli
psicanalisti. Di fatto in Italia la maggior parte di coloro che
si dicono psicoanalisti sono iscritti all'Ordine degli psicologi
ed hanno fatto domanda all'Albo degli psicoterapeuti, cioè si sono
sentiti talmente tanto analisti - basterà ricordare il testo di
Freud del '26 sulla Layenanalyse - da correre a farsi
riconoscere dallo Stato, come se Freud e Lacan non fossero nemmeno
esistiti!
Inoltre le Associazioni analitiche
italiane più rappresentative hanno creato degli Istituti di
specializzazione appositi per la legge 56/89 vendendo diplomi di
psicoterapia, e spesso trattando la richiesta di specializzazione
come se fosse una domanda d'analisi!
Tutto ciò fa dire ad Ettore
Perrella, uno dei promotori di Spaziozero ed autore di un
importante testo sull'argomento, che l'incidenza di questa legge
in Italia a sette anni dalla sua approvazione è tale che se non si
viene a creare una controtendenza si rischia di arrivare allo
svuotamento e forse persino alla cancellazione dell'esperienza
analitica.
La via laica
Il gruppo d'iniziativa
venutosi a creare a Padova in aprile del 1995 è stata la prima
risposta - per la verità tardiva
- degli psicoanalisti italiani, che hanno costituito Spaziozero,
e hanno elaborato, dopo un anno di lavoro, un Manifesto per una
psicanalisi laica che viene fatto circolare in questi mesi in
Italia.
C'è davvero da chiedersi
dove sia finito Freud in Italia. Ci sono degli interrogativi
preoccupanti. Poteva sembrare chiaro a tutti che lo psicoanalista
non si formasse seguendo un iter universitario: e perché allora
c'è stata una corsa ad iscriversi all'Ordine degli Psicologi ed a
frequentare anche corsi di specializzazione?
In un articolo che apre alcuni dei
lavori di Spaziozero, Mauro Santacatterina scrive che "se
continuerà da parte degli analisti lo scempio dell'etica che pure
affermano che sta a fondamento del loro atto, si può giungere a
ipotizzare che essi stessi avvalleranno la perseguibilità legale
di quei colleghi che decidano, in modo secondo noi non solo
legittimo ma del tutto coerente, di esercitare senza il titolo
professionale di psicologo o psicoterapeuta".
Infatti il concetto di etica è
troppo poco chiaro per poterne avere un riferimento certo, è molto
meglio l’utilizzo del termine giuridico di norma del soggetto.
Freud è chiarissimo al riguardo:
<<Nel nostro paese c'è
sempre stata una sorta di furor prohibendi, una tendenza a
tutelare, a intervenire, a proibire: e sappiamo bene che ciò non
ha sempre dato buoni frutti. [...] Penso che un eccesso di
ordinanze e di divieti nuoccia all'autorità della legge. E' facile
constatare: dove i divieti son pochi, sono scrupolosamente
osservati; quando invece ci si imbatte ad ogni pie' sospinto in un
divieto, si è presto presi dalla tentazione di infrangerlo. Non
occorre essere anarchici per rendersi presto conto che le leggi e
i decreti, quanto alla loro origine, non sono qualche cosa di
sacro e inviolabile, che spesso sono fondamentalmente inadeguati e
lesivi per il nostro sentimento di giustizia, o divengono tali col
tempo, e che data la generale inerzia di chi dirige la società
umana, spesso vi è un solo rimedio verso tali leggi divenute
inefficienti: non tenerne conto. E' inoltre prudente, quando si
voglia assicurare il rispetto della legge, non emanare
disposizioni di cui non si possa controllare la osservanza.
Potremmo qui ripetere, a proposito di quell'analisi condotta da
non medici che la legge dovrebbe vietare, molte delle cose già
dette circa l'esercizio dell'analisi da parte dei medici.
L'analisi ha una andamento
assai poco appariscente, non fa uso di strumenti o di medicine,
consiste solo in una conversazione e in una richiesta di
comunicazioni: non è perciò facile convincere di esercizio abusivo
della psicoanalisi una persona la quale può sempre sostenere che
essa dà semplicemente degli incoraggiamenti, delle spiegazioni, e
cerca soltanto di esercitare un'influenza umana benefica su
individui bisognosi di aiuto morale >>.
Paziente ed analista parlano tra
loro: e se la legge 56/89 è fatta valere come prescrizione lede
una delle più profonde libertà della nostra società, la libertà di
parola!
Provo ancora a chiedermi
quali siano e come possano essere letti i rapporti tra
psicoanalisi ed istituzione. Do una definizione di istituzione
come quel fattore che fornisce il carisma dell'ufficialità al
sapere e che opera nell'ambito della consuetudine fornendo
stabilità, importanza e forma giuridica all'organizzazione.
Ora a seguire il movimento
freudiano in Italia, e non solo, mi sembra di poter affermare che
ci si trova di fronte ad una deistituzionalizzazione, o comunque
ad una forma diversa di istituzione, diversa da quelle che Freud
ha descritto quali strutture libidiche della chiesa e
dell'esercito.
Cosa c'insegna la storia della
psicanalisi? Quali rapporti ci possono essere tra la psicanalisi
in quanto laica e l'istituzione?
Istituzione vuol anche dire
trasmissione del sapere. Entrano quindi in gioco le traduzioni
freudiane nelle varie lingue. Interrogarsi sull'istituzione
psicoanalitica significa interrogarsi sul sapere e sulla sua
trasmissibilità.
Freud ha scoperto delle regole che
fondano la sua istituzione, ma come ha consegnato queste regole
alla storia?
Moreno Manghi in una giornata di
studio di Spaziozero
ha sostenuto che prima dell'istituzionalizzazione ufficiale (o
perlomeno ritenuta tale della psicoanalisi, dopo gli anni venti)
esisteva la stessa istituzionalizzazione in forma non obbligata,
perché per Freud non si trattava di una questione di formazione
didattica, ma di filiazione.
Mi pare di poter affermare
che il movimento psicoanalitico sia posizionato attorno a due
capisaldi: la centralità della norma soggettiva che è
caratteristica della salute psichica e della caduta del transfert,
cioè della presa in carico del soggetto dei meccanismi
d'identificazione a fine analisi, e sulla forma istituzionale con
la questione dell’acentralità. Antonello Sciacchitano parla di
asfericità,
dove non si può che pensare ad una trasmissione del sapere
freudiano rilanciato da ciascun soggetto sulla base di una diversa
topologia di gruppo, topologia che tenga conto dei disastri che le
strutture libidiche gruppali messe in luce in psicologia delle
masse ed analisi dell'io hanno prodotto.
Giancarlo Ricci è categorico a
questo proposito: "La
laicità della psicanalisi non riguarda una possibile scelta,
un'aggettivazione, un'opzione: o la psicanalisi è laica o non è
più psicanalisi. E' la stessa nozione di inconscio a esigere
questa conclusione".
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